Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Mercoledì, 15 Maggio 2024 06:05

«Pascere» cominciando dagli agnelli

 

Il capitolo ventuno di Giovanni, nella sua parte conclusiva, mette sulle labbra di Gesù il ripetuto verbo «pascere» dopo la domanda fatta a Pietro: «mi ami?» (Gv 21,15.16); «mi vuoi bene?» (Gv 21,17).

 

L’essere pastore e il pascere le pecore del gregge era stato per Francesco l’opera principale del suo singolare cammino.

Questa solerte chiamata costituì sempre per Francesco il fondamentale motivo del suo vivere.

Nelle Fonti ci sono brani che ben illustrano tale vocazione.

Nella Leggenda maggiore in particolare:

"Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quella severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.

Un frate, a causa di digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato com’era dalla fame.

Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po’ di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l’altro a mangiare.

Il frate scacciò la vergogna e prese cibo con grandissima gioia, giacché, con la sua vigilanza e la sua accondiscendenza, il Padre gli aveva evitato il danno del corpo e gli aveva offerto motivo di grande edificazione.

Al mattino, l’uomo di Dio radunò i frati e, riferendosi a quanto era successo quella notte, aggiunse questo provvido ammonimento:

«A voi, fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità».

Li ammaestrò, poi, a seguire sempre nella corsa alla virtù, la discrezione che ne è l’auriga; non la discrezione consigliata dalla sapienza umana, ma quella insegnata da Cristo con la sua vita santissima, che certamente è il modello dichiarato della perfezione" (FF 1095).

Francesco fu un pastore dal raffinato intuito, pronto ad educare con l’amore e il rispetto dell’altro, iniziando dai più piccoli.

 

 

Venerdì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 21,15-19)

Martedì, 14 Maggio 2024 06:14

L’Unità vale più di ogni altro bene

Nella parte conclusiva del capitolo diciassette di Giovanni, Gesù più volte torna sul tema dell’unità, chiedendo al Padre per i suoi che «tutti siano Uno» (Gv 17,21).

Francesco aveva sempre tenuto in gran conto il valore miliare dell’unità, della concordia sia con i suoi frati che con i concittadini.

C’è un brano nelle Fonti, nella Vita seconda del Celano, che evidenzia come il Poverello, mentre predica agli abitanti di Perugia, predice la guerra civile e loda la concordia.

"Alcuni giorni dopo il Padre scese dalla cella suddetta e rivolto ai frati presenti disse con voce di pianto:

«I Perugini hanno arrecato molto danno ai loro vicini* ed il loro cuore si è insuperbito, ma per loro ignominia. Perché si avvicina la vendetta di Dio e questi ha già in pugno la spada».

Attese alcuni giorni, poi in fervore di spirito, si diresse verso Perugia.

I frati poterono dedurre con tutta sicurezza che aveva avuto in cella una visione.

Giunto a Perugia, cominciò a parlare al popolo che si era dato convegno.

E poiché i cavalieri impedivano l’ascolto della Parola di Dio, giostrando, secondo l’uso ed esibendosi in spettacoli d’arme, il Santo, molto addolorato, li apostrofò:

«O uomini miseri e stolti, che non riflettete e non temete la punizione di Dio!

Ma ascoltate che cosa il Signore vi annunzia per mezzo di questo poverello.

Il Signore vi ha innalzato al di sopra di quanti abitano attorno, e per questo dovreste essere più benevoli verso il prossimo e più riconoscenti a Dio.

E invece, ingrati per tanto beneficio, assalite con le armi in pugno i vicini, li uccidete e li saccheggiate.

Ebbene, vi dico:

non la passerete liscia! Il Signore a vostra maggiore punizione vi porterà a rovina con una guerra fratricida, che vedrà sollevarsi gli uni contro gli altri.

Sarete istruiti dallo sdegno, giacché nulla avete imparato dalla benevolenza».

Poco tempo dopo scoppiò la contesa* : si impugnarono le armi contro i vicini di casa, i popolani infieriscono contro i cavalieri e questi, a loro volta, contro il popolo:

furono tali l’atrocità  e la strage, che ne provarono compassione anche i confinanti, che pure erano stati danneggiati.

Castigo ben meritato! Si erano allontanati da Dio Uno e Sommo: era inevitabile che neppure tra loro rimanesse l’unità.

Non vi può essere per uno Stato un legame più forte di un amore convinto a Dio, unito a una fede sincera e senza ipocrisie" (FF 622).

E nel Cantico delle creature ecco un’espressione molto significativa, che ben si lega a quanto detto:

«beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, / ka la morte seconda no ‘L farrà male» (FF 263).

Francesco si adoperò concretamente perché l’Unità, per cui Cristo era morto sulla croce, dimorasse tra i suoi figli e non solo.

 

* Si combattè tra Assisi e Perugia in diverse riprese dal 1202 al 1209.

Francesco sembra qui accennare alla sua prigionia.

* La lotta civile riarse più volte: nel 1214, nel 1217 e infine nel 1223-1225, e terminò con l’esilio dei nobili.

 

 

Giovedì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,20-26)

Nel brano odierno del Vangelo di Giovanni Gesù pronuncia una frase stupenda e impegnativa insieme: «Padre santo conservali nel tuo Nome che mi hai dato, affinché siano Uno come noi» (Gv 17,11b).

Questa espressione contiene un tesoro inesauribile ed è motore e ragion d’essere d’ogni missione.

Francesco consumò se stesso, e altrettanto fece Chiara, per la causa dell’unità nella fraternità e nel mondo, perché da essa deriva anche la pace.

Nel ‘laboratorio francescano’ delle Fonti troviamo un ventaglio di brani che, in modo diretto e indiretto, puntano l’indice sull’unità perseguita dai Poveri assisani.

Nella Lettera ai Fedeli:

«Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!

Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale Sposo!

Oh, come è santo, come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le sue pecore e pregò il Padre per noi, dicendo:

«Padre santo custodiscili nel tuo nome […] affinché siano santificati nell’unità, come lo siamo noi» (FF 201).

Nella Vita seconda del Celano:

"Fu suo desiderio costante e vigile premura mantenere tra i figli il vincolo dell’unità, in modo che vivessero concordi nel grembo di una sola madre quelli che erano stati attratti dallo stesso spirito e generati dallo stesso padre.

Voleva che si fondessero maggiori e minori, che i dotti si legassero con affetto fraterno ai semplici, che i religiosi, pur lontani tra loro, si sentissero uniti dal cemento dell’amore" (FF 777).

Francesco raccomandava anche alle sorelle povere di San Damiano l’unità dei cuori e nella Regola di Chiara:

«Allo scopo di conservare l’unità della scambievole carità e della pace, tutte le responsabili degli uffici del monastero vengano elette di comune consenso da tutte le sorelle» (FF 2782).

A favore di tutto questo Francesco compose un canto per le sorelle damianite, sapendole contristate dalla sua infermità e, non potendo recarsi di persona da loro, mandò alcuni suoi compagni perché facessero sentire alle recluse quel canto.

"In esso Francesco si proponeva di manifestare alle sorelle, allora e per sempre, il suo ideale: che cioè fossero un solo cuore nella carità e convivenza fraterna, poiché quando i frati erano ancora pochi, esse si erano convertite a Cristo, dietro l’esempio e i consigli di lui, Francesco" (FF 1594).

Uniti a Gesù per essere uniti fra loro, sulle sue orme.

La preghiera conclusiva del Poverello, nella Lettera a tutto l’Ordine, recita:

«Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola Grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen» (FF 233).

 

 

Mercoledì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,11b-19)

Lunedì, 13 Maggio 2024 04:38

Vita retta nell’amore

Il brano proposto oggi dalla Liturgia evidenzia il meraviglioso discorso di Gesù ai suoi sull’Amore.

Inizia dicendo di rimanere nel suo amore; e il versetto conclusivo ribadisce quanto detto poco prima: di amarsi gli uni gli altri.

Sia Francesco che Chiara erano divorati dall’amore di Dio, tanto che nelle Fonti troviamo brani di notevole spessore in merito.

La Leggenda maggiore narra:

"Chi potrebbe descrivere degnamente il fervore di carità, che infiammava Francesco, amico dello Sposo? Poiché egli, come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell’amor divino.

Al sentir nominare l’amore del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore.

«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità; e stoltissimi sono coloro che lo stimano meno del denaro, poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amor divino è capace di comprare il regno dei cieli. E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amati» " (FF 1161).

Parimenti Chiara, nella terza lettera ad Agnese di Praga, si esprimeva così:

" «…è ormai chiaro che l’anima dell’uomo fedele, che è la più degna tra tutte le creature, è resa dalla Grazia di Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere il Creatore, l’anima fedele invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui gli empi sono privi. È la stessa Verità che lo afferma:

«Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l’amerò; noi verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora» "  (FF 2892).

E ancora, riguardo l’amore scambievole, nella Leggenda dei tre compagni:

"Occupavano la giornata nell’orazione e lavorando con le loro mani, in maniera da evitare risolutamente l’ozio, nemico dell’anima. A mezzanotte si alzavano per la preghiera, animata da gemiti e lacrime.

Si amavano l’un l’altro con un affetto profondo, e a vicenda si servivano e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo unico figlio teneramente amato. Tale era l’affetto che ardeva loro in cuore, che erano pronti a consegnarsi alla morte senza esitare, non solo per amore di Cristo, ma anche per salvare l’anima o il corpo dei fratelli" (FF 1446).

La fraternità delle origini di Francesco è la più alta e concreta testimonianza di cosa vuol dire rimanere nell’Amore di Dono e riversarlo nelle relazioni con i fratelli.

Fatti eloquenti richiamano all’autenticità dei rapporti, senza usare la verità a proprio tornaconto.

È chiaro, infatti, che «chi fa la verità viene verso la luce, perché siano manifeste le sue opere, poiché sono state operate in Dio» (Gv 3,21).

 

«Queste cose vi comando: perché vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,17).

 

 

San Mattia, 14 maggio 2024 (Gv 15,9-17)

Sabato, 11 Maggio 2024 05:26

Audacia evangelica

Lasciato solo dai discepoli, Gesù risponde loro ricordando e sottolineando la Comunione col Padre.

Li invita alla Pace, spronandoli a essere coraggiosi - perché Lui ha vinto il mondo.

 

Francesco affrontava con coraggio le avversità, sapendo che sono inevitabili per chi ama il Regno.

Il Poverello le incontrava ad ogni dove, ma si relazionava con le prove cantando, poiché Gesù aveva trionfato su di esse.

Le Fonti raccontano di un episodio avvenuto presso Caprignone:

"Vestito di cenci, colui che un tempo si adornava di abiti purpurei, se ne va per una selva, cantando le lodi di Dio in francese.

Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia.

L’uomo di Dio risponde impavido e sicuro:

«Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?».

Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo:

«Stattene lì, zotico araldo di Dio!».

Ma egli, rivoltandosi di qua e di là, scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti, balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose" (FF 346).

Esempio di coraggio e di fiducia nel Signore!

Francesco, il cui nome viene dall’antico tedesco e significa «libero», appunto liberamente continuava il suo cammino tra i marosi del mondo.

Il coraggio cui Gesù chiamava, lo chiedeva nella preghiera.

Nella Leggenda maggiore si narra:

"I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.

Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo" (FF 1041).

 

«Nel mondo avete tribolazione. Ma fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).

 

 

Lunedì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 16,29-33).

Pagina 7 di 7
«Is there an attitude for those who want to follow Jesus» so that «they do not end badly, that they do not end up eaten alive - as my mother used to say: "Eat raw" - by others»? (Pope Francis)
«Esiste un atteggiamento per quelli che vogliono seguire Gesù» in modo che «non finiscano male, che non finiscano mangiati vivi — come diceva mia mamma: “Mangiati crudi” — dagli altri»? (Papa Francesco)
Are we not perhaps all afraid in some way? If we let Christ enter fully into our lives, if we open ourselves totally to him, are we not afraid that He might take something away from us? Are we not perhaps afraid to give up something significant, something unique, something that makes life so beautiful? Do we not then risk ending up diminished and deprived of our freedom? (Pope Benedict)
Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? (Papa Benedetto)
"May the peace of your kingdom come to us", Dante exclaimed in his paraphrase of the Our Father (Purgatorio, XI, 7). A petition which turns our gaze to Christ's return and nourishes the desire for the final coming of God's kingdom. This desire however does not distract the Church from her mission in this world, but commits her to it more strongly [John Paul II]
‘Vegna vêr noi la pace del tuo regno’, esclama Dante nella sua parafrasi del Padre Nostro (Purgatorio XI,7). Un’invocazione che orienta lo sguardo al ritorno di Cristo e alimenta il desiderio della venuta finale del Regno di Dio. Questo desiderio però non distoglie la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi la impegna maggiormente [Giovanni Paolo II]
Let our prayer spread out and continue in the churches, communities, families, the hearts of the faithful, as though in an invisible monastery from which an unbroken invocation rises to the Lord (John Paul II)
La nostra preghiera si diffonda e continui nelle chiese, nelle comunità, nelle famiglie, nei cuori credenti, come in un monastero invisibile, da cui salga al Signore una invocazione perenne (Giovanni Paolo II)
"The girl is not dead, but asleep". These words, deeply revealing, lead me to think of the mysterious presence of the Lord of life in a world that seems to succumb to the destructive impulse of hatred, violence and injustice; but no. This world, which is yours, is not dead, but sleeps (Pope John Paul II)
“La bambina non è morta, ma dorme”. Queste parole, profondamente rivelatrici, mi inducono a pensare alla misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all’impulso distruttore dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia; ma no. Questo mondo, che è vostro, non è morto, ma dorme (Papa Giovanni Paolo II)
Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]

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