Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù nel suo Vangelo parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non.
Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.
Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo.
Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.
“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]
Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.
Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.
O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175).
Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]
Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).
Inoltre i Fioretti (volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano) ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.
Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.
Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.
“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.
E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).
Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.
Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.
Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal battesimo di Cristo!
«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49)
Giovedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,49-53)
Gesù nel Vangelo offre l’identikit del servo fedele, che in assenza e in attesa del ritorno del padrone, serve i suoi sottoposti, nel segno della volontà di Dio.
E questo è quanto riscontriamo in Francesco e Chiara d’Assisi: hanno servito fedelmente il Signore nei fratelli e sorelle a loro affidate, con diligenza e compassione.
Le Fonti francescane, Maestre di vita vissuta, ci documentano a proposito.
Nelle Ammonizioni scritte dal Minimo troviamo una pedagogia eloquente:
«Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione.
È servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione» (FF 173).
«E beato quel servo, che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri» (FF 169).
Una volta un frate chiedeva a Francesco di pregare per lui, perché afflitto da una tentazione.
Il Santo rispose così:
«Credimi, figlio […] proprio per questo ti ritengo ancor più servo di Dio, e sappi che più sei tentato e più mi sei caro».
Soggiunse:
«Ti dico in verità che nessuno deve ritenersi servo di Dio, sino a quando non sia passato attraverso prove e tribolazioni.
La tentazione superata è, in un certo senso, l’anello col quale il Signore sposa l’anima del suo servo.
Molti si lusingano per i meriti accumulati in lunghi anni, e godono di non avere mai sostenuto prove.
Ma sappiamo che il Signore ha tenuto in considerazione la loro debolezza di spirito perché ancor prima dello scontro, il solo terrore li avrebbe schiacciati.
Infatti i combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare» (FF 704).
E Chiara, nella sua Regola sostiene:
«L’abbadessa poi, usi verso di loro [le sorelle] tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, poiché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle» ( FF 2808).
E ancora nella Leggenda:
“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore” (FF 3181).
«Anche voi siate pronti perché, nell’ora che non credete il Figlio dell’uomo viene» (Lc 12,40)
Mercoledì 29.a sett. T.O. (Lc 12,39-48)
La prontezza, la vigilanza di cui Gesù parla nel Vangelo è ben presente nella vita di Francesco e di Chiara.
Di questo atteggiamento fondamentale della vita del credente, a riguardo del Poverello, parlano le Fonti.
La leggenda perugina racconta che il Piccolo di Dio, salito all’eremo della Verna, vi rimase per una quaresima in onore di Dio, della Beata Vergine e di S. Michele.
“Entrato nella cella dove intendeva soggiornare […] nella prima notte pregò il Signore di mostrargli qualche segno da cui potesse conoscere se era volontà divina ch’egli rimanesse sulla Verna.
Infatti, Francesco, allorché si fermava in qualche luogo per un periodo di orazione o andava in giro per il mondo a predicare, sempre si preoccupava di conoscere il volere di Dio, al fine di maggiormente piacergli […]
Quantunque godesse molte gioie in quella celletta, di notte i demoni gli inflissero parecchie molestie, come egli stesso raccontò a quello stesso compagno.
Una volta gli confidò:
«Se i fratelli sapessero quante tribolazioni mi infliggono i demoni, ognuno di loro sarebbe commosso a pietà e compassione grande verso di me»” (FF 1649).
Chiara «la cristiana» rifulse per vigilanza nella vita spirituale, come ricorda lo stesso documento papale Clara Claris praeclara:
«Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte» (FF 3300).
Nella vita di Francesco e di Chiara d’Assisi “l’essere pronti” aveva creato i presupposti che rendono possibile alla persona la risposta all’amore preveniente di Dio nei suoi confronti.
Li aveva ben temprati, lasciando alla Grazia di agire in loro
in ogni vicenda.
Martedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,35-38)
Il Vangelo di oggi tratto da Luca, dà risalto all’avidità di un uomo ricco che pensa ad ingrandire i suoi magazzini per via di abbondanti raccolti, trascurando la sua anima e il rapporto con Dio, che lo trova impreparato dinanzi ad una morte improvvisa.
Invece di arricchire presso Dio, stoltamente, pensa ad accumulare per sé.
Francesco d’Assisi, invece, donando ai poveri tutto ciò che possedeva, si mise in cammino restituendo a Dio il poco che aveva in cambio del molto che avrebbe ricevuto.
Egli era innamorato di Madonna Povertà; l’aveva sposata e stimata, perché scelta dal Figlio di Dio, che non aveva dove posare il capo.
Ne era così evangelicamente attratto da prendersi pena quando incontrava creature più povere di lui.
Le Fonti raccontano:
"Gli accadde, durante un viaggio, d’incontrare un poverello. Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento:
«La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi »" (FF 1126).
E a Bernardo, un cittadino di Assisi, che divenne poi suo compagno nella sequela di Cristo, consigliò di lasciare i suoi beni, considerati un falso feudo.
Ma per essere certo, "venuto il mattino, entrarono in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.
Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Ripetono il gesto, e si presenta il passo: «Non prendete nulla per il viaggio». Ancora una terza volta, e leggono: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso».
Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina" (FF 601).
La stessa Chiara aveva chiesto e ottenuto da papa Gregorio IX il Privilegio della povertà (17 settembre 1228) in forma scritta.
Documento che assicurava alle Povere sorelle di S. Damiano il diritto di vivere senza proprietà alcuna in questo mondo, seguendo le orme di Colui che, per noi, si è fatto povero e Via, Verità e Vita.
Nella stessa Regola, a riguardo di chi voleva entrare in Monastero per seguire Cristo, Chiara dice:
«E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà» (FF 2757).
E nella prima lettera alla beata Agnese di Praga (sua figlia spirituale) scrive:
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne!
O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.
O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo […] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864).
«Così [accade a] chi accumula tesori per sé e non arricchisce per Dio» (Lc 12,21)
Lunedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,13-21)
Il capitolo diciotto di Luca narra la parabola del giudice e della vedova importuna, ponendo l’accento sul valore della preghiera personale coinvolgente, fiduciosa, costante.
Chi conosce un poco il Povero di S. Maria della Porziuncola, sa che l’orazione continua per lui era come l’ossigeno per i polmoni.
Vari passi delle Fonti descrivono quanto Francesco l’amasse e cercasse luoghi in cui poter dare libero sfogo al suo grande cuore.
“Dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo.
E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno […]
Dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).
C’informa il Celano, nella Vita Prima:
"Suo porto sicuro era la preghiera, non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile. Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene il mattino. Era sempre intento alla preghiera, quando camminava e quando sedeva, quando mangiava e quando beveva. Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare; così, con la grazia del Signore, riuscì a trionfare di molti timori e di angustie spirituali." (FF 445).
A conferma della sua Fede ardente in Dio, nella Leggenda Maggiore così si esprime:
«Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare ho ricevuto la Grazia dell’orazione, più che quella della predicazione.
Nell’orazione, inoltre o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo […] Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo, e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).
La sua fede era cresciuta giorno per giorno, perché intrisa di Relazione divina, certa di essere ascoltata per Grazia e non per merito; divenendo così un Gigante Annunciatore e Testimone della Parola.
«Ma Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano a lui giorno e notte?» (Lc 18,7)
Domenica 29.a T.O. anno C (Lc 18,1-8)
Gesù sollecita la missione cui i discepoli sono chiamati: in povertà, come agnelli tra i lupi; predicando il Regno di Dio.
Francesco sapeva rivolgere alla gente che incontrava uno speciale saluto di Pace, per divina rivelazione.
E, come Gesù, inviò due a due i suoi frati ad annunciare la Buona Notizia del Regno.
Le Fonti ammaestrano nello specifico.
“In ogni suo sermone, prima di comunicare la Parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo:
«Il Signore vi dia la Pace!».
Questa Pace egli annunciava sempre con molta devozione a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui.
In questo modo otteneva, con la grazia del Signore, di indurre i nemici della Pace e della propria salvezza, a diventare essi stessi figli della Pace e desiderosi della salvezza eterna” (FF 359).
E ancora, Francesco assumeva nella sua interezza la “missione degli apostoli”.
Infatti “il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del Regno di di Dio, del disprezzo del mondo […] e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo (FF 1058)
“«Andate - disse il dolce padre ai figli suoi - annunciate agli uomini la pace; predicate la penitenza per la remissione dei peccati.
Siate pazienti nelle tribolazioni, vigilanti nell’orazione, valenti nelle fatiche, modesti nel parlare, gravi nel comportamento e grati nei benefici.
E in compenso di tutto questo, è preparato per voi il regno eterno».
Diceva, poi, a ciascuno in particolare:
«Affida al Signore la tua sorte, ed Egli ti nutrirà».
Li suddivise due a due, in forma di croce, inviandoli per il mondo.
Dopo aver assegnato le altre tre parti agli altri sei, egli stesso si diresse con un compagno verso una parte del mondo, ben sapendo che era stato scelto come esempio per gli altri e che doveva prima fare e poi insegnare” (FF 1059).
E spesso “riscattò gli agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di quell’Agnello mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori” (FF 1145).
«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10,3)
San Luca, Evangelista (Lc 10,1-9)
Nel capitolo dodici del Vangelo di Luca Gesù mette in guardia dall’ipocrisia di cui è padre colui che S. Teresa d’Avila definiva “mentitore, ipocrita, tenebroso”.
Dobbiamo temere lui, dice il Signore, capace di gettarci nella Geenna.
Francesco d’Assisi quando, per grazia, riesce a convertire e domare il lupo di Gubbio ricorda, poi, agli abitanti di quel luogo una cosa cruciale:
«È più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo: quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’ vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale» (Fioretti. FF 1852).
Altresì l’umile Francesco teneva lontana dalla sua esistenza ogni forma di ipocrisia.
Le Fonti ci raccontano un episodio significativo.
“Un inverno il Santo aveva il povero corpo coperto di una sola tonaca, rafforzata con pezze molto grossolane.
Il guardiano*, che era anche suo compagno, comprò una pelle di volpe e gliela portò dicendo: Padre tu soffri di milza e di stomaco: prego la tua carità nel Signore di permettere di cucire all’interno della tonaca questa pelle. Se non la vuoi tutta, almeno accettane una parte in corrisponde dello stomaco.
Francesco rispose:
«Se vuoi che porti sotto la tonaca questa pelliccia, fammene porre un’altra della stessa misura all’esterno. Cucita al di fuori sarà indizio della pelle nascosta sotto».
Il frate ascoltò, ma non era del parere […] Alla fine il guardiano si arrese, e fece cucire una pelliccia sull’altra, perché Francesco non apparisse di fuori diverso da quello che era dentro.
O esempio di coerenza, identico nella vita e nelle parole! Lo stesso dentro e fuori, da suddito e da superiore!
Tu non desideravi alcuna gloria né esterna né privata, perché ti gloriavi solamente del Signore” (FF 714).
* Il guardiano era Frate Angelo da Rieti.
Venerdì 28.a sett. T.O. (Lc 12,1-7).
Il rimprovero di Gesù ai dottori della Legge richiama la persecuzione e l’uccisione riservate ai profeti inviati da Dio.
La palma del martirio parlerà per loro, come pure la responsabilità di quanti hanno costruito i loro sepolcri, ricordando che del sangue versato sarà chiesto conto.
Nelle Fonti troviamo passi che illustrano come lo stesso Francesco si esprima a riguardo delle persecuzioni ai suoi frati:
“O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice:
«Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano», poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori” (FF 56).
E nel XXI capitolo della Regola non bollata vediamo che pure il Povero d’Assisi pronuncia il suo “guai” a riguardo di quelli che compiono opere da tenebra.
Leggiamo infatti:
«Guai a quelli che non muoiono nella penitenza, / poiché saranno figli del diavolo/ di cui compiono le opere» (FF 55).
Ad esso si allinea il «guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali» del Cantico di Frate Sole (FF 263), a testimonianza di coloro che non entrano e non fanno entrare nel Regno dei cieli con la loro condotta diabolica.
Francesco “artista e Maestro di vita evangelica” come lo definisce il Celano (1 Cel 37) invece - come d’altronde i suoi frati - preferiva stare laddove c’era da soffrire.
Le Fonti ancora attestano:
“Amavano talmente la pazienza, che preferivano stare dove c’era da soffrire persecuzioni che non dove, essendo nota la loro santità, potevano godere i favori del mondo.
Spesso ingiuriati, vilipesi, percossi, spogliati, legati, incarcerati, sopportavano tutto virilmente, senza cercare alcuna difesa; dalle loro labbra anzi non usciva che un cantico di lode e di ringraziamento” (FF 390).
E Chiara gli fa eco nel suo Testamento:
«Beati […] quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Per il fatto che ai persecutori sarà chiesto conto del sangue dei profeti, i perseguitati non parleranno: la palma del martirio vissuto dirà per loro.
«Manderò loro profeti e apostoli, e ne uccideranno e perseguiteranno» (Lc 11,49)
Giovedì 28.a sett. T.O. (Lc 11, 47-54)
Enunciando i vari Guai rivolti a farisei e dottori della Legge, Gesù sottolinea come essi lasciavano da parte giustizia e amore di Dio.
Francesco è stato particolarmente sensibile a queste realtà umano-divine.
Infatti, a sostegno di tutto questo, nelle Fonti ci sono straordinari passi che lo dimostrano.
Nella Regola non bollata (1221) così si esprime il Poverello:
“Lo spirito della carne […] si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello Spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.
È di questi che il Signore dice: «In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa».
Lo Spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata […] e ricerca l’umiltà e la pazienza e la pura e semplice pace dello Spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina Sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (FF 48).
Questo santo amore risplende nella quotidianità di Francesco in innumerevoli episodi.
Raccontiamo cosa avvenne a Celle di Cortona.
“Francesco aveva indosso un mantello nuovo, che i frati avevano procurato proprio per lui, quando giunse un povero, che piangeva la morte della moglie e la famiglia lasciata nella miseria.
«Ti dò questo mantello per amore di Dio - gli disse il Santo - a condizione che non lo venda a nessuno, se non te lo pagherà profumatamente».
Corsero immediatamente i frati per prendersi il mantello e impedire che fosse dato via.
Ma il povero, reso ardito dallo sguardo del Santo, si mise a difenderlo con mani ed unghie come suo.
Alla fine, i frati riscattarono il mantello ed il povero se ne andò con il prezzo ricevuto” (FF 675).
In merito alla giustizia Francesco così si esprimeva:
«Il Santo […] amava negli altri la santa semplicità, figlia della Grazia, vera sorella della sapienza, madre della giustizia […] È la semplicità che in tutte le leggi divine lascia le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nòcciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene» ( FF 775).
E ancora, dirigendosi verso la valle Spoletana, durante il cammino discuteva con i compagni sul modo di osservare la Regola: “sul modo in cui progredire in ogni santità e giustizia davanti a Dio, sul modo in cui santificare se stessi ed essere di esempio per gli altri” (FF 1065).
Era talmente infiammato dall’amor di Dio da fargli vibrare l’intimo come un plettro:
«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità […] poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amor divino è capace di comprare il regno dei cieli. E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).
«Ma guai a voi, farisei, perché pagate la decima della menta e della ruta e di ogni erbaggio, e trascurate il giudizio e l’amore di Dio» (Lc 11,42)
Mercoledì 28.a sett. T.O. (Lc 11,42-46)
It has made us come here the veneration of martyrdom, on which, from the beginning, the kingdom of God is built, proclaimed and begun in human history by Jesus Christ (Pope John Paul II)
Ci ha fatto venire qui la venerazione verso il martirio, sul quale, sin dall’inizio, si costruisce il regno di Dio, proclamato ed iniziato nella storia umana da Gesù Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
The evangelization of the world involves the profound transformation of the human person (Pope John Paul II)
L'opera evangelizzatrice del mondo comporta la profonda trasformazione delle persone (Papa Giovanni Paolo II)
The Church, which is ceaselessly born from the Eucharist, from Jesus' gift of self, is the continuation of this gift, this superabundance which is expressed in poverty, in the all that is offered in the fragment (Pope Benedict)
La Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, dall’autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento (Papa Benedetto)
He is alive and wants us to be alive; he is our hope (Pope Francis)
È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza (Papa Francesco
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa
don Giuseppe Nespeca
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