Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Oggi è la Festa di colui che ha dato senso e radici al Francescanesimo. Il Vangelo scelto è quello di Gesù che rivolto al Padre Lo ringrazia per aver rivelato i Misteri del Regno ai piccoli. E lui, Francesco è il Piccolo, il mite per antonomasia.
Nelle Fonti la piccolezza di questo Gigante del Vangelo è compendiata così:
“Altra volta ebbe a confessare ai compagni:
«Tra le altre grazie, L’Altissimo mi ha largito questa: obbedirei al novizio entrato nell’Ordine oggi stesso, se fosse mio guardiano, come si trattasse del primo e più attempato dei fratelli.
Invero, il suddito non deve considerare nel prelato l’uomo, bensì Colui per amore del quale si sottomette a un uomo».
Disse pure:
«Non ci sarebbe un prelato nel mondo intero, temuto dai sudditi e fratelli suoi quanto il Signore farebbe che io fossi temuto dai miei frati, qualora lo volessi.
Ma L’Altissimo mi ha donato questa grazia: sapermi adattare a tutti, come fossi il più piccolo frate nell’Ordine».
Abbiamo visto con i nostri occhi ripetute volte, noi che siamo vissuti con Francesco, la verità di questa sua affermazione.
A più riprese, quando taluni frati non lo sovvenivano nelle sue necessità, o gli veniva rivolta qualche parola che produceva agitazione, subito il Santo si ritirava a pregare.
E tornandone, non voleva ricordare lo sgarbo, col dire: ‘Quel frate mi ha trascurato!’, oppure: ‘Mi ha detto questa parola’.
E quanto più si avvicinava alla morte, tanto più si preoccupava di vivere e morire in tutta la perfezione dell’umiltà e povertà” (FF 1663).
Era umile e mite non solo con i superiori ma pure con i pari e quelli inferiori, contento di essere ammonito e corretto da loro.
Un giorno, attraversando il campo di un contadino su un asinello, perché debole, questi gli fece presente di essere nella vita davvero quanto si diceva di lui:
‘Guarda - disse il contadino - di essere tanto buono quanti tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera’.
Francesco a queste parole, scese dall’asino e, prostratosi davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo che si era degnato di ammonirlo […]
Si riteneva vile davanti a Dio e agli uomini” (FF 726).
E nel Saluto alle Virtù, da lui scritto, leggiamo:
«La santa umiltà / confonde la superbia/ e tutti gli uomini che sono nel mondo/ e similmente tutte le cose che sono nel mondo» (FF 258).
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia (Mt 11,25-30).
Lc pone l’accento sul mandato di Gesù ai suoi, evidenziando in che modo dovevano essere itineranti del Vangelo.
«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi. Non portate borsa, né bisaccia, né sandali, e non salutate nessuno per la via» (Lc 10,3-4).
Dopo aver incontrato il Signore, Francesco considerava fondamentale l’annuncio del Regno di Dio.
A tutti quelli che incontrava dava il saluto ricevuto per divina Rivelazione: «Il Signore vi dia Pace!» (FF 1052).
Sulla base del mandato di Gesù ai suoi discepoli, anche lui inviava i frati a predicare la Buona Novella, due a due, raccomandando di vivere in stretta povertà, come Gesù insegnava nel Vangelo.
Nelle Fonti leggiamo:
“Francesco, compiuti i restauri della chiesa di S. Damiano, seguitava a portare l’abito di eremita, camminava col bastone in mano, le calzature ai piedi, una cintura di pelle ai fianchi.
Ma un giorno, mentre ascoltava la Messa, udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per strada non dovevano portare né oro, né argento, né pane, né bastone, né calzature, né veste di ricambio. Comprese meglio queste consegne dopo, facendosi spiegare il brano dal sacerdote.
Allora, raggiante di gioia, esclamò:
«È proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze!».
E fissando nella memoria quelle direttive, s’impegnò ad eseguirle lietamente […] Mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova grazia. Ispirato da Dio, cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità” (FF 1427).
E ai frati raccomandava di non provocare nessuno all’ira, ma annunciassero il Regno con mitezza:
«La Pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori.
Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza [...]
Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti […]» (FF 1469).
Francesco esortava i suoi a vivere alla lettera il Vangelo di Cristo come agnelli mansueti tra lupi.
Giovedì 26.a sett. T.O. (Lc 10,1-12)
Dinanzi ai discepoli che discutono su chi fosse il più grande tra loro, Gesù li educa ponendo dinanzi allo sguardo un bambino. Questi è misura della loro grandezza.
Dunque: accoglienza e piccolezza sono le credenziali per il Regno.
Piccolo di statura, ma veramente dotato di quella piccolezza che rende bambini nel cuore.
Francesco si preoccupò sempre di non scandalizzare i piccoli di cui parla Gesù nel Vangelo.
L’autorevolezza delle Fonti c’informa:
“Spesso pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza immensa, al punto da ritenere che sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l’avesse sorretto con il suo conforto” (FF 1139).
Francesco stesso si definiva «Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione […]
Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).
Ancora: “Nient’altro possedeva, il Povero di Cristo, se non due spiccioli da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima” (FF 1167).
E ai suoi frati insegnava e raccomandava la piccolezza in ogni vicenda lieta o triste:
“La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole” (FF 1075).
Oh quale grande amore aveva per gli Angeli!
Le Fonti francescane ci raccontano che “agli spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che infiamma le anime degli eletti e le fa penetrare in Dio, era unito da un inscindibile vincolo d’amore […]
Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il compito di presentare le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale amore, dettato dal suo fervido zelo per la salvezza delle anime” (FF 1166).
«Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli perché vi dico che i loro angeli nei cieli vedono incessantemente il volto del Padre nei cieli» (Mt 18,10)
Ss. Angeli Custodi, 2 ottobre 2024
Luca presenta Gesù che procede fermamente e coraggiosamente verso Gerusalemme.
Per questo motivo un villaggio di Samaritani non volle riceverlo.
I discepoli intendono reagire all’inospitalità mostrata, ma Gesù li riprende, compreso della missione che stava adempiendo.
La finestra aperta sulle Fonti ci narra cose interessanti in merito.
Nei suoi scritti Francesco ammaestrava i suoi frati a perseverare con pazienza quando non venivano accolti, andando altrove, per amore di Cristo che soffrì le medesime cose.
Le Fonti - nello specifico la Regola non bollata (1221) - dice:
“E tutti frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo.
E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:
«Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna»” (FF 45).
E ancora nelle Ammonizioni:
“Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.
Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna” (FF 155).
D’altra parte Francesco, allo stesso Frate Leone, insegnerà che, quando non siamo accolti, rimanendo nella pazienza, siamo nella perfetta letizia:
“E io sempre resto davanti alla porta e dico: «Per amor di Dio accoglietemi per questa notte».
E quegli risponde: «Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là».
«Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera Letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima» ( FF 278).
Gesù, infatti, va oltre, laddove incontra il rifiuto, rimproverando i suoi che fanno fatica ad accettare la non accoglienza.
Francesco la segue come Provvidenza.
«Egli indurì il suo volto per partire verso Gerusalemme. E mandò Angeli davanti al suo Volto» (Lc 9,51b-52).
Martedì 26.a sett. T.O. (Lc 9,51-56)
Dinanzi ai discepoli che discutono su chi fosse il più grande tra loro, Gesù li educa ponendo dinanzi allo sguardo un bambino. Questi è misura della loro grandezza.
Dunque: accoglienza e piccolezza sono le credenziali per il Regno enunciate in questo brano evangelico. Guardiamo nelle Fonti tali tematiche.
Di mente raffinata, che invece si definiva semplice e idiota, Francesco aveva compreso molto bene la logica del Vangelo: chi vuol essere grande sia il più piccolo, alla stregua di un bambino, considerato nei tempi passati di nessun valore; minimo.
Egli s’impegnava a far comprendere tutto questo ai suoi frati, più con i fatti che con le parole.
Nondimeno, nella “Lettera ai reggitori dei popoli” scrive:
«A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d’ogni parte del mondo […] ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace» (FF 210).
Inoltre, leggiamo nelle Fonti:
“Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo.
E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.
Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.
Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione.
Il Santo amò questo luogo più di ogni altro e comandò ai suoi frati di venerarlo con particolare devozione.
Volle che fosse sempre custodito come specchio dell’Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l’uso” (FF 604).
E ai suoi amati frati ripeteva:
«Abbiamo promesso grandi cose, maggiori sono promesse a noi; osserviamo quelle ed aspiriamo a queste.
Il piacere è breve, la pena eterna; piccola la sofferenza, infinita la gloria» (FF 778).
«Il più piccolo fra tutti voi, questi è grande […] chi non è contro di voi, è per voi» (Lc 9,48b.50b).
Lunedì della 26.a sett. T.O. (Lc 9,46-50)
Il Povero d’Assisi conosceva, per esperienza, la magnanimità di Dio, sollecito verso i suoi figli persino per un bicchiere d’acqua offerto nel suo Nome a chi è di Cristo. E con grande fede viveva tale verità.
Nelle Fonti è raccontato un episodio eloquente:
“Francesco, uomo di Dio, nudo delle cose del mondo […] s’impegna nel servire Dio in tutti modi possibili.
Di ritorno alla chiesa di S. Damiano, tutto felice e fervente, si confezionò un abito da eremita e confortò il prete di quella chiesa con le stesse parole d’incoraggiamento rivolte a lui dal vescovo.
Indi, rientrando in città, incominciò ad attraversare piazze e strade elevando lodi al Signore con l’anima inebriata.
Come finiva le lodi, si dava da fare per ottenere le pietre necessarie al restauro della chiesa.
Diceva: «Chi mi dà una pietra, avrà una ricompensa; chi due pietre, due ricompense; chi tre, altrettante ricompense».
Con ardente entusiasmo rivolgeva questo e simili appelli pieni di ingenuità, poiché questo eletto di Dio aveva un animo candido e fanciullo, non faceva ricorso al dotto linguaggio della sapienza umana, ma era semplice e immediato in tutto” (FF 1420).
Altresì temeva essere di scandalo alla gente, ai fratelli, disonorando Dio. Infatti leggiamo ancora:
“Spesso ripeteva ai suoi compagni:
«In questo sta il mio dolore, la mia afflizione: le indicazioni che con intensa preghiera e riflessione ottengo dalla Misericordia di Dio per l’utilità presente e futura della fraternità, e che Dio mi assicura essere conformi al suo volere, ecco che alcuni frati la vanificano, fondandosi sull’arroganza e sui lumi della loro scienza, dicendo: queste direttive vanno mantenute e osservate, e queste altre no».
Ma il Santo, come già si è detto, tanto temeva lo scandalo, da permettere che molte cose si facessero, e si adattava alla volontà dei fratelli, per quanto ciò ripugnasse alle sue convinzioni” (FF 1632).
“Lo turbava il pensiero che, come spesso avviene tra gli eletti, vi sarebbero stati alcuni inorgogliti nella loro mentalità carnale, pronti alle contese e facili allo scandalo” (FF 609).
Chiara, poi, nella Regola, rivolta alle sorelle, dice:
«Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori del monastero nulla che possa provocare scandalo […]» (FF 2805).
Ancora:
«Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione» (FF 2809).
E aggiungeva:
«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).
26.a Domenica T.O. B (Mc 9,38-43.45.47-48)
Il Vangelo di Luca parla oggi del secondo annuncio della Passione di Gesù.
Egli cercava di preparare i discepoli alla consumazione del suo mistero Pasquale, ma essi facevano fatica a capire, non coglievano il senso di quanto il Signore esprimeva.
Come Gesù si trova di fronte all’incomprensione dei discepoli dinanzi al mistero della sua morte, così Francesco ha dinanzi a sé, alla fine della sua vita, lo sconcerto dei suoi frati.
Nelle Fonti:
“Fece chiamare tutti i frati presenti nella casa, e cercando di lenire il dolore che dimostravano per la sua morte, li esortò con affetto paterno all’amore di Dio […]
«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!
E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!
Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».
E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).
“Mentre i frati versavano lacrime amarissime e si lamentavano desolati […] Volle anche i libri dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni […]” (FF 808).
E ancora:
“Si rivolse poi al medico:
«Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!».
E ai frati:
«Quando mi vedrete ridotto all’estremo, esponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio».
Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio” (FF 810).
«Ponete voi nei vostri orecchi queste parole perché il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 9,44).
Sabato della 25.a sett. T.O. (Lc 9,43b-45)
Dinanzi alla gente che lo scambia per il Battista o Elia o uno dei profeti,
Gesù chiede ai suoi:
«Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20).
E poi ricorda ai discepoli che il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto.
Francesco d’Assisi parlava spesso ai suoi frati delle sofferenze patite dal Cristo, della sua Passione, per la quale piangeva molto.
Testimoniava la sua fede in Gesù, Figlio di Dio, con grande fervore.
Infatti “insegnò loro […] a confessare schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna la Santa Chiesa romana.
Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata” (FF 1069).
Le Fonti ci ammaestrano al riguardo:
“Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere.
Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro” (FF 467).
E nei suoi scritti:
“A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro […] Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile […] degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen” (FF 202).
Ancora: “Si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e […] le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore […] e non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi.
Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo.
Incontrò, un giorno, un suo intimo amico, e avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare” (FF 594).
Il pensiero che Gesù in noi doveva ancora soffrire molto lo tormentava rendendolo compreso di tale Mistero giorno e notte.
Venerdì della 25.a sett. T.O. (Lc 9,18-22)
I pochi versetti del capitolo nove di Luca, presi in considerazione dalla Liturgia odierna, accendono luci sul dilemma di Erode in merito a Gesù:
«Giovanni, l’ho fatto decapitare io; ora, chi è costui del quale sento tali cose?» (Lc 9,9).
E voleva vederlo!
Nelle Fonti Francescane troviamo passi che rivelano come
la gente non smetteva d’interrogarsi sul Poverello.
Dopo la conversione, Francesco d’Assisi fu rivestito da Dio di singolari carismi da lui tenuti nell’umiltà del nascondimento.
Ma le meraviglie che il Signore compiva per mezzo del Poverello parlavano per lui.
Suscitava stupore e sconcerto la sua vita semplice sulle orme di Cristo. La gente non smetteva d’interrogarsi sulla sua persona e su quanto compiva.
Le Fonti illuminano:
“Anche i malati che mangiavano il pane toccato dall’uomo di Dio, ottenevano rapidamente per divino intervento, la guarigione” (FF 1220).
“Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come parlasse un Angelo del Signore.
Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal Cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).
Ancora oggi, tutto questo suscita domande: «Chi è, dunque, costui?».
Le Fonti aggiungono: “quella Sapienza che è più nobile d’ogni moto e penetra dappertutto per la sua purezza, si comunica alle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti” (FF 1202).
Giovedì della 25.a sett. T.O. (Lc 9,7-9)
Jesus has forever interrupted the succession of ferocious empires. He turned the values upside down. And he proposes the singular work - truly priestly - of the journey of Faith: the invitation to question oneself. At the end of his earthly life, the Lord is Silent, because he waits for everyone to pronounce, and choose
Gesù ha interrotto per sempre il susseguirsi degli imperi feroci. Ha capovolto i valori. E propone l’opera singolare - davvero sacerdotale - del cammino di Fede: l’invito a interrogarsi. Al termine della sua vicenda terrena il Signore è Silenzioso, perché attende che ciascuno si pronunci, e scelga
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)
don Giuseppe Nespeca
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