Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Ago 20, 2024

Purezza

Pubblicato in Aforisma

Le Fonti sono ricche di attestazioni in merito alla purezza di cuore di Francesco, del suo concreto vivere in semplicità di cuore, dell’essere persona libera dai pregiudizi e da ogni conformismo, sapendo che ciò che contamina o meno è quanto esce dal di dentro. 

Leggiamo infatti, nella Vita Prima del suo biografo (Celano):

“Quanto era bello, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola, nella purezza di cuore, nell’amore di Dio, nella carità fraterna, nella prontezza dell’obbedienza, nella cortesia” (FF 464).

E ancora:

“Benché avesse già raggiunto una meravigliosa purezza di cuore e di corpo, non cessava di purificare gli occhi del suo spirito con un profluvio di lacrime, senza badare al danno che ne subivano gli occhi del corpo.

Infatti, in conseguenza del continuo piangere, aveva contratto una gravissima malattia agli occhi…

Ma il santo replicava: «O fratello medico, non si deve, per amore della vista che abbiamo in comune con le mosche, allontanare da noi, neppure in piccola misura, la luce eterna, che viene a visitarci. Il dono della vista non l’ha ricevuto lo spirito per il bene del corpo, ma l’ha ricevuto il corpo per il bene dello spirito»” (FF 1096).

E gli fa eco Chiara, nella sua Regola, dove rivolta alle figlie dice:

”Attendano a ciò che soprattutto devono desiderare: avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione, a pregarlo sempre con cuore puro” (FF 2811).

 

E veramente la «purezza di cuore» riempiva a tal punto quel primo

gruppo di discepoli del beato Francesco, che, pur sapendo operare cose

utili, sante e rette, si mostrava del tutto incapace di trarne vana

compiacenza.

Allora il beato Francesco, stringendo a sé i figli con grande amore,

cominciò a manifestare a loro il suo progetto e ciò che il Signore gli

aveva rivelato" (FF 370).

Magnificenza dei piccoli!

Ago 20, 2024

Talenti Minori

La parabola dei talenti è un esplicito invito di Cristo a trafficare i suoi Doni per il Regno, perché portino frutto abbondante, e a non "nasconderli" per paura.

Nelle Fonti troviamo conferma di quanto Francesco e Chiara tenessero a riconoscere e far fruttificare i doni (talenti) ricevuti dall’Altissimo con coraggio e abnegazione.

Infatti, trovandosi un giorno, insieme a S. Domenico, nella casa del Cardinale d’Ostia, così parlò Francesco a riguardo dei suoi frati:

«Signore, i miei frati proprio per questo sono chiamato Minori, perché non presumano di diventare maggiori.

Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo […]

Se volete che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione» (FF 732).

E Chiara, in una delle lettere alla sua figlia spirituale Agnese di Boemia così si esprime:

«Rendo grazie all’Autore della Grazia, dal quale come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto».

Inoltre, nel suo bellissimo Testamento:

«Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).

Entrambi si sono impegnati a far fruttificare nella loro vita e in quella dei loro figli e figlie i talenti particolari elargiti dal Padre delle misericordie, perché i benefici derivanti fossero a vantaggio di tutti e di ciascuno.

 

«Perché a ognuno che ha, sarà dato e sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto da lui anche quello che ha» (Mt 25,29).

 

 

Sabato della 21.a sett. T.O. (Mt 25,14-30)

Il capitolo venticinque del Vangelo di Matteo esordisce proponendo la parabola delle vergini sagge e di quelle stolte.

Le prime si procurano l’olio per la lampada in attesa dello Sposo e le altre non pensano ad averlo, tagliandosi fuori dal convito nuziale.

Nelle Fonti, il pensiero corre alla vergine Chiara, che nel suo  nome portava inscritta la personale cifra e missione.

Sia nel Processo di canonizzazione che nella Bolla papale che ne proclamava la santità, Chiara d’Assisi appare in modo concreto come vergine saggia e vigile, quella di cui parla il Vangelo.

Nelle Fonti:

“Questa fu l’eccelso candelabro di santità, che rifulge vividamente nel tabernacolo del Signore: al cui grande splendore accorsero, attratte, e tuttora accorrono moltissime, per accendere a quel lume le loro lampade.

Questa, per vero, piantò nel campo della fede e coltivò la vigna della povertà, dalla quale si raccolgono pingui e copiosi frutti di salvezza.

Questa, nel territorio della Chiesa, coltivò il giardino dell’umiltà, adorno di ogni specie di povertà, nel quale fiorisce in abbondanza ogni virtù” (Bolla di canonizzazione, Clara Claris praeclara, FF 3295).

E ancora:

“Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte” (FF 3300).

E, stupendamente, nella sua Benedizione, Chiara si rivolge alle sorelle presenti e future:

«Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore» (FF 2857).

Lei era davvero la vergine mai priva dell’olio dell’Amore e della Fede vigilante.

Chiara, attraverso la sua vita luminosa, ha squadernato a ciascuno il percorso lineare e generoso, prudente e attento della vergine che aspetta lo Sposo con la lampada accesa giorno e notte, sempre preparata ad accogliere il Signore.

 

«Ecco lo Sposo! Uscite incontro!» (Mt 25,6).

 

 

Venerdì della 21.a sett. T.O. (Mt 25,1-13)

Il brano proposto in questo giorno è il passo di Marco che narra il martirio del Battista.

Erode voleva far uccidere Giovanni perché gli rimproverava i suoi illeciti, ma nel contempo temeva la folla che lo considerava un profeta.

Il tema della persecuzione abbinata al favore del popolo per l’uomo di Dio è presente pure in Francesco d’Assisi.

Nelle Fonti:

"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.

Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).

Per questo incontrò anche lui persecuzione.

Ma ai suoi frati, nella Regola non bollata, ricorda:

"E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per il  suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:

«Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna» " (FF 45).

Francesco sacrificò sull’altare della carità e povertà tutto di sé per il Regno, lasciando un fulgido esempio a tutti.

 

«E subito il re mandata una guardia ordinò di portare la testa di lui» (Mc 6,27).

 

 

Martirio di S. Giovanni Battista (Mc 6,17-29)

Ago 19, 2024

Disprezzare le lodi

Pubblicato in Aforisma

Gesù punta il dito su scribi e farisei ipocriti. Essi si preoccupano d’inezie, invece di praticare la giustizia e la misericordia.

Sono sepolcri imbiancati, mostrano un’apparenza che fa solo da paravento, al putridume interiore.

 

Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.

Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.

Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:

“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).

Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:

«Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno.

Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi.

Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri» (FF 712).

 

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, poiché assomigliate a tombe imbiancate che all’esterno appaiono splendide, ma dentro sono piene di ossa di morti e di ogni impurità» (Mt 23,27).

 

 

Mercoledì 21.a sett. T.O (Mt 23,27-32)

Continuano i «Guai» pronunciati da Gesù nel Vangelo di Matteo.

Egli sferza l’ipocrisia dilagante, rimproverando la cura dell’esteriore che cozza con la fuliggine interiore.

Guardiamo la vita del Poverello attraverso le Fonti e nel merito.

Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.

Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.

Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:

“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).

Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:

" «Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno. Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi. Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri»" (FF 712).

Francesco fu cultore della verità, aborrendo ogni avidità e intemperanza.

Guardava al Padre che è nei cieli e attende da ognuno giustizia, fedeltà e misericordia.

 

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e [tra]lasciate i [punti] più gravi della Legge: il giudizio e la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23).

 

 

Martedì della 21.a sett. T.O. (Mt 23,23-26)

Ago 16, 2024

Non come gli ipocriti

Pubblicato in Aforisma

Il Vangelo di Matteo insiste sull’ipocrisia di scribi e farisei che chiudono, con il loro comportamento, il regno dei cieli davanti alla gente.

Guardando nelle Fonti scopriamo come tutto questo sia stato incarnato dal Povero d’Assisi in modo singolare.

Francesco era tanto avverso all’ipocrisia da mettere nella stessa Regola non Bollata (1221) uno specifico comma in merito:

«E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili» (FF 27).

Egli detestava ogni doppiezza come peste, e la denunciava pubblicamente anche a suo riguardo, se gli pareva di non aver vissuto secondo la Parola di Dio - temendo di non entrare nel Regno dei cieli e di non essere testimone credibile.

A tal riguardo le Fonti rivelano:

“Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l’eremo di Poggio*.

Francesco esordì a questo modo:

«Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venuti qui con devozione. Ebbene, ve lo confesso, in tutta questa Quaresima ho mangiato cibi conditi con lardo».

E così più di una volta attribuì a gola ciò che invece aveva concesso alla malattia” (FF 715).

Chiara stessa, impronta della Madre di Dio, esortò sempre la sua comunità a rifuggire ogni forma di falsità che catalogava come vera cecità.

Lei, Chiara per vita e virtù, si guardò sempre da questa peste che poteva rovinare la fraternità fra sorelle e impedire l’amore vicendevole.

 

«Ahimé per voi, scribi e farisei teatranti, poiché chiudete il regno dei cieli davanti alla gente» (Mt 23,13).

 

• S’intende Poggio Bustone, nella valle reatina.

 

 

Lunedì 21.a sett. T.O (Mt 23,13-22)

San Francesco era fermamente convinto che è lo Spirito che dà la vita e fa rinascere, aprendo nuovi orizzonti.

Ciò, mentre il vivere secondo la carne rende incapaci di capire le cose di Dio. Infatti le Fonti recitano:

“Noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria; e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne.

Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello Spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini” (FF 48).

E ancora prosegue:

“Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio [...] che queste parole e le altre del Signore Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono Spirito e Vita" (FF 206).

Per Francesco la Santa Parola, la Viva Voce di Dio era ragione di vita, senso di essa, guida nel cammino.

Quella stessa Voce lo visitò e gli rivelò cosa avrebbe dovuto fare per essere Uno con il Vangelo.

Davvero con l’atteggiamento di chi cerca la Parola dell’Eterno, si mise in ascolto e passando presso la chiesa di San Damiano vi entrò.

Era come se dicesse a Dio: " Signore da chi posso andare, se non da te?!"

Francesco aveva compreso l’importanza di seguire il Crocifisso povero, perché solo da Lui scaturivano parole di vita eterna; solo Gesù, Carne e Vita del mondo poteva renderlo felice.

E in tal guisa, andare dietro a Lui non per convenienza, ma per amore donativo per la salvezza delle moltitudini.

Da vero discepolo si era reso conto che il messaggio evangelico esige una sequela senza se e senza ma.

 

La Santa Operazione

Nel capitolo sesto del Vangelo  di Giovanni, Gesù parlando ai suoi discepoli afferma che solo lo Spirito di Dio può far rinascere l’uomo e aprirlo a nuovi orizzonti.

Dopo una giovinezza spensierata, allorché Francesco d’Assisi incontra il Signore, riceve una grande effusione di Spirito Santo che, stravolgendogli la vita, lo conduce ad uno stile esistenziale completamente nuovo, rovesciato dalla rinascita evangelica.

Il Santo si considerava un pazzo per Cristo, «simplex et idiota»; congiunto a Madonna Povertà, perché assunta da Gesù dall’inizio alla fine della sua vita e fonte di ricchezza divina.

Per opera dello Spirito era un uomo nuovo, davanti al quale vigevano prospettive nude e vitali.

Il mondo, con le sue fisionomie ingannevoli, non lo interessava più ed era attratto unicamente dall’Amore non amato.

Anche lui come Pietro, se non con le parole con i fatti, ebbe a ripetere al Salvatore nostro:

«Gesù da chi andrò, da chi andremo?! Tu solo hai parole che non passano!».

Ma a tutto questo fungono da supporto alcuni passaggi delle Fonti francescane:

"Un’altra volta, trovandosi a Roma in casa di un cardinale, fu interrogato su alcuni passi oscuri, ed espose con tanta chiarezza quei concetti profondi, da far pensare che fosse sempre vissuto in mezzo alle Scritture.

Perciò il signor cardinale gli disse:

«Io non ti interrogo come letterato, ma come uomo che ha lo Spirito di Dio.

E per questo accetto volentieri il senso della tua risposta, perché so che proviene da Dio solo» (FF 691).

E ancora il Celàno, nella Vita Prima:

“Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo.

Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo.

A motivo della presenza o anche della sola fama di San Francesco, sembrava davvero che una nuova luce fosse stata mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre, che avevano invaso la terra» (FF 383).

Lo stesso Francesco, nella Regola Bollata (1223), esorta i suoi così:

«Ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità» (FF 104).

 

«È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla. Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,63)

Ago 16, 2024

Cambiare vita, diventare Araldi

Pubblicato in Aforisma

Nel Vangelo di Giovanni è messa in evidenza la figura di Natanaele (forse l’Apostolo Bartolomeo) definito da Gesù «un Israelita in cui non c’è inganno» (Gv 1,47) e che fa la sua professione di fede nel Signore:

«Rabbì, Tu sei il Figlio di Dio, tu sei re d’Israele» (Gv 1,49).

 

Avvinto dalla novità dello Spirito, Francesco cambia vita e diventa segno di contraddizione per un mondo che non aveva voglia di scostarsi dai luoghi comuni, dalla strada delle tradizioni.

Il suo cuore libero affronta ogni disprezzo, pur di essere leale con Cristo e il suo Vangelo.

Le Fonti ci informano:

"Francesco, l’illetterato, l’amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile […] quanto gli si addice questo nome di Francesco, a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro" (FF 529).

Abbracciando il nuovo stato di vita, un giorno, ai briganti che lo assalgono chiedendogli chi fosse, in sincerità, risponde:

«Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?» (FF 346).

Ancora:

"Con eguale fervore subito svelava e confessava candidamente davanti a tutti il sentimento di vanagloria, che a volte si impossessava del suo spirito.

Un giorno, una vecchierella gli andò incontro, mentre attraversava Assisi e gli chiese l’elemosina.

Il Santo non aveva altro che il mantello e subito glielo donò generosamente.

Ma, avvertendo che nell’animo stava infiltrandosi un sentimento di vano compiacimento, subito davanti a tutti confessò di averne provato vanagloria" (FF 716).

Lui sì può essere considerato “un figlio della Promessa” in cui non dimorava falsità alcuna!

Araldo e Testimone della sincerità al servizio del Vangelo.

 

 

S.Bartolomeo ap. (Gv 1,45-51)

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"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]
Who is freer than the One who is the Almighty? He did not, however, live his freedom as an arbitrary power or as domination (Pope Benedict)
Chi è libero più di Lui che è l'Onnipotente? Egli però non ha vissuto la sua libertà come arbitrio o come dominio (Papa Benedetto)
The Church with her permanent contradiction: between the ideal and reality, the more annoying contradiction, the more the ideal is affirmed sublime, evangelical, sacred, divine, and the reality is often petty, narrow, defective, sometimes even selfish (Pope Paul VI)
La Chiesa con la sua permanente contraddizione: tra l’ideale e la realtà, tanto più fastidiosa contraddizione, quanto più l’ideale è affermato sublime, evangelico, sacro, divino, e la realtà si presenta spesso meschina, angusta, difettosa, alcune volte perfino egoista (Papa Paolo VI)
St Augustine wrote in this regard: “as, therefore, there is in the Catholic — meaning the Church — something which is not Catholic, so there may be something which is Catholic outside the Catholic Church” [Pope Benedict]
Sant’Agostino scrive a proposito: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» [Papa Benedetto]

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