Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
In questa ottava di Natale, il primo cristiano santificatosi con la persecuzione è il giovane Stefano.
La liturgia propone nel merito un brano di Matteo.
In esso Gesù invita ad essere coraggiosi testimoni, sapendo che, condotti dinanzi ai tribunali degli uomini, lo Spirito parlerà in ogni credente votato al Vangelo.
Francesco d’Assisi sperimentò nella sua vita, rinnovata da Cristo, il pungolo della persecuzione, estesa ai suoi frati in nome della Parola vissuta alla lettera.
Nelle Fonti leggiamo:
"Gente di alta e modesta condizione li dileggiava e malmenava, fino a togliere loro di dosso i miserabili indumenti.
I servi di Dio restavano nudi poiché, secondo l’ideale evangelico, non portavano che quel solo vestito, e inoltre non chiedevano la restituzione di ciò che loro veniva portato via […]
Certuni gettavano loro addosso il fango; altri mettevano dei dadi nelle loro mani, invitandoli a giocare; altri ancora, afferrandoli da dietro per il cappuccio, se li trascinavano sospesi sul dorso.
Queste e altre cattiverie del genere venivano loro inflitte, poiché erano ritenuti degli esseri così meschini, da poterli strapazzare a piacimento.
Insieme con la fame e la sete, con il freddo e la nudità, pativano tribolazioni e sofferenze di ogni sorta.
Ma tutto sopportavano con imperturbabile pazienza, secondo l’ammonizione di Francesco, senza lasciarsi abbattere dalla tristezza o ferire dal risentimento, senza rivolgere male parole a chi li affliggeva.
Al contrario, da perfetti uomini evangelici, messi nell’occasione di realizzare grandi guadagni spirituali, esultavano nel Signore, ritenendo una felicità l’essere esposti a tali prove e durezze; e, fedeli alla Parola del Vangelo, pregavano solleciti e ferventi per i loro persecutori" (FF 1444).
Francesco come Stefano considerava la persecuzione sorella della povertà e coronamento virtuoso di una vita dedita a Dio senza risparmio.
A riguardo di essa troviamo nelle Fonti, nella Leggenda di S. Chiara, come i parenti si precipitassero al monastero per riportare a casa Agnese, sorella di Chiara, intenta a seguirla in questo nuovo cammino di fede.
"«Sbrigati a tornare subito a casa con noi!».
Ma lei risponde di non volersi separare dalla sua sorella Chiara: allora le si scaglia addosso un cavaliere d’animo crudele e, senza risparmiare pugni e calci, tenta di trascinarla via per i capelli, mentre gli altri la spingono e la sollevano a braccia.
A ciò la giovinetta grida, mentre viene strappata dalla mano del Signore, come in preda a leoni:
«Aiutami, sorella carissima, e non permettere che io sia tolta a Cristo Signore!» " (FF 3205).
Ma la preghiera potente di Chiara e la sua determinazione ebbero la meglio sui prepotenti.
"Mentre quelli si allontanavano con amarezza per l’insuccesso dell’impresa, Agnese si rialzò lieta e godendo ormai della croce di Cristo, per il quale aveva combattuto in questa prima battaglia, si consegnò per sempre al servizio divino" (FF 3206).
Chi persevera nel suo cammino evangelico sarà salvato.
«E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvato» (Mt 10,22).
Ottava di Natale. S. Stefano (Mt 10,17-22)
«Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo, oggi […] è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10).
La gioia di Francesco era talmente grande al pensiero della Nascita di Gesù che, in quel giorno, perfino gli animali dovevano ‘festeggiare’ un tale Evento:
“Francesco aveva per il Natale del Signore più devozione per qualunque altra festività dell’anno.
Invero, benché il Signore abbia operato la nostra salvezza nelle altre solennità, diceva il Santo che fu dal giorno della sua nascita che egli si impegnò a salvarci.
E voleva che a Natale ogni cristiano esultasse nel Signore e per amore di lui, il quale ha dato a noi tutto se stesso, fosse gioiosamente generoso non solo con i bisognosi, ma anche con gli animali e gli uccelli” (FF 1669).
"Al di sopra di tutte le solennità, celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato ad un seno umano.
Baciava con animo avido le immagini di quelle membra infantili, e la compassione del Bambino, riversandosi nel cuore, gli faceva anche balbettare parole di dolcezza alla maniera dei bambini" (FF 787).
Tre anni prima della sua morte, a Francesco dobbiamo la prima originale e autentica rappresentazione dal vivo del Natale del Signore, a Greccio (la notte del 25 dicembre 1223), con tanto di autorizzazione papale, e la collaborazione di un fedele e pio amico.
A questi aveva detto di procurare un piccolo bimbo “per vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza di cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno […]” (FF 468).
Le Fonti stupendamente raccontano:
“E giunse il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza!
Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi.
Arriva alla fine Francesco e vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello.
In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà.
Greccio è divenuto nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali!
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero.
La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi.
I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì di fronte al Presepio, pieno di sospiri, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile.
Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepe e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo.
Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme.
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora.
E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole […]
Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia” (FF 468 - 470).
[Natale del Signore]
«Benedetto il Signore, Dio d’Israele,/ perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68).
Francesco, dono del Cielo inviato a preparare le vie di Dio, dopo che la Provvidenza lo condusse a una completa conversione, fu trasformato dallo Spirito in Profeta per il suo tempo e oltre.
Nella Leggenda maggiore, s. Bonaventura ci offre la figura e l’esperienza originarie e originali del Povero assisano.
Come Giovanni, nato per additare l’Agnello di Dio, così il giovane figlio di mercante. Rinnovato dalla nuova nascita spirituale, ha cantato il Mistero dell’Incarnazione nelle fibre della sua stessa carne.
Nelle Fonti leggiamo:
“La Grazia di Dio, nostro Salvatore, in questi ultimi tempi è apparsa nel suo servo Francesco, a tutti coloro che sono veramente umili e veramente amici della Santa povertà.
Essi, infatti, mentre venerano in lui la sovrabbondanza della misericordia di Dio, vengono istruiti dal suo esempio a rinnegare radicalmente l’empietà e i desideri mondani, a vivere in conformità con Cristo e a bramare, con sete e desiderio insaziabili, la beata speranza.
Su di lui, veramente poverello e contrito di cuore, Dio posò il suo sguardo con grande accondiscendenza e bontà; non soltanto lo sollevò, mendico, dalla polvere della vita mondana, ma lo rese campione, guida e araldo della perfezione evangelica e lo scelse come luce, per i credenti, affinché divenuto testimone della luce, preparasse per il Signore la via della luce e della pace nel cuore dei fedeli” (FF 1020).
“Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi, con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina, attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte; come l’arcobaleno che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della Pace e della salvezza.
Angelo della vera pace, anch’egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto della altissima povertà e a predicare la penitenza con l’esempio e la parola” (FF 1021).
«E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo/ perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade» (Lc 1,76).
Feria propria del 24 dicembre - vigilia del Natale (Lc 1,67-79).
Il Vangelo odierno ci presenta la nascita di Giovanni, il profeta di Cristo, e lo stupore degli astanti:
«Che sarà mai questo bambino? E davvero la mano del Signore era con lui» (Lc 1,66).
Nella vita di Francesco, fin dalla nascita, si manifestò su di lui e sulla madre Monna Pica un segno visibile della predilezione di Dio.
Le Fonti evidenziano con chiarezza tutto questo:
“Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.
Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ella ripeteva quasi divinamente ispirata:
«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».
In realtà, era questa l’opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco già grandicello per alcune sue inclinazioni molto buone.
Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori.
Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio.
Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata” (FF 583).
Feria propria del 23 dicembre (Lc 1,57-66).
Francesco d’Assisi era talmente innamorato di Maria, Sposa dello Spirito Santo e Madre di Gesù, che ovunque si trovasse a Lei innalzava continue lodi.
La portava in cuore come la Benedetta fra tutte le donne, poiché, aveva reso nostro Fratello il Signore della Maestà.
Nel volto di Chiara vedeva sempre il riflesso di Colei che aveva creduto all’adempimento del Progetto di Dio.
Sempre meditava sulla estrema indigenza della Santa Vergine e del Figlio suo, su come Maria si era fatta uno con le necessità del prossimo.
Leggiamo nelle Fonti quanto Francesco diceva ai suoi frati:
«Carissimi fratelli e figli miei, non arrossite di uscire alla questua, poiché il Signore si fece povero per amor nostro in questo mondo.
E sull’esempio di Lui e della sua Madre santissima che noi abbiamo scelto la via della vera povertà: è la nostra eredità, questa, acquistata e lasciata dal Signore Gesù Cristo a noi e a tutti quelli che vogliono vivere come Lui nella santa povertà» (FF 1547).
E ancora ai suoi frati ricordava:
«Quando vedi un povero, fratello, ti è messo innanzi lo specchio del Signore e della sua Madre povera» (FF 672).
Rammentava che Maria, vuota di sé, aveva lasciato spazio all’opera di Dio in lei:
“L’Altissimo Padre celeste, per mezzo del suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno […] nel grembo della Santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità” (FF 181).
Francesco, giullare di Dio, ovunque si recava portava la gioia dell’annuncio di Cristo, partorendolo con opere sante.
E la Leggenda di S. Chiara inizia ricordandoci:
«Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo incarnato: imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne» (FF 3153).
Chiara, infatti, si studiava di andare alle sorelle portando la gioia del Cristo che l’abitava.
«Il bambino sussultava di gioia» nei cuori delle sorelle, che avvertivano la loro Madre come prediletta dell’Altissimo.
4.a Domenica di Avvento (C) (Lc 1,39-45)
Il Vangelo di oggi volge lo sguardo su Maria di Nazareth e ci regala l’espressione principe dell’Annunciazione:
«Non temere, Maria, perché hai trovato Grazia presso Dio» (Lc 1,30).
Francesco si faceva giullare di Dio, ma per come l’ha amata, potremmo aggiungere: “giullare della santa Vergine”. Egli vede nel favore divino riversato da Dio su Maria il dono per eccellenza del Datore di ogni bene.
Chiara stessa, nel suo Testamento spirituale, rivolta alle sue figlie, dice:
«Per mezzo di queste virtù, e non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e Grazia del Donatore, lo stesso Padre delle misericordie, effondano sempre il profumo della loro buona fama su quelle che sono lontane, come su quelle che sono vicine» (FF 2846).
Mettendo così in evidenza come nemica della Grazia sia la detrazione, che Maria mai conobbe.
La Grazia fu compagna di viaggio di Francesco e Chiara d’Assisi.
Stupende espressioni, nel merito, le troviamo nella seconda lettera rivolta da Chiara ad Agnese di Praga. In vari passaggi, ben richiamano la bellezza di Maria di Nazareth:
«Rendo grazie all’Autore della grazia, dal quale, come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto, perché ti ha adornata di tanti riconoscimenti di virtù e ti ha illustrata con le insegne di così alta perfezione che, fatta diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione, meriti di divenire a tua volta perfetta, talmente che i suoi occhi non trovino in te nessun segno di imperfezione» (FF 2872).
Chiara, ‘àltera Maria’, senza volerlo trasmette ad Agnese in queste poche righe ciò che lei vive per Grazia, offrendo la testimonianza del profumo mariano di ancella spalancata al Dono.
E Francesco, d’altro canto, nel suo cammino di conversione aveva così ben compreso gli effetti benefici della Grazia, da mettere in atto la stessa gratuità ricevuta nei confronti dei suoi frati, specie verso chi mostrava di averne più bisogno.
Le Fonti, infatti, narrano di un frate che in cuor suo rimuginava che potesse considerarsi degno della Grazia del cielo colui che il Santo trattasse con familiarità.
Al che Francesco, illuminato dallo Spirito si rivolse a questo frate dicendo:
«Non ti turbi alcun pensiero, o figlio, perché io ti ritengo il più caro tra tutti quelli che mi sono particolarmente cari e volentieri ti faccio dono della mia familiarità e del mio amore».
Il frate ne fu meravigliato e, divenuto da allora ancor più devoto, non solo crebbe nell’amore verso il Santo, ma per opera e Grazia dello Spirito Santo si arricchì di doni sempre maggiori (FF 1196).
Feria propria del 20 dicembre (Lc 1,26-38)
Il brano lucano considerato in questa feria d’Avvento è l’annuncio dell’angelo Gabriele al sacerdote Zaccaria che officiava nel tempio: nonostante l’avanzata età di entrambi i coniugi, essi avrebbero avuto un figlio di nome Giovanni.
Ma la mancata fede di lui lo rese muto fino al giorno del compimento di tale evento, che riscattava pure sua moglie Elisabetta dall’infamia del tempo per la sua sterilità.
Come novello Giovanni, Francesco fu dato al mondo per annunciare la salvezza, per portare a tutti la lieta Novella.
Sua madre, Monna Pica, di spiccata interiorità e apertura al nuovo, intuì subito che quel suo figlio sarebbe stato grande davanti al Signore.
Nelle Fonti francescane la sua nascita è presentata come un nuovo inizio di cristicità, diffusa tra le pieghe della vita.
In esse leggiamo: “Il servo e amico dell’Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall’acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d’ira era divenuto figlio della grazia*.
Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.
Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata:
«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».
[…] Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio.
Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi” (FF 583).
Francesco mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova Grazia: annunciare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità.
E siccome per il Poverello la voce del più piccolo aveva lo stesso peso della voce del grande, anzi è privilegiata, nello Spirito, per quella priorità data ai piccoli dal Vangelo, il Signore lo prese in parola per quel suo farsi Minimo in tutto e fra tutti.
«Spesso il Signore manifesta ciò che é meglio al più piccolo» (Reg. c. IV. 18).
«E molti gioiranno per la sua nascita, perché sarà grande dinanzi al Signore» (Lc 1,14b-15a).
* Francesco fu battezzato nella chiesa di Santa Maria del Vescovado. Il battistero più tardi fu trasferito nel duomo di San Rufino, dove si trova tuttora.
Feria propria del 19 dicembre (Lc 1,5-25).
La nascita di Gesù narrata dal Vangelo di Matteo evidenzia non solo la profezia di Isaia ma pure l’obbedienza di Giuseppe al progetto di Dio.
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa […]» (Mt 1,20).
Come ci narra l’operetta contenuta nelle Fonti: «Sacrum Commercium», Francesco, uomo giusto e timorato, sposa Madonna Povertà, con reciproco scambio di doni e promesse, con impegno d’amore e di fedeltà riassunte da una parola: «Alleanza».
Leggiamo:
«Così innamorato della tua bellezza, il Figlio dell’Altissimo Padre a te sola si unì strettamente nel mondo e ti conobbe per prova fedelissima in ogni cosa.
Prima ancora che dallo splendore della sua patria Egli venisse sulla terra, tu gli preparasti un’abitazione degna, un trono su cui assidersi e un talamo dove riposare, cioè la Vergine poverissima, dalla quale Egli nacque a risplendere su questo mondo.
A lui appena nato con sollecitudine corresti incontro, perché egli trovasse in te, e non nelle mollezze, un posto che gli fosse gradito.
Fu deposto, dice l’evangelista, in una mangiatoia, perché non c’era posto per lui nell’albergo.
Allo stesso modo, senza mai separarti da lui, l’hai sempre accompagnato, tanto che in tutta la sua vita, quando apparve sulla terra e visse fra gli uomini, mentre le volpi avevano le loro tane e gli uccelli del Cielo il loro nido, egli però non aveva dove posare il capo.
E in seguito quando egli, che un tempo aveva dischiuso la bocca dei profeti, aprì la sua bocca per insegnare, te per prima volle lodare, te per prima esaltò con le parole: beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (FF 1977).
Gli fa eco Chiara d’Assisi, che in una delle sue lettere alla figlia spirituale, scrive:
«Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini - che erano poverissimi e indigenti, affamati per l’eccessiva penuria del nutrimento celeste -, divenissero in Lui ricchi col possesso dei reami celesti, esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letizia» (FF 2865).
Feria propria del 18 dicembre (Mt 1,18-24)
Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses
don Giuseppe Nespeca
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