Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù pone attenzione sulla potenza operativa della Parola di Dio, pure a distanza, laddove palpita Fede autentica.
In tal senso è sintomatico un episodio narrato dalle Fonti.
A colloquio con il cardinal Ugolino (futuro Papa), dinanzi al rimprovero di questi sul perché avesse mandato i suoi frati in terre straniere e così lontane, Francesco, uomo di fede profonda nella Parola di Dio, risponde con grande slancio di spirito:
«Non pensate, messere, che il Signore abbia inviato i frati soltanto per il bene di queste regioni.
Vi dico in verità che Dio ha scelto e inviato i frati per il vantaggio spirituale e la salvezza delle anime degli uomini del mondo intero; essi saranno ricevuti non solo nelle terre dei cristiani, ma anche in quelle degli infedeli.
Purché osservino quello che hanno promesso al Signore. Dio darà loro il necessario nelle terre degli infedeli come in quelle cristiane» (FF 1638).
Qui Francesco manifestava una fede solida e universale verso la Parola che opera sempre e ovunque laddove trova porte aperte e affidamento sincero.
Anche Chiara d’Assisi, cresciuta all’ombra di san Francesco, donna d’idee limpide e forti, rivelava una fede granitica nella Parola di Dio di cui intuiva tutta la potenza salvifica e trasformante, tanto da rifiutare dai frati questuanti il sostegno materiale se il signor Papa Gregorio avesse poi deciso di proibire ai frati di recarsi nei Monasteri, senza previa autorizzazione.
Rammaricata per la scarsità del pane della Parola, gemendo disse:
«Ce li tolga tutti, ormai, i frati, dopo che ci ha tolto quelli che ci davano il nutrimento di vita!» (FF 3232).
Qual Sposa del Cantico, Chiara sapeva per conoscenza diretta quali benefici la sua anima e quella delle sorelle avevano ricevuto per la guarigione dell’anima e del corpo.
Lei, donna rinchiusa nel segreto della Parola, certa della sua ineluttabile efficacia senza confine, conosceva la trasformazione occorsa in S. Damiano grazie alla potenza della Parola - che non torna a Dio prima di aver operato efficacemente quanto desidera.
«In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato tanta fede!» (Mt 8,10)
Lunedì 1a sett. in Avvento (Mt 8,5-11)
Nel Vangelo di questa prima domenica di Avvento il tema di fondo è quello dell’essere pronti per la Venuta imprevedibile del Signore, vegliando nell’attesa.
Francesco d’Assisi ha vissuto tutta la parabola della sua vita, a partire dalla sua conversione, in un continuo atto di vigilanza per l’arrivo dell’Amato.
Nella fraternità si studiò sempre di stimolare i suoi frati in tale direzione.
Scorrendo la Leggenda Perugina leggiamo:
«Se il servo di Dio provvede saggiamente al proprio corpo con buon garbo e nella misura del possibile, e fratello corpo si mostra pigro, negligente e sonnolento nell’orazione, nelle veglie e nelle altre buone opere dello spirito, allora deve castigarlo come un giumento riottoso e indolente, che vuole, sì, mangiare, ma ricusa di lavorare e portare il carico» (FF 1652).
I suoi figli, che guardavano alla vita che il Poverello conduceva con grande rigore, lo seguivano.
"Affliggevano il corpo non solo con il digiuno, ma con molte veglie, patendo freddo e nudità e lavorando con le loro mani.
Assai spesso, per non restare senza far nulla, andavano ad aiutare la povera gente nei campi, ricevendone talvolta del pane per amor di Dio. Con queste ed altre virtù santificavano se stessi e il luogo della Porziuncola. Altri fratelli venuti dopo si comportavano per lungo tempo allo stesso modo, sia pure con minore austerità" (FF 1553).
In quel tempo il tipo di ascesi e spiritualità vissute si esprimevano in un genere di vita rigoroso, ma Francesco lo condiva sempre con il sale della sapienza a riguardo della sua comunità.
La stessa Chiara, donna rinchiusa nel segreto di Dio, visse in S. Damiano «pellegrina e forestiera in questo mondo» (Reg. c. VIII,1), in un vegliare abbandonato allo Sposo, che attende con solerte vivere.
Il suo fu un aprirsi a una Presenza che inebria di gioia il cuore povero e umile, in una preghiera che è amore «nel segreto del Padre».
La vita di Chiara fu condotta all’insegna della penitenza lieta e in attesa, seguendo il Vangelo, in altissima povertà e in fraternità cristiana.
Lei, come Francesco, divenne serva fidata e prudente, messa a capo dal Signore per dare cibo a tempo debito (cf. Mt 24,45).
«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro Viene» (Mt 24,42)
1a Domenica di Avvento A (Mt 24,37-44)
Il Vangelo del giorno insiste: «guardatevi» e «siate svegli, pregando».
Il Povero d’Assisi, come pure le recluse di S. Damiano, vissero la loro parabola esistenziale in continue veglie e orazione, ben attenti a non cadere in tiepidezze.
Nelle Fonti francescane ci sono episodi che sottolineano queste coordinate evangeliche in modo eloquente.
Nelle Lettere di Francesco troviamo esortazioni ai frati, perché mai tralascino la preghiera, respiro dell’anima:
«Eleviamo a Lui lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: Padre nostro, che sei nei cieli, poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci» ( FF 188).
Ma c’è un episodio del Poverello che colpisce:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno […] Rimasto dunque solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere, e alla fine guardò attorno, dove potesse reclinare il capo per dormire.
Ma subito turbato nello spirito, cominciò a sentirsi oppresso dallo spavento e dal tedio e a tremare in tutto il corpo. Sentiva chiaramente che il diavolo dirigeva contro di lui i suoi assalti […] Immediatamente si alzò e, uscito fuori, si fece il segno della croce, esclamando:
«Da parte di Dio Onnipotente vi comando, demoni, che riversiate sul mio corpo tutto ciò che è in vostro potere.
Lo sopporto volentieri, perché non ho un nemico peggiore del mio corpo: mi farete così giustizia del mio avversario e gli infliggerete la punizione in vece mia».
Quelli, che si erano riuniti per atterrire il suo animo, incontrando uno spirito più pronto anche se in una carne debole, subito si dileguarono confusi dalla vergogna” (FF 707).
E S. Chiara in S.Damiano, insieme alle sorelle che il Signore le aveva donato, viveva sempre attenta e vigile nella preghiera:
“Era solita, per Mattutino, prevenire le giovinette e, svegliandole senza rumore con cenni, le invitava alle lodi di Dio.
Spesso, mentre tutte dormivano ancora, accendeva le lampade; spesso suonava lei stessa la campana.
Non c’era posto nel suo monastero per la tiepidezza, non c’era posto per l’accidia lì dove la pigrizia era scossa da un pungente impulso a pregare e a servire il Signore” (FF 3200).
Dunque: «siate svegli, pregando» (Lc 21,36)
Sabato 34.a sett. T.O. (Lc 21,34-36)
Gesù invita tutti a discernere i segni insiti in natura, per dare criterio a quelli ultimi. Quando il fico germoglia è vicina la stagione dei frutti.
Così Francesco, vero amante e imitatore di Lui, legge nella sua vita e in quella dei suoi frati le propaggini del Regno di Dio che si avvicina, dinanzi a vicende che parlano il linguaggio del Creatore stesso.
Nelle Fonti troviamo passi che indicano i segni della crescita di ogni credente, come dell’albero che germoglia e produce frutto:
«Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo.
Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli.
Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri per esempio» (FF 168/2. Lettera ai Fedeli).
Bene, «quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino il Regno di Dio»!
Altresì Francesco legge nella sua malattia e morte il Regno di Dio che s’avvicina.
Alza il capo e così si rivolge ai suoi:
“Poi il Santo alzò le mani al Cielo, glorificando il suo Cristo, perché poteva andare a Lui senza impaccio di sorta.
Ma per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio, amò sino alla fine i suoi frati e figli che aveva amato fin da principio […]
Poi, mentre tutti i frati gli erano attorno, stese la sua destra su di essi e la pose sul capo di ciascuno cominciando dal suo vicario:
«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!
E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!
Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».
E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).
«Quando già hanno germogliato, guardando, da voi stessi sapete che l’estate è già vicina» (Lc 21,31)
Venerdì 34.a sett. T.O. (Lc 21,29-33)
Il Vangelo di oggi narra dei segni ultimi preannunziati da Cristo.
Francesco, che di segni aveva esperienza, visse il suo pellegrinaggio terreno ininterrottamente rivolto alla manifestazione del Cristo e quindi adoprandosi per il bene dei fratelli.
Tutto si sarebbe sgretolato e alla fine un unico vessillo avrebbe continuato a svettare: la Croce di Cristo, segno ultimo e vittoria del Risorto.
Alla luce di tutto questo, Francesco sembrava contrapporre ai segni che si sarebbero manifestati nella luna, nel sole, nelle stelle, all’ansia di popoli in angoscia… l’unico segno attorno a cui ruota l’esistenza cristiana: la Croce mediante la quale il mondo è stato redento.
Nelle Fonti troviamo, allora, passi che spiegano e supportano quanto detto.
“E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo […]” (FF 65).
E così Francesco, il Minimo “scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF 1066).
E tutto questo insieme ai suoi frati “preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell’abbondanza” (FF 1067).
Sì, ci saranno molti segni nell’universo al manifestarsi in pienezza di Cristo, ma uno solo svetterà indisturbato: la sua Santa Croce redentiva e trasformante.
Ai suoi frati, perciò, aveva insegnato:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
«E vi saranno segni nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di nazioni in preda allo smarrimento per il fragore del mare e dei flutti» (Lc 21,25)
Giovedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,20-28)
Il passo evangelico di oggi parla di persecuzione e odio verso i testimoni di Gesù.
Il Povero d’Assisi, conosciuto Cristo, ben sapeva che seguire le orme di Lui avrebbe comportato anche insulti e persecuzioni, a partire dai suoi familiari.
Infatti gli assisani e suo padre, astuto mercante, non sopportavano il suo radicale cambiamento, e lo stimavano pazzo.
Ma Francesco, Araldo di Cristo, non si lasciava intimorire, guidato dalla Sapienza divina, che a quanti l’accolgono suggerisce ogni risposta adeguata al momento.
Le Fonti Francescane, luogo di speciale palestra evangelica, narrano:
“Un giorno, infuocato di entusiasmo, il Santo lasciò la caverna e si mise in cammino verso Assisi, vivace, lesto e gaio.
Armato di fiducia in Cristo e acceso di amore celeste, rinfacciava a se stesso la codardia e la vana trepidazione, e con audacia decise di esporsi alle mani e ai colpi dei persecutori.
Al primo vederlo, quelli che lo conoscevano com’era prima, presero a insultarlo, gridando ch’era un pazzo e un insensato, gettandogli fango e sassi.
Vedendolo così mutato, sfinito dalle penitenze, attribuivano ad esaurimento e demenza il suo cambiamento.
Ma il cavaliere di Cristo passava in mezzo a quella tempesta senza farci caso, non lasciandosi colpire e agitare dalle ingiurie, rendendo invece grazie a Dio.
Si diffuse per le piazze e le vie della città la notizia di quanto succedeva, finché venne agli orecchi del padre.
Sentito come lo maltrattavano, egli uscì immediatamente a prenderlo, con l’intenzione non di liberarlo, ma di finirla.
Fuori di sé, gli si avventò contro come un lupo sulla pecora, e fissandolo con occhio torvo e con la faccia contratta dal furore, lo afferrò e trascinò fino a casa.
Qui lo rinchiuse in un bugigattolo oscuro per più giorni, facendo di tutto, a parole e a botte, per ricondurlo alla vanità mondana” (FF 1417).
Ma “Francesco non si lasciò smuovere né dalle parole, né dalle catene, né dalle percosse. Sopportava tutto con pazienza, diventando anzi più agile e forte nel seguire il suo ideale” (FF 1418).
«Ora prima di tutte queste cose vi metteranno addosso le loro mani e perseguiteranno consegnando alle sinagoghe e prigioni» (Lc 21,12).
«E sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Lc 21,17).
Mercoledì 34.a sett. T.O. (Lc 21,12-19)
Nel Vangelo di oggi, mentre alcuni pensavano alle belle pietre del tempio, Gesù annuncia che di quanto ammirato non sarebbe rimasto nulla.
Francesco e Chiara d’Assisi, con percorsi diversi, vissero avendo sempre dinanzi l’orizzonte conclusivo della vita.
Per divina rivelazione e per indiscussa intuizione avevano compreso che i luccichii di questo mondo sarebbero stati i primi detrattori delle anime.
Sapevano che di tutto ciò che vedevano, alla fine dei giorni non sarebbe rimasto nulla.
E ogni giorno, fin dalle prime luci dell’alba, tale pensiero li guidava nell’opera di testimonianza.
Le Fonti, vena senza fondo delle vicende evangeliche vissute da questi Giganti del Vangelo, proclamano a cominciare dal Cantico di frate Sole:
«Laudato si’, mi Signore, per Sora nostra Morte corporale/ da la quale nullu homo vivente po’ skappare/ guai a quelli che morranno ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,/ ka la morte seconda no ‘l farrà male»(FF 263).
Nondimeno Chiara richiamava le sorelle al fine ultimo della vita:
«Beati però quelli a cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Ancora in una delle sue lettere ad Agnese di Boemia, ella ricorda:
«Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo!
Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura» (FF 2894).
Loro hanno lanciato sempre il cuore oltre l’ostacolo, fidandosi di Dio.
Come annuncia Gesù nel Vangelo: «Queste cose che osservate, verranno giorni nei quali non sarà lasciata pietra su pietra, che non sarà distrutta» (Lc 21,6)
Martedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,5-11)
Nel Vangelo odierno Gesù sottolinea la misura di dono di una povera vedova: «tutta la sua vita» (Lc 21,4b).
Un uomo di pensiero come P. Claudel ebbe a dire: «A che serve la vita se non ad essere donata?».
Francesco d’Assisi che di francese condivise la nascita per parte materna [Monna Pica, raffinata donna di Francia] aveva fatto del totale dono di sé a Dio e ai fratelli il senso evangelico del suo vivere.
Lo aveva incastonato in un verbo a lui molto caro: «restituire» - ridare a Dio quanto gli aveva elargito a piene mani.
E questo i «poveri in spirito» lo intendono meglio di ogni altro.
Nelle Fonti leggiamo:
“A chi voleva entrare nell’Ordine il Santo insegnava a ripudiare anzitutto il mondo, offrendo a Dio prima i beni esterni, poi a fare il dono interiore di se stessi.
Non ammetteva all’Ordine se non chi si era spogliato di ogni avere, senza ritenere nulla assolutamente, sia per la parola del santo Vangelo, sia perché non fosse di scandalo il peculio personale” (FF 667).
E ancora:
“Nella povertà trovavano grande letizia: non concupivano le ricchezze, disprezzavano anzi ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.
Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada: Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.
Erano felici nel Signore, sempre non avendo dentro di sé o tra loro nulla che potesse in qualche modo contristarli.
Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio. Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia” (FF 1454).
Avevano ben compreso cosa intende il Vangelo quando proclama la Beatitudine di chi dona tutto di sé per Cristo e in Cristo.
«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti» (Lc 21,3)
Lunedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,1-4)
Il brano evangelico di Luca presenta la regalità di Cristo sulla croce, deriso, insultato, perfino da uno dei due ladroni crocifissi con Lui.
L’altro, invece, chiede umilmente a Gesù di ricordarsi della sua persona e il Signore, nell’esercizio della sua regalità autentica, gli assicura il Paradiso.
Francesco si considerava «l’araldo del Gran Re».
Assalito dai briganti che gli chiedono chi fosse, lui risponde in modo impavido: «Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?» (FF 346).
E quando doveva assidersi a mense sontuose di grandi personaggi, Francesco ripeteva:
«Il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi mendicanti volontari per Cristo.
E io, questa dignità regale che il Signore ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del Regno dei cieli i veri poveri di spirito non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento» (FF 1127).
E quando allestì a Greccio il primo presepe, Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà:
“Predica al popolo la nascita del Re povero, e nel nominarlo, lo chiama per Tenerezza d’amore, il «bimbo di Bethlehem»” (FF 1186).
E Chiara gli fa eco nella Leggenda, dicendo:
«Se infatti il Re dei re dona se stesso a chi lo ama ardentemente, che cosa mai vi può essere che non conceda, se è cosa conveniente, a chi lo prega con devozione?» (FF 3208).
Nelle Lodi di Dio Altissimo leggiamo:
«Tu sei Santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei Altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del Cielo e della terra […]» (FF 261).
«Ora, lo schernivano anche i soldati, mentre si avvicinavano portandogli aceto, e dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!"» (Lc 23,36-37)
Cristo Re (anno C) (Lc 23,35-43)
The human race – every one of us – is the sheep lost in the desert which no longer knows the way. The Son of God will not let this happen; he cannot abandon humanity in so wretched a condition. He leaps to his feet and abandons the glory of heaven, in order to go in search of the sheep and pursue it, all the way to the Cross. He takes it upon his shoulders and carries our humanity (Pope Benedict)
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità (Papa Benedetto)
"Too bad! What a pity!" “Sin! What a shame!” - it is said of a missed opportunity: it is the bending of the unicum that we are inside, which every day surrenders its exceptionality to the normalizing and prim outline of common opinion. Divine Appeal of every moment directed Mary's dreams and her innate knowledge - antechamber of her trust, elsewhere
“Peccato!” - si dice di una occasione persa: è la flessione dell’unicum che siamo dentro, che tutti i giorni cede la sua eccezionalità al contorno normalizzante e affettato dell’opinione comune. L’appello divino d’ogni istante orientava altrove i sogni di Maria e il suo sapere innato - anticamera della fiducia
It is a question of leaving behind the comfortable but misleading ways of the idols of this world: success at all costs; power to the detriment of the weak; the desire for wealth; pleasure at any price. And instead, preparing the way of the Lord: this does not take away our freedom (Pope Francis)
Si tratta di lasciare le strade, comode ma fuorvianti, degli idoli di questo mondo: il successo a tutti i costi, il potere a scapito dei più deboli, la sete di ricchezze, il piacere a qualsiasi prezzo. E di aprire invece la strada al Signore che viene: Egli non toglie la nostra libertà (Papa Francesco)
Inside each woman and man resides a volcano of potential energies which are not to be smothered and aligned. The Lord doesn’t level the character; he doesn’t wear out the creatures. He doesn't make them desolate. The Kingdom is Near: it reinstates the imbalances. It does not mortify them, it convert them and enhances them
Dentro ciascuna donna e uomo risiede un vulcano di energie potenziali che non devono essere soffocate e allineate. Il Signore non livella il carattere; non sfianca le creature. Non le rende desolate. Il Regno è Vicino: reintegra gli squilibri. Non li mortifica, li tramuta e valorizza
The Person of Christ opens up another panorama to the perception of the two short-sighted (because ambitious) disciples. But sometimes it is necessary to take a leap in the dark, to contact one's vocational Seed; heal the gaze of the soul, recognize himself, flourish; make true Communion
La Persona di Cristo spalanca alla percezione dei due discepoli miopi (perché ambiziosi) un altro panorama. Ma talora bisogna fare un salto nel buio, per contattare il proprio Seme vocazionale; guarire lo sguardo dell’anima, riconoscersi, fiorire; fare vera Comunione
«Too pure water has no fish». Accepting ourselves will complete us: it will make us recover the co-present, opposite and shadowed sides. It’s the leap of profound Faith. And seems incredible, but the Rock on which we build the way of being believers is Freedom
«L’acqua troppo pura non ha pesci». Accettarsi ci completerà: farà recuperare i lati compresenti, opposti e in ombra. È il balzo della Fede profonda. Sembra incredibile, ma la Roccia sulla quale edifichiamo il modo di essere credenti è la Libertà
don Giuseppe Nespeca
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