Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Giovedì, 24 Aprile 2025 04:29

Sfamando, semplice e idiota sino alla fine

Il brano di Giovanni ci riporta alla distribuzione dei pani e dei pesci da parte di Gesù.

Il Signore dinanzi alla grande folla che lo segue, mette alla prova i suoi discepoli.

Rivoltosi a Filippo chiede dove poter comprare pane per sfamare tanta gente, pur sapendo cosa stava per compiere: la “moltiplicazione” di cinque pani d’orzo e due pesci, in vicinanza della Pasqua dei Giudei.

Richiamo all’abbondanza inimmaginabile dell’Eucaristia, Pane di vita per tutti.

 

Francesco, che si definiva «semplice e idiota», aveva un cuore speciale, che gli permetteva di percepire le profondità del Mistero di totale donazione del Cristo.

Sottolinea il Celano nella Vita Prima:

”Amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di «Francesco», a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro” (FF 529).

La sua compassione verso la gente bisognosa e povera era viscerale:

“Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità, nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso” (FF 1142).

Infatti, dinanzi a Gesù, Pane disceso dal Cielo, così si esprime nelle sue Ammonizioni:

Ecco, ogni giorno egli si umilia […] ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote […] e come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne […] e come essi con gli occhi del corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.

E in tal maniera il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo» " (FF 144-145).

E nelle sue lettere:

«O umiltà sublime! O sublimità umile […] Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. NULLA, DUNQUE, DI VOI TRATTENETE PER VOI, AFFINCHÉ TOTALMENTE VI ACCOLGA COLUI CHE TOTALMENTE A VOI SI OFFRE» (FF 221).

Ma un esempio di ‘Pane donato’ ci viene non meno da Chiara d’Assisi:

“C’era un solo pane, in monastero, e già incalzavano l’ora del desinare e la fame.

Chiamata la dispensiera, la Santa le comanda di dividere il pane e di mandarne una parte ai frati, di trattenere l’altra dentro, per le sorelle.

Da questa seconda metà serbata, ordina di tagliare cinquanta fette, quale era il numero delle Donne, e di presentarle loro sulla mensa della povertà.

E alla devota figlia, che le rispondeva: «Occorrerebbero gli antichi miracoli di Cristo, per poter tagliare così poco pane in cinquanta fette», la Madre replicò, dicendole:

«Fa’ sicura quello che ti dico figlia!».

Si affretta dunque la figlia ad eseguire il comando della Madre; e si affretta la Madre a rivolgere più sospiri al suo Cristo, per le sue figlie.

E per grazia divina quella scarsa materia cresce tra le mani di colei che la spezza, così che risulta una porzione abbondante per ciascun membro della comunità" (FF 3189).

 

«Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano» (Gv  6,11).

 

 

Venerdì 2a sett. di Pasqua  (Gv 6,1-15)

Mercoledì, 23 Aprile 2025 03:48

Audacia evangelica

Nella memoria di S. Giuseppe lavoratore la Liturgia utilizza un brano del Vangelo di Matteo.

In esso è messo in evidenza il rifiuto di Gesù da parte degli abitanti di Nazareth, tanto che il Signore non può operarvi nessun prodigio per la loro sorprendente incredulità.

 

Francesco affrontava con coraggio le avversità, sapendo che sono inevitabili per chi ama il Regno.

Il Poverello le incontrava ad ogni dove, ma si relazionava con le prove cantando, poiché Gesù aveva trionfato su di esse.

Le Fonti raccontano di un episodio avvenuto presso Caprignone:

"Vestito di cenci, colui che un tempo si adornava di abiti purpurei, se ne va per una selva, cantando le lodi di Dio in francese.

Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia.

L’uomo di Dio risponde impavido e sicuro:

«Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?».

Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo:

«Stattene lì, zotico araldo di Dio!».

Ma egli, rivoltandosi di qua e di là, scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti, balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose" (FF 346).

Esempio di coraggio e di fiducia nel Signore!

Francesco, il cui nome viene dall’antico tedesco e significa «libero», appunto liberamente continuava il suo cammino tra i marosi del mondo.

Il coraggio cui Gesù chiamava, lo chiedeva nella preghiera.

Nella Leggenda maggiore si narra:

"I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.

Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo" (FF 1041).

 

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» (Mt 13,57)

 

 

S. Giuseppe Lavoratore  (Mt 13,54-58)

Domenica, 20 Aprile 2025 03:06

Luce o tenebre

Il Vangelo odierno proclama che Dio ha mandato il suo Figlio per salvare gli uomini, non per umiliare.

Il discrimine è: chi crede ha la stessa vita dell’Eterno, ma chi preferisce le tenebre alla Luce si esclude dalla Relazione fondante e felice.

Francesco, nella Lettera ai Fedeli, si esprime così:

«Coloro che non vogliono gustare quanto sia soave il Signore e preferiscono le tenebre alla luce, rifiutando di osservare i comandamenti di Dio, sono maledetti» (FF 186).

La vita del Povero d’Assisi, illuminata da Cristo, era luce nella Luce:

"Era questo il modo in cui egli prevedeva infallibilmente anche la caduta di molti, che sembravano star dritti, come pure la conversione a Cristo di molti peccatori.

Perciò sembrava che egli contemplasse ormai da vicino lo specchio della luce eterna, nel cui mirabile splendore l’occhio del suo spirito poteva vedere le cose fisicamente lontane come se fossero presenti" (FF 1198).

L’uomo nuovo, reso tale dalla Grazia, faceva la ‘verità’ riflessa nelle sue stesse opere.

"In questo modo molti incominciarono a riconoscere la verità della dottrina, che l’uomo di Dio con semplicità predicava, e della sua vita. Alcuni incominciarono a sentirsi invitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui, nell’abito e nella vita, lasciando ogni cosa.

Il primo di loro fu il «venerabile Bernardo», che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e nella santità" (FF 1053).

Sulle orme del Signore, la vita del Poverello divenne luce per il tempo tenebroso in cui visse.

"Il suo intelletto, libero dalla nebbia densa delle cose terrene […] saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce.

Irradiato in tal modo dallo splendore della luce eterna, attingeva alla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole.

Oh, quanto siamo diversi oggi, noi che avvolti dalle tenebre ignoriamo anche le cose necessarie!” (FF 640).

Francesco trasformato dalla Luce, se ne era innamorato: le sue opere lo attestavano.

I bagliori del Verbo giunsero a conformarlo alla sua specifica connotazione: comunicare agli altri la Verità confitta in croce, perché il mondo fosse redento e si accorgesse del Dono ricevuto.

"Con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte, come l’arcobaleno che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della Pace e della salvezza" (FF 1021).

 

«Ma chi fa la verità viene verso la luce, perché siano manifeste le sue opere, poiché sono state operate in Dio» (Gv 3,21)

 

 

Mercoledì 2.a sett. di Pasqua  (Gv 3,16-21)

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, poiché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate agli infanti» (Mt 11,25).

Gesù è l’unico che può veramente chiamare Padre il Signore del cielo e della terra, ma in questa familiarità egli introduce tutti.

Chiara, pianticella del beato padre Francesco, con la sua speciale caratura di semplicità e piccolezza aveva raggiunto, per Grazia, una familiarità così grande con il Signore, da muoversi in totale sintonia con Lui.

Consultando le Fonti, nella Leggenda leggiamo del grado di unione intima della Santa con lo Sposo divino.

"Quanta forza e sostegno riceveva nella fornace della preghiera ardente, quanto le sia dolce la bontà divina in quella fruizione, lo testimoniano comprovati indizi.

Allorché infatti ritornava nella gioia della santa orazione, riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle.

Esse constatavano infatti con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua faccia pareva più luminosa del solito" (FF 3199).

In una lettera ad Ermentrude di Bruges* raccomanda:

«Sii sempre attenta e vigile nella preghiera. Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi il mistero che hai abbracciato in santa povertà ed umiltà sincera» (FF 2916).

Tale era Chiara, creatura semplice e piccola, capace di gioire di ogni dono ricevuto, di ogni minuscola realtà che le parlava dell’Eterno.

"Accoglieva con grande letizia i frammenti di elemosina, i tozzi di pane che i questuanti riportavano e, quasi triste per i pani interi, era felice invece per quei pezzetti" (FF 3188).

Donna conformata a Cristo in tutto, si riteneva un nulla davanti a Dio.

Nel suo Testamento esortava alla mitezza ed umiltà del cuore, quale Madre amorevole:

«Ancora prego colei che sarà al governo delle sorelle, che si studi di presiedere alle altre più con le virtù e la santità della vita che per la dignità, affinché, animate dal suo esempio, le sorelle le prestino obbedienza, non tanto per l’ufficio che occupa, ma per amore.

Sia essa, inoltre, provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie […]

Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fiducia le loro necessità e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza […]» (FF 2848).

Mansuetudine ed umiltà: statura dei piccoli, a cui sono rivelati i Misteri del Regno, trovando consolazione nell’amare con i sentimenti di Cristo.

 

*Ermentrude di Bruges: a lei si deve la diffusione dell’Ordine delle Clarisse nelle Fiandre.

 

 

S. Caterina da Siena, 29 aprile  (Mt 11,25-30)

Venerdì, 18 Aprile 2025 10:48

Da acqua e da Spirito

Nei versetti d’esordio di Gv 3 Gesù sottolinea al fariseo Nicodemo, che lo interrogava, l’urgenza di rinascere dall’alto per opera dello Spirito Santo.

 

Nelle Fonti Francesco dimostra una speciale affezione allo Spirito di Dio, lasciando che sia Lui ad agire nella sua vita. Il Dito di Dio lo ricambia con frequenti visite e la sua santa operazione in ogni vicissitudine.

Esplorando i documenti francescani, sono molti gli episodi che attestano l’azione sorprendente dello Spirito nel Poverello. Essi evidenziando Francesco quale creatura nuova, rinata dall’acqua e dal Datore dei doni, seminati nel suo percorso di trasformazione.

Le Fonti attestano:

"Francesco voleva un giorno recarsi ad un eremo* per dedicarsi più liberamente alla contemplazione; ma, poiché era assai debole, ottenne da un povero contadino di poter usare del suo asino.

Si era d’estate, e il campagnuolo che seguiva il Santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era stanco morto per l’asprezza e la lunghezza del viaggio.

Ad un tratto, prima di giungere all’eremo, si sentì venir meno riarso dalla sete. Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere misericordia di lui, perché senza il conforto di un po’ d’acqua sarebbe certamente morto.

Il Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall’asino, e inginocchiato a terra alzò le mani al cielo e non cessò di pregare fino a quando si sentì esaudito.

«Su, in fretta - gridò al contadino - là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti».

Mirabile compiacenza di Dio, che si piega così facilmente ai suoi servi! 

L’uomo bevve l’acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava e si dissetò alla durissima selce. Non vi era mai stato in quel luogo un corso d’acqua, né si trovò dopo, per quante ricerche siano state fatte.

Quale meraviglia, se un uomo ripieno di Spirito Santo riunisce in sé le opere mirabili di tutti i giusti? Non è certo cosa straordinaria, se ripete azioni simili a quelle di altri Santi chi ha il dono di essere unito a Cristo per una grazia particolare" (FF 632).

Chi crede diventa lui stesso Acqua viva che zampilla a beneficio di tutti, perché rinato dall’alto.

 

«In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5)

 

 

Lunedì 2a sett. di Pasqua  (Gv 3,1-8)

Venerdì, 18 Aprile 2025 03:53

Nella ricerca, l’Incontro

Nel primo giorno della settimana Gesù entrò a porte chiuse nel luogo dove i discepoli erano riuniti.

Affidò loro il mandato di annunciare la Buona Novella, «alitando» su di essi perché ricevessero lo Spirito Santo.

Tommaso, assente, faticò a credere e ricevette un richiamo da Gesù per aver preteso di vedere e toccare, senza accogliere la testimonianza degli altri discepoli.

Eppure Tommaso cercava l’esperienza in prima persona del Risorto.

 

Il Povero d’Assisi e i suoi frati crebbero nella fede anche mediante l’incontro fattivo con il Signore nella povertà vissuta, nella solitudine ed orazione sperimentata nel quotidiano.

La fede in Gesù, morto sulla croce come un malfattore per assicurarci la Vita senza fine, traboccava nella nuda esistenza minoritica di Francesco e dei suoi.

Certamente era dono divino, ma anche frutto di una relazione non formale, sviluppatasi nell’itinerario intrapreso.

Giova ricordare quanto le Fonti attestano:

"[Francesco] insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede […]

Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata" (FF 1069).

La stessa Chiara, nella Lettera a Ermentrude di Bruges, in merito alla vita di Fede, suggerisce:

«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita.

Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna.

Non ti abbaglino gli splendori del mondo che passa come ombra.

Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni.

Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono» (FF 2914).

L’esperienza di Dio nella loro vita era stata così forte, incisiva e misericordiosa da poter parlare come nessuno aveva fatto mai.

 

‘Gli rispose Tommaso e gli disse: «Il mio Signore e il mio Dio!»’ (Gv 20,28).

 

 

2a Domenica di Pasqua  (Gv 20,19-31)

Giovedì, 17 Aprile 2025 19:29

Credendo e proclamando

Gesù Risorto si manifestò più volte ai discepoli e, nonostante la loro incredulità e durezza di cuore, li mandò per il mondo a proclamare il Vangelo a ogni creatura.

Francesco fu annunciatore in ogni occasione opportuna e non opportuna del Cristo crocifisso e Risorto. L’esperienza interiore assaporata lo aveva reso Araldo della Parola.

Consultando le Fonti, nella Vita prima del Celano, si legge:

"Nel tempo in cui […] predicò agli uccelli, il venerabile padre Francesco, percorrendo città e villaggi per spargere ovunque la semente della benedizione, arrivò anche ad Ascoli Piceno.

In questa città annunciò la Parola di Dio con tanto fervore, che tutti, pieni di devozione, per Grazia del Signore, accorrevano a lui, desiderosi di vederlo e ascoltarlo.

La ressa della folla era straordinaria, e ben trenta, tra chierici e laici, si fecero suoi discepoli, ricevendo dalle sue stesse mani l’abito religioso.

Uomini e donne lo veneravano con tanta fede, che chiunque poteva toccargli la veste si considerava sommamente fortunato" (FF 430).

"Quand’egli entrava in una città, il clero gioiva, si suonavano le campane, gli uomini esultavano, si congratulavano le donne, i fanciulli applaudivano, e spesso gli andavano incontro con ramoscelli in mano e cantando dei salmi.

L’eresia era coperta di confusione, la fede della Chiesa trionfava; mentre i fedeli erano ripieni di giubilo, gli eretici si rendevano latitanti.

I segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui, mentre tutta la folla gli obbediva" (FF 431).

Nel suo itinerario evangelico, andare e proclamare la Parola ad ogni creatura sotto il cielo era dimensione vitale della sequela sine glossa sulle orme del Risorto.

Ma pure incontrare il Poverello era per la gente esperienza di forte impatto e risurrezione, perché il Santo era testimone eloquente di novità di vita.

 

«Andando in tutto il mondo, predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

 

 

Sabato dell’ottava di Pasqua  (Mc 16,9-15)

Mercoledì, 16 Aprile 2025 03:47

Missione in espansione, senza squarci

Gesù Risorto tornò a manifestarsi ai suoi sul lago di Tiberiade, invitandoli a pescare.

I discepoli credettero e sperimentarono immediatamente la fecondità dei gesti compiuti in unità con Cristo.

Il discepolo prediletto, quello dal cuore dilatato e dallo sguardo acuto, dinanzi all’abbondanza della pesca, disse: «È il Signore!» (Gv 21,7).

 

Nel tempo in cui visse, Francesco si rivelò davvero come ‘il minore’ amato da Gesù.

Con capacità introspettiva unita alla Grazia, divenne missionario fecondo, che operava prodigi con la forza del Risorto, gettando la rete dalla parte giusta.

Le Fonti narrano un episodio significativo, avvenuto presso un eremo, vicino Rieti (Fonte Colombo).

Visitato dal medico per la cura degli occhi, Francesco chiese ai  suoi compagni di accoglierlo a pranzo, preparando qualcosa di buono per lui.

"«Padre - rispose il guardiano - te lo diciamo con rossore, ci vergogniamo ad invitare, tanto siamo poveri in questo momento».

«Volete forse che ve lo ripeta?» insistette il Santo.

Il medico era presente e intervenne: «Io, fratelli carissimi, stimerò delizia la vostra penuria».

I frati in tutta fretta dispongono sulla tavola quanto c’è in dispensa: un po’ di pane, non molto vino e per rendere più sontuoso il pranzo, la cucina manda un po’ di legumi.

Ma la mensa del Signore nel frattempo si muove a compassione della mensa dei servi.

Bussano alla porta e corrono ad aprire: c’è una donna che porge un canestro pieno zeppo di bel pane, di pesci e pasticci di gamberi, e sopra abbondanza di miele e uva.

A tale vista i poveri commensali sfavillarono di gioia, e messa da parte per il giorno dopo quella miseria, mangiarono di quei cibi prelibati.

Il medico commosso esclamò:

«Né noi secolari e neppure voi frati conoscete veramente la santità di questo uomo».

E si sarebbero di certo pienamente sfamati, ma più che il cibo li aveva saziati il miracolo.

Così l’occhio amoroso del Padre non disprezza mai i suoi, anzi assiste con più generosa provvidenza chi è più bisognoso.

Il povero si pasce ad una mensa più ricca di quella del re, quanto Dio supera in generosità l’uomo" (FF 629).

 

Il discepolo prediletto credette e fece cose pari al Maestro.

Francesco, pieno dello Spirito del Risorto, lo riconobbe negli eventi della vita e ripeté con i fatti:

«È il Signore!».

In verità ogni giorno egli attestava la Presenza del Risorto, che affiancava i suoi, ammaestrandoli e compiendo prodigi.

 

 

Venerdì fra l’ottava di Pasqua  (Gv 21,1-14)

Martedì, 15 Aprile 2025 03:51

Scritture che aprono, Missione che attesta

Il Risorto, prima di ascendere al Padre, apparve agli Undici e agli altri discepoli, facendo le sue grandi consegne: essere testimoni di vita nuova, predicando il Vangelo a tutti i popoli.

Il Povero d’Assisi, sempre assorto nella contemplazione dei misteri di Cristo, aveva compreso che nel nome del Signore crocifisso e risorto sarebbero stati predicati a tutti gli uomini la conversione e il perdono dei peccati.

La sua mente aperta gli consentiva di scrutare e penetrare acutamente le Scritture, considerandole di somma importanza.

Infatti le Fonti illustrano:

"«Il predicatore - diceva - deve prima attingere nel segreto della preghiera ciò che poi riverserà nei discorsi.

Prima deve riscaldarsi interiormente, per non proferire all’esterno fredde parole».

È un ufficio, sottolineava, degno di riverenza, e tutti devono venerare quelli che lo esercitano: 

Essi sono la vita del corpo, gli avversari dei demoni, essi sono la lampada del mondo […]

Una volta fece scrivere come norma generale:

«Dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e quanti ci dispensano la parola di Dio come quelli che ci somministrano spirito e vita»" (FF 747).

E ancora la Leggenda maggiore ammaestra:

"Cercava la salvezza delle anime con pietà appassionata, con zelo e fervida gelosia e, perciò, diceva che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, col profumo soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via.

All’udire simili notizie esultava nello spirito e ricolmava di invidiabilissime benedizioni quei frati che, con la parola e con le opere, trascinavano i peccatori all’amore di Cristo" (FF 1138).

Il compimento delle Scritture su Gesù diventa per Francesco l’entrata del Kerigma nel suo cammino spirituale, con la conseguente trasformazione del Poverello in Servo della Parola annunciata con fede e testimoniata dalle opere.

La Pasqua del Signore crocifisso e risorto sfociava nella predicazione indefessa della salvezza a prezzo del suo sangue versato per tutti in remissione dei peccati del mondo intero.

Il Minimo fece sua la missione affidata da Cristo ai discepoli, sospinto dalla potenza dello Spirito, incontro al Regno di Dio.

 

«Così sta scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che sarebbe stata predicata nel suo nome la conversione in remissione dei peccati a tutte le nazioni, cominciando da Gerusalemme» (Lc 24,46-47)

 

 

Giovedì dell’ottava di Pasqua  (Lc 24,35-48)

Pagina 5 di 11
This is to say that Jesus has put himself on the level of Peter, rather than Peter on Jesus' level! It is exactly this divine conformity that gives hope to the Disciple, who experienced the pain of infidelity. From here is born the trust that makes him able to follow [Christ] to the end: «This he said to show by what death he was to glorify God. And after this he said to him, "Follow me"» (Pope Benedict)
Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Papa Benedetto)
Unity is not made with glue [...] The great prayer of Jesus is to «resemble» the Father (Pope Francis)
L’Unità non si fa con la colla […] La grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre (Papa Francesco)
Divisions among Christians, while they wound the Church, wound Christ; and divided, we cause a wound to Christ: the Church is indeed the body of which Christ is the Head (Pope Francis)
Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo (Papa Francesco)
The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]
Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza [Papa Francesco]
The Ascension does not point to Jesus’ absence, but tells us that he is alive in our midst in a new way. He is no longer in a specific place in the world as he was before the Ascension. He is now in the lordship of God, present in every space and time, close to each one of us. In our life we are never alone (Pope Francis)
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli (Papa Francesco)
The Magnificat is the hymn of praise which rises from humanity redeemed by divine mercy, it rises from all the People of God; at the same time, it is a hymn that denounces the illusion of those who think they are lords of history and masters of their own destiny (Pope Benedict)
Il Magnificat è il canto di lode che sale dall’umanità redenta dalla divina misericordia, sale da tutto il popolo di Dio; in pari tempo è l’inno che denuncia l’illusione di coloro che si credono signori della storia e arbitri del loro destino (Papa Benedetto)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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