Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Nel brano dell’odierna liturgia viene messa in evidenza la figura di Maria ai piedi della croce, quale Madre di tutti i credenti - e il sangue e acqua fuoriusciti dal costato di Cristo, colpito dalla lancia [che nutre un’ampia simbologia].
Francesco e Chiara ebbero sempre grande predilezione per Maria, considerata loro madre, e di tutte le anime.
C’è una preghiera di Francesco che inizia così:
«Ave, Signora, Santa regina, /santa Madre di Dio, Maria, /che sei vergine fatta Chiesa» (FF 259 - Saluto alla Beata Vergine Maria).
Chiara, quando lasciò la vita mondana per seguire Gesù sulle orme di Francesco, fu accolta a Santa Maria della Porziuncola, luogo appunto dedicato a Maria, la Madre di Cristo.
Nella Leggenda leggiamo:
"Abbandonati […] casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, accolsero la vergine Chiara con torce accese" (FF 3170).
"Né sarebbe stato giusto che, alla sera dei tempi, germogliasse altrove l’Ordine della fiorente verginità, se non lì, nel tempio di colei che, prima fra tutte e di tutte la più degna, unica fu madre e vergine.
Questo è quel famoso luogo nel quale ebbe inizio la nuova schiera dei poveri, guidata da Francesco: così che appare chiaramente che fu la Madre della misericordia a partorire nella sua dimora l’uno e l’altro Ordine" (FF 3171).
Ma Francesco e Chiara d’Assisi avevano sempre dinanzi agli occhi la Passione di Gesù, e quel gesto compiuto da un soldato, mentre il Figlio di Dio pendeva dalla croce, di colpirgli il costato con una lancia; e il prezzo pagato con il suo sangue per riscattare le anime.
Nella Leggenda maggiore notiamo un passo che dà la misura di quanto detto:
"La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandosi con tutte le creature, lo riportava allo stato d’innocenza primitiva.
Per essa sentiva grandissima attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera, che ogni giorno le partoriva, come una madre, in Cristo" (FF 1134).
Nella Lettera a tutto l’Ordine, Francesco scrive:
«Scongiuro tutti voi, fratelli […] che prestiate per quanto potete, tutta la riverenza e tutto l’onore al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente» (FF 217).
La Madre e suo Figlio Gesù occupavano tutta la vita dei due Poveri, guidandoli in ogni opera.
«Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26).
«ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la sua lancia, e uscì subito sangue e acqua» (Gv 19,34).
[Lunedì dopo Pentecoste: B.V. Maria Madre della Chiesa (Gv 19,25-34)]
Il Vangelo della solennità di Pentecoste evidenzia, attraverso Gesù, l’invio dello Spirito Santo: «che il Padre manderà nel mio nome» (Gv 14,26), dice il Signore.
Francesco d’Assisi visse e servì all’insegna dello Spirito Santo, considerato Ministro Generale dell’Ordine.
Era, infatti, frequentemente visitato da Lui, che lo guidava interiormente.
Nella Vita seconda del Celano ci viene donato un passo molto interessante:
"Non è giusto tralasciare il ricordo dell’edificio spirituale, molto più nobile di quello materiale, che il Padre, dopo la riparazione della chiesa*, innalzò in quel luogo sotto la guida dello Spirito Santo, per accrescere la città celeste.
E non si può credere che Cristo gli abbia parlato dal legno della Croce in un modo così stupendo da incutere timore e dolore in chi ne sente parlare, solo per riparare un’opera cadente, destinata a perire.
Ma, come un tempo aveva predetto lo Spirito Santo, lì doveva sorgere un Ordine di sante vergini, destinato ad essere trasferito a suo tempo, come massa scelta di pietre vive, per restaurare la casa celeste.
Veramente, dopo che le vergini di Cristo cominciarono a raccogliersi in quel luogo, provenendo da varie parti del mondo e vi fecero professione di somma perfezione, osservando una povertà altissima, nello splendore di ogni virtù, il Padre sottrasse loro a poco a poco la sua presenza fisica. Tuttavia intensificò la sua premura amandole ancor più nello Spirito Santo.
Infatti, quando il Padre, dalle numerose prove di altissima perfezione che avevano date, le conobbe pronte a sostenere per Cristo ogni danno terreno ed ogni sacrificio […] promise fermamente a loro ed alle altre […] che avrebbe dato il suo aiuto e consiglio e quello dei suoi frati in perpetuo.
Finché visse, mantenne sempre scrupolosamente queste promesse e, prossimo a morire, comandò con premura che si continuasse sempre: perché, diceva, un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e quelle donne poverelle da questo mondo malvagio" (FF 793).
Sull’Ordine piovve sempre, specie durante tutta la vita di Francesco e Chiara, una continua Pentecoste, un effluvio dello Spirito che oltrepassava le mura e si diffondeva ovunque.
Nella Forma di vita, scritta da Francesco per le sorelle damianite (conservata nella stessa Regola di Chiara) leggiamo:
«Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale» (FF 139).
Francesco e Chiara e le loro fraternità vissero contemplando e accogliendo il Soffio dello Spirito, loro Maestro e Amico.
* Si allude alla chiesa di San Damiano.
Domenica di Pentecoste C (Gv 14,15-16.23b-26)
Gesù chiede a Pietro di seguirlo [«Me, Segui» Gv 21,22] anziché preoccuparsi del futuro del discepolo amato.
La sequela è un tema fortemente sentito da Francesco - in prima persona, per i suoi frati, e non solo.
In realtà fondò ben tre Ordini, per il suo straordinario desiderio di seguire e far seguire le orme di Cristo; religiosi o laici, tanto che, infervorato, ripeteva:
«Voglio mandarvi tutti in Paradiso».
Le Fonti, strumento di viaggio nell’itinere francescano, donano passi interessanti in merito.
"Alcuni incominciarono a sentirsi invitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui, nell’abito e nella vita, lasciando ogni cosa.
Il primo di loro fu il «venerabile Bernardo», che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e nella santità.
Bernardo dopo aver constatato di persona la santità del servo di Cristo, decise di seguire il suo esempio, abbandonando completamente il mondo. Perciò si rivolse a lui, per sapere come realizzare questo proposito" (FF 1053).
Le folle seguivano Gesù, ma pure tante anime andavano dietro al discepolo povero di Assisi.
Infatti, nei Fioretti, viene narrato un episodio in cui frate Masseo, volendo provare l’umiltà del santo, chiese a Francesco perché tutto il mondo gli andasse dietro. Il Poverello esordì così:
"[…] Santo Francesco risponde:
«Che è quello che tu vuoi dire?».
Disse frate Masseo:
«Dico, perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti? Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile; onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro?».
Udendo questo santo Francesco, tutto rallegrato in ispirito, rizzando la faccia al cielo, per grande spazio istette colla mente levata in Dio; e poi ritornando in sé, s’inginocchiò e rendette laude e grazia a Dio; e poi con grande fervore di spirito si rivolse a frate Masseo e disse:
«Vuoi sapere perché a me tutto ‘l mondo mi venga dietro? […] quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me […] e però a fare quell’operazione meravigliosa, la quale egli intende fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra; e perciò ha eletto me per confondere la nobiltà e la grandigia e la fortezza e bellezza e sapienza del mondo, acciò che si conosca ch’ogni virtù e ogni bene è da lui» (FF 1838).
E nel Testamento spirituale di Chiara leggiamo:
«Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate» (FF 2823).
Tutto il resto, nella vita di Chiara come in quella di Francesco, non è che la risposta dello Spirito, che guida entrambi nella stessa via, sulle orme di Cristo, meravigliando.
Sabato della 7.a sett. di Pasqua (Gv 21,20-25)
Il capitolo ventuno di Giovanni, nella sua parte conclusiva, mette sulle labbra di Gesù il ripetuto verbo «pascere» dopo la domanda fatta a Pietro: «mi ami?» (Gv 21,15.16); «mi vuoi bene?» (Gv 21,17).
L’essere pastore e il pascere le pecore del gregge era stato per Francesco l’opera principale del suo singolare cammino.
Questa solerte chiamata costituì sempre per Francesco il fondamentale motivo del suo vivere.
Nelle Fonti ci sono brani che ben illustrano tale vocazione.
Nella Leggenda maggiore in particolare:
"Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quella severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa di digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato com’era dalla fame.
Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po’ di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l’altro a mangiare.
Il frate scacciò la vergogna e prese cibo con grandissima gioia, giacché, con la sua vigilanza e la sua accondiscendenza, il Padre gli aveva evitato il danno del corpo e gli aveva offerto motivo di grande edificazione.
Al mattino, l’uomo di Dio radunò i frati e, riferendosi a quanto era successo quella notte, aggiunse questo provvido ammonimento:
«A voi, fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità».
Li ammaestrò, poi, a seguire sempre nella corsa alla virtù, la discrezione che ne è l’auriga; non la discrezione consigliata dalla sapienza umana, ma quella insegnata da Cristo con la sua vita santissima, che certamente è il modello dichiarato della perfezione" (FF 1095).
Francesco fu un pastore dal raffinato intuito, pronto ad educare con l’amore e il rispetto dell’altro, iniziando dai più piccoli.
Venerdì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 21,15-19)
Nella parte conclusiva del capitolo diciassette di Giovanni, Gesù più volte torna sul tema dell’unità, chiedendo al Padre per i suoi che «tutti siano Uno» (Gv 17,21).
Francesco aveva sempre tenuto in gran conto il valore miliare dell’unità, della concordia sia con i suoi frati che con i concittadini.
C’è un brano nelle Fonti, nella Vita seconda del Celano, che evidenzia come il Poverello, mentre predica agli abitanti di Perugia, predice la guerra civile e loda la concordia.
"Alcuni giorni dopo il Padre scese dalla cella suddetta e rivolto ai frati presenti disse con voce di pianto:
«I Perugini hanno arrecato molto danno ai loro vicini* ed il loro cuore si è insuperbito, ma per loro ignominia. Perché si avvicina la vendetta di Dio e questi ha già in pugno la spada».
Attese alcuni giorni, poi in fervore di spirito, si diresse verso Perugia.
I frati poterono dedurre con tutta sicurezza che aveva avuto in cella una visione.
Giunto a Perugia, cominciò a parlare al popolo che si era dato convegno.
E poiché i cavalieri impedivano l’ascolto della Parola di Dio, giostrando, secondo l’uso ed esibendosi in spettacoli d’arme, il Santo, molto addolorato, li apostrofò:
«O uomini miseri e stolti, che non riflettete e non temete la punizione di Dio!
Ma ascoltate che cosa il Signore vi annunzia per mezzo di questo poverello.
Il Signore vi ha innalzato al di sopra di quanti abitano attorno, e per questo dovreste essere più benevoli verso il prossimo e più riconoscenti a Dio.
E invece, ingrati per tanto beneficio, assalite con le armi in pugno i vicini, li uccidete e li saccheggiate.
Ebbene, vi dico:
non la passerete liscia! Il Signore a vostra maggiore punizione vi porterà a rovina con una guerra fratricida, che vedrà sollevarsi gli uni contro gli altri.
Sarete istruiti dallo sdegno, giacché nulla avete imparato dalla benevolenza».
Poco tempo dopo scoppiò la contesa* : si impugnarono le armi contro i vicini di casa, i popolani infieriscono contro i cavalieri e questi, a loro volta, contro il popolo:
furono tali l’atrocità e la strage, che ne provarono compassione anche i confinanti, che pure erano stati danneggiati.
Castigo ben meritato! Si erano allontanati da Dio Uno e Sommo: era inevitabile che neppure tra loro rimanesse l’unità.
Non vi può essere per uno Stato un legame più forte di un amore convinto a Dio, unito a una fede sincera e senza ipocrisie" (FF 622).
E nel Cantico delle creature ecco un’espressione molto significativa, che ben si lega a quanto detto:
«beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, / ka la morte seconda no ‘L farrà male» (FF 263).
Francesco si adoperò concretamente perché l’Unità, per cui Cristo era morto sulla croce, dimorasse tra i suoi figli e non solo.
* Si combattè tra Assisi e Perugia in diverse riprese dal 1202 al 1209.
Francesco sembra qui accennare alla sua prigionia.
* La lotta civile riarse più volte: nel 1214, nel 1217 e infine nel 1223-1225, e terminò con l’esilio dei nobili.
Giovedì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,20-26)
Gesù pronuncia una frase stupenda e impegnativa insieme: «Padre santo conservali nel tuo Nome che mi hai dato, affinché siano Uno come noi» (Gv 17,11b).
Questa espressione contiene un tesoro inesauribile ed è motore e ragion d’essere d’ogni missione.
Francesco consumò se stesso, e altrettanto fece Chiara, per la causa dell’unità nella fraternità e nel mondo, perché da essa deriva anche la pace.
Nel ‘laboratorio francescano’ delle Fonti troviamo un ventaglio di brani che, in modo diretto e indiretto, puntano l’indice sull’unità perseguita dai Poveri assisani.
Nella Lettera ai Fedeli:
«Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!
Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
Oh, come è santo, come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le sue pecore e pregò il Padre per noi, dicendo:
«Padre santo custodiscili nel tuo nome […] affinché siano santificati nell’unità, come lo siamo noi» (FF 201).
Nella Vita seconda del Celano:
"Fu suo desiderio costante e vigile premura mantenere tra i figli il vincolo dell’unità, in modo che vivessero concordi nel grembo di una sola madre quelli che erano stati attratti dallo stesso spirito e generati dallo stesso padre.
Voleva che si fondessero maggiori e minori, che i dotti si legassero con affetto fraterno ai semplici, che i religiosi, pur lontani tra loro, si sentissero uniti dal cemento dell’amore" (FF 777).
Francesco raccomandava anche alle sorelle povere di San Damiano l’unità dei cuori e nella Regola di Chiara:
«Allo scopo di conservare l’unità della scambievole carità e della pace, tutte le responsabili degli uffici del monastero vengano elette di comune consenso da tutte le sorelle» (FF 2782).
A favore di tutto questo Francesco compose un canto per le sorelle damianite, sapendole contristate dalla sua infermità e, non potendo recarsi di persona da loro, mandò alcuni suoi compagni perché facessero sentire alle recluse quel canto.
"In esso Francesco si proponeva di manifestare alle sorelle, allora e per sempre, il suo ideale: che cioè fossero un solo cuore nella carità e convivenza fraterna, poiché quando i frati erano ancora pochi, esse si erano convertite a Cristo, dietro l’esempio e i consigli di lui, Francesco" (FF 1594).
Uniti a Gesù per essere uniti fra loro, sulle sue orme.
La preghiera conclusiva del Poverello, nella Lettera a tutto l’Ordine, recita:
«Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola Grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen» (FF 233).
Mercoledì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,11b-19)
Gesù si rivolge al Padre dicendoGli di glorificarLo perché il Figlio possa glorificare Lui, mentre prega per quanti gli sono stati affidati nella sua immensa e impervia missione.
L’inizio di questo capitolo, che illustra la stupenda preghiera sacerdotale di Cristo, ci trasferisce nel mondo dell’orazione di Francesco d’Assisi, liturgo dell’universo e dell’umanità.
Nelle Fonti troviamo passi equivalenti - perle della contemplazione francescana.
Nelle Lettere del Minimo assisano:
"Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!
Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
Oh, come è santo, come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le pecore e pregò il Padre per noi, dicendo:
«Padre santo, custodisci nel tuo nome quelli che mi hai dato. Padre, tutti coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e tu li hai dati a me […]» (FF 201).
E ancora:
«A Colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro, a Dio, ogni creatura che vive nei cieli, sulla terra, nel mare e negli abissi, renda lode, gloria, onore e benedizione, poiché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza. Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile, glorioso e solo è santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen» (FF 202).
Gli stessi figli di Francesco, dopo la dipartita del padre santo, li vediamo pregare con parole e atteggiamenti che richiamano la preghiera sacerdotale di Gesù.
«Ricordati, o Padre, di tutti i tuoi figli. Tu, o santissimo, conosci perfettamente come, angustiati da gravi pericoli, solo da lontano seguono le tue orme. Dà loro forza per resistere, purificali perché risplendano, rendili fecondi perché portino frutto. Ottieni che sia effuso su di loro lo spirito di grazia e di preghiera, perché abbiano la vera umiltà che tu hai avuto, osservino la povertà che tu hai seguito, meritino quella carità con cui tu hai sempre amato Cristo Crocifisso. Egli vive e regna col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen» (FF 820).
«Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dato, perché sono tuoi» (Gv 17,9).
Martedì 7.a sett. di Pasqua (Gv 17,1-11a)
Lasciato solo dai discepoli, Gesù risponde loro ricordando e sottolineando la Comunione col Padre.
Li invita alla Pace, spronandoli a essere coraggiosi - perché Lui ha vinto il mondo.
Francesco affrontava con coraggio le avversità, sapendo che sono inevitabili per chi ama il Regno.
Il Poverello le incontrava ad ogni dove, ma si relazionava con le prove cantando, poiché Gesù aveva trionfato su di esse.
Le Fonti raccontano di un episodio avvenuto presso Caprignone:
"Vestito di cenci, colui che un tempo si adornava di abiti purpurei, se ne va per una selva, cantando le lodi di Dio in francese.
Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia.
L’uomo di Dio risponde impavido e sicuro:
«Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?».
Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo:
«Stattene lì, zotico araldo di Dio!».
Ma egli, rivoltandosi di qua e di là, scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti, balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose" (FF 346).
Esempio di coraggio e di fiducia nel Signore!
Francesco, il cui nome viene dall’antico tedesco e significa «libero», appunto liberamente continuava il suo cammino tra i marosi del mondo.
Il coraggio cui Gesù chiamava, lo chiedeva nella preghiera.
Nella Leggenda maggiore si narra:
"I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.
Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo" (FF 1041).
«Nel mondo avete tribolazione. Ma fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
Lunedì della 7.a sett. di Pasqua (Gv 16,29-33)
This belonging to each other and to him is not some ideal, imaginary, symbolic relationship, but – I would almost want to say – a biological, life-transmitting state of belonging to Jesus Christ (Pope Benedict)
Questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale (Papa Benedetto)
She is finally called by her name: “Mary!” (v. 16). How nice it is to think that the first apparition of the Risen One — according to the Gospels — took place in such a personal way! [Pope Francis]
Viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16). Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i Vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! [Papa Francesco]
Jesus invites us to discern the words and deeds which bear witness to the imminent coming of the Father’s kingdom. Indeed, he indicates and concentrates all the signs in the enigmatic “sign of Jonah”. By doing so, he overturns the worldly logic aimed at seeking signs that would confirm the human desire for self-affirmation and power (Pope John Paul II)
Gesù invita al discernimento in rapporto alle parole ed opere, che testimoniano l'imminente avvento del Regno del Padre. Anzi, Egli indirizza e concentra tutti i segni nell'enigmatico "segno di Giona". E con ciò rovescia la logica mondana tesa a cercare segni che confermino il desiderio di autoaffermazione e di potenza dell'uomo (Papa Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore, e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato (Papa Benedetto)
In reality, an abstract, distant god is more comfortable, one that doesn’t get himself involved in situations and who accepts a faith that is far from life, from problems, from society. Or we would even like to believe in a ‘special effects’ god (Pope Francis)
In realtà, è più comodo un dio astratto, distante, che non si immischia nelle situazioni e che accetta una fede lontana dalla vita, dai problemi, dalla società. Oppure ci piace credere a un dio “dagli effetti speciali” (Papa Francesco)
It is as though you were given a parcel with a gift inside and, rather than going to open the gift, you look only at the paper it is wrapped in: only appearances, the form, and not the core of the grace, of the gift that is given! (Pope Francis)
È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, la forma, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato! (Papa Francesco)
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10, 21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
don Giuseppe Nespeca
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