Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù invita a sforzarsi di entrare per la porta stretta, sapendo che le opere parlano da sole e che gli ultimi saranno primi.
Questi temi sono presenti in modo assiduo nelle Fonti francescane.
Dopo la conversione, il Figlio di Pietro Bernardone pone molta cura allo «sforzatevi di entrare per la porta stretta» raccomandato da Gesù.
Infatti, in quelli che denominiamo «Scritti di Francesco» [per lo più dettati a qualche frate che si faceva suo segretario] emerge con chiarezza la sua ferma adesione al Vangelo.
Nella Regola non bollata (1221) leggiamo tra le esortazioni rivolte ai suoi frati:
«E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano» (FF 37).
E ben consapevole dell’esigenza evangelica dell’umiltà e della minorità, così rispondeva ai suoi in merito a chi deve essere ritenuto un vero frate minore:
«Prendi un corpo morto - disse - e mettilo dove ti pare e piace. E vedrai che, se lo muovi, non si oppone: se lo lasci cadere, non protesta.
Se lo metti in cattedra, non guarderà in alto, ma in basso.
Se gli metti un vestito di porpora, sembrerà doppiamente pallido.
Questo è il vero obbediente: chi non giudica il perché lo spostano; non si cura del luogo a cui viene destinato; non insiste per essere trasferito; eletto in un ufficio, mantiene la solita umiltà; quanto più viene onorato, tanto più si ritiene indegno» (FF 1107).
E Chiara non era da meno!
Nel Testamento lasciato alle sorelle:
«Ma poiché stretta è la via e il sentiero, ed angusta la porta per la quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi sono quelli che la percorrono e vi entrano; e se pure vi sono quelli che per un poco di tempo vi camminano, pochissimi perseverano in essa.
Beati però quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
E nella Leggenda:
“Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle, mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano” (FF 3180).
Già, quanti nella vita sono stati considerati ultimi o si sono fatti minimi per il Vangelo saranno i primi nel Regno di Dio!
«Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e sono primi che saranno ultimi» (Lc 13,30).
Mercoledì 30.a sett. T.O. (Lc 13,22-30)
Le due parabole illustrate nel brano di Luca mettono in rilievo le caratteristiche del Regno di Dio: nascondimento e piccolezza, in grado di far lievitare la Buona Novella.
Francesco aveva compreso che Gesù nel Vangelo chiama a divenire uomini e donne capaci di far regnare nella propria vita e in quella degli altri la Parola.
Il nascondimento è tema portante dell’odierno Vangelo e i due Poveri d’Assisi avevano intuito che la grandezza di Dio è contenere nel piccolo e nell’insignificante l’incontenibile che è Dio stesso.
Nelle Fonti ci sono descrizioni che mettono in evidenza tutto questo.
Ad esempio nella Bolla papale di canonizzazione di S. Chiara leggiamo:
«Invero questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi […]
Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori.
Chiara, infatti si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.
Chiara taceva: ma la sua fama gridava.
Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città si predicava di lei» (FF 3284).
«Questo fu l’albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati […] e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti» (FF 3294).
Lo stesso Francesco rifuggiva quando poteva dalla compagnia degli uomini, trovando dimora negli eremi, ben sapendo che nella solitudine e sepoltura il seme gettato produce germogli copiosi.
Le Fonti c’informano:
“Mentre Francesco, rifuggendo come era sua abitudine dalla vista e dalla compagnia degli uomini si trovava in un eremo, un falco che aveva lì il suo nido strinse con lui un solenne patto di amicizia” (FF 754).
In realtà il Regno dei cieli s’annida laddove risplende l’apparente piccolezza, dando sapore ad ogni cosa.
«A che cosa paragonerò il Regno di Dio? È simile a del lievito, che una donna avendo preso nascose in tre staia di farina, finché tutta fu lievitata» (Lc 13,20-21).
Martedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,18-21)
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù in preghiera per l’intera notte, prima di chiamare a sé i suoi discepoli.
La Relazione con il Padre anticipa ogni scelta importante nella vita di Cristo.
Francesco, sull’esempio di Gesù, passava intere notti a pregare in luoghi solitari e prima di assumere decisioni importanti.
Nella Vita seconda del suo biografo Celano si legge:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa*, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno:
«Fratello, vorrei rimanere qui da solo questa notte. Tu va’ all’ospedale* e torna da me per tempo domattina».
Rimasto tutto solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere […]” (FF 707).
Questo intenso rapporto con Dio fece sì che in breve tempo accorressero a lui, stimolati dalla sua testimonianza, molti discepoli pronti a vivere il Vangelo allo stesso modo.
“Durante questo tempo si aggregarono a loro e si fecero discepoli di Francesco altri quattro uomini degni e virtuosi.
Perciò l’interesse per il movimento e la fama dell’uomo di Dio crescevano sempre più tra il popolo.
E veramente in quel tempo Francesco e i suoi compagni provavano una immensa allegrezza e una gioia inesplicabile quando qualcuno dei fedeli, chiunque e di qualunque condizione fosse, ricco, povero, nobile, popolano, spregevole, onorato […] guidato dallo Spirito di Dio veniva a prendere l’abito della loro Santa religione […]” (FF 371).
La sua santità era talmente evidente che tutti erano felici di poter toccare la sua povera tonaca e riceverne benefici.
Infatti tutti coloro che erano malati o posseduti, avvicinati dal Povero venivano guariti.
Ad esempio “a Città di Castello una donna era posseduta da uno spirito maligno e furioso: appena il Santo glielo ebbe ingiunto per obbedienza, il demonio fuggì pieno di sdegno, lasciando libera nell’anima e nel corpo la povera ossessa” (FF 1219).
L’umile discepolo di Gesù era divenuto, per Grazia, “Alter Christus”.
«Egli uscì verso il monte per pregare e passò la notte nella preghiera a Dio» (Lc 6,12).
• FF 707= il frate che lo accompagnava era frate Pacifico.
• La Chiesa presso cui si fermano a pregare è San Pietro in Bovara, presso le Fonti del Clitunno.
• L’ospedale a cui Francesco indirizza il suo compagno era un lebbrosario a pochi chilometri dalla chiesa.
Ss. Simone e Giuda (Lc 6,12-19)
Francesco d’Assisi fu sempre molto sensibile al tema della fede che dà luce alla cecità interiore.
Lui stesso soffrì molto per via della sua malattia agli occhi e non per niente il Cantico delle Creature è capolavoro di quel tempo di sofferenza.
“Spesso, alzandosi dall’orazione, aveva gli occhi che parevano pieni di sangue, tanto erano arrossati a forza di piangere” (FF 1413).
Ebbe sempre tanta predilezione verso chi cieco anelava a vedere di nuovo.
Ci sono episodi delle Fonti che raccontano questa realtà.
“Una donna […] abitante di Narni, colpita da cecità, riacquistò il dono della vista mediante il segno della croce che il beato Francesco tracciò sui suoi occhi (FF 438).
Inoltre “il figlio di un nobile, nato cieco, ricevette, per i meriti di S. Francesco, la vista tanto desiderata e, a ricordo dell’evento, ricevette il nome di Illuminato.
Riconoscente per il beneficio ricevuto, all’età adatta entrò nell’Ordine di S. Francesco e fece grande progresso nella luce della Grazia e della virtù, mostrando di essere figlio della luce vera” (FF 1304).
Il Povero assisano, sulle orme di Cristo, sanò molti che credettero o nutrirono una maggiore fede in Dio perché guariti nel cuore.
Nelle Fonti leggiamo:
“Nel convento dei frati minori di Napoli vi era un frate, di nome Roberto, cieco da molti anni.
Ad un certo punto sopra gli occhi gli si formò un’escrescenza carnosa, che gli impediva di muovere e sollevare le palpebre.
Un giorno si radunarono in quel convento molti frati forestieri, diretti in diverse parti del mondo.
Ebbene, il beato padre nostro Francesco, specchio di santa obbedienza, quasi per incuorarli al viaggio con la novità di un miracolo, volle guarire quel frate, alla loro presenza, nel modo che segue.
Questo frate Roberto era ammalato a morte, tanto che ormai gli era stata raccomandata l’anima; quand’ecco gli si presentò il beato Padre, in compagnia di tre frati, modelli d’ogni santità: sant’Antonio, frate Agostino e frate Giacomo d’Assisi, che ora, dopo la morte, lo accompagnavano premurosamente, così come lo avevano seguito perfettamente durante la vita.
Prendendo un coltello, San Francesco gli tagliò via la carne superflua, restituendogli la vista e strappandolo alle fauci della morte; poi gli disse:
«O figlio Roberto, la grazia che ti ho fatto è un segno per i frati che partono per lontane genti: è il segno che io li precederò e guiderò nel loro cammino. Partano con gioia e adempiano con animo pronto l’obbedienza ricevuta!» (FF 1299).
Il Cantico scritto da S. Francesco [Cantico di frate Sole] è un inno alla vita e alla luce nel momento in cui aveva perso la vista ed era stato guarito nel cuore.
Francesco, dopo la conversione, tornò a vederci di nuovo e divenne luce per tutti, faro nella notte dei tempi.
Cristo ridonava la vista attraverso di lui.
«E Gesù gli disse: Va’, la tua fede ti ha salvato» (Mc 10,52).
30.a Domenica T.O. B (Mc 10,46-52)
Gesù richiama alla conversione: «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,5) è espressione ricorrente.
Francesco, umile di cuore e semplice, al riguardo offre un episodio che chiama a riflessione.
“Diceva che sono da compiangere i predicatori, che vendono spesso il loro ministero per un soldo di vanagloria. E cercava a volte di guarire il loro gonfiore con questo rimedio:
«Perché vi gloriate della conversione degli uomini, quando li hanno convertiti con le loro preghiere i miei frati semplici?».
Ed anzi commentava così il passo che dice: «perfino la sterile ha partorito numerosi figli»:
«La sterile è il mio frate poverello, che non ha il compito di generare figli nella Chiesa. Ma nel giudizio ne avrà dato alla luce moltissimi, perché in quel giorno il giudice ascriverà a sua gloria quelli, che ora converte con le sue preghiere personali»” (FF 749).
E ancora:
«Ci sono molti frati che […] annunziando il Vangelo a qualche persona e al popolo, nel vedere o nel sentire che alcuni ne sono rimasti edificati o convertiti a penitenza, diventano tronfi e montano in superbia per risultati ottenuti da fatica altrui.
Invero, coloro che essi si illudono d’aver edificato o convertito a penitenza con i loro discorsi, è il Signore che li edifica e converte grazie alle orazioni dei frati santi, anche se questi ultimi lo ignorano: è la volontà di Dio, questa, che non se ne accorgano per non insuperbire.
Questi frati sono i miei cavalieri della tavola rotonda, che si nascondono in luoghi appartati e disabitati, per impegnarsi con più fervore nella preghiera e nella meditazione, piangendo i peccati propri e altrui» (FF 1624).
L’umile e quotidiana conversione del Minimo e dei suoi frati ha, nel tempo, rivoluzionato ogni modo di pensare borioso, grazie alla Parola di Cristo.
Sabato della 29.a sett. T.O. (Lc 13,1-9)
Gesù pone l’attenzione sul riconoscimento dei segni del tempo, chiamando al discernimento.
Francesco, uomo di Dio, ha saputo comprendere i segni incontrati nel suo cammino di fede.
Ad esempio, quando rinunciò all’eredità paterna, in presenza del vescovo e, spogliandosi completamente, restituì al padre terreno anche gli abiti che aveva indosso, gli fu offerto in seguito il mantello povero di un contadino.
L’acume di Francesco è evidente. Le Fonti narrano:
”Egli ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo” (FF 1043).
E Francesco stesso divenne segno per l’umanità intera, di cui Dio volle servirsi per ricondurre a Lui molte anime.
Infatti “Resta […] dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia” (FF 1021).
E “viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’Oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo” (FF 1022).
Da uomo nuovo, all’inizio della Lettera ai Custodi così esordisce:
«A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini […]» (FF 240).
Ma Francesco è la creatura segnata con il Tau, quale testimone di Dio:
“Godendo della compagnia del Padre, frate Pacifico cominciò ad esperimentare dolcezze, che non aveva ancora provate.
Infatti poté un’altra volta vedere ciò che rimaneva nascosto agli altri: poco dopo, scorse sulla fronte di Francesco un grande segno di Thau*, che ornato di cerchietto multicolori, presentava la bellezza del pavone” (FF 694).
Siamo chiamati, pensando al Povero d’Assisi, a riflettere sul segno dei tempi che il Santo rappresenta.
* Tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Chi porta tale segno sulla fronte ha già sottomesso le proprie azioni al potere della croce.
La lettera Tau si trova anche come firma di Francesco in calce alla sua lettera a frate Leone.
«Teatranti! L’aspetto della terra e del cielo sapete discernere, ma questo tempo come non sapete discernere?» (Lc 12,56).
Venerdì 29.a sett. T.O. (Lc 12,54-59)
Gesù nel suo Vangelo parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non.
Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.
Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo.
Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.
“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]
Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.
Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.
O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175).
Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]
Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).
Inoltre i Fioretti (volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano) ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.
Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.
Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.
“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.
E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).
Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.
Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.
Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal battesimo di Cristo!
«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49).
Giovedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,49-53).
Gesù nel Vangelo offre l’identikit del servo fedele, che in assenza e in attesa del ritorno del padrone, serve i suoi sottoposti, nel segno della volontà di Dio.
E questo è quanto riscontriamo in Francesco e Chiara d’Assisi: hanno servito fedelmente il Signore nei fratelli e sorelle a loro affidate, con diligenza e compassione.
Le Fonti francescane, Maestre di vita vissuta, ci documentano a proposito.
Nelle Ammonizioni scritte dal Minimo troviamo una pedagogia eloquente:
«Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione.
È servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione» (FF 173).
«E beato quel servo, che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri» (FF 169).
Una volta un frate chiedeva a Francesco di pregare per lui, perché afflitto da una tentazione.
Il Santo rispose così:
«Credimi, figlio […] proprio per questo ti ritengo ancor più servo di Dio, e sappi che più sei tentato e più mi sei caro».
Soggiunse:
«Ti dico in verità che nessuno deve ritenersi servo di Dio, sino a quando non sia passato attraverso prove e tribolazioni.
La tentazione superata è, in un certo senso, l’anello col quale il Signore sposa l’anima del suo servo.
Molti si lusingano per i meriti accumulati in lunghi anni, e godono di non avere mai sostenuto prove.
Ma sappiamo che il Signore ha tenuto in considerazione la loro debolezza di spirito perché ancor prima dello scontro, il solo terrore li avrebbe schiacciati.
Infatti i combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare» (FF 704).
E Chiara, nella sua Regola sostiene:
«L’abbadessa poi, usi verso di loro [le sorelle] tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, poiché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle» ( FF 2808).
E ancora nella Leggenda:
“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore” (FF 3181).
«Anche voi siate pronti perché, nell’ora che non credete il Figlio dell’uomo viene» (Lc 12,40).
Mercoledì 29.a sett. T.O. (Lc 12,39-48)
La prontezza, la vigilanza di cui Gesù parla nel Vangelo è ben presente nella vita di Francesco e di Chiara.
Di questo atteggiamento fondamentale della vita del credente, a riguardo del Poverello, parlano le Fonti.
La leggenda perugina racconta che il Piccolo di Dio, salito all’eremo della Verna, vi rimase per una quaresima in onore di Dio, della Beata Vergine e di S. Michele.
“Entrato nella cella dove intendeva soggiornare […] nella prima notte pregò il Signore di mostrargli qualche segno da cui potesse conoscere se era volontà divina ch’egli rimanesse sulla Verna.
Infatti, Francesco, allorché si fermava in qualche luogo per un periodo di orazione o andava in giro per il mondo a predicare, sempre si preoccupava di conoscere il volere di Dio, al fine di maggiormente piacergli […]
Quantunque godesse molte gioie in quella celletta, di notte i demoni gli inflissero parecchie molestie, come egli stesso raccontò a quello stesso compagno.
Una volta gli confidò:
«Se i fratelli sapessero quante tribolazioni mi infliggono i demoni, ognuno di loro sarebbe commosso a pietà e compassione grande verso di me»” (FF 1649).
Chiara «la cristiana» rifulse per vigilanza nella vita spirituale, come ricorda lo stesso documento papale Clara Claris praeclara:
«Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte» (FF 3300).
Nella vita di Francesco e di Chiara d’Assisi “l’essere pronti” aveva creato i presupposti che rendono possibile alla persona la risposta all’amore preveniente di Dio nei suoi confronti.
Li aveva ben temprati, lasciando alla Grazia di agire in loro
in ogni vicenda.
Martedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,35-38)
Jesus has forever interrupted the succession of ferocious empires. He turned the values upside down. And he proposes the singular work - truly priestly - of the journey of Faith: the invitation to question oneself. At the end of his earthly life, the Lord is Silent, because he waits for everyone to pronounce, and choose
Gesù ha interrotto per sempre il susseguirsi degli imperi feroci. Ha capovolto i valori. E propone l’opera singolare - davvero sacerdotale - del cammino di Fede: l’invito a interrogarsi. Al termine della sua vicenda terrena il Signore è Silenzioso, perché attende che ciascuno si pronunci, e scelga
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)
don Giuseppe Nespeca
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