Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
La parabola dei talenti è un esplicito invito di Cristo a trafficare i suoi Doni per il Regno, perché portino frutto abbondante, e a non "nasconderli" per paura.
Nelle Fonti troviamo conferma di quanto Francesco e Chiara tenessero a riconoscere e far fruttificare i doni (talenti) ricevuti dall’Altissimo con coraggio e abnegazione.
Infatti, trovandosi un giorno, insieme a S. Domenico, nella casa del Cardinale d’Ostia, così parlò Francesco a riguardo dei suoi frati:
«Signore, i miei frati proprio per questo sono chiamato Minori, perché non presumano di diventare maggiori.
Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo […]
Se volete che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione» (FF 732).
E Chiara, in una delle lettere alla sua figlia spirituale Agnese di Boemia così si esprime:
«Rendo grazie all’Autore della Grazia, dal quale come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto».
Inoltre, nel suo bellissimo Testamento:
«Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
Entrambi si sono impegnati a far fruttificare nella loro vita e in quella dei loro figli e figlie i talenti particolari elargiti dal Padre delle misericordie, perché i benefici derivanti fossero a vantaggio di tutti e di ciascuno.
«Perché a ognuno che ha, sarà dato e sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto da lui anche quello che ha» (Mt 25,29)
Sabato della 21.a sett. T.O. (Mt 25,14-30)
Il brano proposto in questo giorno è il passo di Marco che narra il martirio del Battista.
Erode voleva far uccidere Giovanni perché gli rimproverava i suoi illeciti, ma nel contempo temeva la folla che lo considerava un profeta.
Il tema della persecuzione abbinata al favore del popolo per l’uomo di Dio è presente pure in Francesco d’Assisi.
Nelle Fonti:
"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.
Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).
Per questo incontrò anche lui persecuzione.
Ma ai suoi frati, nella Regola non bollata, ricorda:
"E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:
«Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna» " (FF 45).
Francesco sacrificò sull’altare della carità e povertà tutto di sé per il Regno, lasciando un fulgido esempio a tutti.
«E subito il re mandata una guardia ordinò di portare la testa di lui» (Mc 6,27)
Martirio di S. Giovanni Battista (Mc 6,17-29)
Il brano di Matteo, oggi, ci chiama ad una vigilante attesa del ritorno del Signore, comportandoci da servi impegnati e disponibili. Chi si lascia andare troverà alla fine amare sorprese.
Poiché non sappiamo quando arriverà è necessario vegliare.
Il Povero assisano fece dell’atteggiamento di solerte attesa e veglia il motivo conduttore del suo percorso di fede.
Non solo vegliava in preghiera, aspettando sempre la Venuta del suo Signore, ma si studiò di incarnare la Parola servendo e amando i suoi frati e ogni creatura.
In tal senso le Fonti c’informano e fanno da testimoni credibili della sua semplice vita evangelica.
Leggiamo:
“Egli alzava sempre le mani al cielo in favore dei veri Israeliti, e a volte, dimentico di sé, provvedeva prima alla salvezza dei fratelli.
Si prostrava ai piedi della Maestà divina, offriva un sacrificio spirituale per i suoi figli, e piegava Dio a beneficarli.
Vegliava con trepido amore sul piccolo gregge, che si era condotto dietro, perché non gli capitasse che, dopo aver lasciato questo mondo, perdesse anche il cielo.
Ed era convinto che un giorno sarebbe rimasto senza gloria, se nello stesso tempo non ne avesse reso meritevoli e partecipi quanti gli erano stati affidati, e che il suo spirito dava alla luce con dolore maggiore di quello provato dalle viscere materne” (FF 760).
Vegliava con amore di padre e madre sui figli spirituali che Dio gli aveva donato e con grande sollecitudine e lungimiranza.
Vegliava con ardore per poter vivere ogni giorno quanto Gesù gli aveva rivelato nel suo cammino.
Vegliava paternamente sulle Povere Dame di S. Damiano, su quelle pianticelle nate dalla medesima chiamata: vocazione d’incarnare il santo Vangelo, annunciandolo ad ogni creatura sotto il cielo.
«Anche voi tenetevi pronti, perché nell’ora che non pensate il Figlio dell’uomo Viene» (Mt 24,44)
Giovedì della 21.a sett.T.O. (Mt 24,42-51)
Gesù punta il dito su scribi e farisei ipocriti. Essi si preoccupano d’inezie, invece di praticare la giustizia e la misericordia.
Sono sepolcri imbiancati, mostrano un’apparenza che fa solo da paravento, al putridume interiore.
Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.
Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.
Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:
“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).
Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:
«Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno.
Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi.
Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri» (FF 712).
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, poiché assomigliate a tombe imbiancate che all’esterno appaiono splendide, ma dentro sono piene di ossa di morti e di ogni impurità» (Mt 23,27)
Mercoledì 21.a sett. T.O (Mt 23,27-32)
Continuano i «Guai» pronunciati da Gesù nel Vangelo di Matteo.
Egli sferza l’ipocrisia dilagante, rimproverando la cura dell’esteriore che cozza con la fuliggine interiore.
Guardiamo la vita del Poverello attraverso le Fonti e nel merito.
Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.
Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.
Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:
“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).
Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:
" «Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno. Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi. Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri»" (FF 712).
Francesco fu cultore della verità, aborrendo ogni avidità e intemperanza.
Guardava al Padre che è nei cieli e attende da ognuno giustizia, fedeltà e misericordia.
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e [tra]lasciate i [punti] più gravi della Legge: il giudizio e la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23)
Martedì della 21.a sett. T.O. (Mt 23,23-26)
Il Vangelo di Matteo insiste sull’ipocrisia di scribi e farisei che chiudono, con il loro comportamento, il regno dei cieli davanti alla gente.
Guardando nelle Fonti scopriamo come tutto questo sia stato incarnato dal Povero d’Assisi in modo singolare.
Francesco era tanto avverso all’ipocrisia da mettere nella stessa Regola non Bollata (1221) uno specifico comma in merito:
«E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili» (FF 27).
Egli detestava ogni doppiezza come peste, e la denunciava pubblicamente anche a suo riguardo, se gli pareva di non aver vissuto secondo la Parola di Dio - temendo di non entrare nel Regno dei cieli e di non essere testimone credibile.
A tal riguardo le Fonti rivelano:
“Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l’eremo di Poggio*.
Francesco esordì a questo modo:
«Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venuti qui con devozione. Ebbene, ve lo confesso, in tutta questa Quaresima ho mangiato cibi conditi con lardo».
E così più di una volta attribuì a gola ciò che invece aveva concesso alla malattia” (FF 715).
Chiara stessa, impronta della Madre di Dio, esortò sempre la sua comunità a rifuggire ogni forma di falsità che catalogava come vera cecità.
Lei, Chiara per vita e virtù, si guardò sempre da questa peste che poteva rovinare la fraternità fra sorelle e impedire l’amore vicendevole.
«Ahimé per voi, scribi e farisei teatranti, poiché chiudete il regno dei cieli davanti alla gente» (Mt 23,13).
• S’intende Poggio Bustone, nella valle reatina.
Lunedì 21.a sett. T.O (Mt 23,13-22)
In questa domenica il Vangelo di Luca porta alla nostra attenzione l’esortazione di Gesù a sforzarsi di entrare per la porta stretta, ribadendo che al momento dell’incontro definitivo con Lui le opere compiute parleranno per noi.
«Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Lc 13,30).
Il tema della Porta Stretta e del ‘farsi ultimi’ è presente in modo assiduo nelle Fonti francescane.
Dopo la conversione, il Figlio di Pietro Bernardone pone molta cura allo «sforzatevi di entrare per la porta stretta» raccomandato da Gesù.
Infatti, in quelli che denominiamo «Scritti di Francesco» [per lo più dettati a qualche frate che si faceva suo segretario] emerge con chiarezza la sua ferma adesione al Vangelo.
Nella Regola non bollata (1221) troviamo, tra le esortazioni rivolte ai suoi frati:
«E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano» (FF 37).
E ben consapevole dell’esigenza evangelica dell’umiltà e della minorità, così rispondeva ai suoi in merito a chi deve essere ritenuto un vero frate minore:
«Prendi un corpo morto - disse - e mettilo dove ti pare e piace. E vedrai che, se lo muovi, non si oppone: se lo lasci cadere, non protesta. Se lo metti in cattedra, non guarderà in alto, ma in basso. Se gli metti un vestito di porpora, sembrerà doppiamente pallido. Questo è il vero obbediente: chi non giudica il perché lo spostano; non si cura del luogo a cui viene destinato; non insiste per essere trasferito; eletto in un ufficio, mantiene la solita umiltà; quanto più viene onorato, tanto più si ritiene indegno» (FF 1107).
E Chiara non era da meno!
Nel suo Testamento lasciato alle sorelle leggiamo:
«Ma poiché stretta è la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi sono quelli che la percorrono e vi entrano; e se pure vi sono quelli che per un poco di tempo vi camminano, pochissimi perseverano in essa. Beati però quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Nella Leggenda:
“Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle, mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano” (FF 3180).
Già, gli ultimi saranno i primi nel Regno di Dio!
Quanti sono stati messi all’angolo, dalla durezza e saccenza della vita competitiva, saranno abbracciati dalla Misericordia di Dio.
Domenica 21.a T.O. anno C (Lc 13,22-30)
Nel brano evangelico proposto oggi, Gesù si rivolge alla gente comune e ai suoi discepoli mettendoli in guardia dai criteri usati dagli scribi e farisei:
«Non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno» (Mt 23,3).
In quanto operano c’è la ricerca dell’apparire e dell’essere ammirati, vivendo fuori di sé anziché dentro.
Cercatori dei primi posti e dell’essere chiamati "rabbì" dalla gente.
No, dice Gesù, fra voi non sia così, la logica del Regno è altra e chi si umilia sarà esaltato.
In questo contesto guardiamo dentro le Fonti.
Francesco aveva un grande rispetto concreto per Dio, tanto che leggiamo nelle Fonti:
"Non voleva chiamare col loro nome quanti avessero nome «Buono», per riverenza al Signore che ha detto: Nessuno è buono, fuorché Dio solo.
Allo stesso modo, non voleva dare a nessuno il titolo di «padre» o di «maestro», né scriverlo nelle lettere, per rispetto al Signore che disse: Non chiamate nessuno «padre» sulla terra, né fatevi chiamare «maestri», ecc" (FF 1615).
Il Povero d’ Assisi inoltre aborriva l’ipocrisia, la malattia dell’apparire e non essere, e non fare.
Infatti nella Vita seconda del Celano leggiamo:
“Costoro si preoccupano di apparire buoni, non di diventarlo, accusano i vizi altrui ma non depongono i propri […] vendono a prezzo di lodi funeste il pallore della loro faccia emaciata per sembrare spirituali, in modo da giudicare tutto e non essere giudicati da nessuno.
Godono della fama di essere santi, senza averne le opere, del nome di angeli ma non ne hanno la virtù” (FF 770).
Il Poverello era in modo evidente nemico di ogni forma di ostentazione e mancata trasparenza.
Infatti, nelle Fonti: "Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l’eremo di Poggio [Bustone].
Francesco esordì a questo modo:
«Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venuti con devozione. Ebbene, ve lo confesso, in tutta questa quaresima, ho mangiato cibi conditi con lardo».
E così più di una volta attribuì a gola, ciò che invece aveva concesso alla malattia” (FF 715).
L’interiorità di Francesco andava a braccetto con la forma esterna, in un sapiente equilibrio esistenziale.
Sabato della 20.a sett. T.O. (Mt 23,1-12)
Those living beside us, who may be scorned and sidelined because they are foreigners, can instead teach us how to walk on the path that the Lord wishes (Pope Francis)
Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole (Papa Francesco)
Many saints experienced the night of faith and God’s silence — when we knock and God does not respond — and these saints were persevering (Pope Francis)
Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti (Papa Francesco)
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
We are faced with the «drama of the resistance to become saved persons» (Pope Francis)
Siamo davanti al «dramma della resistenza a essere salvati» (Papa Francesco)
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]
don Giuseppe Nespeca
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