Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Il Povero d’Assisi stimava il matrimonio nella vita cristiana come luogo di testimonianza dell’amore fontale di Dio per l’uomo e la donna, sapendo accogliere e attendere in ogni situazione i tempi di Dio.
Nelle Fonti è narrato che, una volta, si recò da lui una nobildonna per chiedere al Santo il rimedio verso un marito molto cattivo, che la osteggiava nel servizio di Cristo.
“Dopo averla ascoltata, le disse: «Va’ in pace e sta’ sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri».
E aggiunse: «Gli dirai da parte di Dio e mia che ora è tempo di misericordia, poi, di giustizia».
Ricevuta la benedizione, la donna ritorna, trova il marito e gli riferisce quelle parole.
Scende sopra di lui lo Spirito Santo che, trasformandolo in un uomo nuovo, così lo induce a rispondere con tutta mansuetudine: «Signora mettiamoci a servire il Signore e salviamo l’anima nostra».
Dietro esortazione della santa moglie, condussero una vita da celibi per parecchi anni, finché ambedue nello stesso giorno tornarono al Signore” (FF 1193 - Leggenda maggiore).
Ma per chi, come Francesco e Chiara d’Assisi, segue la propria chiamata a farsi discepolo/a in povertà al seguito di Cristo [eunuchi per il Regno di Dio] la vita si svolge diversamente.
Leggiamo a riguardo di S. Chiara:
“Quando dunque cominciò ad avvertire i primi stimoli del santo amore, ritenne spregevole il perituro e falso fiore della mondanità, istruita dall’unzione dello Spirito Santo ad attribuire scarso valore alle cose che ne hanno poco.
E infatti sotto le vesti preziose e morbide portava nascostamente un piccolo cilicio, apparendo al di fuori adorna per il mondo, ma rivestendosi interiormente di Cristo.
Infine, volendola i suoi accasare nobilmente, non acconsentì in alcun modo: ma, fingendo di voler rimandare a più tardi le nozze terrene, affidava al Signore la sua verginità” (FF 3160).
Venerdì 10.a sett. T.O. (Mt 5,27-32)
Gesù mette in guardia dalla spietata giustizia farisaica, spronando al rispetto di ogni fratello e alla riconciliazione, sapore della vita di figli.
Francesco fu un grande maestro spirituale, quasi senza accorgersene.
Era convinto, per Grazia, che la giustizia va sempre a braccetto con la misericordia.
Una giustizia lontana dal rigidismo legalista, desiderosa di esprimersi nel compimento della volontà di Dio, nel rispetto del fratello sempre.
Nel periodo in cui era molto malato, Francesco seppe che il vescovo d’Assisi aveva scomunicato il podestà della città e che questi aveva messo in piedi rappresaglie varie contro il medesimo.
Malato com’era fu preso da pietà per loro, preoccupato che nessuno s’interessasse a ristabilire tra i due la concordia e la Pace.
Allora parlò ai suoi frati.
Troviamo nelle Fonti: ”Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l’un l’altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace”.
Compose allora una strofa da aggiungere alle Laudi (oggi conosciute come Cantico delle creature).
“…LAUDATO SI, MI SEGNORE/
PER QUILLI KE PERDONANO PER LO TUO AMORE/
E SUSTENGU ENFIRMITATE ET TRIBULACIONE/
BEATI QUILGLI KEL SOSTERRANNO IN PACE,/
KA DA TE, ALTISSIMO, SIRANO CORONATI.”
Questa strofa fu fatta cantare da Francesco ai suoi frati sullo spiazzo dell’episcopio, alla presenza delle due parti in causa e di altre persone.
Così Francesco favorì santamente la loro riconciliazione e il vescovo prese fra le braccia il podestà dicendo: ”Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all’ira. Ti prego di perdonarmi“.
E così i due si abbracciarono e baciarono cordialmente.
Il Signore, tramite Francesco, aveva toccato il cuore dei due avversari che, senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera concordia. (cf. FF 1593)
Giustizia e Misericordia da cercare, da chiedere a Dio innanzitutto nella preghiera e nel silenzio, poiché un cuore nuovo è dono del Signore, di un esodo continuo.
Nella Regola degli eremi, scritta da Francesco, infatti, leggiamo:
«E questi [i frati] abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire […] e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giustizia» (FF 137).
Nelle stesse Lodi di Dio Altissimo, Francesco evidenzia che Dio è giustizia:
«[…] Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza,
Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza» (FF 261).
Il Poverello, sapendo che il Signore-Giustizia chiamava ad averne una più grande di quella di maniera, s’impegnò a fondo per il Regno dei cieli e cercò di insegnare ai suoi frati a fare altrettanto.
Mai dimenticò che la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio dinanzi a Dio.
«Vi dico infatti che se la vostra giustizia non abbonderà di più [quella] degli scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20)
Giovedì 10.a sett. T.O. (Mt 5,20-26)
Nel brano di Vangelo oggi proposto, Gesù parla dell’essere venuto per dare pieno compimento alla Legge.
Quindi non demolire o trasgredire la Parola, ma osservarla amando. L’amore è il vero compimento della Legge del Signore, che è perfetta e rinfranca l’anima.
Francesco lo aveva ben compreso vivendo e insegnando alla sua fraternità a fare altrettanto.
Le Fonti forniscono, attraverso vari tasselli, preziosi esempi di vita. Nella Lettera ai reggitori dei popoli:
«Vi supplico […] con tutta la riverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e saranno dimenticati da lui» (FF 211).
Al tempo stesso il Poverello, con quell’equilibrio ed elasticità che lo contraddistingueva, sottolinea:
«E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti […] Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie così come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge» (FF 33).
Secondo il pensiero di Francesco, ciò che danneggia l’amore è la detrazione. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:
"Il vizio della detrazione, nemico radicale della pietà e della grazia, lo aveva in orrore come il morso del serpente e come la più dannosa pestilenza […]
«La cattiveria dei detrattori - diceva - è tanto maggiore di quella dei ladri, quanto maggiore è la forza con cui la legge di Cristo, che trova il suo compimento nell’amore, ci obbliga a bramare la salvezza delle anime più di quella dei corpi»" (FF 1141).
Chiara stessa, nella Regola avverte:
«Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione» (FF 2809).
«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).
L’Amore era la Regola dei frati e delle Povere Dame di San Damiano: «[…] e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo. Amen.» (FF 2918 - Lettera a Ermentrude di Bruges).
«Non crediate che io sia venuto ad abbattere la Legge o i Profeti; non sono venuto a demolire, ma a dare compimento» (Mt 5,17)
Mercoledì 10.a sett. T.O. (Mt 5,17-19)
Nel Vangelo odierno Gesù parla della testimonianza da dare con la vita, per essere sale e luce per tutti.
Francesco, nel suo percorso di fede, si studiò di piacere a Dio con un’esistenza sapida e un vivere luminoso, irrigato dalla Grazia.
La stessa Chiara, sempre unita allo Sposo Gesù, fu profeticamente eletta per essere quanto il suo stesso nome significava: luce, chiarore per il mondo.
Nelle Fonti la loro testimonianza rifulge.
Nella Lettera di frate Elia, scritta subito dopo la morte di Francesco, è evidente l’esperienza dei frati fatta accanto al loro padre e il profumo di vita respirato.
"Veramente era la vera luce la presenza del fratello e padre nostro Francesco, non solo per noi che gli eravamo compagni nella medesima professione di vita, ma anche per quelli che erano lontani.
Era, infatti, una luce suscitata dalla luce vera, quella che illumina quanti erano nelle tenebre e sedevano nell’ombra della morte, per dirigere i loro passi sulla via della pace.
Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana.
La luce che veniva dall’alto illuminava il suo cuore e riscaldava la volontà di lui col fuoco del suo amore" (FF 307).
Questa l’esperienza di chi lo conobbe da vicino.
Ma Chiara stessa, nell’epistolario compilato per il meraviglioso dialogo con Agnese di Boemia, offre dei passi che sono la misura del suo cuore e della sua vita-luce.
Nella quarta lettera leggiamo:
«E poiché questa visione di lui è splendore dell’eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà, e sii parimenti adorna con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a te, figlia e sposa carissima del sommo Re» (FF 2902).
La purezza in Francesco e Chiara aveva raggiunto livelli tali da far sì che tutta la macchina del mondo, come dice San Bonaventura, si era messa al servizio dei sensi santificati di queste due splendide figure.
Tutto nella loro povera e semplice esistenza diveniva testimonianza chiara e di spessore, a lode di Dio.
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre belle opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16)
Martedì della 10.a sett. T.O. (Mt 5,13-16)
Nel brano dell’odierna liturgia viene messa in evidenza la figura di Maria ai piedi della croce, quale Madre di tutti i credenti - e il sangue e acqua fuoriusciti dal costato di Cristo, colpito dalla lancia [che nutre un’ampia simbologia].
Francesco e Chiara ebbero sempre grande predilezione per Maria, considerata loro madre, e di tutte le anime.
C’è una preghiera di Francesco che inizia così:
«Ave, Signora, Santa regina, /santa Madre di Dio, Maria, /che sei vergine fatta Chiesa» (FF 259 - Saluto alla Beata Vergine Maria).
Chiara, quando lasciò la vita mondana per seguire Gesù sulle orme di Francesco, fu accolta a Santa Maria della Porziuncola, luogo appunto dedicato a Maria, la Madre di Cristo.
Nella Leggenda leggiamo:
"Abbandonati […] casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, accolsero la vergine Chiara con torce accese" (FF 3170).
"Né sarebbe stato giusto che, alla sera dei tempi, germogliasse altrove l’Ordine della fiorente verginità, se non lì, nel tempio di colei che, prima fra tutte e di tutte la più degna, unica fu madre e vergine.
Questo è quel famoso luogo nel quale ebbe inizio la nuova schiera dei poveri, guidata da Francesco: così che appare chiaramente che fu la Madre della misericordia a partorire nella sua dimora l’uno e l’altro Ordine" (FF 3171).
Ma Francesco e Chiara d’Assisi avevano sempre dinanzi agli occhi la Passione di Gesù, e quel gesto compiuto da un soldato, mentre il Figlio di Dio pendeva dalla croce, di colpirgli il costato con una lancia; e il prezzo pagato con il suo sangue per riscattare le anime.
Nella Leggenda maggiore notiamo un passo che dà la misura di quanto detto:
"La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandosi con tutte le creature, lo riportava allo stato d’innocenza primitiva.
Per essa sentiva grandissima attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera, che ogni giorno le partoriva, come una madre, in Cristo" (FF 1134).
Nella Lettera a tutto l’Ordine, Francesco scrive:
«Scongiuro tutti voi, fratelli […] che prestiate per quanto potete, tutta la riverenza e tutto l’onore al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente» (FF 217).
La Madre e suo Figlio Gesù occupavano tutta la vita dei due Poveri, guidandoli in ogni opera.
«Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26).
«ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la sua lancia, e uscì subito sangue e acqua» (Gv 19,34).
[Lunedì dopo Pentecoste: B.V. Maria Madre della Chiesa (Gv 19,25-34)]
Il Vangelo della solennità di Pentecoste evidenzia, attraverso Gesù, l’invio dello Spirito Santo: «che il Padre manderà nel mio nome» (Gv 14,26), dice il Signore.
Francesco d’Assisi visse e servì all’insegna dello Spirito Santo, considerato Ministro Generale dell’Ordine.
Era, infatti, frequentemente visitato da Lui, che lo guidava interiormente.
Nella Vita seconda del Celano ci viene donato un passo molto interessante:
"Non è giusto tralasciare il ricordo dell’edificio spirituale, molto più nobile di quello materiale, che il Padre, dopo la riparazione della chiesa*, innalzò in quel luogo sotto la guida dello Spirito Santo, per accrescere la città celeste.
E non si può credere che Cristo gli abbia parlato dal legno della Croce in un modo così stupendo da incutere timore e dolore in chi ne sente parlare, solo per riparare un’opera cadente, destinata a perire.
Ma, come un tempo aveva predetto lo Spirito Santo, lì doveva sorgere un Ordine di sante vergini, destinato ad essere trasferito a suo tempo, come massa scelta di pietre vive, per restaurare la casa celeste.
Veramente, dopo che le vergini di Cristo cominciarono a raccogliersi in quel luogo, provenendo da varie parti del mondo e vi fecero professione di somma perfezione, osservando una povertà altissima, nello splendore di ogni virtù, il Padre sottrasse loro a poco a poco la sua presenza fisica. Tuttavia intensificò la sua premura amandole ancor più nello Spirito Santo.
Infatti, quando il Padre, dalle numerose prove di altissima perfezione che avevano date, le conobbe pronte a sostenere per Cristo ogni danno terreno ed ogni sacrificio […] promise fermamente a loro ed alle altre […] che avrebbe dato il suo aiuto e consiglio e quello dei suoi frati in perpetuo.
Finché visse, mantenne sempre scrupolosamente queste promesse e, prossimo a morire, comandò con premura che si continuasse sempre: perché, diceva, un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e quelle donne poverelle da questo mondo malvagio" (FF 793).
Sull’Ordine piovve sempre, specie durante tutta la vita di Francesco e Chiara, una continua Pentecoste, un effluvio dello Spirito che oltrepassava le mura e si diffondeva ovunque.
Nella Forma di vita, scritta da Francesco per le sorelle damianite (conservata nella stessa Regola di Chiara) leggiamo:
«Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale» (FF 139).
Francesco e Chiara e le loro fraternità vissero contemplando e accogliendo il Soffio dello Spirito, loro Maestro e Amico.
* Si allude alla chiesa di San Damiano.
Domenica di Pentecoste C (Gv 14,15-16.23b-26)
Gesù chiede a Pietro di seguirlo [«Me, Segui» Gv 21,22] anziché preoccuparsi del futuro del discepolo amato.
La sequela è un tema fortemente sentito da Francesco - in prima persona, per i suoi frati, e non solo.
In realtà fondò ben tre Ordini, per il suo straordinario desiderio di seguire e far seguire le orme di Cristo; religiosi o laici, tanto che, infervorato, ripeteva:
«Voglio mandarvi tutti in Paradiso».
Le Fonti, strumento di viaggio nell’itinere francescano, donano passi interessanti in merito.
"Alcuni incominciarono a sentirsi invitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui, nell’abito e nella vita, lasciando ogni cosa.
Il primo di loro fu il «venerabile Bernardo», che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e nella santità.
Bernardo dopo aver constatato di persona la santità del servo di Cristo, decise di seguire il suo esempio, abbandonando completamente il mondo. Perciò si rivolse a lui, per sapere come realizzare questo proposito" (FF 1053).
Le folle seguivano Gesù, ma pure tante anime andavano dietro al discepolo povero di Assisi.
Infatti, nei Fioretti, viene narrato un episodio in cui frate Masseo, volendo provare l’umiltà del santo, chiese a Francesco perché tutto il mondo gli andasse dietro. Il Poverello esordì così:
"[…] Santo Francesco risponde:
«Che è quello che tu vuoi dire?».
Disse frate Masseo:
«Dico, perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti? Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile; onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro?».
Udendo questo santo Francesco, tutto rallegrato in ispirito, rizzando la faccia al cielo, per grande spazio istette colla mente levata in Dio; e poi ritornando in sé, s’inginocchiò e rendette laude e grazia a Dio; e poi con grande fervore di spirito si rivolse a frate Masseo e disse:
«Vuoi sapere perché a me tutto ‘l mondo mi venga dietro? […] quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me […] e però a fare quell’operazione meravigliosa, la quale egli intende fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra; e perciò ha eletto me per confondere la nobiltà e la grandigia e la fortezza e bellezza e sapienza del mondo, acciò che si conosca ch’ogni virtù e ogni bene è da lui» (FF 1838).
E nel Testamento spirituale di Chiara leggiamo:
«Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate» (FF 2823).
Tutto il resto, nella vita di Chiara come in quella di Francesco, non è che la risposta dello Spirito, che guida entrambi nella stessa via, sulle orme di Cristo, meravigliando.
Sabato della 7.a sett. di Pasqua (Gv 21,20-25)
Il capitolo ventuno di Giovanni, nella sua parte conclusiva, mette sulle labbra di Gesù il ripetuto verbo «pascere» dopo la domanda fatta a Pietro: «mi ami?» (Gv 21,15.16); «mi vuoi bene?» (Gv 21,17).
L’essere pastore e il pascere le pecore del gregge era stato per Francesco l’opera principale del suo singolare cammino.
Questa solerte chiamata costituì sempre per Francesco il fondamentale motivo del suo vivere.
Nelle Fonti ci sono brani che ben illustrano tale vocazione.
Nella Leggenda maggiore in particolare:
"Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quella severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa di digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato com’era dalla fame.
Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po’ di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l’altro a mangiare.
Il frate scacciò la vergogna e prese cibo con grandissima gioia, giacché, con la sua vigilanza e la sua accondiscendenza, il Padre gli aveva evitato il danno del corpo e gli aveva offerto motivo di grande edificazione.
Al mattino, l’uomo di Dio radunò i frati e, riferendosi a quanto era successo quella notte, aggiunse questo provvido ammonimento:
«A voi, fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità».
Li ammaestrò, poi, a seguire sempre nella corsa alla virtù, la discrezione che ne è l’auriga; non la discrezione consigliata dalla sapienza umana, ma quella insegnata da Cristo con la sua vita santissima, che certamente è il modello dichiarato della perfezione" (FF 1095).
Francesco fu un pastore dal raffinato intuito, pronto ad educare con l’amore e il rispetto dell’altro, iniziando dai più piccoli.
Venerdì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 21,15-19)
Nella parte conclusiva del capitolo diciassette di Giovanni, Gesù più volte torna sul tema dell’unità, chiedendo al Padre per i suoi che «tutti siano Uno» (Gv 17,21).
Francesco aveva sempre tenuto in gran conto il valore miliare dell’unità, della concordia sia con i suoi frati che con i concittadini.
C’è un brano nelle Fonti, nella Vita seconda del Celano, che evidenzia come il Poverello, mentre predica agli abitanti di Perugia, predice la guerra civile e loda la concordia.
"Alcuni giorni dopo il Padre scese dalla cella suddetta e rivolto ai frati presenti disse con voce di pianto:
«I Perugini hanno arrecato molto danno ai loro vicini* ed il loro cuore si è insuperbito, ma per loro ignominia. Perché si avvicina la vendetta di Dio e questi ha già in pugno la spada».
Attese alcuni giorni, poi in fervore di spirito, si diresse verso Perugia.
I frati poterono dedurre con tutta sicurezza che aveva avuto in cella una visione.
Giunto a Perugia, cominciò a parlare al popolo che si era dato convegno.
E poiché i cavalieri impedivano l’ascolto della Parola di Dio, giostrando, secondo l’uso ed esibendosi in spettacoli d’arme, il Santo, molto addolorato, li apostrofò:
«O uomini miseri e stolti, che non riflettete e non temete la punizione di Dio!
Ma ascoltate che cosa il Signore vi annunzia per mezzo di questo poverello.
Il Signore vi ha innalzato al di sopra di quanti abitano attorno, e per questo dovreste essere più benevoli verso il prossimo e più riconoscenti a Dio.
E invece, ingrati per tanto beneficio, assalite con le armi in pugno i vicini, li uccidete e li saccheggiate.
Ebbene, vi dico:
non la passerete liscia! Il Signore a vostra maggiore punizione vi porterà a rovina con una guerra fratricida, che vedrà sollevarsi gli uni contro gli altri.
Sarete istruiti dallo sdegno, giacché nulla avete imparato dalla benevolenza».
Poco tempo dopo scoppiò la contesa* : si impugnarono le armi contro i vicini di casa, i popolani infieriscono contro i cavalieri e questi, a loro volta, contro il popolo:
furono tali l’atrocità e la strage, che ne provarono compassione anche i confinanti, che pure erano stati danneggiati.
Castigo ben meritato! Si erano allontanati da Dio Uno e Sommo: era inevitabile che neppure tra loro rimanesse l’unità.
Non vi può essere per uno Stato un legame più forte di un amore convinto a Dio, unito a una fede sincera e senza ipocrisie" (FF 622).
E nel Cantico delle creature ecco un’espressione molto significativa, che ben si lega a quanto detto:
«beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, / ka la morte seconda no ‘L farrà male» (FF 263).
Francesco si adoperò concretamente perché l’Unità, per cui Cristo era morto sulla croce, dimorasse tra i suoi figli e non solo.
* Si combattè tra Assisi e Perugia in diverse riprese dal 1202 al 1209.
Francesco sembra qui accennare alla sua prigionia.
* La lotta civile riarse più volte: nel 1214, nel 1217 e infine nel 1223-1225, e terminò con l’esilio dei nobili.
Giovedì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,20-26)
The disciples, already know how to pray by reciting the formulas of the Jewish tradition, but they too wish to experience the same “quality” of Jesus’ prayer (Pope Francis)
I discepoli, sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa “qualità” della preghiera di Gesù (Papa Francesco)
Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them (“Commentary on Matthew”, 65, 4: PG 58, 619-622) [Pope Benedict]
San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622) [Papa Benedetto]
St John Chrysostom explained: “And this he [Jesus] says to draw them unto him, and to provoke them and to signify that if they would covert he would heal them” (cf. Homily on the Gospel of Matthew, 45, 1-2). Basically, God's true “Parable” is Jesus himself, his Person who, in the sign of humanity, hides and at the same time reveals his divinity. In this manner God does not force us to believe in him but attracts us to him with the truth and goodness of his incarnate Son [Pope Benedict]
Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà” (Comm. al Vang. di Matt., 45,1-2). In fondo, la vera “Parabola” di Dio è Gesù stesso, la sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità. In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del suo Figlio incarnato [Papa Benedetto]
This belonging to each other and to him is not some ideal, imaginary, symbolic relationship, but – I would almost want to say – a biological, life-transmitting state of belonging to Jesus Christ (Pope Benedict)
Questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale (Papa Benedetto)
She is finally called by her name: “Mary!” (v. 16). How nice it is to think that the first apparition of the Risen One — according to the Gospels — took place in such a personal way! [Pope Francis]
Viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16). Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i Vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! [Papa Francesco]
Jesus invites us to discern the words and deeds which bear witness to the imminent coming of the Father’s kingdom. Indeed, he indicates and concentrates all the signs in the enigmatic “sign of Jonah”. By doing so, he overturns the worldly logic aimed at seeking signs that would confirm the human desire for self-affirmation and power (Pope John Paul II)
Gesù invita al discernimento in rapporto alle parole ed opere, che testimoniano l'imminente avvento del Regno del Padre. Anzi, Egli indirizza e concentra tutti i segni nell'enigmatico "segno di Giona". E con ciò rovescia la logica mondana tesa a cercare segni che confermino il desiderio di autoaffermazione e di potenza dell'uomo (Papa Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
don Giuseppe Nespeca
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