Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Sabato, 28 Settembre 2024 03:49

Il possibile e l’impossibile, Cento per uno

Dopo che il Crocifisso di S. Damiano gli ebbe parlato, invitandolo a riparare la sua casa che andava in rovina (riferendosi principalmente alla Chiesa fatta di pietre vive, più che alle mura), subito Francesco si accinse a vendere quanto aveva presso di sé.

Infatti, nella Leggenda maggiore di S. Bonaventura, leggiamo: “Si alzò, pertanto, munendosi del segno della croce, e, prese con sé delle stoffe, si affrettò verso la città di Foligno, per venderle.

Vendette tutto quanto aveva portato; si liberò anche, mercante fortunato, del cavallo, col quale era venuto, incassandone il prezzo.

Tornando ad Assisi, entrò devotamente nella chiesa che aveva avuto l’incarico di restaurare.

Vi trovò un sacerdote poverello […] e gli offrì il denaro per la riparazione della chiesa e umilmente domandò che gli permettesse di abitare con lui per qualche tempo.

Il sacerdote acconsentì che egli restasse; ma, per timore dei suoi genitori, non accettò il denaro - e quel vero dispregiatore del denaro - lo buttò su una finestra, stimandolo polvere abbietta” (FF 1039).

Ma pure i suoi figli-frati, chiamati a seguire Colui che solo è buono, abbandonarono tutti i beni per seguire la via nuova tracciata da Francesco seguendo il Vangelo.

“Bernardo, un cittadino di Assisi, lo scongiurò umilmente di dargli il suo consiglio: cosa fare per non godere più dei beni di qualche signore e vivere secondo Dio.

Francesco gli disse che doveva restituirli tutti al padrone da cui li aveva ricevuti e poi aggiunse:

«Se vuoi comprovare coi fatti quanto dici, appena sarà giorno, entriamo in chiesa, prendiamo il libro del Vangelo e chiediamo consiglio a Cristo». 

Venuto il mattino, entrano in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.

Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole:

«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri».

Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota” (FF 601).

 

La stessa Chiara, nella prima lettera ad Agnese di Boemia, fra l’altro sottolinea:

«È magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni della terra per avere quelli del Cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità» (FF 2868).

 

Tutto ciò che è impossibile agli uomini è possibile presso Dio!

 

 

28.a Domenica T.O.  B  (Mc 10,17-30)

Venerdì, 27 Settembre 2024 03:01

Beatitudine degli uditori, che vivono la Parola

In questi pochi versetti del Vangelo odierno è contenuta la vera beatitudine, enunciata da Gesù, di chi sa ascoltare e incarnare la Parola di Dio fra le pieghe del quotidiano.

Francesco, che si riteneva semplice ed idiota, amava appassionatamente la Parola di Dio.

Infatti, imbattendosi a terra con le lettere di Essa, le raccoglieva per averne il dovuto riguardo.

Ce lo attestano le Fonti, nella prima lettera [da lui scritta] ai Custodi:

«Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno» (FF 242).

La stessa Chiara, pianticella del Serafico Padre, nel suo Testamento, ricorda quanto Francesco amasse e vivesse la Parola, dandone l’esempio:

«Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato Padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui» (FF 2824).

E a chi gli chiedeva se avesse piacere che le persone istruite entrassero nell’Ordine, rispondeva:

«Ne ho piacere; purché, però, sull’esempio di Cristo, di cui si legge non tanto che ha studiato quanto che ha pregato, non trascurino di dedicarsi all’orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica le cose apprese, e, solo quando le hanno messe in pratica, le propongano agli altri.

Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità» (FF 1188).

“E la ragione principale per cui venerava i ministri della Parola di Dio era questa: che essi fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il Cristo, che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà.

Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi” (FF 1135).

“Egli infatti non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di seguirlo alla lettera” (FF 357).

 

«Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e [la] custodiscono» (v.28).

 

 

Sabato della 27.a sett. T.O. (Lc 11,27-28) 

Mercoledì, 25 Settembre 2024 04:42

Dito di Dio

Gesù attesta agli astanti che scaccia i demoni non per mezzo di Beelzebul ma con il Dito di Dio, per opera di Lui.

Come Gesù così Francesco ebbe tentazioni e fu grandemente provato dal demonio.

Ma il Dito di Dio, lo Spirito Santo, vinse in lui ogni battaglia, estendendo il Regno dei cieli nei cuori.

Come Francesco, anche Chiara incontrò prove in tal senso da cui, per la Grazia di Dio, uscì sempre immune, perché non divisa, ma totalmente unita a Cristo.

Le Fonti sono portavoci eloquenti di grande verità esistenziale e spirituale. Guardiamo cosa ci dicono nel merito.

“In quei luoghi doveva lottare corpo a corpo col demonio, che l’affrontava per spaventarlo non solo con tentazioni interiori, ma anche esteriormente con strepiti e rovine.

Ma Francesco, da fortissimo soldato di Cristo, ben sapendo che il suo Signore poteva tutto dovunque, non si lasciava per nulla intimorire, ma ripeteva in cuor suo:

«Non puoi, o maligno, scatenare contro di me le armi della tua malizia, in questi luoghi più di quanto mi faresti se fossimo tra la folla»” (FF 446).

E un frate, che da tempo veniva molestato dagli assalti del demonio e in pianto ai piedi di Francesco, fu da lui liberato:

“il Padre ne sentì pietà , e comprendendo che era tormentato da istigazioni maligne:

«Io vi ordino, o demoni, - esclamò - in virtù di Dio di non tormentare più d’ora in avanti il mio fratello, come avete osato finora».

Subito si dissipò quel buio tenebroso, il frate si alzò libero e non sentì più alcun tormento, come se ne fosse sempre stato esente” (FF 697).

Altresì Chiara fu più volte attaccata dal nemico.

“Mentre una volta piangeva, in piena notte, le apparve l’angelo delle tenebre in forma di nero fanciullo, e così la ammonì: Non piangere tanto, perché diventerai cieca!

Ma, rispondendogli lei subito:

«Non sarà cieco chi vedrà Dio», confuso si allontanò” (FF 3198).

E nella prima lettera alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, così Chiara si esprime:

«L’uomo coperto di vestiti non può pretendere di lottare con un ignudo, perché è più presto gettato a terra chi offre una presa all’avversario» (FF 1867).

I servi di Dio, nella loro semplicità, hanno le idee chiare, perché guidati dal Dito di Dio - e non mollano la Vocazione autentica.

 

«Ma se con il Dito di Dio io scaccio i demoni, quindi è arrivato per voi il regno di Dio» (Lc 11,20).

 

 

Venerdì 27.a sett. T.O. (Lc 11,15-26)

Martedì, 24 Settembre 2024 13:10

Il Padre darà Spirito Santo, non mosche

Il capitolo undici di Luca continua evidenziando come la preghiera fiduciosa e perseverante non solo ottiene quanto chiesto, ma di più: il grande dono dello Spirito Santo.

Nelle Fonti è magnifico l’esempio di Francesco.

Povero delle cose del mondo ma ricco dello Spirito di Dio, il Poverello considerava il Signore come Grande Elemosiniere che dona largamente a chi confida in Lui.

Nelle Fonti troviamo un episodio indicativo:

“Il servo di Dio, che si era molto aggravato, dal luogo di Nocera veniva ricondotto ad Assisi, da una scorta di ambasciatori, che il devoto popolo assisano aveva inviato.

Gli accompagnatori, col servo di Dio, giunsero in un villaggio poverello, chiamato Satriano.

Siccome l’ora e la fame facevano sentire il bisogno di cibo, andarono a cercarlo per il paese. Ma, non trovando niente da comprare, tornarono a mani vuote.

Allora il Santo disse a questi uomini:

«Se non avete trovato niente, è perché avete più fiducia nelle vostre mosche che in Dio (col termine ‘mosche’ egli indicava i denari).

Ma tornate indietro nelle case da cui siete passati e domandate umilmente l’elemosina, offrendo come pagamento l’amor di Dio.

E non crediate che questo sia un gesto vergognoso e umiliante: è un pensiero sbagliato, perché il Grande Elemosiniere, dopo il peccato, ha messo tutti i beni a disposizione dei degni e degli indegni, con generosissima bontà».

I cavalieri mettono da parte il rossore, vanno spontaneamente a chiedere l’elemosina e riescono a comprare con l’amor di Dio quello che non avevano ottenuto con i soldi.

Difatti quei poveri abitanti, commossi e ispirati da Dio, offrirono generosamente non solo le cose loro, ma anche se stessi.

E così avvenne che la povertà di Francesco sopperisse all’indigenza, che il denaro non aveva potuto alleviare” (FF 1130).

D’altra parte il Servo del Signore in tutta la sua vita aveva sempre creduto che Dio offre molto più di quel pensiamo, donando Spirito Santo - Somma di tutte le cose buone.

Infatti nella Regola bollata (1223) Francesco afferma che bisogna «desiderare sopra ogni cosa […] di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione» (FF 104), il Quale riposa su quanti vivono il Vangelo con fedeltà.

Il Povero di Cristo, infatti, Lo considerava Ministro dell’Ordine.

E diceva:

«Presso Dio […] non vi è preferenza di persone e lo Spirito Santo, ministro generale dell’Ordine, si posa egualmente sul povero ed il semplice» (FF 779).

 

«Quanto più il Padre che è dal cielo darà Spirito Santo a quelli che gli chiedono» (Lc 11,13b).

 

 

Giovedì della 27.a sett. T.O. (Lc 11,5-13)

Martedì, 24 Settembre 2024 06:46

La Grazia della Relazione orante

Dopo aver pregato, Gesù riceve dai discepoli la richiesta d’insegnare loro a pregare.

Così dona loro il ‘Padre nostro’.

Se andiamo a guardare nelle Fonti francescane ci accorgiamo quanto fosse importante per il Poverello la preghiera.

Francesco, l’Araldo del Gran Re, non era più tanto un uomo che pregava quanto una creatura fatta preghiera.

E come i discepoli nel vedere pregare Gesù gli chiesero d’insegnar loro a pregare, così i frati che ebbero la fortuna di vedere immerso in orazione Francesco, domandarono a lui d’insegnare loro.

“Quando, poi, i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite:

«Padre nostro» e «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua Santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).

“Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e […] a confessare schiettamente la verità della fede” (FF 1069).

E nei suoi scritti (nello specifico, la Parafrasi del «Padre nostro»):

«O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e Salvatore nostro. Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu Signore, sei luce: infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene» (FF 266- 267).

Raccomandava ai suoi frati di non trascurare l’orazione. Infatti:

“«Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione» e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all’orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso, non solo il cuore e il corpo ma anche l’attività e il tempo” (FF 1176).

 

«Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno» (Lc 11,2).

 

 

Mercoledì della 27.a sett.T.O. (Lc 11,1-4)

Lunedì, 23 Settembre 2024 12:38

San Francesco nel Nome del Signore

Lunedì, 23 Settembre 2024 06:05

Servire i fratelli, e sosta negli eremi

Francesco d’Assisi, il Sapiente e il Minimo di Dio, ebbe sempre chiara nella sua coscienza l’importanza e la necessità della vita contemplativa, temperata dal lavoro che tiene lontano l’ozio e che conforma a Cristo. Lo esigeva per sé e per i suoi frati. Arrivò a dire che servire i fratelli vale più di ogni sosta negli eremi, dove lui stesso amava recarsi, quando poteva.

Leggiamo nei suoi scritti: “Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio” (FF 119).

Inoltre: “Siamo convinti che […] siano stati rimproverati assai quelli che negli eremitori vivono in modo diverso. Molti infatti trasformano il luogo della contemplazione in ozio e il modo di vivere eremitico, istituito per consentire alle anime la perfezione, lo riducono ad un luogo di piacere […] Certo questo rimprovero non è per tutti. Sappiamo che vi sono dei Santi […] che nell’eremo seguono ottime leggi” (FF 765).

Anche tra i frati si discuteva se vivere di contemplazione o azione, infatti nella Leggenda Maggiore è scritto:

”Mentre, saldi nel santo proposito, affrontavano la valle Spoletana, si misero a discutere se dovevano passare la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari. 

Ma Francesco, il servo di Cristo, non confidando nell’esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina.

Venne così illuminato con una risposta dal Cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime […] E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF1066).

Ma l’amore per l’orazione e l’ascolto della Parola accompagnò sempre il suo agire e quello dei suoi frati.

“La dedizione instancabile alla preghiera […] aveva fatto pervenire l’uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che […] scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto. Leggeva i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF1187).

Trasformato in preghiera, senza venir meno ai servizi:

Francesco aveva una predilezione speciale per la Parola di Dio e in lui, senza venir meno ai servizi da rendere al prossimo, primeggiava sempre l’ascolto di quanto il Signore chiedeva o insegnava, fissandolo bene nella sua mente.

Aveva scelto la parte buona che nessuno avrebbe potuto togliergli. 

Infatti le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore La sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.

E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione […]

Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra al suo Dio” (FF 681).

“Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tal modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).

Aveva compreso l’essenza del Vangelo.

Quando era infermo e pieno di dolori, a un frate che da Francesco aveva appreso a rifugiarsi nelle Scritture e che ora lo invitava a farsela leggere per averne sollievo, il Santo rispose:

«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho bisogno di più, Figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).

Domenica, 22 Settembre 2024 04:22

Allievi della Compassione

Gesù, a colui che chiede: «E chi è a me prossimo?» (Lc 10,29) risponde raccontando una vicenda.

Dinanzi a chi giace a terra non bisogna passare oltre, bensì soccorrerlo, prendersene cura, perché ogni persona malmenata è: proprio prossimo, chiunque sia.

Il Poverello, che aveva ricevuto misericordia dal Signore, aveva bene imparato la lezione per applicarla "sine glossa", letteralmente verso tutti, incominciando dai più bisognosi ed emarginati del suo tempo.

L’incontro del Poverello con i lebbrosi costituisce una pagina fondamentale della sua crescita nello Spirito.

Crocevia che lo modifica profondamente e cambia le coordinate della vita interiore.

Per quegli sfortunati prova compassione e “passione”, disposto ad aiutarli in ogni modo, perché scrigno del Servo Sofferente.

Leggiamo nel suo meraviglioso Testamento:

«Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi Misericordia.

E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF 110).

Così “il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente […]

La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza il loro ricovero, si turava il naso con le mani.

Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per Grazia e virtù dell’Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò.

Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria” (FF 348).

E Francesco di lebbrosi ne guarì molti:

“Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco, è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute” (FF 564).

La cura riservata da lui ai lebbrosi, quale Buon Samaritano del Vangelo, si trasformerà, per dono del Signore, in potenza ed efficacia nel guarire le malattie del corpo e dello spirito.

Aveva compassione viscerale di queste anime abbandonate a se stesse e visse alla lettera il Vangelo dei derelitti e dei messi ai margini, amando con straordinaria predilezione i Lazzaro del suo tempo e oltre.

 

«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37).

 

 

Lunedì 27.a sett. T.O. (Lc 10,25-37)

Il Povero assisano si adoperò durante tutta la sua vita a benedire e favorire l’unità dei coniugi nel matrimonio.

Ad una nobildonna preoccupata dell’acidità del marito, che l’osteggiava nel servizio di Cristo, il Santo, dopo averla ascoltata, disse:

«Va’ in pace e sta’ sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri» (FF 1193).

Così accadde: l’uomo cambiò vita, e dopo molto tempo, nello stesso giorno tornarono al Signore.

Francesco si preoccupò della santità della vita matrimoniale cristiana al punto che fondò accanto ai due ordini precedenti - Frati minori e Povere Dame di S. Damiano - quello (dell’allora) Terz’Ordine francescano.

Tutto ciò perché pur stando nel mondo non fossero del mondo, testimoniando il Vangelo.

Infatti, nella Vita prima del Celano, leggiamo:

“A tutti dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione” (FF 385).

La stessa semplicità dei bambini con cui amava accogliere la Parola di Dio, la trasferiva fra le righe della vita. 

Valga questo episodio a far comprendere il cuore fanciullo che aveva ricevuto da Dio: 

“A s. Maria della Porziuncola portarono in dono all’uomo di Dio una pecora, che egli accettò con gratitudine, perché amava l’innocenza e la semplicità che, per sua natura, la pecora dimostra.

L’uomo di Dio ammoniva la pecorella a lodare Dio e a non infastidire assolutamente i frati. La pecora, a sua volta, quasi sentisse la pietà dell’uomo di Dio, metteva in pratica i suoi ammaestramenti con grande cura.

Quando sentiva i frati cantare in coro, entrava anche lei in chiesa e, senza bisogno di maestro, piegava le ginocchia, emettendo teneri belati davanti all’altare della Vergine, Madre dell’Agnello, come se fosse impaziente di salutarla” (FF 1148). Divenendo bambino nel cuore, Francesco accoglieva in semplicità il Regno che veniva a lui, attestando nella vita concreta l’infanzia dello Spirito che lo informava.

Commuove la piccolezza di Francesco, cornice della sua vita evangelica.

"Non aveva rossore di chiedere le cose piccole a quelli più piccoli di lui; lui, vero minore, che aveva imparato dal Maestro supremo le cose grandi.

Era solito ricercare con singolare zelo la via e il modo per servire più perfettamente Dio, come a Lui meglio piace.

Questa fu la sua filosofia suprema,  questo il suo supremo desiderio, finché visse: chiedere ai sapienti e ai semplici, ai perfetti e agli imperfetti, ai giovani e agli anziani qual era il modo in cui più virtuosamente poteva giungere al vertice della perfezione" (Fonti 1205 - Leggenda maggiore).

Francesco amava con un cuore di fanciullo e così insegnò ai suoi frati e alle povere Dame di S. Damiano, sorelle virtuose nel cammino di fede, fra le quali Chiara rifulse per la sua umiltà e trasparenza.

Questa giovane donna diede testimonianza di luce; fu stella del mattino nel farsi bambina al servizio di Dio, sulle orme di Cristo, sull’esempio del beato padre Francesco, vero amante e imitatore di Lui.

 

 

27.a Domenica (B). Mc 10,2-16

Venerdì, 20 Settembre 2024 22:47

Inno di lode al Padre per la piccolezza

Il Vangelo oggi considerato è un inno di lode a Dio Padre da parte di Gesù, nella dimensione della debolezza e vulnerabilità dei piccoli.

Egli aveva sperimentato la delusione dei “grandi”, sospettosi dinanzi ai suoi prodigi.

Invece di chiedere aiuto al Padre, quale Figlio lo loda nei momenti bui.

Guardando il nostro Poverello, tutto questo lo ritroviamo in modo evidente.

Basso di statura, umile di spirito e minore di professione, Francesco d’Assisi fece della piccolezza la sua cifra esistenziale e spirituale - ed altrettanto insegnò ai suoi frati.

Essere umile e minimo nella sequela del Signore era il tratto essenziale del frate - appunto minore - che volesse vivere in comunione alla Porziuncola.

Rivolgendosi ai grandi e sapienti di questo mondo, il Santo trovò resistenza a far comprendere la sua proposta di povertà ed essenzialità di vita.

Spesso gli rispondevano:

“La povertà che vai cercando, resti per sempre a te, e ai tuoi figli, e alla tua discendenza dopo di te” (cf. FF 1964).

Nelle Fonti troviamo ancora che “il beato Francesco, udite queste parole, si meravigliava in cuor suo e rendeva grazie a Dio, dicendo:

«Sii Benedetto, Signore Iddio, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli!

Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te!

O Signore, Padre e padrone della mia vita, non abbandonarmi nella loro adunanza, né lasciarmi cadere in quella vergogna, ma per la tua grazia concedimi di trovare quello che cerco, perché io sono tuo servo e Figlio della tua ancella»" (FF 1965).

Inoltre va ricordato che “Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi frati una piccola porzione di mondo […] e furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra […]

Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.

Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su solido fondamento, la loro nobile costruzione.

Il Santo amò questo luogo più di ogni altro, e comandò ai frati di venerarlo con particolare devozione.

Volle che fosse sempre custodito come specchio dell'Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l'uso” (FF 604).

Dunque la piccolezza era eloquente cifra del suo essere figlio di Dio.

Proprio da tale posizione di nascondimento, nei periodi difficili e oscuri del suo itinerario di fede, Francesco ha innalzato a Dio Padre la lode per quanto operava:

«Altissimu, onnipotente, bon Signore,

Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione […]

Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature […]» (FF 263).

Francesco ha composto tale capolavoro nel momento più crudo e sofferente della sua vita, malato e nell’oscurità.

Eppure, innalzando a Dio un autentico inno di lode.

Come Gesù, che nel momento della solitudine e dell’apparente sconfitta, del fallimento, ha sollevato la sua voce al Padre - per benedirlo e lodarlo.

Il vicolo cieco e il buio divennero fonte d’ispirazione, e di un rapporto più profondo con il Signore; coniugato con quella piccolezza vulnerabile, affidata al Padre per il suo Regno.

 

 

Sabato 26.a sett. T.O. (Lc 10,17-24)

Pagina 6 di 9
Jesus has forever interrupted the succession of ferocious empires. He turned the values ​​upside down. And he proposes the singular work - truly priestly - of the journey of Faith: the invitation to question oneself. At the end of his earthly life, the Lord is Silent, because he waits for everyone to pronounce, and choose
Gesù ha interrotto per sempre il susseguirsi degli imperi feroci. Ha capovolto i valori. E propone l’opera singolare - davvero sacerdotale - del cammino di Fede: l’invito a interrogarsi. Al termine della sua vicenda terrena il Signore è Silenzioso, perché attende che ciascuno si pronunci, e scelga
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)

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