Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Nel Vangelo di oggi, mentre alcuni pensavano alle belle pietre del tempio, Gesù annuncia che di quanto ammirato non sarebbe rimasto nulla.

Francesco e Chiara d’Assisi, con percorsi diversi, vissero avendo sempre dinanzi l’orizzonte conclusivo della vita.

Per divina rivelazione e per indiscussa intuizione avevano compreso che i luccichii di questo mondo sarebbero stati i primi detrattori delle anime.

Sapevano che di tutto ciò che vedevano, alla fine dei giorni non sarebbe rimasto nulla.

E ogni giorno, fin dalle prime luci dell’alba, tale pensiero li guidava nell’opera di testimonianza.

Le Fonti, vena senza fondo delle vicende evangeliche vissute da questi Giganti del Vangelo, proclamano a cominciare dal Cantico di frate Sole:

«Laudato si’, mi Signore, per Sora nostra Morte corporale/ da la quale nullu homo vivente po’ skappare/ guai a quelli che morranno ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,/ ka la morte seconda no ‘l farrà male»(FF 263).

Nondimeno Chiara richiamava le sorelle al fine ultimo della vita:

«Beati però quelli a cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).

Ancora in una delle sue lettere ad Agnese di Boemia, ella ricorda:

«Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo!

Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura» (FF 2894).

Loro hanno lanciato sempre il cuore oltre l’ostacolo, fidandosi di Dio.

 

Come annuncia Gesù nel Vangelo: «Queste cose che osservate, verranno giorni nei quali non sarà lasciata pietra su pietra, che non sarà distrutta» (Lc 21,6)

 

 

Martedì 34.a sett. T.O.  (Lc 21,5-11)

Domenica, 16 Novembre 2025 18:46

Gioia di vivere in Dio. Felici nel Signore

Nel Vangelo odierno  Gesù sottolinea la misura di dono di una povera vedova: «tutta la sua vita» (Lc 21,4b).

Un uomo di pensiero come P. Claudel ebbe a dire: «A che serve la vita se non ad essere donata?».

Francesco d’Assisi che di francese condivise la nascita per parte materna [Monna Pica, raffinata donna di Francia] aveva fatto del totale dono di sé a Dio e ai fratelli il senso evangelico del suo vivere.

Lo aveva incastonato in un verbo a lui molto caro: «restituire» - ridare a Dio quanto gli aveva elargito a piene mani.

E questo i «poveri in spirito» lo intendono meglio di ogni altro.

Nelle Fonti leggiamo:

“A chi voleva entrare nell’Ordine il Santo insegnava a ripudiare anzitutto il mondo, offrendo a Dio prima i beni esterni, poi a fare il dono interiore di se stessi.

Non ammetteva all’Ordine se non chi si era spogliato di ogni avere, senza ritenere nulla assolutamente, sia per la parola del santo Vangelo, sia perché non fosse di scandalo il peculio personale” (FF 667).

E ancora:

“Nella povertà trovavano grande letizia: non concupivano le ricchezze, disprezzavano anzi ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.

Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada: Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.

Erano felici nel Signore, sempre non avendo dentro di sé o tra loro nulla che potesse in qualche modo contristarli.

Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio. Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia” (FF 1454).

Avevano ben compreso cosa intende il Vangelo quando proclama la Beatitudine di chi dona tutto di sé per Cristo e in Cristo.

 

«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti» (Lc 21,3)

 

 

Lunedì 34.a sett. T.O.  (Lc 21,1-4)

Sabato, 15 Novembre 2025 00:12

Deriso, eppure Araldo del Gran Re

Il brano evangelico di Luca presenta la regalità  di Cristo sulla croce, deriso, insultato, perfino da uno dei due ladroni crocifissi con Lui.

L’altro, invece, chiede umilmente a Gesù di ricordarsi della sua persona e il Signore, nell’esercizio della sua regalità autentica, gli assicura il Paradiso.

Francesco si considerava «l’araldo del Gran Re».

Assalito dai briganti che gli chiedono chi fosse, lui risponde in modo impavido: «Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?» (FF 346).

E quando doveva assidersi a mense sontuose di grandi personaggi, Francesco ripeteva:

«Il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi mendicanti volontari per Cristo.

E io, questa dignità regale che il Signore ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del Regno dei cieli i veri poveri di spirito non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento» (FF 1127).

E quando allestì a Greccio il primo presepe, Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà:

“Predica al popolo la nascita del Re povero, e nel nominarlo, lo chiama per Tenerezza d’amore, il «bimbo di Bethlehem»” (FF 1186).

E Chiara gli fa eco nella Leggenda, dicendo:

«Se infatti il Re dei re dona se stesso a chi lo ama ardentemente, che cosa mai vi può essere che non conceda, se è cosa conveniente, a chi lo prega con devozione?» (FF 3208).

Nelle Lodi di Dio Altissimo leggiamo:

«Tu sei Santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.

Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei Altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del Cielo e della terra […]» (FF 261).

 

«Ora, lo schernivano anche i soldati, mentre si avvicinavano portandogli aceto, e dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!"» (Lc 23,36-37)

 

 

Cristo Re (anno C)  (Lc 23,35-43)

Venerdì, 14 Novembre 2025 04:17

Orsù frate asino. Figli della resurrezione

Gesù ci ricorda che coloro che sono considerati degni della vita futura non prendono moglie né marito.

Al riguardo le Fonti hanno un episodio molto significativo che fa riflettere.

“Nell’eremo dei frati di Sarteano, il maligno che sempre invidia il progresso spirituale dei figli di Dio, ebbe addirittura questa presunzione.

Vedendo che il Santo attendeva continuamente alla sua santificazione, e non tralasciava il guadagno di oggi soddisfatto di quello del giorno precedente, una notte, mentre pregava nella sua celletta, lo chiamò per tre volte: “Francesco, Francesco, Francesco”.

«Cosa vuoi?».

E quello: “Nel mondo non vi è nessun peccatore, che non ottenga la misericordia di Dio, se pentito. Ma chiunque causa la propria morte con una penitenza rigorosa non troverà misericordia in eterno”.

Il Santo riconobbe subito, per rivelazione, l’astuzia del nemico, come cercava di indurlo alla tiepidezza […]

Vedendo che in tal modo non era riuscito a nascondere il laccio, ne prepara un altro, cioè uno stimolo carnale […]

Appena il Padre nota (tale tentazione), si spoglia della veste e si flagella con estrema durezza con un pezzo di corda.

«Orsù frate asino - esclama - così tu devi sottostare, così subire il flagello! La tonaca è dell’Ordine, non è lecito appropriarsene indebitamente […]».

Ma poiché vedeva che con i colpi della disciplina la tentazione non se ne andava […] uscito nell’orto si immerse nudo nella neve alta.

Prendendo poi la neve a piene mani la stringe e ne fa sette mucchi a forma di manichini, si colloca poi dinanzi ad essi e comincia a parlare così al corpo:

«Ecco , questa più grande è tua moglie, questi quattro, due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono il servo e la domestica, necessari al servizio».

«Fa’ presto, occorre vestirli tutti perché muoiono dal freddo. Se poi questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza il Signore».

“[…] e il Santo tornò nella sua cella glorificando Dio” (FF 703).

 

«Ma quelli che saranno giudicati degni di aver parte a quell’altro mondo e alla risurrezione dei morti, né prendono moglie né prendono marito» (Lc 20,35)

 

 

Sabato 33.a sett. T.O.  (Lc 20,27-40)

Giovedì, 13 Novembre 2025 04:24

Da solo col Padre, trasformato in Preghiera

Francesco, uomo di Dio, amava la preghiera in modo speciale, come luogo dell’incontro con lo Sposo, custodendola gelosamente da ogni frastuono.

Leggiamo nella Vita seconda del suo noto biografo, Celano:

“Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo Spirito, ma con le singole membra, al suo Dio.

Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime.

Dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo.

E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno.

Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé, e concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo Spirito al cielo.

Non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 681-682).

 

«Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera» (Lc 19,46)

 

 

Venerdì 33.a sett. T.O.  (Lc 19,45-48)

Mercoledì, 12 Novembre 2025 04:12

Lacrime copiose

Gesù versa lacrime su Gerusalemme per la sua  ingrata scelta del potere, nel tempo in cui era stata visitata.

Anche Francesco, discepolo del Signore, sulle orme della Parola fatta carne, appena terminate le commissioni (anzi le troncava in un baleno, per non distrarsi dalle cose di Dio!) si ritirava, come Gesù, tutto solo, a pregare, pure di notte.

Tommaso da Celano, uno dei suoi più eloquenti biografi, presente nelle Fonti, così parla a riguardo della Relazione di Francesco con Cristo.

Tale unione intima rafforzava la sua fede, rendendolo capace di andare a Dio anche sulle grandi acque della vita, fra i marosi del mondo.

“Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento, per imprimere nel cuore la sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.

E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione” (FF 681).

“Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore” (FF 682).

Ma pure Chiara, pianticella del Serafico padre Francesco, era nutrita dall’orazione assidua e dalla contemplazione solitaria per comprendere il volere di Dio e abbandonandosi a una fede solida.

Ne è testimone quanto scriveva nella terza lettera alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia. Parole cariche di ‘relazione cristiana’ autentica.

«Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui» (FF 2888).

I Poveri assisani hanno fatto dello “stare con Dio” la condizione per non temere le avversità incontrate nel loro cammino; camminando, per Grazia, sulle “grandi acque”.

Così, grazie all’esempio eloquente, molte anime abbandonavano lo spirito di confronto e sopraffazione, volgendosi a una vita conciliata e di Pace fraterna.

 

«Se avessi conosciuto in questo giorno anche tu quel che è per la pace! Ma adesso è stato nascosto ai tuoi occhi» (Lc 19,42)

 

 

Giovedì 33.a sett. T.O.  (Lc 19,41-44)

Il brano del Vangelo di oggi mette in evidenza l’intelligenza spirituale di chi, come Francesco, pone al servizio del Regno tutto ciò che L’Altissimo ha depositato nella sua nuda esistenza.

A chi dispone le mine (moneta greca / talenti) ricevute a servizio del Vangelo le ritroverà maggiorate dalla longanimità del Signore.

Francesco, che si definiva «simplex et idiota», dopo aver incontrato Cristo, cambia pelle - e tutto ciò cui prima anelava finisce col detestarlo - e ogni cosa che prima aborriva diventa per lui dolcezza dell’anima.

Passeggiando tra le Fonti francescane, cesello di eventi e della vocazione profonda e solida del Santo, leggiamo:

“Molti, nobili e plebei, chierici e laici, docili alla divina ispirazione, si recavano dal Santo, bramosi di schierarsi per sempre con lui e sotto la sua guida.

E a tutti egli, come ricca sorgente di grazia celeste, dona le acque vivificanti che fanno sbocciare le virtù nel giardino del cuore.

Artista e maestro di vita evangelica veramente glorioso: mediante il suo esempio, la sua Regola e il suo insegnamento, si rinnova la Chiesa di Cristo nei suoi fedeli, uomini e donne, e trionfa la triplice milizia degli eletti” (FF 384).

Inoltre apprendiamo che “divenne araldo del Vangelo. Incominciò, infatti, a percorre città e villaggi e ad annunziarvi il regno di Dio, non basandosi sui discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla dimostrazione di spirito e di potenza […] da allora la vigna di Cristo incominciò a produrre germogli profumati del buon odore del Signore, e frutti abbondanti con fiori soavi di grazia e di santità” (FF 1072).

Il Povero d’Assisi aveva saputo ‘trafficare’ le sue mine, ricevute per raggiungere più anime possibili mediante la potenza dello Spirito di Dio e far conoscere il valore salvifico della Parola fatta carne.

 

«Vi dico che a ognuno che ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Lc 19,26)

 

 

Mercoledì 33.a sett. T.O.  (Lc 19,11–28)

Lunedì, 10 Novembre 2025 03:10

Scendere dal sicomòro

L’inizio del capitolo diciannove di Luca narra la conversione di Zaccheo. Un cambiamento di rotta che lo aveva indotto a restituire quattro volte di quanto rubato ai poveri.

Così, ricevendo il Signore, la salvezza aveva trovato dimora nella sua casa.

Anche Francesco, al pari di Zaccheo, era di piccola statura e voleva vedere Gesù.

Era salito sul sicomoro delle sue false sicurezze e Gesù gli dice di scendere dal mondo dei tornaconti e di salire sul colle della libertà evangelica, donando quanto aveva ai poveri.

Nel momento in cui incontra Cristo, si accorge che nella sua casa interiore era entrata la salvezza, la chiarità del vivere.

Le Fonti documentano queste vicende storiche interessanti:

“Siccome però, come dice tutta la Scrittura: «Quando un uomo ha finito, allora comincia, e quando sarà consumato, opererà» - si vide il suo spirito farsi più pronto nella carne inferma.

Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa a un asinello.

Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo” (FF 490).

E ancora: “Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime […]

Non si riteneva Amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (FF 758).

Salvato, cercava di salvare; guarito, voleva guarire!

 

«Zaccheo, affrettandoti scendi, perché oggi devo rimanere nella tua casa» (Lc 19,5b)

 

 

Martedì 33.a sett. T.O.  (Lc 19,1-10)

Domenica, 09 Novembre 2025 04:27

Cecità fisica e spirituale redenta

Gesù guarisce sulla strada di Gerico un cieco che crede in Lui e che, per la salvezza ricevuta, comincia a seguirLo glorificando Dio.

La cecità è tema rivisitato da Francesco in varie occasioni.

Il Minimo sapeva cosa fosse quella del corpo e dell’anima, avendola sperimentata spiritualmente e fisicamente.

Il Nome di Gesù sulle labbra del Poverello spesso aveva generato guarigioni, ridonando la vista.

Nelle Fonti troviamo:

“Nel convento dei frati minori di Napoli vi era un frate, di nome Roberto, cieco da molti anni.

Ad un certo punto sopra gli occhi gli si formò un’escrescenza carnosa, che gli impediva di muovere e sollevare le palpebre.

Un giorno si radunarono in quel convento molti frati forestieri, diretti in diverse parti del mondo.

Ebbene, il beato padre nostro Francesco, specchio di santa obbedienza, quasi per incuorarli al viaggio con la novità di un miracolo, volle guarire quel frate, alla loro presenza, nel modo che segue.

Questo frate Roberto era ammalato a morte, tanto che ormai gli era stata raccomandata l’anima; quand’ecco gli si presentò il beato Padre, in compagnia di tre frati, modelli d’ogni santità: sant’Antonio, frate Agostino e frate Giacomo d’Assisi, che ora, dopo la morte, lo accompagnavano premurosamente, così come lo avevano seguito perfettamente durante la vita.

Prendendo un coltello, San Francesco gli tagliò via la carne superflua, restituendogli la vista e strappandolo alle fauci della morte; poi gli disse:

«O figlio Roberto, la grazia che ti ho fatto è un segno per i frati che partono per lontane genti: è il segno che io li precederò e guiderò nel loro cammino. Partano con gioia e adempiano con animo pronto l’obbedienza ricevuta!» (FF 1299).

Il Cantico scritto da S. Francesco - Cantico di frate Sole - è un inno alla vita e alla luce nel momento in cui aveva perso la vista ed era stato guarito nel cuore.

Francesco, dopo la conversione, tornò a vederci di nuovo e divenne luce per tutti, faro nella notte dei tempi.

Cristo ridonava la vista attraverso di lui.

 

«E Gesù gli disse: "Solleva lo sguardo! La tua fede ti ha salvato"» (Lc 18,42)

 

 

Lunedì 33.a sett. T.O.  (Lc 18,35-43)

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Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that «Deluge» Coming, where no wave resembles the others
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «Diluvio» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre
The community of believers is a sign of God’s love, of his justice which is already present and active in history but is not yet completely fulfilled and must therefore always be awaited, invoked and sought with patience and courage (Pope Benedict)
La comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente e operante nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio (Papa Benedetto)
"In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet". This refers to the solidity of the Word. It is solid, it is the true reality on which one must base one's life (Pope Benedict)
«In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet». Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita (Papa Benedetto)
It has made us come here the veneration of martyrdom, on which, from the beginning, the kingdom of God is built, proclaimed and begun in human history by Jesus Christ (Pope John Paul II)
Ci ha fatto venire qui la venerazione verso il martirio, sul quale, sin dall’inizio, si costruisce il regno di Dio, proclamato ed iniziato nella storia umana da Gesù Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
The evangelization of the world involves the profound transformation of the human person (Pope John Paul II)
L'opera evangelizzatrice del mondo comporta la profonda trasformazione delle persone (Papa Giovanni Paolo II)
The Church, which is ceaselessly born from the Eucharist, from Jesus' gift of self, is the continuation of this gift, this superabundance which is expressed in poverty, in the all that is offered in the fragment (Pope Benedict)

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