Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù invita tutti a discernere i segni insiti in natura, per dare criterio a quelli ultimi. Quando il fico germoglia è vicina la stagione dei frutti.
Così Francesco, vero amante e imitatore di Lui, legge nella sua vita e in quella dei suoi frati le propaggini del Regno di Dio che si avvicina, dinanzi a vicende che parlano il linguaggio del Creatore stesso.
Nelle Fonti troviamo passi che indicano i segni della crescita di ogni credente, come dell’albero che germoglia e produce frutto:
«Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo.
Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli.
Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri per esempio» (FF 168/2. Lettera ai Fedeli).
Bene, «quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino il Regno di Dio»!
Altresì Francesco legge nella sua malattia e morte il Regno di Dio che s’avvicina.
Alza il capo e così si rivolge ai suoi:
“Poi il Santo alzò le mani al Cielo, glorificando il suo Cristo, perché poteva andare a Lui senza impaccio di sorta.
Ma per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio, amò sino alla fine i suoi frati e figli che aveva amato fin da principio […]
Poi, mentre tutti i frati gli erano attorno, stese la sua destra su di essi e la pose sul capo di ciascuno cominciando dal suo vicario:
«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!
E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!
Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».
E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).
«Quando già hanno germogliato, guardando, da voi stessi sapete che l’estate è già vicina» (Lc 21,31)
Venerdì 34.a sett. T.O. (Lc 21,29-33)
Il Vangelo di oggi narra dei segni ultimi preannunziati da Cristo.
Francesco, che di segni aveva esperienza, visse il suo pellegrinaggio terreno ininterrottamente rivolto alla manifestazione del Cristo e quindi adoprandosi per il bene dei fratelli.
Tutto si sarebbe sgretolato e alla fine un unico vessillo avrebbe continuato a svettare: la Croce di Cristo, segno ultimo e vittoria del Risorto.
Alla luce di tutto questo, Francesco sembrava contrapporre ai segni che si sarebbero manifestati nella luna, nel sole, nelle stelle, all’ansia di popoli in angoscia… l’unico segno attorno a cui ruota l’esistenza cristiana: la Croce mediante la quale il mondo è stato redento.
Nelle Fonti troviamo, allora, passi che spiegano e supportano quanto detto.
“E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo […]” (FF 65).
E così Francesco, il Minimo “scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF 1066).
E tutto questo insieme ai suoi frati “preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell’abbondanza” (FF 1067).
Sì, ci saranno molti segni nell’universo al manifestarsi in pienezza di Cristo, ma uno solo svetterà indisturbato: la sua Santa Croce redentiva e trasformante.
Ai suoi frati, perciò, aveva insegnato:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
«E vi saranno segni nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di nazioni in preda allo smarrimento per il fragore del mare e dei flutti» (Lc 21,25)
Giovedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,20-28)
Il passo evangelico di oggi parla di persecuzione e odio verso i testimoni di Gesù.
Il Povero d’Assisi, conosciuto Cristo, ben sapeva che seguire le orme di Lui avrebbe comportato anche insulti e persecuzioni, a partire dai suoi familiari.
Infatti gli assisani e suo padre, astuto mercante, non sopportavano il suo radicale cambiamento, e lo stimavano pazzo.
Ma Francesco, Araldo di Cristo, non si lasciava intimorire, guidato dalla Sapienza divina, che a quanti l’accolgono suggerisce ogni risposta adeguata al momento.
Le Fonti Francescane, luogo di speciale palestra evangelica, narrano:
“Un giorno, infuocato di entusiasmo, il Santo lasciò la caverna e si mise in cammino verso Assisi, vivace, lesto e gaio.
Armato di fiducia in Cristo e acceso di amore celeste, rinfacciava a se stesso la codardia e la vana trepidazione, e con audacia decise di esporsi alle mani e ai colpi dei persecutori.
Al primo vederlo, quelli che lo conoscevano com’era prima, presero a insultarlo, gridando ch’era un pazzo e un insensato, gettandogli fango e sassi.
Vedendolo così mutato, sfinito dalle penitenze, attribuivano ad esaurimento e demenza il suo cambiamento.
Ma il cavaliere di Cristo passava in mezzo a quella tempesta senza farci caso, non lasciandosi colpire e agitare dalle ingiurie, rendendo invece grazie a Dio.
Si diffuse per le piazze e le vie della città la notizia di quanto succedeva, finché venne agli orecchi del padre.
Sentito come lo maltrattavano, egli uscì immediatamente a prenderlo, con l’intenzione non di liberarlo, ma di finirla.
Fuori di sé, gli si avventò contro come un lupo sulla pecora, e fissandolo con occhio torvo e con la faccia contratta dal furore, lo afferrò e trascinò fino a casa.
Qui lo rinchiuse in un bugigattolo oscuro per più giorni, facendo di tutto, a parole e a botte, per ricondurlo alla vanità mondana” (FF 1417).
Ma “Francesco non si lasciò smuovere né dalle parole, né dalle catene, né dalle percosse. Sopportava tutto con pazienza, diventando anzi più agile e forte nel seguire il suo ideale” (FF 1418).
«Ora prima di tutte queste cose vi metteranno addosso le loro mani e perseguiteranno consegnando alle sinagoghe e prigioni» (Lc 21,12).
«E sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Lc 21,17).
Mercoledì 34.a sett. T.O. (Lc 21,12-19)
Nel Vangelo di oggi, mentre alcuni pensavano alle belle pietre del tempio, Gesù annuncia che di quanto ammirato non sarebbe rimasto nulla.
Francesco e Chiara d’Assisi, con percorsi diversi, vissero avendo sempre dinanzi l’orizzonte conclusivo della vita.
Per divina rivelazione e per indiscussa intuizione avevano compreso che i luccichii di questo mondo sarebbero stati i primi detrattori delle anime.
Sapevano che di tutto ciò che vedevano, alla fine dei giorni non sarebbe rimasto nulla.
E ogni giorno, fin dalle prime luci dell’alba, tale pensiero li guidava nell’opera di testimonianza.
Le Fonti, vena senza fondo delle vicende evangeliche vissute da questi Giganti del Vangelo, proclamano a cominciare dal Cantico di frate Sole:
«Laudato si’, mi Signore, per Sora nostra Morte corporale/ da la quale nullu homo vivente po’ skappare/ guai a quelli che morranno ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,/ ka la morte seconda no ‘l farrà male»(FF 263).
Nondimeno Chiara richiamava le sorelle al fine ultimo della vita:
«Beati però quelli a cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Ancora in una delle sue lettere ad Agnese di Boemia, ella ricorda:
«Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo!
Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura» (FF 2894).
Loro hanno lanciato sempre il cuore oltre l’ostacolo, fidandosi di Dio.
Come annuncia Gesù nel Vangelo: «Queste cose che osservate, verranno giorni nei quali non sarà lasciata pietra su pietra, che non sarà distrutta» (Lc 21,6)
Martedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,5-11)
Nel Vangelo odierno Gesù sottolinea la misura di dono di una povera vedova: «tutta la sua vita» (Lc 21,4b).
Un uomo di pensiero come P. Claudel ebbe a dire: «A che serve la vita se non ad essere donata?».
Francesco d’Assisi che di francese condivise la nascita per parte materna [Monna Pica, raffinata donna di Francia] aveva fatto del totale dono di sé a Dio e ai fratelli il senso evangelico del suo vivere.
Lo aveva incastonato in un verbo a lui molto caro: «restituire» - ridare a Dio quanto gli aveva elargito a piene mani.
E questo i «poveri in spirito» lo intendono meglio di ogni altro.
Nelle Fonti leggiamo:
“A chi voleva entrare nell’Ordine il Santo insegnava a ripudiare anzitutto il mondo, offrendo a Dio prima i beni esterni, poi a fare il dono interiore di se stessi.
Non ammetteva all’Ordine se non chi si era spogliato di ogni avere, senza ritenere nulla assolutamente, sia per la parola del santo Vangelo, sia perché non fosse di scandalo il peculio personale” (FF 667).
E ancora:
“Nella povertà trovavano grande letizia: non concupivano le ricchezze, disprezzavano anzi ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.
Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada: Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.
Erano felici nel Signore, sempre non avendo dentro di sé o tra loro nulla che potesse in qualche modo contristarli.
Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio. Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia” (FF 1454).
Avevano ben compreso cosa intende il Vangelo quando proclama la Beatitudine di chi dona tutto di sé per Cristo e in Cristo.
«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti» (Lc 21,3)
Lunedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,1-4)
Il brano evangelico di Luca presenta la regalità di Cristo sulla croce, deriso, insultato, perfino da uno dei due ladroni crocifissi con Lui.
L’altro, invece, chiede umilmente a Gesù di ricordarsi della sua persona e il Signore, nell’esercizio della sua regalità autentica, gli assicura il Paradiso.
Francesco si considerava «l’araldo del Gran Re».
Assalito dai briganti che gli chiedono chi fosse, lui risponde in modo impavido: «Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?» (FF 346).
E quando doveva assidersi a mense sontuose di grandi personaggi, Francesco ripeteva:
«Il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi mendicanti volontari per Cristo.
E io, questa dignità regale che il Signore ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del Regno dei cieli i veri poveri di spirito non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento» (FF 1127).
E quando allestì a Greccio il primo presepe, Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà:
“Predica al popolo la nascita del Re povero, e nel nominarlo, lo chiama per Tenerezza d’amore, il «bimbo di Bethlehem»” (FF 1186).
E Chiara gli fa eco nella Leggenda, dicendo:
«Se infatti il Re dei re dona se stesso a chi lo ama ardentemente, che cosa mai vi può essere che non conceda, se è cosa conveniente, a chi lo prega con devozione?» (FF 3208).
Nelle Lodi di Dio Altissimo leggiamo:
«Tu sei Santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei Altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del Cielo e della terra […]» (FF 261).
«Ora, lo schernivano anche i soldati, mentre si avvicinavano portandogli aceto, e dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!"» (Lc 23,36-37)
Cristo Re (anno C) (Lc 23,35-43)
Gesù ci ricorda che coloro che sono considerati degni della vita futura non prendono moglie né marito.
Al riguardo le Fonti hanno un episodio molto significativo che fa riflettere.
“Nell’eremo dei frati di Sarteano, il maligno che sempre invidia il progresso spirituale dei figli di Dio, ebbe addirittura questa presunzione.
Vedendo che il Santo attendeva continuamente alla sua santificazione, e non tralasciava il guadagno di oggi soddisfatto di quello del giorno precedente, una notte, mentre pregava nella sua celletta, lo chiamò per tre volte: “Francesco, Francesco, Francesco”.
«Cosa vuoi?».
E quello: “Nel mondo non vi è nessun peccatore, che non ottenga la misericordia di Dio, se pentito. Ma chiunque causa la propria morte con una penitenza rigorosa non troverà misericordia in eterno”.
Il Santo riconobbe subito, per rivelazione, l’astuzia del nemico, come cercava di indurlo alla tiepidezza […]
Vedendo che in tal modo non era riuscito a nascondere il laccio, ne prepara un altro, cioè uno stimolo carnale […]
Appena il Padre nota (tale tentazione), si spoglia della veste e si flagella con estrema durezza con un pezzo di corda.
«Orsù frate asino - esclama - così tu devi sottostare, così subire il flagello! La tonaca è dell’Ordine, non è lecito appropriarsene indebitamente […]».
Ma poiché vedeva che con i colpi della disciplina la tentazione non se ne andava […] uscito nell’orto si immerse nudo nella neve alta.
Prendendo poi la neve a piene mani la stringe e ne fa sette mucchi a forma di manichini, si colloca poi dinanzi ad essi e comincia a parlare così al corpo:
«Ecco , questa più grande è tua moglie, questi quattro, due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono il servo e la domestica, necessari al servizio».
«Fa’ presto, occorre vestirli tutti perché muoiono dal freddo. Se poi questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza il Signore».
“[…] e il Santo tornò nella sua cella glorificando Dio” (FF 703).
«Ma quelli che saranno giudicati degni di aver parte a quell’altro mondo e alla risurrezione dei morti, né prendono moglie né prendono marito» (Lc 20,35)
Sabato 33.a sett. T.O. (Lc 20,27-40)
Francesco, uomo di Dio, amava la preghiera in modo speciale, come luogo dell’incontro con lo Sposo, custodendola gelosamente da ogni frastuono.
Leggiamo nella Vita seconda del suo noto biografo, Celano:
“Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo Spirito, ma con le singole membra, al suo Dio.
Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime.
Dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo.
E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno.
Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé, e concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo Spirito al cielo.
Non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 681-682).
«Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera» (Lc 19,46)
Venerdì 33.a sett. T.O. (Lc 19,45-48)
Inside each woman and man resides a volcano of potential energies which are not to be smothered and aligned. The Lord doesn’t level the character; he doesn’t wear out the creatures. He doesn't make them desolate. The Kingdom is Near: it reinstates the imbalances. It does not mortify them, it convert them and enhances them
Dentro ciascuna donna e uomo risiede un vulcano di energie potenziali che non devono essere soffocate e allineate. Il Signore non livella il carattere; non sfianca le creature. Non le rende desolate. Il Regno è Vicino: reintegra gli squilibri. Non li mortifica, li tramuta e valorizza
The Person of Christ opens up another panorama to the perception of the two short-sighted (because ambitious) disciples. But sometimes it is necessary to take a leap in the dark, to contact one's vocational Seed; heal the gaze of the soul, recognize himself, flourish; make true Communion
La Persona di Cristo spalanca alla percezione dei due discepoli miopi (perché ambiziosi) un altro panorama. Ma talora bisogna fare un salto nel buio, per contattare il proprio Seme vocazionale; guarire lo sguardo dell’anima, riconoscersi, fiorire; fare vera Comunione
«Too pure water has no fish». Accepting ourselves will complete us: it will make us recover the co-present, opposite and shadowed sides. It’s the leap of profound Faith. And seems incredible, but the Rock on which we build the way of being believers is Freedom
«L’acqua troppo pura non ha pesci». Accettarsi ci completerà: farà recuperare i lati compresenti, opposti e in ombra. È il balzo della Fede profonda. Sembra incredibile, ma la Roccia sulla quale edifichiamo il modo di essere credenti è la Libertà
Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that «Deluge» Coming, where no wave resembles the others
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «Diluvio» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre
don Giuseppe Nespeca
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