Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
«E chi scandalizzerà uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui se gli fosse messa una macina da somaro attorno al collo e fosse gettato nel mare» (Mc 9,42).
Così Gesù si pronuncia nel Vangelo odierno: guai a chi provoca gli scandali.
Francesco e Chiara li temevano molto, anche se erano persone che avevano sale in se stessi.
Vari sono i passi che c’informano accuratamente nello specifico.
Nella Leggenda maggiore:
"[…] quelli che violavano la santa Religione con opere malvagie, incorrevano nella sua condanna e nella sua tremenda maledizione:
«Da te, o Signore santissimo, e da tutta la celeste curia e da me pure, tuo piccolino, siano maledetti coloro che, con il loro cattivo esempio, sconvolgono e distruggono quanto, per mezzo dei santi frati di quest’Ordine, hai edificato e non cessi di edificare».
Spesso, pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza immensa, al punto da ritenere che ne sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l’avesse sorretto con il suo conforto" (FF1139).
E nella Vita seconda del Celano:
“«I frati più buoni - diceva - si sentono confusi per le opere dei frati cattivi, e anche se essi personalmente non hanno peccato, vengono giudicati dall’esempio dei malvagi.
Proprio per questo mi trafiggono come una spada acuta e me la ripassano tutto il giorno per le viscere».
Era soprattutto per questo motivo che si sottraeva alla compagnia dei frati, perché non gli capitasse di udire riguardo all’uno o all’altro qualcosa di spiacevole, che gli rinnovasse il dolore" (FF 741).
Chiara, poi, nella Regola, rivolta alle sorelle, dice:
«Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori del monastero nulla che possa provocare scandalo […]» (FF 2805).
E ancora:
«Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione» (FF 2809).
E aggiungeva:
«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).
«Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri» (Mc 9,50)
Giovedì 7a sett. T.O. (Mc 9,41-50)
Gesù raccomanda ai suoi discepoli di non considerare nessuno nemico, ancor più quando opera nel suo Nome.
Francesco pensava e agiva sempre nel nome del Signore. Tutto faceva partendo da Lui.
Le Fonti sono attraversate dall’agire «Nel nome del Signore».
Leggiamo:
"Com’ebbe scelto il gruppo che intendeva portare con sé, Francesco disse a quei fratelli:
«Nel nome del Signore, andate due a due per le strade, con dignità […]» (FF 1636).
Ma, altresì, compiva guarigioni nel nome del Signore Gesù ovunque si trovasse.
Le Fonti attestano:
"L’uomo di Dio Francesco si era abituato a cercare non il proprio interesse, ma soprattutto quanto vedeva necessario alla salvezza del prossimo" (FF 444).
Infatti, passando per la diocesi di Narni, a Sangemini fu ospitato, con tre fratelli, da un uomo di grande virtù, la cui moglie era indemoniata.
Questa persona pia si rivolse devotamente al Santo, pregandolo di guarirgliela.
Francesco acconsentì trattandosi della gloria di Dio e del bene di molti.
Chiamati i suoi fratelli disse loro:
«Preghiamo il Signore, fratelli, per questa donna, affinché sia liberata dal giogo del demonio, a lode di Dio. Stiamo uno per ogni parte, perché il maligno non ci inganni e non ci scappi» (FF 441).
Dopo aver pregato, con la virtù dello Spirito Santo, si avvicinò all’ossessa, che era in preda a convulsioni e urla.
Il Santo disse: "«Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, per obbedienza ti ordino, o demonio, di lasciare questa creatura e di non osare più tormentarla!».
Aveva appena pronunciato quelle parole, che il diavolo se ne andò rapidissimo con grande fracasso e furore, tanto che il santo padre, per l’improvvisa guarigione della donna e la pronta obbedienza del nemico, credette di essersi illuso, e si affrettò ad allontanarsene con rossore, ciò operando la Divina Provvidenza, per impedirgli di cadere nell’orgoglio" (FF 441).
L’amico di Dio scacciava i demoni nel Nome del Signore Gesù!
Francesco e i suoi frati operavano in unità con Dio, con una vita esemplare e affidati allo Spirito del Signore e alla sua santa operazione.
Mercoledì 7a sett. T.O. (Mc 9,38-40)
Il Vangelo odierno narra il secondo annuncio di Gesù della sua morte e resurrezione, unito alla capacità di saper accogliere il Regno che avanza mediante i piccoli.
Ai suoi raccomanda che quanto più si vuole essere ‘primi’ tanto più bisogna essere servitori.
Minimo di statura, ma veramente dotato di quella piccolezza che rende bambini nel cuore, nella sua vita Francesco fu minore nell’interiorità
e seppe riconoscere i latori del Vangelo.
Sempre si preoccupò di accogliere quanti nella loro semplicità andavano a lui nel nome di Gesù.
L’autorevolezza delle Fonti c’informa:
“Spesso pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza immensa, al punto da ritenere che sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l’avesse sorretto con il suo conforto” (FF 1139).
Francesco stesso si definiva «Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione […]»
Ancora: “Nient’altro possedeva, il Povero di Cristo, se non due spiccioli da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima” (FF 1167).
E ai suoi frati insegnava e raccomandava la piccolezza in ogni vicenda lieta o triste:
“La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole” (FF 1075).
La stessa semplicità dei bambini con cui amava accogliere la Parola di Dio, la trasferiva fra le righe della vita.
Valga questo episodio a far comprendere il cuore fanciullo che aveva ricevuto da Dio.
“A s. Maria della Porziuncola portarono in dono all’uomo di Dio una pecora, che egli accettò con gratitudine, perché amava l’innocenza e la semplicità che, per sua natura, la pecora dimostra.
L’uomo di Dio ammoniva la pecorella a lodare Dio e a non infastidire assolutamente i frati. La pecora, a sua volta, quasi sentisse la pietà dell’uomo di Dio, metteva in pratica i suoi ammaestramenti con grande cura.
Quando sentiva i frati cantare in coro, entrava anche lei in chiesa e, senza bisogno di maestro, piegava le ginocchia, emettendo teneri belati davanti all’altare della Vergine, Madre dell’Agnello, come se fosse impaziente di salutarla” (FF 1148).
Divenendo bambino nel cuore, Francesco accoglieva in semplicità il Regno che veniva a lui, attestando nella vita concreta l’infanzia dello Spirito che lo informava.
«Chi accoglierà uno di tali bambini nel mio nome, accoglie me, e chi accoglie me non accoglie me, ma colui che mi ha mandato» (Mc 9,37).
Martedì 7.a sett. T.O. (Mc 9,30-37)
Gesù guarisce un ragazzo epilettico corroborando la sinergia di Fede e Preghiera.
Il Povero d’Assisi sapeva per esperienza diretta che i demoni temono la preghiera fatta con fede e umiltà.
Sanno, infatti, ch’essa oltrepassa le nubi ed è gradita a Dio, accrescendo il fiducioso abbandono in Lui.
Le Fonti francescane sono un pozzo di esperienza e ricchezza spirituale in merito.
In esse leggiamo: "Là erano continuamente intenti a pregare Iddio applicandosi all’esercizio dell’orazione e della devozione più con la mente che con la voce, per la ragione che non avevano ancora i libri liturgici […]
Ma, al posto di quei libri, leggevano ininterrottamente, sfogliandolo e risfogliandolo il libro della croce di Cristo, giorno e notte, istruiti dall’esempio e dalla parola del Padre, che continuamente faceva loro il discorso della croce di Cristo" (FF 1067).
È chiaro che su questa base granitica s’incuneava una grande fede, che rendeva possibile guarigioni d’ogni genere, liberazioni demoniache, perché fecondate da tanta Grazia.
Il Signore agiva attraverso Francesco e i suoi frati operando cose prodigiose:
"Nel borgo di Sangemini il servo di Dio ricevette ospitalità da un uomo devoto, la cui moglie era tormentata dal demonio. Dopo aver pregato, comandò, per virtù d’obbedienza, al demonio di uscire dalla donna e, con l’aiuto della potenza divina, lo costrinse ad una fuga immediata: dimostrazione chiara che l’ostinazione dei demoni non può resistere alla virtù della santa obbedienza […]" (FF 1219).
"E disse loro: «Questa specie di demoni non può uscire con nulla se non con preghiera»” (Mc 9,29).
Poiché Francesco sapeva che tutto é possibile per chi crede, egli incessantemente ripeteva ai suoi fratelli e nei suoi scritti:
«Tutti i piccoli e i grandi […] e tutti gli uomini d’ogni parte della terra, che sono e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, umilmente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo» (FF 68).
«Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze […] il Signore Iddio […] che ci ha creati, redenti e ci salverà per sua sola misericordia» (FF 69).
Il Poverello, spesso, pregava così davanti al Crocifisso:
«Altissimo glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio.
Et dame fede dricta,
speranza certa e carità perfecta
senno e cognoscemento,
Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento.
Amen».
(FF 276).
Lunedì 7a sett. T.O. (Mc 9,14-29)
Nel Vangelo odierno Gesù chiama coloro che ascoltano ad amare quanti si comportano da nemici.
«Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano» (Lc 6,27).
Francesco amava con predilezione quelli che lo deridevano e giudicavano - e invitava i suoi frati a fare altrettanto.
Nelle Fonti:
"Profondamente umili e maturi nella carità, ognuno nutriva per il fratello i sentimenti che si hanno verso un padre e signore […] Stavano attenti a non cadere vittime di desideri sregolati. Erano giudici implacabili di se stessi, preoccupati di non nuocersi l’un l’altro in nessuna maniera" (FF 1448).
"Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca" (FF 1449).
E nella Lettera ai Fedeli, Francesco, a proposito dei nemici, così si esprime:
«Dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a coloro che ci odiano. Dobbiamo anche rinnegare noi stessi e porre i nostri corpi sotto il giogo del servizio e della santa obbedienza, così come ciascuno ha promesso al Signore» (FF196).
Il padre santo, se veniva giudicato male dagli uomini o i suoi frati erano additati, ricordava a se stesso e a loro che in questo risiede la perfetta letizia di chi è povero nel cuore.
Le Fonti illustrano:
"Su questi uomini evangelici correvano perciò opinioni contrastanti. Alcuni li consideravano dei pazzoidi e dei fissati; altri sostenevano che i loro discorsi provenivano tutt’altro che da demenza.
Uno degli uditori osservò: «Questi qui o sono uniti a Dio in modo straordinariamente perfetto, o sono dei veri insensati, poiché menano una vita disperata: non mangiano quasi niente, camminano a piedi nudi, hanno dei vestiti miserabili»" (FF 1437).
Inoltre Francesco aborriva come fosse peste la detrazione.
Infatti leggiamo:
"Il vizio della detrazione, nemico radicale della pietà e della Grazia, lo aveva in orrore come il morso del serpente e come la più dannosa pestilenza.
Affermava che Dio pietosissimo l’ha in abominio, perché il detrattore si pasce col sangue delle anime, dopo averle uccise con la spada della lingua […]
Qualche volta giudicava che si doveva spogliare dell’abito chi aveva spogliato il proprio fratello della sua buona fama e non voleva che costui elevasse gli occhi a Dio, se prima non aveva procurato con ogni mezzo di restituire quanto aveva sottratto.
«La cattiveria dei detrattori - diceva- è tanto maggiore di quella dei ladri, quanto maggiore é la forza con cui la legge di Cristo, che trova il suo compimento nell’amore, ci obbliga a bramare la salvezza delle anime più di quella dei corpi»" (FF 1141).
«…perché con la misura con la quale misurate, sarà rimisurato a voi» (Lc 6,38).
7a Domenica T.O. (C) (Lc 6,27-38)
Il Signore si servì di Francesco per rinnovare la sua Chiesa, ponendolo a fondamento dell’Ordine nella comunità ecclesiale, come si era servito di Pietro qual punto attorno al quale costruire L’Unità visibile della medesima.
Anche al Poverello Gesù affida la responsabilità di restaurare una Chiesa disastrata spiritualmente.
Francesco cominciò a riparare materialmente varie chiese; poi attraverso la missione comprese ciò che Dio gli chiedeva.
Infatti nelle Fonti troviamo:
"Ormai ben radicato nell’umiltà di Cristo, Francesco richiama alla memoria l’obbedienza di restaurare la chiesa di San Damiano, che la Croce gli ha imposto.
Vero obbediente, ritorna ad Assisi, per eseguire l’ordine della voce divina, se non altro con la mendicazione.
Deposta ogni vergogna per amore del povero Crocifisso, andava a cercar l’elemosina da coloro, con i quali un tempo aveva vissuto nell’abbondanza, e sottoponeva il suo debole corpo, prostrato dai digiuni, al peso delle pietre.
Riuscì, così a restaurare quella chiesetta, con l’aiuto di Dio e il devoto soccorso dei concittadini.
Poi, per non lasciarsi intorpidire il corpo nell’ozio, dopo la fatica, passò a riparare, in un luogo un po’ più distante dalla città, la chiesa dedicata a San Pietro, spinto dalla devozione speciale che nutriva, insieme con la fede pura e sincera, verso il Principe degli Apostoli" (FF 1047).
Riparata questa chiesa andò alla Porziuncola [Santa Maria degli Angeli] e, vedendola così abbandonata, spinto dalla devozione per la Regina del mondo, vi fissò dimora.
Continuano le Fonti: "É questo il luogo, nel quale San Francesco, guidato dalla divina rivelazione, diede inizio all’Ordine dei frati minori. Proprio per disposizione della Provvidenza divina, che lo dirigeva in ogni cosa, il servo di Cristo aveva restaurato materialmente tre chiese, prima di fondare l’Ordine e di darsi alla predicazione del Vangelo.
In tal modo non solamente egli aveva realizzato un armonioso progresso spirituale, elevandosi dalle realtà sensibili a quelle intelligibili, dalle minori alle maggiori; ma aveva anche, con un’opera tangibile, mostrato e prefigurato simbolicamente la sua missione futura.
Infatti, così come furono riparati i tre edifici, sotto la guida di quest’uomo santo si sarebbe rinnovata la Chiesa in tre modi: secondo la forma di vita, secondo la Regola e secondo la dottrina di Cristo da lui proposte - e avrebbe celebrato i suoi trionfi una triplice milizia di eletti" (FF 1050).
22 febbraio, Cattedra di San Pietro (Mt 16,13-19)
Gesù diceva alla folla e ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua […]» (Mc 8,34).
Francesco, dopo la sua profonda conversione, aveva colto per Grazia il significato più pieno del rinnegamento di sé.
Scorrendo le Fonti, gli episodi ivi contenuti lo evidenziano bene.
Agli inizi della parabola francescana, il Poverello incoraggiava i suoi frati a perseverare, rinunciando a tutto ciò che avversava la Parola di Dio.
"Sempre nello stesso periodo, entrò nella Religione un’altra persona dabbene e così i figli benedetti dell’uomo di Dio raggiunsero il numero di sette.
Allora il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del Regno di Dio, del disprezzo del mondo, della necessità di rinnegare la propria volontà e di mortificare il proprio corpo, e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo.
Ormai il padre santo, come la donna sterile, semplice e poverella della Bibbia, aveva partorito sette volte, e desiderava partorire a Cristo tutto quanto il popolo dei fedeli, chiamandolo al pianto e alla penitenza" (FF 1058).
Francesco aveva l’occhio vigile sulla capacità di rinnegamento di quanti volevano entrare in quella fraternità evangelica.
Infatti, nei documenti francescani, troviamo un episodio molto significativo.
Il Minimo d’Assisi, percorrendo la provincia della Marca per predicare, conobbe un uomo che gli chiese di entrare nella sua comunità.
Il padre si rivolse a lui così:
«Fratello, se vuoi entrare nella nostra famiglia, è necessario per prima cosa che tu distribuisca ai poveri tutti i tuoi beni, secondo la perfezione consigliata dal santo Vangelo, e poi che tu rinunzi completamente alla tua volontà» (FF 1567).
A queste parole l’uomo ispirato da amore carnale e non spirituale, donò tutti i suoi beni ai suoi consanguinei.
Poi andò da Francesco riferendo di essersi privato di quanto aveva.
Ma il padre gli chiese come aveva fatto.
E quello rispose: «Fratello, ho donato tutto il mio ad alcuni parenti, che erano nella necessità» (FF 1567).
Il brano continua: "Conobbe Francesco, per mezzo dello Spirito Santo, che quello era un uomo carnale, e subito lo accomiatò:
«Va’ per la tua strada, frate Mosca, poiché hai dato il tuo ai consanguinei, e ora vorresti vivere di elemosine tra i frati».
E colui se ne andò per la sua strada, ricusando di distribuire i suoi averi ad altri poveri (FF 1567).
Venerdì 6a sett. T.O. (Mc 8,34-9,1)
Gesù pone ai suoi una precisa domanda:
«Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27b).
Poi spiega che il Figlio dell’uomo non avrà trionfi mondani. Quindi rimprovera a Pietro - che ci rappresenta tutti - il suo modo di pensare banale, non secondo Dio.
Ma chi avvicinava Francesco capiva subito che era un uomo che pensava secondo Dio e non secondo gli uomini.
Infatti le sue parole, i suoi gesti erano così diversi dal corrivo pensare e agire della gente, da suscitare stupore.
Le Fonti, preziose testimonianze del tempo, ne danno conferma.
"Veramente, Francesco portava sempre nel cuore quel mazzetto di mirra*, sempre fissava il volto del suo Cristo, sempre rimaneva a contatto dell’Uomo dei dolori, che conosce tutte le sofferenze" (FF 672).
Nei patimenti dei poveri vedeva quelli del Povero per eccellenza: Cristo; adoperandosi ad alleviarle in ogni modo.
"Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco, a causa della malattia, avesse indosso sopra l’abito un mantello.
Mirando con occhi misericordiosi la miseria di quell’uomo, disse al compagno:
«Bisogna che restituiamo il mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi».
Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all’altro.
Ma il Santo:
«Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto indosso a chi è più bisognoso» (FF 1143).
Esempio del pensare secondo Dio e secondo gli uomini.
Due logiche lontane: l’amore che dona se stesso fino in fondo, senza badare alle sofferenze da portare fino allo sfinimento - e l’amor proprio che fugge o vuole fuggire da tutto ciò che è prova, sofferenza, disagio, sconvenienza.
Francesco aveva scelto Cristo e amava: pensava come Gesù, secondo la misura del Vangelo.
L’Araldo del Gran Re, in verità, ripeteva al Figlio di Dio, con la sua nuda esistenza e continuamente:
«Tu sei il Cristo».
In ciò che operava se ne udiva sempre l’eco.
«Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29)
Giovedì 6a sett. T.O. (Mc 8,27-33)
St Louis IX, King of France put into practice what is written in the Book of Sirach: "The greater you are, the more you must humble yourself; so you will find favour in the sight of the Lord" (3: 18). This is what the King wrote in his "Spiritual Testament to his son": "If the Lord grant you some prosperity, not only must you humbly thank him but take care not to become worse by boasting or in any other way, make sure, that is, that you do not come into conflict with God or offend him with his own gifts" (cf. Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546) [Pope Benedict]
San Luigi IX, re di Francia […] ha messo in pratica ciò che è scritto nel Libro del Siracide: "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore" (3,18). Così egli scriveva nel suo "Testamento spirituale al figlio": "Se il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventare peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi" (Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546) [Papa Benedetto]
The temptation is to be “closed off”. The disciples would like to hinder a good deed simply because it is performed by someone who does not belong to their group. They think they have the “exclusive right over Jesus”, and that they are the only ones authorised to work for the Kingdom of God. But this way, they end up feeling that they are privileged and consider others as outsiders, to the extent of becoming hostile towards them (Pope Francis)
La tentazione è quella della chiusura. I discepoli vorrebbero impedire un’opera di bene solo perché chi l’ha compiuta non apparteneva al loro gruppo. Pensano di avere “l’esclusiva su Gesù” e di essere gli unici autorizzati a lavorare per il Regno di Dio. Ma così finiscono per sentirsi prediletti e considerano gli altri come estranei, fino a diventare ostili nei loro confronti (Papa Francesco)
“If any one would be first, he must be last of all and servant of all” (Mk 9:35) […] To preside at the Lord’s Supper is, therefore, an urgent invitation to offer oneself in gift, so that the attitude of the Suffering Servant and Lord may continue and grow in the Church (Papa Giovanni Paolo II)
"Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9, 35) […] Presiedere la Cena del Signore è, pertanto, invito pressante ad offrirsi in dono, perché permanga e cresca nella Chiesa l'atteggiamento del Servo sofferente e Signore (Papa Giovanni Paolo II)
Miracles still exist today. But to allow the Lord to carry them out there is a need for courageous prayer, capable of overcoming that "something of unbelief" that dwells in the heart of every man, even if he is a man of faith. Prayer must "put flesh on the fire", that is, involve our person and commit our whole life, to overcome unbelief (Pope Francis)
I miracoli esistono ancora oggi. Ma per consentire al Signore di compierli c'è bisogno di una preghiera coraggiosa, capace di superare quel "qualcosa di incredulità" che alberga nel cuore di ogni uomo, anche se uomo di fede. La preghiera deve "mettere carne al fuoco", cioè coinvolgere la nostra persona e impegnare tutta la nostra vita, per superare l'incredulità (Papa Francesco)
The works of mercy are “handcrafted”, in the sense that none of them is alike. Our hands can craft them in a thousand different ways, and even though the one God inspires them, and they are all fashioned from the same “material”, mercy itself, each one takes on a different form (Misericordia et misera, n.20)
Le opere di misericordia sono “artigianali”: nessuna di esse è uguale all’altra (Misericordia et misera, n.20)
don Giuseppe Nespeca
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