Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Martedì, 01 Ottobre 2024 23:06

All’Inizio non era così

Martedì, 24 Settembre 2024 06:46

La Grazia della Relazione orante

Dopo aver pregato, Gesù riceve dai discepoli la richiesta d’insegnare loro a pregare.

Così dona loro il ‘Padre nostro’.

Se andiamo a guardare nelle Fonti francescane ci accorgiamo quanto fosse importante per il Poverello la preghiera.

Francesco, l’Araldo del Gran Re, non era più tanto un uomo che pregava quanto una creatura fatta preghiera.

E come i discepoli nel vedere pregare Gesù gli chiesero d’insegnar loro a pregare, così i frati che ebbero la fortuna di vedere immerso in orazione Francesco, domandarono a lui d’insegnare loro.

“Quando, poi, i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite:

«Padre nostro» e «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua Santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).

“Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e […] a confessare schiettamente la verità della fede” (FF 1069).

E nei suoi scritti (nello specifico, la Parafrasi del «Padre nostro»):

«O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e Salvatore nostro. Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu Signore, sei luce: infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene» (FF 266- 267).

Raccomandava ai suoi frati di non trascurare l’orazione. Infatti:

“«Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione» e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all’orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso, non solo il cuore e il corpo ma anche l’attività e il tempo” (FF 1176).

 

«Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno» (Lc 11,2).

 

 

Mercoledì della 27.a sett.T.O. (Lc 11,1-4)

Lunedì, 23 Settembre 2024 12:38

San Francesco nel Nome del Signore

Lunedì, 23 Settembre 2024 06:05

Servire i fratelli, e sosta negli eremi

Francesco d’Assisi, il Sapiente e il Minimo di Dio, ebbe sempre chiara nella sua coscienza l’importanza e la necessità della vita contemplativa, temperata dal lavoro che tiene lontano l’ozio e che conforma a Cristo. Lo esigeva per sé e per i suoi frati. Arrivò a dire che servire i fratelli vale più di ogni sosta negli eremi, dove lui stesso amava recarsi, quando poteva.

Leggiamo nei suoi scritti: “Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio” (FF 119).

Inoltre: “Siamo convinti che […] siano stati rimproverati assai quelli che negli eremitori vivono in modo diverso. Molti infatti trasformano il luogo della contemplazione in ozio e il modo di vivere eremitico, istituito per consentire alle anime la perfezione, lo riducono ad un luogo di piacere […] Certo questo rimprovero non è per tutti. Sappiamo che vi sono dei Santi […] che nell’eremo seguono ottime leggi” (FF 765).

Anche tra i frati si discuteva se vivere di contemplazione o azione, infatti nella Leggenda Maggiore è scritto:

”Mentre, saldi nel santo proposito, affrontavano la valle Spoletana, si misero a discutere se dovevano passare la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari. 

Ma Francesco, il servo di Cristo, non confidando nell’esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina.

Venne così illuminato con una risposta dal Cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime […] E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF1066).

Ma l’amore per l’orazione e l’ascolto della Parola accompagnò sempre il suo agire e quello dei suoi frati.

“La dedizione instancabile alla preghiera […] aveva fatto pervenire l’uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che […] scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto. Leggeva i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF1187).

Trasformato in preghiera, senza venir meno ai servizi:

Francesco aveva una predilezione speciale per la Parola di Dio e in lui, senza venir meno ai servizi da rendere al prossimo, primeggiava sempre l’ascolto di quanto il Signore chiedeva o insegnava, fissandolo bene nella sua mente.

Aveva scelto la parte buona che nessuno avrebbe potuto togliergli. 

Infatti le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore La sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.

E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione […]

Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra al suo Dio” (FF 681).

“Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tal modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).

Aveva compreso l’essenza del Vangelo.

Quando era infermo e pieno di dolori, a un frate che da Francesco aveva appreso a rifugiarsi nelle Scritture e che ora lo invitava a farsela leggere per averne sollievo, il Santo rispose:

«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho bisogno di più, Figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).

Domenica, 22 Settembre 2024 04:22

Allievi della Compassione

Gesù, a colui che chiede: «E chi è a me prossimo?» (Lc 10,29) risponde raccontando una vicenda.

Dinanzi a chi giace a terra non bisogna passare oltre, bensì soccorrerlo, prendersene cura, perché ogni persona malmenata è: proprio prossimo, chiunque sia.

Il Poverello, che aveva ricevuto misericordia dal Signore, aveva bene imparato la lezione per applicarla "sine glossa", letteralmente verso tutti, incominciando dai più bisognosi ed emarginati del suo tempo.

L’incontro del Poverello con i lebbrosi costituisce una pagina fondamentale della sua crescita nello Spirito.

Crocevia che lo modifica profondamente e cambia le coordinate della vita interiore.

Per quegli sfortunati prova compassione e “passione”, disposto ad aiutarli in ogni modo, perché scrigno del Servo Sofferente.

Leggiamo nel suo meraviglioso Testamento:

«Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi Misericordia.

E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF 110).

Così “il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente […]

La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza il loro ricovero, si turava il naso con le mani.

Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per Grazia e virtù dell’Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò.

Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria” (FF 348).

E Francesco di lebbrosi ne guarì molti:

“Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco, è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute” (FF 564).

La cura riservata da lui ai lebbrosi, quale Buon Samaritano del Vangelo, si trasformerà, per dono del Signore, in potenza ed efficacia nel guarire le malattie del corpo e dello spirito.

Aveva compassione viscerale di queste anime abbandonate a se stesse e visse alla lettera il Vangelo dei derelitti e dei messi ai margini, amando con straordinaria predilezione i Lazzaro del suo tempo e oltre.

 

«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37).

 

 

Lunedì 27.a sett. T.O. (Lc 10,25-37)

Il Povero assisano si adoperò durante tutta la sua vita a benedire e favorire l’unità dei coniugi nel matrimonio.

Ad una nobildonna preoccupata dell’acidità del marito, che l’osteggiava nel servizio di Cristo, il Santo, dopo averla ascoltata, disse:

«Va’ in pace e sta’ sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri» (FF 1193).

Così accadde: l’uomo cambiò vita, e dopo molto tempo, nello stesso giorno tornarono al Signore.

Francesco si preoccupò della santità della vita matrimoniale cristiana al punto che fondò accanto ai due ordini precedenti - Frati minori e Povere Dame di S. Damiano - quello (dell’allora) Terz’Ordine francescano.

Tutto ciò perché pur stando nel mondo non fossero del mondo, testimoniando il Vangelo.

Infatti, nella Vita prima del Celano, leggiamo:

“A tutti dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione” (FF 385).

La stessa semplicità dei bambini con cui amava accogliere la Parola di Dio, la trasferiva fra le righe della vita. 

Valga questo episodio a far comprendere il cuore fanciullo che aveva ricevuto da Dio: 

“A s. Maria della Porziuncola portarono in dono all’uomo di Dio una pecora, che egli accettò con gratitudine, perché amava l’innocenza e la semplicità che, per sua natura, la pecora dimostra.

L’uomo di Dio ammoniva la pecorella a lodare Dio e a non infastidire assolutamente i frati. La pecora, a sua volta, quasi sentisse la pietà dell’uomo di Dio, metteva in pratica i suoi ammaestramenti con grande cura.

Quando sentiva i frati cantare in coro, entrava anche lei in chiesa e, senza bisogno di maestro, piegava le ginocchia, emettendo teneri belati davanti all’altare della Vergine, Madre dell’Agnello, come se fosse impaziente di salutarla” (FF 1148). Divenendo bambino nel cuore, Francesco accoglieva in semplicità il Regno che veniva a lui, attestando nella vita concreta l’infanzia dello Spirito che lo informava.

Commuove la piccolezza di Francesco, cornice della sua vita evangelica.

"Non aveva rossore di chiedere le cose piccole a quelli più piccoli di lui; lui, vero minore, che aveva imparato dal Maestro supremo le cose grandi.

Era solito ricercare con singolare zelo la via e il modo per servire più perfettamente Dio, come a Lui meglio piace.

Questa fu la sua filosofia suprema,  questo il suo supremo desiderio, finché visse: chiedere ai sapienti e ai semplici, ai perfetti e agli imperfetti, ai giovani e agli anziani qual era il modo in cui più virtuosamente poteva giungere al vertice della perfezione" (Fonti 1205 - Leggenda maggiore).

Francesco amava con un cuore di fanciullo e così insegnò ai suoi frati e alle povere Dame di S. Damiano, sorelle virtuose nel cammino di fede, fra le quali Chiara rifulse per la sua umiltà e trasparenza.

Questa giovane donna diede testimonianza di luce; fu stella del mattino nel farsi bambina al servizio di Dio, sulle orme di Cristo, sull’esempio del beato padre Francesco, vero amante e imitatore di Lui.

 

 

27.a Domenica (B). Mc 10,2-16

Venerdì, 20 Settembre 2024 22:47

Inno di lode al Padre per la piccolezza

Il Vangelo oggi considerato è un inno di lode a Dio Padre da parte di Gesù, nella dimensione della debolezza e vulnerabilità dei piccoli.

Egli aveva sperimentato la delusione dei “grandi”, sospettosi dinanzi ai suoi prodigi.

Invece di chiedere aiuto al Padre, quale Figlio lo loda nei momenti bui.

Guardando il nostro Poverello, tutto questo lo ritroviamo in modo evidente.

Basso di statura, umile di spirito e minore di professione, Francesco d’Assisi fece della piccolezza la sua cifra esistenziale e spirituale - ed altrettanto insegnò ai suoi frati.

Essere umile e minimo nella sequela del Signore era il tratto essenziale del frate - appunto minore - che volesse vivere in comunione alla Porziuncola.

Rivolgendosi ai grandi e sapienti di questo mondo, il Santo trovò resistenza a far comprendere la sua proposta di povertà ed essenzialità di vita.

Spesso gli rispondevano:

“La povertà che vai cercando, resti per sempre a te, e ai tuoi figli, e alla tua discendenza dopo di te” (cf. FF 1964).

Nelle Fonti troviamo ancora che “il beato Francesco, udite queste parole, si meravigliava in cuor suo e rendeva grazie a Dio, dicendo:

«Sii Benedetto, Signore Iddio, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli!

Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te!

O Signore, Padre e padrone della mia vita, non abbandonarmi nella loro adunanza, né lasciarmi cadere in quella vergogna, ma per la tua grazia concedimi di trovare quello che cerco, perché io sono tuo servo e Figlio della tua ancella»" (FF 1965).

Inoltre va ricordato che “Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi frati una piccola porzione di mondo […] e furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra […]

Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.

Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su solido fondamento, la loro nobile costruzione.

Il Santo amò questo luogo più di ogni altro, e comandò ai frati di venerarlo con particolare devozione.

Volle che fosse sempre custodito come specchio dell'Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l'uso” (FF 604).

Dunque la piccolezza era eloquente cifra del suo essere figlio di Dio.

Proprio da tale posizione di nascondimento, nei periodi difficili e oscuri del suo itinerario di fede, Francesco ha innalzato a Dio Padre la lode per quanto operava:

«Altissimu, onnipotente, bon Signore,

Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione […]

Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature […]» (FF 263).

Francesco ha composto tale capolavoro nel momento più crudo e sofferente della sua vita, malato e nell’oscurità.

Eppure, innalzando a Dio un autentico inno di lode.

Come Gesù, che nel momento della solitudine e dell’apparente sconfitta, del fallimento, ha sollevato la sua voce al Padre - per benedirlo e lodarlo.

Il vicolo cieco e il buio divennero fonte d’ispirazione, e di un rapporto più profondo con il Signore; coniugato con quella piccolezza vulnerabile, affidata al Padre per il suo Regno.

 

 

Sabato 26.a sett. T.O. (Lc 10,17-24)

Venerdì, 20 Settembre 2024 03:22

La santa umiltà confonde la superbia

Oggi è la Festa di colui che ha dato senso e radici al Francescanesimo. Il Vangelo scelto è quello di Gesù che rivolto al Padre Lo ringrazia per aver rivelato i Misteri del Regno ai piccoli. E lui, Francesco è il Piccolo, il mite per antonomasia.

Nelle Fonti la piccolezza di questo Gigante del Vangelo è compendiata così:

“Altra volta ebbe a confessare ai compagni:

«Tra le altre grazie, L’Altissimo mi ha largito questa: obbedirei al novizio entrato nell’Ordine oggi stesso, se fosse mio guardiano, come si trattasse del primo e più attempato dei fratelli.

Invero, il suddito non deve considerare nel prelato l’uomo, bensì Colui per amore del quale si sottomette a un uomo».

Disse pure:

«Non ci sarebbe un prelato nel mondo intero, temuto dai sudditi e fratelli suoi quanto il Signore farebbe che io fossi temuto dai miei frati, qualora lo volessi.

Ma L’Altissimo mi ha donato questa grazia: sapermi adattare a tutti, come fossi il più piccolo frate nell’Ordine».

Abbiamo visto con i nostri occhi ripetute volte, noi che siamo vissuti con Francesco, la verità di questa sua affermazione.

A più riprese, quando taluni frati non lo sovvenivano nelle sue necessità, o gli veniva rivolta qualche parola che produceva agitazione, subito il Santo si ritirava a pregare.

E tornandone, non voleva ricordare lo sgarbo, col dire: ‘Quel frate mi ha trascurato!’, oppure: ‘Mi ha detto questa parola’.

E quanto più si avvicinava alla morte, tanto più si preoccupava di vivere e morire in tutta la perfezione dell’umiltà e povertà” (FF 1663).

Era umile e mite non solo con i superiori ma pure con i pari e quelli inferiori, contento di essere ammonito e corretto da loro.

Un giorno, attraversando il campo di un contadino su un asinello, perché debole, questi gli fece presente di essere nella vita davvero quanto si diceva di lui:

‘Guarda - disse il contadino - di essere tanto buono quanti tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera’.

Francesco a queste parole, scese dall’asino e, prostratosi davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo che si era degnato di ammonirlo […]

Si riteneva vile davanti a Dio e agli uomini” (FF 726).

E nel Saluto alle Virtù, da lui scritto, leggiamo:

«La santa umiltà / confonde la superbia/ e tutti gli uomini che sono nel mondo/ e similmente tutte le cose che sono nel mondo» (FF 258).

 

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).

 

 

S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia (Mt 11,25-30).

Mercoledì, 18 Settembre 2024 05:07

Annuncio del Regno, come agnelli tra lupi

Lc pone l’accento sul mandato di Gesù ai suoi, evidenziando in che modo dovevano essere itineranti del Vangelo.

«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi. Non portate borsa, né bisaccia, né sandali, e non salutate nessuno per la via» (Lc 10,3-4).

 

Dopo aver incontrato il Signore, Francesco considerava fondamentale l’annuncio del Regno di Dio.

A tutti quelli che incontrava dava il saluto ricevuto per divina Rivelazione: «Il Signore vi dia Pace!» (FF 1052).

Sulla base del mandato di Gesù ai suoi discepoli, anche lui inviava i frati a predicare la Buona Novella, due a due, raccomandando di vivere in stretta povertà, come Gesù insegnava nel Vangelo. 

Nelle Fonti leggiamo:

“Francesco, compiuti i restauri della chiesa di S. Damiano, seguitava a portare l’abito di eremita, camminava col bastone in mano, le calzature ai piedi, una cintura di pelle ai fianchi.

Ma un giorno, mentre ascoltava la Messa, udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per strada non dovevano portare né oro, né argento, né pane, né bastone, né calzature, né veste di ricambio. Comprese meglio queste consegne dopo, facendosi spiegare il brano dal sacerdote.

Allora, raggiante di gioia, esclamò:

«È proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze!».

E fissando nella memoria quelle direttive, s’impegnò ad eseguirle lietamente […] Mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova grazia. Ispirato da Dio, cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità” (FF 1427).

E ai frati raccomandava di non provocare nessuno all’ira, ma annunciassero il Regno con mitezza:

«La Pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori.

Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza [...]

Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti […]» (FF 1469).

Francesco esortava i suoi a vivere alla lettera il Vangelo di Cristo come agnelli mansueti tra lupi.

 

 

Giovedì 26.a sett. T.O. (Lc 10,1-12)

Pagina 1 di 8
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
The family in the modern world, as much as and perhaps more than any other institution, has been beset by the many profound and rapid changes that have affected society and culture. Many families are living this situation in fidelity to those values that constitute the foundation of the institution of the family. Others have become uncertain and bewildered over their role or even doubtful and almost unaware of the ultimate meaning and truth of conjugal and family life. Finally, there are others who are hindered by various situations of injustice in the realization of their fundamental rights [Familiaris Consortio n.1]
La famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento dell'istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro fondamentali diritti [Familiaris Consortio n.1]
"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.