Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù pone l’attenzione sul riconoscimento dei segni del tempo, chiamando al discernimento.
Francesco, uomo di Dio, ha saputo comprendere i segni incontrati nel suo cammino di fede.
Ad esempio, quando rinunciò all’eredità paterna, in presenza del vescovo e, spogliandosi completamente, restituì al padre terreno anche gli abiti che aveva indosso, gli fu offerto in seguito il mantello povero di un contadino.
L’acume di Francesco è evidente. Le Fonti narrano:
”Egli ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo” (FF 1043).
E Francesco stesso divenne segno per l’umanità intera, di cui Dio volle servirsi per ricondurre a Lui molte anime.
Infatti “Resta […] dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia” (FF 1021).
E “viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’Oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo” (FF 1022).
Da uomo nuovo, all’inizio della Lettera ai Custodi così esordisce:
«A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini […]» (FF 240).
Ma Francesco è la creatura segnata con il Tau, quale testimone di Dio:
“Godendo della compagnia del Padre, frate Pacifico cominciò ad esperimentare dolcezze, che non aveva ancora provate.
Infatti poté un’altra volta vedere ciò che rimaneva nascosto agli altri: poco dopo, scorse sulla fronte di Francesco un grande segno di Thau*, che ornato di cerchietto multicolori, presentava la bellezza del pavone” (FF 694).
Siamo chiamati, pensando al Povero d’Assisi, a riflettere sul segno dei tempi che il Santo rappresenta.
* Tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Chi porta tale segno sulla fronte ha già sottomesso le proprie azioni al potere della croce.
La lettera Tau si trova anche come firma di Francesco in calce alla sua lettera a frate Leone.
«Teatranti! L’aspetto della terra e del cielo sapete discernere, ma questo tempo come non sapete discernere?» (Lc 12,56)
Venerdì 29.a sett. T.O. (Lc 12,54-59)
Gesù nel suo Vangelo parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non.
Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.
Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo.
Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.
“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]
Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.
Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.
O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175).
Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]
Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).
Inoltre i Fioretti (volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano) ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.
Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.
Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.
“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.
E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).
Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.
Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.
Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal battesimo di Cristo!
«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49)
Giovedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,49-53)
Gesù nel Vangelo offre l’identikit del servo fedele, che in assenza e in attesa del ritorno del padrone, serve i suoi sottoposti, nel segno della volontà di Dio.
E questo è quanto riscontriamo in Francesco e Chiara d’Assisi: hanno servito fedelmente il Signore nei fratelli e sorelle a loro affidate, con diligenza e compassione.
Le Fonti francescane, Maestre di vita vissuta, ci documentano a proposito.
Nelle Ammonizioni scritte dal Minimo troviamo una pedagogia eloquente:
«Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione.
È servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione» (FF 173).
«E beato quel servo, che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri» (FF 169).
Una volta un frate chiedeva a Francesco di pregare per lui, perché afflitto da una tentazione.
Il Santo rispose così:
«Credimi, figlio […] proprio per questo ti ritengo ancor più servo di Dio, e sappi che più sei tentato e più mi sei caro».
Soggiunse:
«Ti dico in verità che nessuno deve ritenersi servo di Dio, sino a quando non sia passato attraverso prove e tribolazioni.
La tentazione superata è, in un certo senso, l’anello col quale il Signore sposa l’anima del suo servo.
Molti si lusingano per i meriti accumulati in lunghi anni, e godono di non avere mai sostenuto prove.
Ma sappiamo che il Signore ha tenuto in considerazione la loro debolezza di spirito perché ancor prima dello scontro, il solo terrore li avrebbe schiacciati.
Infatti i combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare» (FF 704).
E Chiara, nella sua Regola sostiene:
«L’abbadessa poi, usi verso di loro [le sorelle] tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, poiché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle» ( FF 2808).
E ancora nella Leggenda:
“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore” (FF 3181).
«Anche voi siate pronti perché, nell’ora che non credete il Figlio dell’uomo viene» (Lc 12,40)
Mercoledì 29.a sett. T.O. (Lc 12,39-48)
La prontezza, la vigilanza di cui Gesù parla nel Vangelo è ben presente nella vita di Francesco e di Chiara.
Di questo atteggiamento fondamentale della vita del credente, a riguardo del Poverello, parlano le Fonti.
La leggenda perugina racconta che il Piccolo di Dio, salito all’eremo della Verna, vi rimase per una quaresima in onore di Dio, della Beata Vergine e di S. Michele.
“Entrato nella cella dove intendeva soggiornare […] nella prima notte pregò il Signore di mostrargli qualche segno da cui potesse conoscere se era volontà divina ch’egli rimanesse sulla Verna.
Infatti, Francesco, allorché si fermava in qualche luogo per un periodo di orazione o andava in giro per il mondo a predicare, sempre si preoccupava di conoscere il volere di Dio, al fine di maggiormente piacergli […]
Quantunque godesse molte gioie in quella celletta, di notte i demoni gli inflissero parecchie molestie, come egli stesso raccontò a quello stesso compagno.
Una volta gli confidò:
«Se i fratelli sapessero quante tribolazioni mi infliggono i demoni, ognuno di loro sarebbe commosso a pietà e compassione grande verso di me»” (FF 1649).
Chiara «la cristiana» rifulse per vigilanza nella vita spirituale, come ricorda lo stesso documento papale Clara Claris praeclara:
«Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte» (FF 3300).
Nella vita di Francesco e di Chiara d’Assisi “l’essere pronti” aveva creato i presupposti che rendono possibile alla persona la risposta all’amore preveniente di Dio nei suoi confronti.
Li aveva ben temprati, lasciando alla Grazia di agire in loro
in ogni vicenda.
Martedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,35-38)
Il Vangelo di oggi tratto da Luca, dà risalto all’avidità di un uomo ricco che pensa ad ingrandire i suoi magazzini per via di abbondanti raccolti, trascurando la sua anima e il rapporto con Dio, che lo trova impreparato dinanzi ad una morte improvvisa.
Invece di arricchire presso Dio, stoltamente, pensa ad accumulare per sé.
Francesco d’Assisi, invece, donando ai poveri tutto ciò che possedeva, si mise in cammino restituendo a Dio il poco che aveva in cambio del molto che avrebbe ricevuto.
Egli era innamorato di Madonna Povertà; l’aveva sposata e stimata, perché scelta dal Figlio di Dio, che non aveva dove posare il capo.
Ne era così evangelicamente attratto da prendersi pena quando incontrava creature più povere di lui.
Le Fonti raccontano:
"Gli accadde, durante un viaggio, d’incontrare un poverello. Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento:
«La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi »" (FF 1126).
E a Bernardo, un cittadino di Assisi, che divenne poi suo compagno nella sequela di Cristo, consigliò di lasciare i suoi beni, considerati un falso feudo.
Ma per essere certo, "venuto il mattino, entrarono in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.
Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Ripetono il gesto, e si presenta il passo: «Non prendete nulla per il viaggio». Ancora una terza volta, e leggono: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso».
Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina" (FF 601).
La stessa Chiara aveva chiesto e ottenuto da papa Gregorio IX il Privilegio della povertà (17 settembre 1228) in forma scritta.
Documento che assicurava alle Povere sorelle di S. Damiano il diritto di vivere senza proprietà alcuna in questo mondo, seguendo le orme di Colui che, per noi, si è fatto povero e Via, Verità e Vita.
Nella stessa Regola, a riguardo di chi voleva entrare in Monastero per seguire Cristo, Chiara dice:
«E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà» (FF 2757).
E nella prima lettera alla beata Agnese di Praga (sua figlia spirituale) scrive:
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne!
O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.
O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo […] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864).
«Così [accade a] chi accumula tesori per sé e non arricchisce per Dio» (Lc 12,21)
Lunedì 29.a sett. T.O. (Lc 12,13-21)
Il capitolo diciotto di Luca narra la parabola del giudice e della vedova importuna, ponendo l’accento sul valore della preghiera personale coinvolgente, fiduciosa, costante.
Chi conosce un poco il Povero di S. Maria della Porziuncola, sa che l’orazione continua per lui era come l’ossigeno per i polmoni.
Vari passi delle Fonti descrivono quanto Francesco l’amasse e cercasse luoghi in cui poter dare libero sfogo al suo grande cuore.
“Dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo.
E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno […]
Dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).
C’informa il Celano, nella Vita Prima:
"Suo porto sicuro era la preghiera, non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile. Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene il mattino. Era sempre intento alla preghiera, quando camminava e quando sedeva, quando mangiava e quando beveva. Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare; così, con la grazia del Signore, riuscì a trionfare di molti timori e di angustie spirituali." (FF 445).
A conferma della sua Fede ardente in Dio, nella Leggenda Maggiore così si esprime:
«Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare ho ricevuto la Grazia dell’orazione, più che quella della predicazione.
Nell’orazione, inoltre o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo […] Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo, e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).
La sua fede era cresciuta giorno per giorno, perché intrisa di Relazione divina, certa di essere ascoltata per Grazia e non per merito; divenendo così un Gigante Annunciatore e Testimone della Parola.
«Ma Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano a lui giorno e notte?» (Lc 18,7)
Domenica 29.a T.O. anno C (Lc 18,1-8)
Gesù sollecita la missione cui i discepoli sono chiamati: in povertà, come agnelli tra i lupi; predicando il Regno di Dio.
Francesco sapeva rivolgere alla gente che incontrava uno speciale saluto di Pace, per divina rivelazione.
E, come Gesù, inviò due a due i suoi frati ad annunciare la Buona Notizia del Regno.
Le Fonti ammaestrano nello specifico.
“In ogni suo sermone, prima di comunicare la Parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo:
«Il Signore vi dia la Pace!».
Questa Pace egli annunciava sempre con molta devozione a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui.
In questo modo otteneva, con la grazia del Signore, di indurre i nemici della Pace e della propria salvezza, a diventare essi stessi figli della Pace e desiderosi della salvezza eterna” (FF 359).
E ancora, Francesco assumeva nella sua interezza la “missione degli apostoli”.
Infatti “il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del Regno di di Dio, del disprezzo del mondo […] e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo (FF 1058)
“«Andate - disse il dolce padre ai figli suoi - annunciate agli uomini la pace; predicate la penitenza per la remissione dei peccati.
Siate pazienti nelle tribolazioni, vigilanti nell’orazione, valenti nelle fatiche, modesti nel parlare, gravi nel comportamento e grati nei benefici.
E in compenso di tutto questo, è preparato per voi il regno eterno».
Diceva, poi, a ciascuno in particolare:
«Affida al Signore la tua sorte, ed Egli ti nutrirà».
Li suddivise due a due, in forma di croce, inviandoli per il mondo.
Dopo aver assegnato le altre tre parti agli altri sei, egli stesso si diresse con un compagno verso una parte del mondo, ben sapendo che era stato scelto come esempio per gli altri e che doveva prima fare e poi insegnare” (FF 1059).
E spesso “riscattò gli agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di quell’Agnello mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori” (FF 1145).
«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10,3)
San Luca, Evangelista (Lc 10,1-9)
Nel capitolo dodici del Vangelo di Luca Gesù mette in guardia dall’ipocrisia di cui è padre colui che S. Teresa d’Avila definiva “mentitore, ipocrita, tenebroso”.
Dobbiamo temere lui, dice il Signore, capace di gettarci nella Geenna.
Francesco d’Assisi quando, per grazia, riesce a convertire e domare il lupo di Gubbio ricorda, poi, agli abitanti di quel luogo una cosa cruciale:
«È più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia del lupo, il quale non può uccidere se non il corpo: quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’ vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale» (Fioretti. FF 1852).
Altresì l’umile Francesco teneva lontana dalla sua esistenza ogni forma di ipocrisia.
Le Fonti ci raccontano un episodio significativo.
“Un inverno il Santo aveva il povero corpo coperto di una sola tonaca, rafforzata con pezze molto grossolane.
Il guardiano*, che era anche suo compagno, comprò una pelle di volpe e gliela portò dicendo: Padre tu soffri di milza e di stomaco: prego la tua carità nel Signore di permettere di cucire all’interno della tonaca questa pelle. Se non la vuoi tutta, almeno accettane una parte in corrisponde dello stomaco.
Francesco rispose:
«Se vuoi che porti sotto la tonaca questa pelliccia, fammene porre un’altra della stessa misura all’esterno. Cucita al di fuori sarà indizio della pelle nascosta sotto».
Il frate ascoltò, ma non era del parere […] Alla fine il guardiano si arrese, e fece cucire una pelliccia sull’altra, perché Francesco non apparisse di fuori diverso da quello che era dentro.
O esempio di coerenza, identico nella vita e nelle parole! Lo stesso dentro e fuori, da suddito e da superiore!
Tu non desideravi alcuna gloria né esterna né privata, perché ti gloriavi solamente del Signore” (FF 714).
* Il guardiano era Frate Angelo da Rieti.
Venerdì 28.a sett. T.O. (Lc 12,1-7).
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa
The story of the healed blind man wants to help us look up, first planted on the ground due to a life of habit. Prodigy of the priesthood of Jesus
La vicenda del cieco risanato vuole aiutarci a sollevare lo sguardo, prima piantato a terra a causa di una vita abitudinaria. Prodigio del sacerdozio di Gesù.
Firstly, not to let oneself be fooled by false prophets nor to be paralyzed by fear. Secondly, to live this time of expectation as a time of witness and perseverance (Pope Francis)
Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza (Papa Francesco)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«And therefore, it is rightly stated that he [st Francis of Assisi] is symbolized in the figure of the angel who rises from the east and bears within him the seal of the living God» (FS 1022)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
This is where the challenge for your life lies! It is here that you can manifest your faith, your hope and your love! [John Paul II at the Tala Leprosarium, Manila]
È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! [Giovanni Paolo II al Lebbrosario di Tala, Manilla]
The more we do for others, the more we understand and can appropriate the words of Christ: “We are useless servants” (Lk 17:10). We recognize that we are not acting on the basis of any superiority or greater personal efficiency, but because the Lord has graciously enabled us to do so [Pope Benedict, Deus Caritas est n.35]
Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono [Papa Benedetto, Deus Caritas est n.35]
don Giuseppe Nespeca
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