Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Nel capitolo venti del Vangelo di Matteo, Gesù paragona il Regno dei cieli ad un padrone che chiama e accoglie a lavorare nella sua vigna a tutte le ore, perfino quanti arrivano all’ultima ora. Senza nulla togliere a quelli che hanno lavorato duramente tutto il giorno, il Signore accoglie pienamente anche coloro che arrivano tardi, secondo l’orologio umano.
Dio, nella sua bontà, valuta in base ad un criterio diverso dai pregiudizi degli uomini.
Per questo: «gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi» (Mt 20,16).
Nelle Fonti Francescane troviamo un Poverello che amava la laboriosità e non il pregiudizio, rifuggendo l’ozio.
Aveva però compreso che il nostro Dio non è dispotico, bensì dispensa i suoi beni in totale gratuità.
Il Minore guardava sempre alla Bontà dell’Artefice di ogni cosa, che ha cura di ciascuno, e tutti vuole condurre nel suo Regno.
Esortava i suoi frati a lavorare con sollecitudine nella Vigna del Signore, accogliendo chiunque e stando lontano solo da chi oziava.
Le Fonti raccontano:
“Quando i frati dimoravano a Rivotorto, c’era uno di loro che poco pregava, non lavorava e si rifiutava di andare alla cerca perché si vergognava: mangiava forte, però.
Considerando una simile condotta, Francesco capì con la luce dello Spirito Santo che quello era un uomo carnale. E gli rivolse queste parole:
«Va’ per la tua strada, fratello Mosca! Tu vuoi mangiare il lavoro dei tuoi fratelli, ma sei ozioso nel servizio di Dio. Sei come il fuco, che non lavora e non raccoglie, e divora il frutto della fatica delle api operose».
Quel tale se ne andò per la sua strada, senza nemmeno chiedere scusa, da quell’uomo carnale che era” (FF 1612).
Tuttavia Francesco non aveva pregiudizi, e sempre contemplava la Suprema Bontà di Dio, risalendo all’Origine salvifica di ogni cosa.
In tal guisa “esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da quello spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere” (FF 1162).
Quindi non mancava di ammonire i suoi frati a non essere invidiosi di quanto il Signore operava nel prossimo:
“Chiunque invidia il suo fratello riguardo al bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene” (FF 157 Ammonizioni).
E ancora:
“Voglio che i miei frati lavorino e si tengano esercitati. Così non andranno in giro, oziando con il cuore e con la lingua, a pascersi di cose illecite” (FF1093).
Mercoledì della 20.a sett. T.O. (Mt 20,1-16)
Gesù stupisce e spiazza i suoi discepoli, sottolineando:
«è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio» (Mt 19,24).
Subentra la domanda di Pietro: e noi che abbiamo lasciato tutto per il Vangelo, che ne avremo?
Ma Gesù assicura il cento per uno e l’esperienza della Vita dell’Eterno.
Guardiamo a Francesco e ai suoi nelle Fonti e in merito.
Come ricorda Dante Alighieri nella Divina Commedia (XI canto del Paradiso):
«Oh ignota ricchezza! oh ben verace!/ Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro/ dietro a lo sposo, sì la sposa piace».
Francesco aveva abbracciato Madonna Povertà quale maggiore ricchezza esistente su questa terra.
Innamorato di Cristo, per ricalcarne l’orma onde somigliarGli il più possibile, aderì con tutte le sue fibre ad Essa e altrettanto insegnò a fare ai suoi.
Infatti nelle Fonti (Leggenda dei Tre compagni) si narra:
“Andò Messer Bernardo, che era assai ricco, e vendette ogni suo avere, ricavandone molto denaro, che distribuì interamente ai poveri della città.
Anche Pietro eseguì il consiglio divino come gli fu possibile.
Privatisi di tutto, entrambi indossarono l’abito che il Santo aveva preso poco dianzi, dopo aver lasciato quello di eremita.
E da quell’ora, vissero con lui secondo la forma di vita del santo Vangelo, come il Signore aveva indicato loro.
E così Francesco poté scrivere nel suo Testamento:
«Il Signore stesso mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma di vita del santo Vangelo»” (FF 1432).
Consultando la Parola, com’era solito fare, ebbe sotto gli occhi l’espressione «Non portate nulla nei vostri viaggi» e «Chi vuol seguirmi rinunzi a se stesso» (FF 1431) trasalendo di gioia.
“Francesco, uomo di Dio, con i due fratelli di cui abbiamo parlato, non avendo un alloggio dove poter dimorare insieme, si rifugiò con loro presso Santa Maria della Porziuncola.
Là si prepararono una capanna per vivere in comunità.
Alcuni giorni più tardi, un assisano, Egidio, scese da loro, e con sincero rispetto e devozione, in ginocchio, pregò l’uomo di Dio di riceverlo con sé.
Francesco, toccato dalla fede e bontà di lui […] lo ricevette lietamente” (FF 1435).
Quanti si misero al seguito del Poverello, nella sua fraternità e per il Vangelo avevano ben compreso la portata di quella vocazione-missione e la sua conclusione felice oltre il tempo.
Lasciare per Cristo è trovare e vivere in misura più grande.
Martedì della 20.a sett. T.O. (Mt 19,23-30)
Il Povero d’Assisi, aveva compreso per divina rivelazione che la vera ricchezza è la Povertà abbracciata dal Figlio di Dio, fattosi Povero per noi, perché diventassimo ricchi di Lui.
Infatti, il Donatore di ogni bene voleva che Francesco crescesse nelle ricchezze della semplicità attraverso l’amore per l’altissima povertà.
Troviamo nelle Fonti:
“Il Santo, notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre ma generosamente distribuì tutto quanto poteva avere.
Nessuno fu così avido di oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica.
Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà.
Quanto a lui, dall’inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le mutande, e di questo fu contento” (FF 1117).
“Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei re e nella Regina sua Madre (FF 1118). “Insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri” (FF 1121).
«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi i tuoi averi e dà ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi» (Mt 19,21)
Lunedì 20.a sett. T.O. (Mt 19,16-22)
Gesù parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non.
Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.
Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo.
Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.
“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]
Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.
Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.
O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175).
Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]
Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).
Inoltre i Fioretti [volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano] ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.
Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.
Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.
“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.
E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).
Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.
Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.
Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal Battesimo di Cristo!
«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49)
Domenica 20.a. T.O. anno C (Lc 12,49-53)
Gesù prende come punto di riferimento per entrare nel Regno dei cieli la semplicità e la piccolezza dei bambini, perché: «di questi è il Regno dei cieli» (Mt 19,14).
Colpisce questo suo esortare a non frapporre impedimenti fra Lui e i minimi.
Francesco d’Assisi era amato in modo speciale da Dio per questo suo farsi piccolo.
Di mente raffinata, si definiva invece «semplice e idiota».
Il Poverello aveva compreso molto bene la logica del Vangelo: chi vuol essere grande sia il più piccolo, alla stregua di un bambino - nei tempi passati considerato di nessun valore; minimo.
Egli s’impegnava a far comprendere tutto questo ai suoi frati, più con i fatti che con le parole.
Nondimeno, nella «Lettera ai reggitori dei popoli» scrive:
«A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d’ogni parte del mondo […] ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace» (FF 210).
Inoltre, leggiamo nelle Fonti:
“Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo.
E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.
Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.
Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione.
Il Santo amò questo luogo più di ogni altro e comandò ai suoi frati di venerarlo con particolare devozione.
Volle che fosse sempre custodito come specchio dell’Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l’uso” (FF 604).
E ai suoi amati frati ripeteva:
«Abbiamo promesso grandi cose, maggiori sono promesse a noi; osserviamo quelle ed aspiriamo a queste. Il piacere è breve, la pena eterna; piccola la sofferenza, infinita la gloria» (FF 778).
Francesco aveva compreso che essere di Cristo ed eredi del Regno significa non contare secondo mentalità mondana, e portare con sé la semplicità della colomba, nonché la schietta trasparenza del bambino.
Questo corredo richiede l’appartenenza all’Eterno, e la sua trasparenza in terra.
Sabato della 19.a sett. T.O. (Mt 19,13-15)
Il Vangelo lucano evidenzia la Visita di Maria ad Elisabetta sua cugina e la danza dei due Piccoli portati in grembo da donne speciali, abbracciate in modo diverso dalla Grazia.
Maria, la Madre di Gesù, si esprime nel canto di lode del Magnificat, che rimanda a Dio i benefici straordinari ricevuti.
Fin dagli inizi della sua chiamata, Francesco ebbe particolare e profonda venerazione per Maria Vergine, Madre del Signore.
Di lei contemplava sempre i misteri nelle varie stagioni della sua vita.
Le Fonti forniscono stupendi quadretti in merito.
“Circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà.
A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere.
Ma ciò che maggiormente riempie di gioia, la costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le sue ali i figli […] perché vi trovassero calore e protezione sino alla fine” (FF 786).
“In lei, principalmente, dopo Cristo, riponeva la sua fiducia […] In suo onore digiunava con grande devozione, dalla festa degli apostoli Pietro e Paolo fino alla festa dell’Assunzione […]” (FF 1165).
E alle figlie, dimoranti a S. Damiano, Francesco in una sua composizione a loro dedicata, conclude dicendo:
«Quelle ke sunt adgravate de infirmitate/ et l’altre ke per loro suó adfatigate/ tutte quante lo sostengate en pace./ Ka multo venderi(te) cara questa fatica,/ lka ciascuna serà regina/ en celo coronata cum la Vergine Maria» (FF 263).
E Chiara, quando iniziò il suo cammino di fede seguendo Francesco, fu ricevuta da lui e dai suoi frati presso l’altare della S.ta Vergine alla Porziuncola. Inoltre, quella stessa Madre, al momento del trapasso, venne a prenderla apparendole presso il suo giaciglio.
Maria fu per Chiara modello da seguire per tutta la sua esistenza, tanto che nella Lettera d’introduzione alla Leggenda, nelle Fonti, si legge:
"Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo incarnato: imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne" (FF 3153).
Francesco e Chiara assunsero Maria, la Madre di Dio, nel loro vivere quotidiano per essere assunti da Cristo nella gloria celeste.
«L’anima mia magnifica il Signore […] poiché ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva. Ecco infatti, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,46.48a)
Assunzione B.V. Maria (Lc 1,39-56)
Il brano di Matteo odierno fa richiamo al perdono e ad una correzione che, se è davvero fraterna, non guarda dall’alto in basso, ma l’esatto contrario.
Senza dimenticare che quanto vogliamo sia condonato a noi siamo chiamati a farlo anche con il prossimo, dando tempo per riscattarsi.
Chiara d’Assisi amava definirsi «pianticella del Serafico Padre Francesco».
Fu sempre Madre sollecita e di grande esempio per le sue figlie e sorelle nel Monastero di S. Damiano.
Anche quando era necessario esortare o riprendere sapeva correggere con amorevolezza e sapienza che le venivano dall’Alto.
Le Fonti attestano (Regola di S. Chiara):
«L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione» (FF 2806).
E ancora, con uno sguardo lungimirante estensivo, la stessa Chiara continua:
«Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa vita, che ci fu insegnata dal beato Padre nostro Francesco fin dal principio della nostra conversione a Cristo» (FF 2845 - Testamento).
«E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità» (FF 2847 - Testamento).
Nella Regola, poi:
“«L’abbadessa si studi inoltre di riconciliare le sorelle, se mai avvenisse che alcune per qualche motivo od occasione si turbassero tra loro.
Quella sorella, poi, che con parole o con cenni avrà dato occasione di turbamento o di scandalo a un’altra, subito, prima di offrire a Dio il dono della sua orazione, chiedendo perdono alla sorella che ha offesa, si inginocchi umilmente dinanzi a lei e la preghi di intercedere per lei presso il Signore, affinché le perdoni la colpa commessa.
L’altra, poi, memore della parola del Signore:
«Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi», generosamente perdoni l’offesa alla sorella che chiede perdono»” (FF 3358).
Chiara fu per tutte le sorelle maestra di vita, pedagoga della vera carità che ricostruisce sempre, nonostante l’operare malevolo.
«Abbi pazienza con me e ti restituirò tutto» (Mt 18,26)
Giovedì 19.a sett.T.O. (Mt 18,21-19,1)
Nella Liturgia odierna Gesù richiama a correggere in modo discreto e fraterno, prima di assumere misure più drastiche.
I due Poveri d’Assisi furono persone esemplari nell’amore fraterno e nelle eventuali correzioni da fare, sempre condite di saggezza, umanità e carità.
Severi con se stessi; attenti e misericordiosi con il prossimo.
Francesco prima d’intervenire verso i frati pregava e ancor prima esaminava se stesso.
Chiara d’Assisi amava definirsi «pianticella del Serafico Padre Francesco».
Fu sempre Madre sollecita e di grande esempio per le sue figlie e sorelle nel Monastero di S. Damiano.
Anche quando era necessario esortare o riprendere sapeva correggere con amorevolezza e sapienza che le venivano dall’alto.
Le Fonti attestano [Regola di S. Chiara]:
«L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione» (FF 2806).
E ancora, con uno sguardo lungimirante estensivo, la stessa Chiara continua:
«Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa vita, che ci fu insegnata dal beato Padre nostro Francesco fin dal principio della nostra conversione a Cristo» (FF 2845 - Testamento).
«E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità» (FF 2847 - Testamento).
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Mt 18,15)
Mercoledì 19.a sett. T.O. (Mt 18,15-20)
Chissà quante volte Francesco, l’Araldo del Gran Re, nel leggere l’episodio della pecora smarrita si sarà soffermato su quel «Che ve ne pare?» (Mt 18,12). Come a dire: «Lo fareste voi?».
Francesco di certo se la sarà posta questa disarmante domanda, cui tutta la sua eloquente esistenza ha risposto «Sì, senza alcun dubbio».
Per una sola pecorella del suo gregge avrebbe certo lasciato le altre al sicuro alla ricerca di quella perduta.
«Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon Pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce» (FF 155 - Ammonizioni).
Lui, che era solito chiamare frate Leone «pecorella di Dio» avrebbe affrontato ogni avversità pur di ritrovarla, e per questo cercava il martirio perfino presso il Sultano d’Egitto per guadagnarlo a Cristo.
Ricco di tenerezza e misericordia è un episodio che mette in evidenza il cuore di pastore di Francesco.
Troviamo nelle Fonti:
“Attraversando una volta la Marca d’Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre.
In mezzo al branco c’era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l’erba.
Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello:
«Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato e braccato dai farisei e dai sinedriti doveva proprio apparire come quell’umile creatura.
Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni» (FF 456).
«Che cosa vi pare? Lo fareste?» (Mt 18,12).
Gesù annuncia ai suoi la sua morte e resurrezione. Egli fa scuola di umiltà e minorità ai suoi pagando la tassa per il tempio.
Il primo biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, nella Vita Seconda, narra l’incontro che avvenne tra Domenico e Francesco, in casa del Cardinal Ugolino, poi Papa Gregorio IX, probabilmente tra la fine del 1219 e l’inizio del 1221.
Lo stesso Cardinale si commosse profondamente nel sentire dialogare
due santi, che parlavano di Dio con tanta dolcezza e umiltà, servitori di Dio in modo originale, entrambi vivendo il mistero Pasquale.
"Si trovarono insieme a Roma, in casa del cardinale d'Ostia che poi fu Sommo Pontefice, le fulgide luci del mondo san Francesco e san Domenico.
Sentendoli parlare fra loro del Signore con tanta dolcezza, alla fine il vescovo disse:
"Nella Chiesa primitiva i pastori erano poveri e persone di carità, senza cupidigia. Perché - chiese - tra i vostri frati quelli che emergono per dottrina e buon esempio, non li facciamo vescovi e prelati?".
Fra i due Santi sorse una gara, non per precedersi nella risposta, ma perché l'uno proponeva all'altro l'onore ed anzi voleva costringerlo a parlare per primo. In realtà si superavano a vicenda nella venerazione che nutrivano reciprocamente.
Alla fine vinse l'umiltà in Francesco, perché non si mise avanti e vinse pure in Domenico, perché ubbidì umilmente e rispose per primo.
Disse dunque Domenico al vescovo:
«Signore, i miei frati, se lo capiscono, sono già posti in alto grado, e per quanto sta in me non permetterò che ottengano altra dignità».
Dopo questa breve e convinta risposta, Francesco si inchinò al vescovo e disse a sua volta:
«Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori.
Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell'umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi.
Se volete - continuò - che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà.
Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettere in nessun modo che ottengano cariche».
Queste furono le risposte dei Santi" (FF 732).
Sapienza ed umiltà al seguito di Cristo, figli liberi del Regno.
«Ora, trovandosi essi riuniti insieme nella Galilea, Gesù disse loro: Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini, e lo uccideranno, e il terzo giorno risorgerà - Ed essi furono grandemente rattristati» (Mt 17,22)
Lunedì della 19.a sett. T.O. (Mt 17,22-27)
The Cross of Jesus is our one true hope! That is why the Church “exalts” the Holy Cross, and why we Christians bless ourselves with the sign of the cross. That is, we don’t exalt crosses, but the glorious Cross of Christ, the sign of God’s immense love, the sign of our salvation and path toward the Resurrection. This is our hope (Pope Francis)
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Papa Francesco)
The basis of Christian construction is listening to and the fulfilment of the word of Christ (Pope John Paul II)
Alla base della costruzione cristiana c’è l’ascolto e il compimento della parola di Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
«Rebuke the wise and he will love you for it. Be open with the wise, he grows wiser still; teach the upright, he will gain yet more» (Prov 9:8ff)
«Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s)
These divisions are seen in the relationships between individuals and groups, and also at the level of larger groups: nations against nations and blocs of opposing countries in a headlong quest for domination [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: nazioni contro nazioni, e blocchi di paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
But the words of Jesus may seem strange. It is strange that Jesus exalts those whom the world generally regards as weak. He says to them, “Blessed are you who seem to be losers, because you are the true winners: the kingdom of heaven is yours!” Spoken by him who is “gentle and humble in heart”, these words present a challenge (Pope John Paul II)
È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore”, queste parole lanciano una sfida (Papa Giovanni Paolo II)
The first constitutive element of the group of Twelve is therefore an absolute attachment to Christ: they are people called to "be with him", that is, to follow him leaving everything. The second element is the missionary one, expressed on the model of the very mission of Jesus (Pope John Paul II)
Il primo elemento costitutivo del gruppo dei Dodici è dunque un attaccamento assoluto a Cristo: si tratta di persone chiamate a “essere con lui”, cioè a seguirlo lasciando tutto. Il secondo elemento è quello missionario, espresso sul modello della missione stessa di Gesù (Papa Giovanni Paolo II)
Isn’t the family just what the world needs? Doesn’t it need the love of father and mother, the love between parents and children, between husband and wife? Don’t we need love for life, the joy of life? (Pope Benedict)
Non ha forse il mondo bisogno proprio della famiglia? Non ha forse bisogno dell’amore paterno e materno, dell’amore tra genitori e figli, tra uomo e donna? Non abbiamo noi bisogno dell’amore della vita, bisogno della gioia di vivere? (Papa Benedetto)
Thus in communion with Christ, in a faith that creates charity, the entire Law is fulfilled. We become just by entering into communion with Christ who is Love (Pope Benedict)
Così nella comunione con Cristo, nella fede che crea la carità, tutta la Legge è realizzata. Diventiamo giusti entrando in comunione con Cristo che è l'amore (Papa Benedetto)
don Giuseppe Nespeca
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