Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Lunedì, 20 Ottobre 2025 03:00

Tutta la notte pregando

Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù in preghiera per l’intera notte, prima di chiamare a sé i suoi discepoli.

La Relazione con il Padre anticipa ogni scelta importante nella vita di Cristo.

Francesco, sull’esempio di Gesù, passava intere notti a pregare in luoghi solitari e prima di assumere decisioni importanti.

Nella Vita seconda del suo biografo Celano si legge:

“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa*, lontano dall’abitato.

Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno:

«Fratello, vorrei rimanere qui da solo questa notte. Tu va’ all’ospedale* e torna da me per tempo domattina».

Rimasto tutto solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere […]” (FF 707).

Questo intenso rapporto con Dio fece sì che in breve tempo accorressero a lui, stimolati dalla sua testimonianza, molti discepoli pronti a vivere il Vangelo allo stesso modo.

“Durante questo tempo si aggregarono a loro e si fecero discepoli di Francesco altri quattro uomini degni e virtuosi.

Perciò l’interesse per il movimento e la fama dell’uomo di Dio crescevano sempre più tra il popolo.

E veramente in quel tempo Francesco e i suoi compagni provavano una immensa allegrezza e una gioia inesplicabile quando qualcuno dei fedeli, chiunque e di qualunque condizione fosse, ricco, povero, nobile, popolano, spregevole, onorato […] guidato dallo Spirito di Dio veniva a prendere l’abito della loro Santa religione […]” (FF 371).

La sua santità era talmente evidente che tutti erano felici di poter toccare la sua povera tonaca e riceverne benefici.

Infatti tutti coloro che erano malati o posseduti, avvicinati dal Povero venivano guariti.

Ad esempio “a Città di Castello una donna era posseduta da uno spirito maligno e furioso: appena il Santo glielo ebbe ingiunto per obbedienza, il demonio fuggì pieno di sdegno, lasciando libera nell’anima e nel corpo la povera ossessa” (FF 1219).

L’umile discepolo di Gesù era divenuto, per Grazia, “Alter Christus”.

 

«Egli uscì verso il monte per pregare e passò la notte nella preghiera a Dio» (Lc 6,12).

 

• FF 707= il frate che lo accompagnava era frate Pacifico.

• La Chiesa presso cui si fermano a pregare è San Pietro in Bovara, presso le Fonti del Clitunno.

• L’ospedale a cui Francesco indirizza il suo compagno era un lebbrosario a pochi chilometri dalla chiesa.

 

 

Ss. Simone e Giuda  (Lc 6,12-19)

Domenica, 19 Ottobre 2025 04:05

Liberazione o schiavitù

Gesù pone gli astanti dinanzi ad una domanda, a motivo della guarigione di una donna curva:

«Ora costei essendo figlia di Abramo […] non doveva essere sciolta da questo legame il giorno di sabato?» (Lc 13,16).

Quando si parla di Francesco d’Assisi bisogna sempre aver presente una creatura vera, anticonformista.

Divorato dall’amore per Dio e per il prossimo, il Poverello era disposto a qualunque sacrificio, capace di andare oltre le convenzioni pur di salvare, di condurre le anime a Cristo.

Ricalcando le orme di Gesù che guariva pure in giorno di sabato, ridicolizzando i capi ligi alla loro tradizione, Francesco esprimeva un nuovo modo di essere e vivere secondo il Vangelo.

Le Fonti, sorgente ricca di episodi, c’informano in merito.

“Nella città di Narni viveva una donna che da otto anni aveva una mano inaridita, del tutto inutilizzabile.

Un giorno le apparve il beato Padre e, toccandole la mano malata, gliela rese atta al lavoro come l’altra” (FF 558).

Francesco si preoccupava non dell’ora, del giorno in cui poter aiutare o far guarire, no; a lui interessava che la persona conoscesse la salvezza dell’anima e del corpo, restituendo figli di Dio a Dio.

Libero da ogni ipocrisia agiva così:

“Una volta, dimorando Francesco in quello stesso luogo*, un frate, uomo di profonda spiritualità e già da parecchi anni vivente nell’Ordine, si trovava molto deperito e infermo.

Francesco al vederlo ne ebbe compassione.

Ma i frati, a quei tempi non ricorrevano a medicine; anzi, volentieri sceglievano quanto contrariava il corpo.

Francesco si disse:

«Se questo fratello mangiasse di buon mattino dell’uva matura, credo che ne trarrebbe giovamento».

Un giorno si alzò all’albeggiare e chiamò di nascosto quel fratello, lo condusse nella vigna vicina a quella chiesa e, scelta una vite ricca di bei grappoli invitanti, vi sedette sotto assieme al fratello e cominciò a mangiare l’uva, affinché il malato non si vergognasse di piluccarle da solo.

Mentre faceva lo spuntino, quel frate lodava il Signore Dio.

E finché visse, egli ricordava spesso ai fratelli, con devozione e piangendo di tenerezza, il gesto affettuoso del padre santo verso di lui” (FF 1549).

Giustamente Francesco, rammentando la Parola di Dio, metteva in pratica la misericordia superiore ad ogni norma, e che vale più dell’essere umanamente sterilizzati.

 

 

Lunedì 30.a sett. T.O.  (Lc 13,10-17)

Il passo di Luca - fariseo e pubblicano - è molto popolare. Si tratta dell’insegnamento diretto verso chi si sente intimamente giusto e guarda  i fratelli dall’alto in basso.

Francesco si sentì sempre un nulla davanti a Dio, sprofondando nella sua umiltà come il seme nella terra.

Temeva la superbia al pari della peste e la detestava profondamente.

Apparire, mostrare, insuperbire, erano verbi con cui non volle mai allacciare alcun legame: li aborriva.

Leggiamo nella Vita prima del Celàno:

"Un giorno, pieno di ammirazione per la misericordia del Signore in tutti i benefici a lui elargiti, desiderava conoscere […] che cosa sarebbe stato della sua vita e di quella dei suoi frati.

A questo scopo si ritirò, come spesso faceva, in un luogo adatto per la preghiera.

Vi rimase a lungo invocando con timore e tremore il Dominatore di tutta la terra, ripensando con amarezza gli anni passati malamente e ripetendo:

«O Dio, sii propizio a me peccatore!»” (Fonti 363).

Temeva ogni forma di vanto e sfoggio di opere; ripugnava il sentirsi a posto e ogni genere di superbia.

Nella Regola bollata (1223) ai suoi frati diceva:

«Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cure e preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione» (Fonti 103).

Nella Regola di Chiara, al comma 2809 delle Fonti, ritroviamo la stessa enunciazione come ad evidenziare la medesima preoccupazione: mantenere le distanze da ogni forma di vanagloria.

Francesco e Chiara si percepivano peccatori, alla stregua del pubblicano del Vangelo, che non osava alzare neppure lo sguardo verso il cielo.

L’umiltà e la consapevolezza della propria penuria li conducevano ad assumere un profilo molto basso, senza gloriarsi di nulla, né davanti a Dio né davanti agli uomini.

Infatti, nelle Ammonizioni (di Francesco):

«Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. 

Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio» (Fonti 166).

Ancora: «A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo Spirito del Signore: se, quando il Signore compie per mezzo di lui qualcosa di buono, la sua «carne» non se ne inorgoglisce - poiché la «carne» è sempre contraria ad ogni bene -, ma piuttosto si ritiene ancora vile ai propri occhi e si stima più piccolo di tutti gli altri uomini» (Fonti 161).

Nella Leggenda maggiore:

"L’umiltà, custode e ornamento di tutte le virtù, aveva ricolmato l’uomo di Dio di beni sovrabbondanti.A suo giudizio, egli non era altro che un peccatore, mentre nella realtà era specchio e splendore della santità, in tutte le sue forme.

Da architetto avveduto, egli volle edificare se stesso sul fondamento dell’umiltà, come aveva imparato da Cristo […]

Per questo si studiava, in quanto discepolo di Cristo, di sminuirsi agli occhi propri e altrui, ricordando quanto il sommo Maestro ha detto:

Ciò che è in onore fra gli uomini è abominazione davanti a Dio. 

Ma usava anche ripetere questa massima: «Un uomo è quanto è agli occhi di Dio, e non più ».

Di conseguenza, giudicando una stoltezza esaltarsi per la stima della gente del mondo, godeva nelle umiliazioni e si rattristava per le lodi" (Fonti 1103).

«Dio, sii benigno con me peccatore […] perché chiunque s’innalza sarà abbassato, ma chi si abbassa sarà innalzato» (Lc 18,13-14)

 

Domenica 30.a T.O. anno C  (Lc 18,9-14)

Venerdì, 17 Ottobre 2025 04:04

Conversione: rivoluzione, e dare tempo

Gesù richiama alla conversione: «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,5) è espressione ricorrente.

Francesco, umile di cuore e semplice, al riguardo offre un episodio che chiama a riflessione.

“Diceva che sono da compiangere i predicatori, che vendono spesso il loro ministero per un soldo di vanagloria. E cercava a volte di guarire il loro gonfiore con questo rimedio:

«Perché vi gloriate della conversione degli uomini, quando li hanno convertiti con le loro preghiere i miei frati semplici?».

Ed anzi commentava così il passo che dice: «perfino la sterile ha partorito numerosi figli»:

«La sterile è il mio frate poverello, che non ha il compito di generare figli nella Chiesa. Ma nel giudizio ne avrà dato alla luce moltissimi, perché in quel giorno il giudice ascriverà a sua gloria quelli, che ora converte con le sue preghiere personali»” (FF 749).

E ancora:

«Ci sono molti frati che […] annunziando il Vangelo a qualche persona e al popolo, nel vedere o nel sentire che alcuni ne sono rimasti edificati o convertiti a penitenza, diventano tronfi e montano in superbia per risultati ottenuti da fatica altrui.

Invero, coloro che essi si illudono d’aver edificato o convertito a penitenza con i loro discorsi, è il Signore che li edifica e converte grazie alle orazioni dei frati santi, anche se questi ultimi lo ignorano: è la volontà di Dio, questa, che non se ne accorgano per non insuperbire.

Questi frati sono i miei cavalieri della tavola rotonda, che si nascondono in luoghi appartati e disabitati, per impegnarsi con più fervore nella preghiera e nella meditazione, piangendo i peccati propri e altrui» (FF 1624).

L’umile e quotidiana conversione del Minimo e dei suoi frati ha, nel tempo, rivoluzionato ogni modo di pensare borioso, grazie alla Parola di Cristo.

 

 

Sabato della 29.a sett. T.O. (Lc 13,1-9) 

Giovedì, 16 Ottobre 2025 04:24

Incapacità di discernimento davanti ai segni

Gesù pone l’attenzione sul riconoscimento dei segni del tempo, chiamando al discernimento.

Francesco, uomo di Dio, ha saputo comprendere i segni incontrati nel suo cammino di fede.

Ad esempio, quando rinunciò all’eredità paterna, in presenza del vescovo e, spogliandosi completamente, restituì al padre terreno anche gli abiti che aveva indosso, gli fu offerto in seguito il mantello povero di un contadino.

L’acume di Francesco è evidente. Le Fonti narrano:

”Egli ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.

Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo” (FF 1043).

E Francesco stesso divenne segno per l’umanità intera, di cui Dio volle servirsi per ricondurre a Lui molte anime.

Infatti “Resta […] dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia” (FF 1021).

E “viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’Oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo” (FF 1022).

 

Da uomo nuovo, all’inizio della Lettera ai Custodi così esordisce:

«A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini […]» (FF 240).

Ma Francesco è la creatura segnata con il Tau, quale testimone di Dio:

“Godendo della compagnia del Padre, frate Pacifico cominciò ad esperimentare dolcezze, che non aveva ancora provate.

Infatti poté un’altra volta vedere ciò che rimaneva nascosto agli altri: poco dopo, scorse sulla fronte di Francesco un grande segno di Thau*, che ornato di cerchietto multicolori, presentava la bellezza del pavone” (FF 694).

Siamo chiamati, pensando al Povero d’Assisi, a riflettere sul segno dei tempi che il Santo rappresenta.

 

* Tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Chi porta tale segno sulla fronte ha già sottomesso le proprie azioni al potere della croce.

La lettera Tau si trova anche come firma di Francesco in calce alla sua lettera a frate Leone.

 

«Teatranti! L’aspetto della terra e del cielo sapete discernere, ma questo tempo come non sapete discernere?» (Lc 12,56)

 

 

Venerdì 29.a sett. T.O.  (Lc 12,54-59)

Mercoledì, 15 Ottobre 2025 02:46

Fuoco, Spirito acceso

Gesù nel suo Vangelo parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non. 

Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.

Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo. 

Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.

“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]

Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.

Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.

O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175). 

Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]

Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).

 

Inoltre i Fioretti (volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano) ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.

Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.

Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.

“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.

E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).

Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.

Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.

Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal battesimo di Cristo!

 

«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49)

 

 

Giovedì 29.a sett. T.O.  (Lc 12,49-53)

Martedì, 14 Ottobre 2025 04:20

Ancora desti! In prima persona

Gesù nel Vangelo offre l’identikit del servo fedele, che in assenza e in attesa del ritorno del padrone, serve i suoi sottoposti, nel segno della volontà di Dio. 

E questo è quanto riscontriamo in Francesco e Chiara d’Assisi: hanno servito fedelmente il Signore nei fratelli e sorelle a loro affidate, con diligenza e compassione.

Le Fonti francescane, Maestre di vita vissuta, ci documentano a proposito.

Nelle Ammonizioni scritte dal Minimo troviamo una pedagogia eloquente:

«Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.

Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione.

È servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione» (FF 173).

«E beato quel servo, che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri» (FF 169).

Una volta un frate chiedeva a Francesco di pregare per lui, perché afflitto da una tentazione.

Il Santo rispose così:

«Credimi, figlio […] proprio per questo ti ritengo ancor più servo di Dio, e sappi che più sei tentato e più mi sei caro».

Soggiunse:

«Ti dico in verità che nessuno deve ritenersi servo di Dio, sino a quando non sia passato attraverso prove e tribolazioni.

La tentazione superata è, in un certo senso, l’anello col quale il Signore sposa l’anima del suo servo.

Molti si lusingano per i meriti accumulati in lunghi anni, e godono di non avere mai sostenuto prove.

Ma sappiamo che il Signore ha tenuto in considerazione la loro debolezza di spirito perché ancor prima dello scontro, il solo terrore li avrebbe schiacciati.

Infatti i combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare» (FF 704).

E Chiara, nella sua Regola sostiene:

«L’abbadessa poi, usi verso di loro [le sorelle] tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, poiché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle» ( FF 2808).

E ancora nella Leggenda:

“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore” (FF 3181).

 

«Anche voi siate pronti perché, nell’ora che non credete il Figlio dell’uomo viene» (Lc 12,40)

 

 

Mercoledì 29.a sett. T.O.  (Lc 12,39-48)

Lunedì, 13 Ottobre 2025 05:18

Prontezza e risposta

La prontezza, la vigilanza di cui Gesù parla nel Vangelo è ben presente nella vita di Francesco e di Chiara.

Di questo atteggiamento fondamentale della vita del credente, a riguardo del Poverello, parlano le Fonti.

La leggenda perugina racconta che il Piccolo di Dio, salito all’eremo della Verna, vi rimase per una quaresima in onore di Dio, della Beata Vergine e di S. Michele.

“Entrato nella cella dove intendeva soggiornare […] nella prima notte pregò il Signore di mostrargli qualche segno da cui potesse conoscere se era volontà divina ch’egli rimanesse sulla Verna.

Infatti, Francesco, allorché si fermava in qualche luogo per un periodo di orazione o andava in giro per il mondo a predicare, sempre si preoccupava di conoscere il volere di Dio, al fine di maggiormente piacergli […]

Quantunque godesse molte gioie in quella celletta, di notte i demoni gli inflissero parecchie molestie, come egli stesso raccontò a quello stesso compagno.

Una volta gli confidò:

«Se i fratelli sapessero quante tribolazioni mi infliggono i demoni, ognuno di loro sarebbe commosso a pietà e compassione grande verso di me»” (FF 1649).

Chiara «la cristiana» rifulse per vigilanza nella vita spirituale, come ricorda lo stesso documento papale Clara Claris praeclara:

«Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte» (FF 3300).

Nella vita di Francesco e di Chiara d’Assisi “l’essere pronti” aveva creato i presupposti che rendono possibile alla persona la risposta all’amore preveniente di Dio nei suoi confronti.

Li aveva ben temprati, lasciando alla Grazia di agire in loro

in ogni vicenda.

 

 

Martedì 29.a sett. T.O.  (Lc 12,35-38)

Domenica, 12 Ottobre 2025 03:06

La stoltezza dell’accumulare per sé

Il Vangelo di oggi tratto da Luca, dà risalto all’avidità di un uomo ricco che pensa ad ingrandire i suoi magazzini per via di abbondanti raccolti, trascurando la sua anima e il rapporto con Dio, che lo trova impreparato dinanzi ad una morte improvvisa.

Invece di arricchire presso Dio, stoltamente, pensa ad accumulare per sé.

Francesco d’Assisi, invece, donando ai poveri tutto ciò che possedeva, si mise in cammino restituendo a Dio il poco che aveva in cambio del molto che avrebbe ricevuto.

Egli era innamorato di Madonna Povertà; l’aveva sposata e stimata, perché scelta dal Figlio di Dio, che non aveva dove posare il capo.

Ne era così evangelicamente attratto da prendersi pena quando incontrava creature più povere di lui.

Le Fonti raccontano:

"Gli accadde, durante un viaggio, d’incontrare un poverello. Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento:

«La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi »" (FF 1126).

E a Bernardo, un cittadino di Assisi, che divenne poi suo compagno nella  sequela di Cristo, consigliò di lasciare i suoi beni, considerati un falso feudo.

Ma per essere certo, "venuto il mattino, entrarono in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.

Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Ripetono il gesto, e si presenta il passo: «Non prendete nulla per il viaggio». Ancora una terza volta, e leggono: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso».

Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina" (FF 601).

La stessa Chiara aveva chiesto e ottenuto da papa Gregorio IX il Privilegio della povertà (17 settembre 1228) in forma scritta.

Documento che assicurava alle Povere sorelle di S. Damiano il diritto di vivere senza proprietà alcuna in questo mondo, seguendo le orme di Colui che, per noi, si è fatto povero e Via, Verità e Vita.

Nella stessa Regola, a riguardo di chi voleva entrare in Monastero per seguire Cristo, Chiara dice:

«E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà» (FF 2757).

E nella prima lettera alla beata Agnese di Praga (sua figlia spirituale) scrive:

«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne!

O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.

O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo […] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864).

 

«Così [accade a] chi accumula tesori per sé e non arricchisce per Dio» (Lc 12,21)

 

 

Lunedì 29.a sett. T.O.  (Lc 12,13-21)

Pagina 4 di 11
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa
The story of the healed blind man wants to help us look up, first planted on the ground due to a life of habit. Prodigy of the priesthood of Jesus
La vicenda del cieco risanato vuole aiutarci a sollevare lo sguardo, prima piantato a terra a causa di una vita abitudinaria. Prodigio del sacerdozio di Gesù.
Firstly, not to let oneself be fooled by false prophets nor to be paralyzed by fear. Secondly, to live this time of expectation as a time of witness and perseverance (Pope Francis)
Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza (Papa Francesco)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)

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