Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Nella sua dimensione universale, Francesco non ha mai neppure mentalmente creato categorie di persone che risultassero meritevoli o meno della salvezza - per la quale Cristo si è donato in favore di tutti.

Nella genealogia di Gesù compaiono nomi anche poco raccomandabili, da un punto di vista umano, attestando la commistione di Cristo con la nostra storia, venuto a riscattare “meritevoli” e non, a farsi Uno con noi, tranne il peccato.

Francesco che reputava degno di lasciare l’abito chi avesse spogliato il fratello della buona fama, in realtà, si spoglia lui di tutto, della sua stessa nobile provenienza (figlio di un ricco mercante senza troppi scrupoli, e di Madonna Pica, francese d’oltralpe, di nobile cuore).

Si reinserisce nella storia comune, uscendo dagli incasellamenti in cui si voleva rinchiuderlo, e chiamando «Padre» Colui che è nei cieli.

Fa sua la storia umana tutta, e si rimette, in povertà, alla sequela di Cristo.

Francesco scostandosi dall’ingordigia sociale e commerciale del padre naturale, aiutato dalla rettitudine della madre, Monna Pica, si fa strumento di Dio, 

Figlio di una genealogia senza principio né fine, non più limitata a quegli strati sociali animati dal tornaconto, cui voleva legarlo il legame carnale.

E nel suo albero genealogico spirituale troveremo persone d’ogni rango che, convertiti a Cristo, renderanno la discendenza di Francesco più numerosa delle stelle o della sabbia del mare.

Dalla madre aveva ereditato un cuore tenero e lungimirante, sensibile al divino. 

“Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù […]

Fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.

Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ella ripeteva, quasi divinamente ispirata:

«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio» (FF 583).

E le Fonti continuano:

“Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama […]

Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi” (FF 583).

 

Feria propria del 17 dicembre  (Mt 1,1-17)

Il Vangelo odierno sottolinea l’autorevolezza di Gesù nel rispondere all’arrogante pretesa dei farisei che chiedono con quale autorità facesse le opere che compiva, sbalordendoli.

In Francesco questo tratto eloquente nasce dalla sua genuina santità, radicata nell’umiltà e che metteva a tacere ogni insubordinazione tra i frati e nella gente comune.

L’umiltà del Minimo nella comunità assisana faceva riflettere e tacere qualsiasi nascosta o palese pretesa.

Nelle Fonti ci sono passi interessanti al riguardo:

“Fin dalla conversione, Francesco, con l’aiuto del Signore, fondò se stesso e la sua casa, vale a dire l’Ordine, da sapiente architetto, sopra solida roccia, cioè sopra la massima umiltà e povertà del Figlio di Dio, e lo chiamò Ordine dei frati minori. Sopra la massima umiltà. Per questo, nei primordi, quando i frati presero a moltiplicarsi, volle che abitassero nei lazzaretti a servizio dei lebbrosi […]” (FF 1658).

E ancora: “Per conservare una più grande umiltà, pochi anni dopo la sua conversione, in un Capitolo celebrato presso la Porziuncola, egli rassegnò le dimissioni dall’incarico di prelato, dicendo alla presenza di tutti i frati convenuti:

«Da ora io sono morto per voi. Ma ecco frate Pietro Cattanio, al quale io e voi tutti obbediremo»” (FF 1661).

Una volta disse al Ministro generale:

«Voglio che tu affidi la cura che hai di me ad uno dei miei compagni. Gli obbedirò come a te stesso: ché per il buon esempio e la virtù dell’obbedienza io voglio che tu resti sempre con me, in vita e in morte».

E nella Regola di S. Chiara (1253):

«E, come al principio della sua conversione, insieme alle sue sorelle, promise obbedienza al beato Francesco, così promette di mantenerla inviolabilmente ai suoi successori» (Bolla di papa Innocenzo IV, 2752).

Ecco con quale autorità Francesco, sulle orme del suo Maestro, faceva queste cose!

 

«Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» (Mt 21,23)

 

 

Lunedì 3.a sett. di Avvento (Mt 21,23-27)

Nell’ascolto di quanto il Battista diceva alle folle, sembra quasi che il Povero d’Assisi finisse per seguirlo alla lettera.

Giovanni esortava: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha» (Lc 3,11).

Francesco, rinnovato nel cuore dal battesimo di Fuoco ricevuto, ai suoi tempi giocava d’anticipo - e ancora ci offre un paradigma evangelico solido, cui fare riferimento.

Come il Precursore, ha collocato in alto la Povertà, del cuore e dalle cose.

Nelle Fonti leggiamo: “Egli si recò a visitare, con religiosa devozione, la tomba dell’Apostolo Pietro.

Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine dei mendicanti davanti alle porte di quella chiesa, 

spinto da una soave compassione e, insieme, allettato dall’amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro 

e ricoperto degli stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri, con insolita gioia di spirito” (Fonti  1037).

Chiara gli faceva eco: 

«O povertà beata!! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne.

O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.

O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo [...] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864 - Lettera Prima ad Agnese di Praga)

«Amandolo, siete casta, toccandolo, diventerete più monda, accogliendolo in voi, siete vergine; 

la sua potenza è più forte, la generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l'amore più soave e ogni grazia più fine.
Già siete stretta dagli amplessi di lui, che il vostro petto ha ornato di pietre preziose e alle vostre orecchie ha messo perle inestimabili, 

e vi ha tutta avvolta di primaverili e corrusche gemme e vi ha incoronata con una corona d'oro espressa con il segno della santità.

Quindi, sorella carissima, o piuttosto signora straordinariamente degna di ogni venerazione, perché siete sposa e madre e sorella del mio Signore Gesù Cristo, 

splendidissimamente insignita del vessillo dell'inviolabile verginità e della santissima povertà, siate corroborata nel santo servizio, incominciato con ardente desiderio, del povero Crocifisso, che per noi tutti sopportò la passione della croce, strappandoci al potere del principe delle tenebre, nel quale per la trasgressione del primo parente eravamo tenuti legati, e riconciliandoci con Dio Padre Onnipotente.

Nell’ascolto di quanto il Battista diceva alle folle, sembra quasi che il Povero di Assisi definisca se stesso per seguire il Vangelo alla lettera.

Giovanni, testimone della Luce, a chi gli chiedeva chi fosse rispondeva:

«Io voce di uno che grida nel deserto. Raddrizzate la via del Signore» (Giovanni 1,23).

In un mondo alla ricerca dell’avere, dell’apparire, del possedere e dominare, i Poveri d’Assisi testimoniano in modo attuale l’onestà del vivere secondo Dio, restituendo a Lui ogni dono perfetto!

 

«Cosa dunque dobbiamo fare?» (Luca 3,10)

 

 

3.a Domenica di Avvento (C)  (Lc 3,10-18)

Le poche righe del Vangelo di oggi sono dedicate all’opera nuova dei non riconosciuti al pari di Gesù, che preparano le vie del Signore.

Senza dubbio Francesco d’Assisi, in quel tempo, estensibile ai giorni nostri, ha portato una ventata di novità evangelica notevole.

Gesù stesso glielo aveva chiesto: Rinnova la mia Chiesa che va in rovina!

Con la sua semplicità e umiltà, unito a Madonna Povertà, aveva rivoluzionato la vita civile e religiosa con i parametri del Vangelo, quale Elia redivivo.

Leggiamo nelle Fonti passi che sottolineano tale fisionomia e sviluppo:

“Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi, con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte.

Come arcobaleno che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della Pace e della salvezza.

Angelo della vera Pace, anch’egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto della altissima povertà e a predicare la penitenza con l’esempio e con la parola.

Prevenuto dapprima dai doni della Grazia celeste […] s’innalzò, poi, per i meriti di una virtù sempre vittoriosa; fu ricolmo anche di spirito profetico […]

Fu ricolmato dell’ardente amore dei serafini, finché, divenuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un carro di fuoco.

Resta così razionalmente dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia […]” (FF 1021 - Leggenda maggiore).

 

«Certamente, Elia viene e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto» (Mt 17,11-12).

 

 

Sabato 2.a sett. Avvento (Mt 17,10-13)

Gesù paragona la generazione con cui aveva a che fare, a bambini capricciosi che giudicano in malo modo qualunque cosa si faccia.

Francesco è stato un discepolo e profeta di Cristo che ha testimoniato concretamente l’opera sapiente di Dio in lui.

Le Fonti, maestre di vita francescana al servizio della Parola, offrono innumerevoli episodi che racchiudono in sé una sintesi del Vangelo.

Infatti, dopo che il Povero cambiò vita, la Sapienza che viene dall’alto lo inondò:

“In mezzo all’avvilimento, in cui era caduta la dottrina evangelica, non nei particolari ma in generale, a motivo dei costumi di coloro che la insegnavano, la Provvidenza di Dio mandò nel mondo questo uomo, perché, come gli apostoli, fosse testimone della verità, davanti a tutti gli uomini. E realmente egli dimostrò con chiarezza, mediante la parola e l’esempio, quanto fosse stolta la sapienza terrena, e in breve, sotto la guida di Cristo, trascinò gli uomini, mediante la stoltezza della predicazione, alla autentica sapienza divina” (FF 474).

Dinanzi alla decadenza di una società che, povera di valori, scambiava per “mangione” o “beone” profeti autentici e lo stesso Cristo, Francesco è il ‘segno del tempo’ che smentisce ogni idea fasulla su Gesù e sulla sua sequela.

Dice S. Bonaventura nella sua Leggenda maggiore:

“Egli comparve ai frati, trasfigurato su un carro di fuoco e come si fece vedere presente, in figura di croce ai capitolari di Arles […]

Questo suo meraviglioso comparire in vari luoghi con la sua persona fisica stava ad indicare […] come il suo spirito fosse in perfetta comunione con la Luce dell’eterna Sapienza, quella Sapienza che è più nobile d’ogni moto e penetra dappertutto per la sua purezza, si comunica alle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti […]

Infatti l’eccelso Dottore suole rivelare i suoi misteri ai semplici e ai piccoli, come abbiamo visto dapprima in Davide […] successivamente in Pietro […] e finalmente in Francesco, il poverello di Cristo” (FF 1202).

 

Francesco, il mercante, vendendo e donando tutto per il Signore Gesù, compra la Perla della vita evangelica, ormai libero da capricci esistenziali frutto d’immaturità.

 

«Eppure la Sapienza è stata riconosciuta giusta dalle sue opere» (Mt 11,19).

 

 

Venerdì 2.a sett. di Avvento (Mt 11,16-19)

Gesù fa presente agli astanti chi è Giovanni Battista e come nel Regno di Dio il più piccolo sia più grande di lui.

La Sacra Scrittura rivela infatti come la Sapienza che viene dall’alto formi amici di Dio e profeti.

Poiché il Regno dei cieli (la Comunità, la Chiesa) subisce violenza, Francesco raccomandava ai suoi frati di non ribattere colpo su colpo.

Consigliava la povertà di Cristo, quella che nulla possiede e che si fa ultima in ogni circostanza.

«I frati non si approprino di nulla […] e come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo il Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia […] Questa è la sublimità dell’altissima povertà, quella che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli […] questa sia la vostra parte di eredità, quella che conduce fino alla terra dei viventi» (FF 90 - Regola bollata 1223).

L’essere minimi e all’ultimo posto - senza mai scapricciarsi e voler prevaricare - era in Francesco la componente più evidente del frate minore, la ricchezza del farsi minimi per il Regno.

Infatti raccomandava ai suoi figli di rispettare e considerare anche il pensiero dell’ultimo arrivato in comunità, perché, diceva, il Signore spesso parla e si rivela ai piccoli, a chi apparentemente non ha voce in capitolo.

E poiché ben rammentava che in cielo il più piccolo è più grande di Giovanni Battista, molto stimava la minorità: cifra d’oro per il Regno.

Nelle Fonti: “In diverse parti del mondo capitava loro di essere ricoperti di ingiurie, come persone spregevoli e sconosciute; ma l’amore del Vangelo li aveva resi così pazienti, che essi stessi andavano a cercare i luoghi in cui sapevano che sarebbero stati perseguitati ed evitavano quelli dove la loro santità era conosciuta e avrebbero trovato, perciò, onori e simpatia. 

La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole” (FF 1075).

 

«In verità vi dico, non è sorto tra i nati di donne uno più grande di Giovanni il Battista, ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Ora dai giorni di Giovanni il Battista fino adesso il regno dei cieli patisce violenza e i violenti lo rapiscono» (Mt 11,11-12).

 

 

Giovedì 2.a sett. di Avvento (Mt 11,11-15)

Gesù richiama i suoi  alla mitezza ed umiltà di cuore come luogo di ristoro da ogni fatica, imparando da Lui.

A riguardo della mitezza di Dio, negli scritti del Povero d’Assisi (Lodi di Dio Altissimo) troviamo questa meravigliosa espressione:

«Tu sei umiltà […] Tu sei bellezza. Tu sei Mansuetudine» (FF 261).

Francesco, Alter Christus, era davvero un uomo mite e tutto ciò che gli richiamava la mansuetudine di Gesù lo guardava e riveriva con grande rispetto e scrupolo.

Lo stesso Tommaso da Celano, uno dei suoi principali biografi, descrive Francesco così:

“Quanto era bello, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola […] Di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell’ammonire” (FF 464).

Per la sua malattia agli occhi, dinanzi al chirurgo che arroventava il ferro per cauterizzare la parte malata, Francesco così si rivolge a «frate focu»:

"Il Padre per confortare il corpo già scosso dal terrore, così parla al fuoco:

«Frate mio fuoco, di bellezza invidiabile fra tutte le creature, l’Altissimo ti ha creato vigoroso, bello e utile. Sii propizio a me in quest’ora, sii cortese! Perché da gran tempo ti ho amato nel Signore. Prego il Signore grande, che ti ha creato di temperare ora il tuo calore in modo che io possa sopportarlo, se mi bruci con dolcezza».

Terminata la preghiera, traccia un segno di croce sul fuoco e poi aspetta intrepido. Il Santo si offre pronto e sorridente al ferro.

I frati presenti, inorriditi e tremanti si erano allontanati. Tornati che furono, dopo l’operazione, Francesco si rivolge loro:

«Pusillanimi e di poco coraggio, perché siete fuggiti? In verità vi dico, non ho provato né l’ardore del fuoco né alcun dolore della carne».

E rivolto al medico:

«Se la carne non è bene cauterizzata, brucia di nuovo».

Con stupore di questi che, rivolto ai frati, disse: “Vi dico, frati, che oggi ho visto cose mirabili" (FF 752).

E Chiara, nel suo Testamento, raccomanda alle sorelle, in primo luogo a chi presiede la comunità, l’atteggiamento e lo stile del Vangelo:

«Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fiducia le loro necessità e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza, come crederanno meglio, per sé o a favore delle sorelle» (FF 2848).

Questi due Giganti del Vangelo si nutrirono di umiltà e mitezza trovando in esse la loro difesa.

 

«Imparate da me, che sono mite e tapino di cuore, e troverete riposo per le vite vostre» (Mt 11,29).

 

 

Mercoledì 2.a sett. Avvento (Mt 11,28-30)

Dic 3, 2024

Per una sola pecorella

Pubblicato in Aforisma

Chissà quante volte Francesco, l’Araldo del Gran Re, nel leggere l’episodio della pecora smarrita si sarà soffermato su quel «Che ve ne pare?» (Mt 18,12). Come a dire: «Lo fareste voi?». 

Francesco di certo se la sarà posta questa disarmante domanda, cui tutta la sua eloquente esistenza ha risposto «Sì, senza alcun dubbio».

Per una sola pecorella del suo gregge avrebbe certo lasciato le altre al sicuro alla ricerca di quella perduta.

«Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon Pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce» (FF 155 - Ammonizioni).

Lui, che era solito chiamare frate Leone «pecorella di Dio» avrebbe affrontato ogni avversità pur di ritrovarla, e per questo cercava il martirio perfino presso il Sultano d’Egitto per guadagnarlo a Cristo.

Ricco di tenerezza e misericordia è un episodio che mette in evidenza il cuore di pastore di Francesco. 

Troviamo nelle Fonti:

“Attraversando una volta la Marca d’Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre.

In mezzo al branco c’era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l’erba.

Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello:

«Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato e braccato dai farisei e dai sinedriti doveva proprio apparire come quell’umile creatura.

Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni» (FF 456).

 

«Che cosa vi pare? Lo fareste?» (Mt 18,12).

 

 

Martedì 2.a sett. di Avvento (Mt 18,12-14)

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Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses

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