Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Il Vangelo odierno ci presenta la nascita di Giovanni, il profeta di Cristo, e lo stupore degli astanti:
«Che sarà mai questo bambino? E davvero la mano del Signore era con lui» (Lc 1,66).
Nella vita di Francesco, fin dalla nascita, si manifestò su di lui e sulla madre Monna Pica un segno visibile della predilezione di Dio.
Le Fonti evidenziano con chiarezza tutto questo:
“Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.
Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ella ripeteva quasi divinamente ispirata:
«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».
In realtà, era questa l’opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco già grandicello per alcune sue inclinazioni molto buone.
Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori.
Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio.
Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata” (FF 583).
Feria propria del 23 dicembre (Lc 1,57-66)
Parafrasando un passo del Testamento spirituale di Chiara d’Assisi e guardando Maria che magnifica il Signore, potremmo dire:
«La Figlia di Sion si è fatta nostra via, e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di lei» (FF 2824).
Perché è ormai chiaro che il Poverello vedeva in Maria la vita che si fa Cantico incessante a Colui che l’aveva scelta nella missione redentiva da assolvere col Figlio suo.
Francesco riconosce in lei l’Impronta di Dio, e come Maria magnifica il Signore ed esulta in Dio suo Salvatore «perché ha guardato l’umiltà della sua serva».
Così Francesco, nel suo Cantico delle creature, restituisce a Dio la lode che Gli spetta per i benefici da Lui ricevuti, riconoscendo la sua nullità.
Altresì invita a fare, nella «Esortazione alla lode di Dio» (lode di Dio nel luogo dell’Eremita).
Interessante è sapere che suddette lodi si trovavano come antipendio dell’altare nella cappella di S. Francesco nel luogo dell’Eremita, nella cappella piccola.
Queste lodi sono state constate dagli stessi compagni del Poverello e scritte su detta tavola nella parete sinistra, presso l’altare - e si racconta che Francesco le scrisse qui di propria mano:
«Voi tutti che temete il Signore, lodatelo./ Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te…./ Ogni vivente dia lode al Signore…/ Lodate il Signore perché è buono/ Lodate il Signore o creature tutte…/ Sia benedetta la santa Trinità/ e l’indivisibile Unità…» (FF 265/a).
E nel celebre Cantico, come Maria, innalza la sua Lode al Creatore e Signore e Salvatore:
«Altissimu, onnipotente, bon Signore,/
Tue so’ le laude, la Gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo se konfane...» (FF 263).
«L’anima mia magnifica il Signore/ e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore,/ perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48)
Feria propria del 22 dicembre (Lc 1,46-55)
La nascita di Gesù annunciata a Giuseppe nel Vangelo di S. Matteo evidenzia non solo la profezia di Isaia ma pure l’obbedienza di Giuseppe al progetto di Dio.
Come ci narra l’operetta contenuta nelle Fonti: «Sacrum Commercium», Francesco, uomo giusto e timorato, sposa Madonna Povertà, con reciproco scambio di doni e promesse, con impegno d’amore e di fedeltà riassunte da una parola: «Alleanza».
Leggiamo:
«Così innamorato della tua bellezza, il Figlio dell’Altissimo Padre a te sola si unì strettamente nel mondo e ti conobbe per prova fedelissima in ogni cosa.
Prima ancora che dallo splendore della sua patria Egli venisse sulla terra, tu gli preparasti un’abitazione degna, un trono su cui assidersi e un talamo dove riposare, cioè la Vergine poverissima, dalla quale Egli nacque a risplendere su questo mondo.
A lui appena nato con sollecitudine corresti incontro, perché egli trovasse in te, e non nelle mollezze, un posto che gli fosse gradito.
Fu deposto, dice l’evangelista, in una mangiatoia, perché non c’era posto per lui nell’albergo.
Allo stesso modo, senza mai separarti da lui, l’hai sempre accompagnato, tanto che in tutta la sua vita, quando apparve sulla terra e visse fra gli uomini, mentre le volpi avevano le loro tane e gli uccelli del Cielo il loro nido, egli però non aveva dove posare il capo.
E in seguito quando egli, che un tempo aveva dischiuso la bocca dei profeti, aprì la sua bocca per insegnare, te per prima volle lodare, te per prima esaltò con le parole: beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (FF 1977).
Gli fa eco Chiara d’Assisi, che in una delle sue lettere alla figlia spirituale, scrive:
«Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini - che erano poverissimi e indigenti, affamati per l’eccessiva penuria del nutrimento celeste -, divenissero in Lui ricchi col possesso dei reami celesti, esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letizia» (FF 2865).
Domenica 4.a di Avvento (A) (Mt 1,18-24)
Il Vangelo di oggi volge lo sguardo su Maria di Nazareth e ci regala l’espressione principe dell’Annunciazione:
«Non temere, Maria, perché hai trovato Grazia presso Dio» (Lc 1,30).
Francesco si faceva giullare di Dio, ma per come l’ha amata, potremmo aggiungere: “giullare della santa Vergine”. Egli vede nel favore divino riversato da Dio su Maria il dono per eccellenza del Datore di ogni bene.
Chiara stessa, nel suo Testamento spirituale, rivolta alle sue figlie, dice:
«Per mezzo di queste virtù, e non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e Grazia del Donatore, lo stesso Padre delle misericordie, effondano sempre il profumo della loro buona fama su quelle che sono lontane, come su quelle che sono vicine» (FF 2846).
Mettendo così in evidenza come nemica della Grazia sia la detrazione, che Maria mai conobbe.
La Grazia fu compagna di viaggio di Francesco e Chiara d’Assisi.
Stupende espressioni, nel merito, le troviamo nella seconda lettera rivolta da Chiara ad Agnese di Praga. In vari passaggi, ben richiamano la bellezza di Maria di Nazareth:
«Rendo grazie all’Autore della grazia, dal quale, come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto, perché ti ha adornata di tanti riconoscimenti di virtù e ti ha illustrata con le insegne di così alta perfezione che, fatta diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione, meriti di divenire a tua volta perfetta, talmente che i suoi occhi non trovino in te nessun segno di imperfezione» (FF 2872).
Chiara, ‘àltera Maria’, senza volerlo trasmette ad Agnese in queste poche righe ciò che lei vive per Grazia, offrendo la testimonianza del profumo mariano di ancella spalancata al Dono.
E Francesco, d’altro canto, nel suo cammino di conversione aveva così ben compreso gli effetti benefici della Grazia, da mettere in atto la stessa gratuità ricevuta nei confronti dei suoi frati, specie verso chi mostrava di averne più bisogno.
Le Fonti, infatti, narrano di un frate che in cuor suo rimuginava che potesse considerarsi degno della Grazia del cielo colui che il Santo trattasse con familiarità.
Al che Francesco, illuminato dallo Spirito si rivolse a questo frate dicendo:
«Non ti turbi alcun pensiero, o figlio, perché io ti ritengo il più caro tra tutti quelli che mi sono particolarmente cari e volentieri ti faccio dono della mia familiarità e del mio amore».
Il frate ne fu meravigliato e, divenuto da allora ancor più devoto, non solo crebbe nell’amore verso il Santo, ma per opera e Grazia dello Spirito Santo si arricchì di doni sempre maggiori (FF 1196).
Feria propria del 20 dicembre (Lc 1,26-38)
Il brano lucano considerato in questa feria d’Avvento è l’annuncio dell’angelo Gabriele al sacerdote Zaccaria che officiava nel tempio: nonostante l’avanzata età di entrambi i coniugi, essi avrebbero avuto un figlio di nome Giovanni.
Ma la mancata fede di lui lo rese muto fino al giorno del compimento di tale evento, che riscattava pure sua moglie Elisabetta dall’infamia del tempo per la sua sterilità.
Come novello Giovanni, Francesco fu dato al mondo per annunciare la salvezza, per portare a tutti la lieta Novella.
Sua madre, Monna Pica, di spiccata interiorità e apertura al nuovo, intuì subito che quel suo figlio sarebbe stato grande davanti al Signore.
Nelle Fonti francescane la sua nascita è presentata come un nuovo inizio di cristicità, diffusa tra le pieghe della vita.
In esse leggiamo: “Il servo e amico dell’Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall’acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d’ira era divenuto figlio della grazia*.
Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.
Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata:
«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».
[…] Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio.
Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi” (FF 583).
Francesco mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova Grazia: annunciare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità.
E siccome per il Poverello la voce del più piccolo aveva lo stesso peso della voce del grande, anzi è privilegiata, nello Spirito, per quella priorità data ai piccoli dal Vangelo, il Signore lo prese in parola per quel suo farsi Minimo in tutto e fra tutti.
«Spesso il Signore manifesta ciò che é meglio al più piccolo» (Reg. c. IV. 18).
«E molti gioiranno per la sua nascita, perché sarà grande dinanzi al Signore» (Lc 1,14b-15a)
* Francesco fu battezzato nella chiesa di Santa Maria del Vescovado. Il battistero più tardi fu trasferito nel duomo di San Rufino, dove si trova tuttora.
Feria propria del 19 dicembre (Lc 1,5-25)
La nascita di Gesù narrata dal Vangelo di Matteo evidenzia non solo la profezia di Isaia ma pure l’obbedienza di Giuseppe al progetto di Dio.
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa […]» (Mt 1,20).
Come ci narra l’operetta contenuta nelle Fonti: «Sacrum Commercium», Francesco, uomo giusto e timorato, sposa Madonna Povertà, con reciproco scambio di doni e promesse, con impegno d’amore e di fedeltà riassunte da una parola: «Alleanza».
Leggiamo:
«Così innamorato della tua bellezza, il Figlio dell’Altissimo Padre a te sola si unì strettamente nel mondo e ti conobbe per prova fedelissima in ogni cosa.
Prima ancora che dallo splendore della sua patria Egli venisse sulla terra, tu gli preparasti un’abitazione degna, un trono su cui assidersi e un talamo dove riposare, cioè la Vergine poverissima, dalla quale Egli nacque a risplendere su questo mondo.
A lui appena nato con sollecitudine corresti incontro, perché egli trovasse in te, e non nelle mollezze, un posto che gli fosse gradito.
Fu deposto, dice l’evangelista, in una mangiatoia, perché non c’era posto per lui nell’albergo.
Allo stesso modo, senza mai separarti da lui, l’hai sempre accompagnato, tanto che in tutta la sua vita, quando apparve sulla terra e visse fra gli uomini, mentre le volpi avevano le loro tane e gli uccelli del Cielo il loro nido, egli però non aveva dove posare il capo.
E in seguito quando egli, che un tempo aveva dischiuso la bocca dei profeti, aprì la sua bocca per insegnare, te per prima volle lodare, te per prima esaltò con le parole: beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (FF 1977).
Gli fa eco Chiara d’Assisi, che in una delle sue lettere alla figlia spirituale, scrive:
«Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini - che erano poverissimi e indigenti, affamati per l’eccessiva penuria del nutrimento celeste -, divenissero in Lui ricchi col possesso dei reami celesti, esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letizia» (FF 2865).
Feria propria del 18 dicembre (Mt 1,18-24)
Nella sua dimensione universale, Francesco non ha mai neppure mentalmente creato categorie di persone che risultassero meritevoli o meno della salvezza - per la quale Cristo si è donato in favore di tutti.
Nella genealogia di Gesù compaiono nomi anche poco raccomandabili, da un punto di vista umano, attestando la commistione di Cristo con la nostra storia, venuto a riscattare “meritevoli” e non, a farsi Uno con noi, tranne il peccato.
Francesco che reputava degno di lasciare l’abito chi avesse spogliato il fratello della buona fama, in realtà, si spoglia lui di tutto, della sua stessa nobile provenienza (figlio di un ricco mercante senza troppi scrupoli, e di Madonna Pica, francese d’oltralpe, di nobile cuore).
Si reinserisce nella storia comune, uscendo dagli incasellamenti in cui si voleva rinchiuderlo, e chiamando «Padre» Colui che è nei cieli.
Fa sua la storia umana tutta, e si rimette, in povertà, alla sequela di Cristo.
Francesco scostandosi dall’ingordigia sociale e commerciale del padre naturale, aiutato dalla rettitudine della madre, Monna Pica, si fa strumento di Dio,
Figlio di una genealogia senza principio né fine, non più limitata a quegli strati sociali animati dal tornaconto, cui voleva legarlo il legame carnale.
E nel suo albero genealogico spirituale troveremo persone d’ogni rango che, convertiti a Cristo, renderanno la discendenza di Francesco più numerosa delle stelle o della sabbia del mare.
Dalla madre aveva ereditato un cuore tenero e lungimirante, sensibile al divino.
“Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù […]
Fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.
Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ella ripeteva, quasi divinamente ispirata:
«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio» (FF 583).
E le Fonti continuano:
“Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama […]
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi” (FF 583).
Feria propria del 17 dicembre (Mt 1,1-17)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
Luke the Evangelist of the Poor celebrates the reversals of the situation: pharisee and tax collector, prodigal son and firstborn, samaritan and priest-levite, Lazarus and rich man, first and last place, Beatitudes and “woe to you”... so in the anthem of the Magnificat
Luca evangelista dei poveri celebra i ribaltamenti di situazione: fariseo e pubblicano, figlio prodigo e primogenito, samaritano e sacerdote-levita, Lazzaro e ricco epulone, primo e ultimo posto, Beatitudini e “guai”... così nell’inno del Magnificat
In these words we find the core of biblical truth about St. Joseph; they refer to that moment in his life to which the Fathers of the Church make special reference (Redemtoris Custos n.2)
In queste parole è racchiuso il nucleo centrale della verità biblica su san Giuseppe, il momento della sua esistenza a cui in particolare si riferiscono i padri della Chiesa (Redemtoris Custos n.2)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
don Giuseppe Nespeca
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