Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Sabato, 20 Settembre 2025 04:01

Briciole senza misericordia

 

Il Vangelo proposto dalla Liturgia odierna ci pone dinanzi tre dimensioni esistenziali importanti, che Francesco teneva in grande conto.

La parabola del povero Lazzaro e del ricco smodato evoca l’uso diligente delle ricchezze, la premura verso i bisognosi, ed è un richiamo alla conversione, poiché dopo la morte il giudizio individuale sarà irreversibile.

Francesco, il Povero d’Assisi, ebbe sempre dinanzi allo sguardo questo quadro evangelico, che lo indusse a meglio dirigere il suo cuore verso Dio e i poveri.

Le Fonti attestano, fin dagli inizi del suo cammino:

"(Francesco) aveva sempre beneficato i bisognosi, ma da quel momento si propose fermamente di non rifiutare mai l’elemosina al povero che la chiedesse per amore di Dio, e anzi di fare largizioni spontanee e generose.

A ogni misero che gli domandasse la carità, quando Francesco era fuori casa, provvedeva con denaro; se ne era sprovvisto, gli regalava il cappello o la cintura, pur di non rimandarlo a mani vuote.

O essendo privo di questi, si ritirava in disparte, si toglieva la camicia e la faceva avere di nascosto all’indigente, pregandolo di prenderla per amore di Dio.

Comperava utensili di cui abbisognavano le chiese e segretamente li donava ai sacerdoti poveri" (FF 1403).

E ancora, la Leggenda dei tre compagni c’informa:

"La Grazia divina lo aveva profondamente cambiato. Pur non indossando un abito religioso, bramava trovarsi sconosciuto in qualche città, dove barattare i suoi abiti con gli stracci di un mendicante e provare lui stesso a chiedere l’elemosina per amor di Dio" (FF 1405).

 

Il Minimo sapeva che quanto riceveva un povero era rivolto a Cristo stesso e che un solo bicchiere d’acqua dato a quei piccoli ed emarginati era offerto a Gesù.

L’incontro con il lebbroso nella piana d’Assisi, infatti, aveva trasformato in lui l’amaro in vera dolcezza.

Francesco temeva il giudizio divino e desiderava corrispondere a quanto la Parola di Dio gli chiedeva.

Era davvero il Poverello fatto pane, il Giullare fatto misericordia, il Generoso che rigenera speranza.

Assisi era divenuta per lui la tavola della Carità su cui deporre amore e perdono; accoglienza dei non considerati - numero sconosciuto per i ricchi epuloni del tempo, sdoganati dal suo evangelico vissuto.

Leggiamo nelle Fonti:

"[i frati] disprezzavano […] ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.

Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada.

Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.

Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio.

Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia: toglievano dal cammino stretto della penitenza e dell’osservanza evangelica ogni ostacolo, onde lasciare a quelli che li avrebbero seguiti una strada spianata e sicura" (FF 1454)

La stessa Chiara, fin da piccola, sottraeva al suo corpo il cibo per donarlo ai poveri, mantenendo questo atteggiamento di cura e sollecitudine speciale verso i bisognosi; tutta la vita.

Entrambi fecero dei beni a loro disposizione un uso evangelico, intelligente, al servizio del Regno di Dio.

 

«Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita, e Lazzaro ugualmente i mali; ma adesso qui è consolato, tu invece sei torturato» (Lc 16,25)

 

Il Poverello sempre esortò i suoi frati ad essere misericordiosi con ogni forma d’indigenza, perché il giudizio non concede vita piena a chi non la riconosce ai fratelli.

 

«Ora, c’era un uomo ricco, che si rivestiva di porpora e di bisso, facendo festa ogni giorno splendidamente. Ma un povero di nome Lazzaro giaceva presso il suo portone coperto di piaghe e desiderando di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco» (Lc 16,19-20)

 

 

Domenica 26.a T.O. anno C  (Lc 16,19-31)

Il Vangelo di Luca parla oggi del secondo annuncio della Passione di Gesù.

Egli cercava di preparare i discepoli alla consumazione del suo mistero Pasquale, ma essi facevano fatica a capire, non coglievano il senso di quanto il Signore esprimeva.

Come Gesù si trova di fronte all’incomprensione dei discepoli dinanzi al mistero della sua morte, così Francesco ha dinanzi a sé, alla fine della sua vita, lo sconcerto dei suoi frati.

Nelle Fonti:

“Fece chiamare tutti i frati presenti nella casa, e cercando di lenire il dolore che dimostravano per la sua morte, li esortò con affetto paterno all’amore di Dio […]

«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!

E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!

Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».

E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).

“Mentre i frati versavano lacrime amarissime e si lamentavano desolati […] Volle anche i libri dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni […]” (FF 808).

E ancora:

“Si rivolse poi al medico:

«Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!».

E ai frati:

«Quando mi vedrete ridotto all’estremo, esponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio».

Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio” (FF 810).

 

«Ponete voi nei vostri orecchi queste parole perché il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 9,44)

 

 

Sabato della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,43b-45)

Giovedì, 18 Settembre 2025 05:24

Incarnazione e Passione

Dinanzi alla gente che lo scambia per il Battista o Elia o uno dei profeti,

Gesù chiede ai suoi:

«Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20).

E poi ricorda ai discepoli che il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto.

 

Francesco d’Assisi parlava spesso ai suoi frati delle sofferenze patite dal Cristo, della sua Passione, per la quale piangeva molto.

Testimoniava la sua fede in Gesù, Figlio di Dio, con grande fervore.

Infatti “insegnò loro […] a confessare schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna la Santa Chiesa romana.

Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata” (FF 1069).

Le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere.

Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro” (FF 467).

E nei suoi scritti:

“A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro […] Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile […] degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen” (FF 202).

Ancora: “Si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e […] le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore […] e non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi.

Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo.

Incontrò, un giorno, un suo intimo amico, e avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare” (FF 594).

Il pensiero che Gesù in noi doveva ancora soffrire molto lo tormentava rendendolo compreso di tale Mistero giorno e notte.

 

 

Venerdì della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,18-22)

Martedì, 16 Settembre 2025 15:30

Chi è costui?

I pochi versetti del capitolo nove di Luca, presi in considerazione dalla Liturgia odierna, accendono luci sul dilemma di Erode in merito a Gesù:

«Giovanni, l’ho fatto decapitare io; ora, chi è costui del quale sento tali cose?» (Lc 9,9).

E voleva vederlo!

Nelle Fonti Francescane troviamo passi che rivelano come

la gente non smetteva d’interrogarsi sul Poverello.

Dopo la conversione, Francesco d’Assisi fu rivestito da Dio di singolari carismi da lui tenuti nell’umiltà del nascondimento.

Ma le meraviglie che il Signore compiva per mezzo del Poverello parlavano per lui.

Suscitava stupore e sconcerto la sua vita semplice sulle orme di Cristo. La gente non smetteva d’interrogarsi sulla sua persona e su quanto compiva.

Le Fonti illuminano:

“Anche i malati che mangiavano il pane toccato dall’uomo di Dio, ottenevano rapidamente per divino intervento, la guarigione” (FF 1220).

“Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come parlasse un Angelo del Signore.

Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal Cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).

Ancora oggi, tutto questo suscita domande: «Chi è, dunque, costui?».

Le Fonti aggiungono: “quella Sapienza che è più nobile d’ogni moto e penetra dappertutto per la sua purezza, si comunica alle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti” (FF 1202).

 

 

Giovedì della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,7-9)

Martedì, 16 Settembre 2025 06:03

Sequela e Missione, dall’Ascolto

La Liturgia ci propone l’invio dei Dodici ad annunziare il Regno di Dio e a guarire gli infermi.

 

Dopo aver riparato la Chiesa di S. Maria degli Angeli, sentendo proclamare un brano evangelico sull’Annuncio della Buona Novella, Francesco lascia ogni cosa e accoglie il mandato di Cristo.

Nelle Fonti Francescane troviamo in proposito:

“Un giorno in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare, il Santo, che era presente e ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la Messa, pregò il sacerdote di spiegargli il passo.

Il sacerdote glielo commentò punto per punto, e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza [Lc 9,1-6], subito, esultante di Spirito Santo, esclamò:

«Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!».

S’affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; non sopporta indugio alcuno a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito: si scioglie dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una corda.

Da quell’istante confeziona per sé una veste che riproduce l’immagine della croce, per tenere lontane le seduzioni del demonio; la fa ruvidissima, per crocifiggere la carne e tutti i suoi vizi e peccati, e talmente povera e grossolana da rendere impossibile al mondo invidiargliela” (FF 356).

“In certe regioni erano accolti, ma senza permettere loro di costruire abitazioni. Altrove, venivano cacciati, per paura che fossero degli eretici” (FF 1475).

 

«E li mandò predicare il regno di Dio e a guarire [gli infermi]» (Lc 9,2)

 

 

Mercoledì 25.a sett. T.O.  (Lc 9,1-6)

Lunedì, 15 Settembre 2025 02:27

Ascolto e Incarnazione

Gesù chiama a riflettere su chi sono sua madre e i suoi fratelli: «questi che ascoltano la Parola di Dio e la fanno» (Lc 8,21).

Francesco, che si riteneva semplice e idiota, amava appassionatamente la Parola di Dio.

Infatti, imbattendosi a terra con le Lettere, le raccoglieva per averne il dovuto riguardo.

Lo attestano le Fonti, nella prima lettera (da lui scritta) ai Custodi:

«Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno» (FF 242).

La stessa Chiara, pianticella del Serafico Padre, nel suo Testamento, ricorda quanto Francesco amasse e vivesse la Parola, dandone l’esempio:

«Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato Padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui» (FF 2824).

E a chi gli chiedeva se avesse piacere che le persone istruite entrassero nell’Ordine, rispondeva:

«Ne ho piacere; purché, però, sull’esempio di Cristo, di cui si legge non tanto che ha studiato quanto che ha pregato, non trascurino di dedicarsi all’orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica le cose apprese, e, solo quando le hanno messe in pratica, le propongano agli altri.

Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità» (FF 1188).

“E la ragione principale per cui venerava i ministri della Parola di Dio era questa: che essi fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il Cristo, che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà.

Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi” (FF 1135).

“Egli infatti non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di seguirlo alla lettera” (FF 357).

 

 

Martedì della 25.a sett. T.O.  (Lc 8,19-21)

Domenica, 14 Settembre 2025 04:59

Lampada sul candelabro

Il brano di Luca oggi proposto pone in evidenza la chiarità della lampada, che non va oscurata bensì esaltata per diffondersi.

Gesù insiste pure sulla necessità di disposizioni adeguate per ascoltare la Parola.

Il riverbero di tutto questo lo scopriamo anche nelle Fonti francescane.

Il Povero d’Assisi, luce dell’Ordine dei Minori, aveva compreso per grazia che da come ascoltiamo la Parola di Dio dipendono poi i frutti.

Per questo nei suoi scritti leggiamo:

”E poiché chi è da Dio ASCOLTA LE PAROLE DI DIO, perciò noi, che in modo tutto speciale siamo deputati ai divini uffici, dobbiamo non solo ascoltare e praticare quello che Dio dice, ma anche, per radicare in noi l’altezza del nostro Creatore e la nostra sottomissione a lui, custodire i vasi sacri e i libri liturgici, che contengono le sante parole” (Lettera a tutti i Chierici, FF 224).

Sapeva che l’ascolto incide sulla luminosità della testimonianza tanto che, nella Vita Seconda del Celano, viene rilevato:

“I frati minori sono stati mandati dal Signore in questo ultimo tempo per offrire esempi di luce a chi è avvolto dal buio dei peccati” (FF 739).

Altresì Chiara, fin dal grembo materno profetizzata come luce per il mondo, nella lettera d’introduzione della Leggenda è guardata come un dono speciale di Dio per l’umanità:

“Perciò Dio misericordioso suscitò la venerabile vergine Chiara e in lei fece splendere alle donne una chiarissima lampada” (FF 3151), questa sì da non mettere sotto il moggio, ma sul lucerniere per far luce a tutti noi.

Amava e cercava l’ascolto attento della Parola. Infatti:

“Provvede alle figlie, mediante devoti predicatori, l’alimento della Parola di Dio, della quale riserva per se stessa una larga porzione. Da tale gioia […] è pervasa nell’ascolto della santa predicazione” (FF 3230).

“Allorché, infatti, ritornava nella gioia della santa orazione, riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle.

Esse constatavano infatti con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua faccia pareva più luminosa del solito.

Certamente, nella sua dolcezza, Dio aveva dato convito alla poverella e, dopo averle inondato l’animo nell’orazione con la sua LUCE VERA, lo manifestava al di fuori sensibilmente” (FF 3199).

Chiara luminosa per virtù risplende nella Chiesa come lampada sul candelabro, illuminando le tenebre di questo mondo.

 

«Ora, nessuno accesa una lucerna la copre con un vaso o mette sotto un letto, ma la pone su un lucerniere, perché quelli che entrano vedano la luce» (Lc 8,16)

 

 

Lunedì della 25.a sett. T.O.  (Lc 8,16-18)

Sabato, 13 Settembre 2025 05:14

Amici con la disonesta ricchezza

Colto in flagrante, prima di essere allontanato, l’amministratore disonesto sa farsi amici con la stessa disonesta ricchezza.

Gesù rivolto ai discepoli sottolinea che i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce.

Francesco d’Assisi è colui che ha saputo farsi amici nel Cielo con la disonesta ricchezza, con trasparente accortezza.

Non la amava; infatti restituì tutto e pubblicamente, sposando Madonna Povertà.

Ma suo merito fu che seppe giovarsi dei beni terreni in modo sapiente, evangelico. 

Nel nuovo itinerario intrapreso si distinse per quell’occhio interiore 

che vede, in prospettiva, dove conduce l’appetito terreno.

Raccomandava sempre di donare i beni non ai parenti, ma ai più poveri, 

perché in essi s’incontra il Povero per eccellenza: Cristo!

Esortava i suoi a farsi amici nei cieli con la disonestà ricchezza e ricevendo in cambio quella imperitura, che profuma di resurrezione.

Lui, che era vissuto in gioventù nello sfarzo, sapeva bene dove conduceva il cieco amore per i beni posseduti.

Le Fonti francescane, luogo di ricchezza spirituale, lo pongono in evidenza: 

“Anche nelle feste principali, quando ve n’era l’opportunità, era solito andare per l’elemosina. 

Perché, diceva, nei poveri di Dio si realizza la parola del profeta: l’uomo ha mangiato il pane degli Angeli.

Il pane degli Angeli è quello che la santa povertà raccoglie di porta in porta e che, domandato per amor di Dio, per amor di Dio viene elargito, per suggerimento degli Angeli santi” (Fonti 1129).

E nella Regola di Chiara vediamo come ella parla della povertà rivolta alle sorelle:

«Questa sia la vostra parte di eredità, che introduce nella terra dei viventi. Aderendo totalmente ad essa, non vogliate mai, sorelle dilettissime, avere altro sotto il cielo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre» (Fonti 2795).

Sapevano, infatti, che i beni donati a chi ha bisogno costituiscono la pietra miliare del seguire Gesù e la sua Santa Parola fatta carne.

Guidati dal Vangelo, quindi, non vollero mai seguire due padroni: Dio e la ricchezza, ma rivestirsi unicamente di Cristo, per beni più duraturi. 

Più leggeri, per il Cielo!

«Fatevi degli amici dal mammona ingiusto, perché quando verrà a mancare, vi accolgano nelle tende eterne» 

 

«Fatevi degli amici dal mammona ingiusto, perché quando verrà a mancare, vi accolgano nelle tende eterne» (Lc 16,9)

 

 

Domenica 25.a T.O. anno C  (Lc 16,1-13)

Venerdì, 12 Settembre 2025 04:26

Seminare senza posa

In questa liturgia il brano lucano propone la parabola del Seminatore e la ricezione dei vari terreni; parallelo con la Parola di Dio assimilata in modo differente. 

Il nuovo Evangelista di questo ultimo tempo, Francesco, era innamorato della Parola e il suo ascolto era costante, tanto da averla impressa nella sua memoria.

Era terreno buono che produceva il cento per uno.

Le Fonti c’informano:

”Irradiato dagli splendori della Luce eterna, scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto. Il suo ingegno, puro da ogni macchia, penetrava il segreto dei misteri […]

Leggeva di tanto in tanto i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF 1188).

“Con altrettanta cura e devozione si impegnava a compiere gli altri insegnamenti uditi.

Egli infatti non era mai stato ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo alla lettera” (FF 357).

Come lo chiama il Celano, nella Vita prima - «fiume di Paradiso» - Francesco, “il nuovo evangelista di questo ultimo tempo ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per il mondo intero, e con le opere ha additato la via e la vera dottrina del Figlio di Dio” (FF 475).

Nella Regola non bollata (1221):

«Manteniamoci dunque Fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al Santo Vangelo di Colui che si è degnato di pregare per noi il Padre» (FF 62).

E “guardiamoci bene dall’essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine secondo quanto dice il Signore nel Vangelo:

«Il seme è la Parola di Dio […] il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza»” (FF 58).

 

«Uscì il Seminatore per seminare la sua semente […] La semente è la Parola di Dio» (Lc 8,5a.11b)

 

 

Sabato della 24.a sett. T.O.  (Lc 8 4-15)

Pagina 7 di 11
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa
The story of the healed blind man wants to help us look up, first planted on the ground due to a life of habit. Prodigy of the priesthood of Jesus
La vicenda del cieco risanato vuole aiutarci a sollevare lo sguardo, prima piantato a terra a causa di una vita abitudinaria. Prodigio del sacerdozio di Gesù.
Firstly, not to let oneself be fooled by false prophets nor to be paralyzed by fear. Secondly, to live this time of expectation as a time of witness and perseverance (Pope Francis)
Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza (Papa Francesco)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«And therefore, it is rightly stated that he [st Francis of Assisi] is symbolized in the figure of the angel who rises from the east and bears within him the seal of the living God» (FS 1022)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
This is where the challenge for your life lies! It is here that you can manifest your faith, your hope and your love! [John Paul II at the Tala Leprosarium, Manila]
È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! [Giovanni Paolo II al Lebbrosario di Tala, Manilla]
The more we do for others, the more we understand and can appropriate the words of Christ: “We are useless servants” (Lk 17:10). We recognize that we are not acting on the basis of any superiority or greater personal efficiency, but because the Lord has graciously enabled us to do so [Pope Benedict, Deus Caritas est n.35]
Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono [Papa Benedetto, Deus Caritas est n.35]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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