don Giuseppe Nespeca

don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!

Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!

Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!

Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!

Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.

[Papa Giovanni Paolo II, omelia inizio pontificato 22 ottobre 1978]

Giovedì, 05 Settembre 2024 17:11

Gesù non ha il buonsenso per scegliere?

Con la sua misericordia Gesù sceglie gli apostoli anche «dal peggio», tra i peccatori e i corrotti. Ma sta a loro conservare «la memoria di questa misericordia», ricordando «da dove si è stati scelti», senza montarsi la testa o pensare a far carriera come funzionari, sistematori di piani pastorali e affaristi. È la testimonianza concreta della conversione di Matteo che Papa Francesco ha riproposto celebrando la messa a Santa Marta venerdì 21 settembre, nel giorno della festa dell’apostolo ed evangelista.

«Nell’orazione colletta abbiamo pregato il Signore e abbiamo detto che nel suo disegno di misericordia ha scelto Matteo, il pubblicano, per costituirlo apostolo» ha subito ricordato il Pontefice, che ha indicato come chiave di lettura «tre parole: disegno di misericordia, scelto-scegliere, costituire».

«Mentre andava via — ha spiegato Francesco riferendosi proprio al passo evangelico di Matteo (9, 9-13) — Gesù vide un uomo chiamato Matteo seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. Era un pubblicano, cioè un corrotto, perché per i soldi tradiva la patria. Un traditore del suo popolo: il peggio».

In realtà, ha fatto presente il Papa, qualcuno potrebbe obiettare che «Gesù non ha buon senso per scegliere la gente»: «perché ha scelto fra tanti altri» questa persona «dal peggio, proprio dal niente, dal posto più disprezzato»? Del resto, ha spiegato il Pontefice, nello stesso modo il Signore «ha scelto la samaritana per andare ad annunciare che lui era il messia: una donna scartata dal popolo perché non era proprio una santa; e ha scelto tanti altri peccatori e li ha costituiti apostoli». E poi, ha aggiunto, «nella vita della Chiesa, tanti cristiani, tanti santi che sono stati scelti dal più basso».

Francesco ha ricordato che «questa coscienza che noi cristiani dovremmo avere — da dove sono stato scelto, da dove sono stata scelta per essere cristiano — deve permanere per tutta la vita, rimanere lì e avere la memoria dei nostri peccati, la memoria che il Signore ha avuto misericordia dei miei peccati e mi ha scelto per essere cristiano, per essere apostolo».

Dunque «il Signore sceglie». L’orazione colletta è chiara: «Signore, che hai scelto il pubblicano Matteo e lo hai costituito apostolo»: cioè, ha insistito, «dal peggio al posto più alto». In risposta a questa chiamata, ha fatto notare il Papa, «cosa ha fatto Matteo? Si vestì di lusso? Incominciò a dire “io sono il principe degli apostoli, con voi”, con gli apostoli? Qui comando io? No! Ha lavorato tutta la vita per il Vangelo, con quanta pazienza ha scritto il Vangelo in aramaico». Matteo, ha spiegato il Pontefice, «ha sempre avuto in mente da dove era stato scelto: dal più basso».

Il fatto è, ha rilanciato il Papa, che «quando l’apostolo dimentica le sue origini e incomincia a fare carriera, si allontana dal Signore e diventa un funzionario; che fa tanto bene, forse, ma non è apostolo». E così «sarà incapace di trasmettere Gesù; sarà un sistematore di piani pastorali, di tante cose; ma alla fine, un affarista, un affarista del regno di Dio, perché ha dimenticato da dove era stato scelto».

Per questo, ha affermato Francesco, è importante avere «la memoria, sempre, delle nostre origini, del posto nel quale il Signore mi ha guardato; quel fascino dello sguardo del Signore che mi ha chiamato a essere cristiano, a essere apostolo. Questa memoria deve accompagnare la vita dell’apostolo e di ogni cristiano».

«Noi infatti siamo abituati sempre a guardare i peccati altrui: guarda questo, guarda quello, guarda quell’altro», ha proseguito il Papa. Invece «Gesù ci ha detto: “per favore, non guardare la pagliuzza negli occhi altrui; guarda cosa hai tu nel tuo cuore”». Ma, ha insistito il Pontefice, «è più divertente sparlare degli altri: è una cosa bellissima, sembra». Tanto che «sparlare degli altri» appare un po’ «come le caramelle al miele, che sono buonissime: tu prendi una, è buona; prendi due, è buona; tre... prendi mezzo chilo e ti fa male lo stomaco e stai male».

Invece, ha suggerito Francesco, «parla male di te stesso, accusa te stesso, ricordando i tuoi peccati, ricordando da dove il Signore ti ha scelto. Sei stato scelto, sei stata scelta. Ti ha preso per mano e ti ha portato qui. Quando il Signore ti ha scelto non ha fatto le cosa a metà: ti sceglie per qualcosa di grande, sempre».

«Essere cristiano — ha affermato — è una cosa grande, bella. Siamo noi ad allontanarci e a voler rimanere a metà cammino, perché quello è molto difficile; e a negoziare con il Signore» dicendo: «Signore, no, soltanto fino a qui». Ma «il Signore è paziente, il Signore sa tollerare le cose: è paziente, ci aspetta. Ma a noi manca generosità: a lui no. Lui sempre ti prende dal più basso al più alto. Così ha fatto con Matteo e ha fatto con tutti noi e continuerà a fare».

In riferimento all’apostolo, il Pontefice ha spiegato come lui abbia «sentito qualcosa di forte, tanto forte, al punto di lasciare sul tavolo l’amore della sua vita: i soldi». Matteo «lasciò la corruzione del suo cuore, per seguire Gesù. Lo sguardo di Gesù, forte: “Seguimi!”. E lui lasciò», nonostante fosse «così attaccato» ai soldi. «E sicuramente — non c’era telefono, a quel tempo — avrà inviato qualcuno a dire ai suoi amici, a quelli della cricca, del gruppo dei pubblicani: “venite a pranzo con me, perché farò festa per il maestro”».

Dunque, come racconta il brano del Vangelo, «erano a tavola tutti, questi: il peggio del peggio della società di quel tempo. E Gesù con loro. Gesù non è andato a pranzo con i giusti, con quelli che si sentivano giusti, con i dottori della legge, in quel momento. Una volta, due volte è andato anche con quest’ultimi, ma in quel momento è andato con loro, con quel sindacato di pubblicani».

Ed ecco che, ha proseguito Francesco, «i dottori della legge si sono scandalizzati. Chiamarono i discepoli e dissero: “come mai il tuo maestro fa questo, con questa gente? Diventa impuro!”: mangiare con un impuro ti contagia, non sei più puro». Udito questo, è Gesù stesso che «dice questa terza parola: “Andate a imparare cosa vuol dire: ‘misericordia io voglio e non sacrifici’”». Perché «la misericordia di Dio cerca tutti, perdona tutti. Soltanto, ti chiede di dire: “Sì, aiutami”. Soltanto quello».

«Quando gli apostoli andavano tra i peccatori, pensiamo a Paolo, nella comunità di Corinto, alcuni si scandalizzavano» ha spiegato il Papa. Essi dicevano: «Ma perché va da quella gente che è gente pagana, è gente peccatrice, perché ci va?». La risposta di Gesù è chiara: «Perché non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: “Misericordia voglio e non sacrifici”».

«Matteo scelto! Sceglie sempre Gesù» ha rilanciato il Pontefice. Il Signore sceglie «tramite persone, tramite situazioni o direttamente». Matteo è «costituito apostolo: chi costituisce nella Chiesa e dà la missione è Gesù. L’apostolo Matteo e tanti altri ricordavano le loro origini: peccatori, corrotti. E questo perché? Per la misericordia. Per il disegno di misericordia».

Francesco ha riconosciuto che «capire la misericordia del Signore è un mistero; ma il mistero più grande, più bello, è il cuore di Dio. Se tu vuoi arrivare proprio al cuore di Dio, prendi la strada della misericordia e lasciati trattare con misericordia». È esattamente la storia di «Matteo, scelto dal banco del cambiavalute dove si pagavano le tasse. Scelto dal basso. Costituito nel posto più alto. Perché? Per misericordia». In questa prospettiva, ha concluso il Papa, «impariamo noi cosa vuol dire “misericordia voglio, e non sacrifici”».

[Papa Francesco, a s. Marta, Osservatore Romano del 22.09.2018]

Giovedì, 05 Settembre 2024 06:13

Donne

Azione del Risorto

(Lc 8,1-3)

 

I rabbini non accettavano donne nelle loro scuole, perché ritenute non all’altezza del compito.

Ma Gesù non viene a insegnare leggi o filosofie, bensì a radunare attorno a sé i disprezzati e le non-persone di ogni tempo.

In Cristo ciascuno si apre alla speranza. Chi è considerato senza valore annuncia e testimonia l’amore di Dio per i piccoli e gli ultimi.

Tutto con delicatezza, ed ecco le figure femminili: subentra la fedeltà. 

Nelle donne la pietà sorge spontanea (non è ideata come per noi maschi: immediatamente all’obiettivo e fonte di guadagno).

Con esse svanisce anche l’ansia di prestazione che accompagna gli uomini, i quali anche sul bene devono subito apparire allestendo pedane e défilé; essere notati, coltivare pubbliche e private relazioni che contano, e farci carriera sopra.

Gesù conquista il cuore delle donne perché ne comprende la generosità, la profondità di sentimenti, la capacità di dedizione e di rapporto personale, di dono di sé estremo; sensibilità, Fede-amore, pazienza, mitezza, generosità, capacità di fatica e sofferenza.

Invece di “ammazzare” il tempo, le donne lo riempiono a fondo.

Gesù non vuole un’umanità tesa a farsi apprezzare più che al nascondimento, incline al parlare più che al ‘percepire’; volentieri propensa all’organizzare-progettare più che al meditare - e intuire la profondità delle nostre Radici.

La prevalenza o l’equilibrio dell’aspetto femminile è un opportuno contrappeso a un mondo prono al dirigismo e all’esercizio della volontà, più che alla coltivazione del sentimento figliale.

Felice quella vocazione che viene accompagnata dall’intensità, dalla profondità, delicatezza, capacità di attendere e insieme coerenza ai princìpi - e partecipazione al destino - aspetti tipici della sensibilità femminile e del mondo delle consacrate.

Forse quello di Maria, Giovanna, Susanna e molte altre dei primi tempi era un ruolo paragonabile a quello di Marta nella famiglia di Betania [coordinatrice della comunità di soli fratelli e sorelle].

 

In Lc la vicenda delle donne esprime l’azione del Risorto. Egli le accetta come seguaci e discepole.

Nelle figure femminili si legge in filigrana la vicenda dell’umanità che in Cristo si rialza e assume dignità.

Essa si rende fraterna nel dolore, prepara il nutrimento (invece di toglierlo), persiste, lotta e in tale agire diventa addirittura icona di preghiera.

È modello di dedizione e dono di sé [invece di calcolo e astuzia] - pronte alla vita e tipo dell’Annuncio, tesoro che scatena lo Spirito.

Il Gesù in cammino coi Dodici (v.1) ha ancora oggi tanta tanta strada da percorrere nella magia del femminile - che sa accogliere la persona e ascoltare gli eventi, stando sempre in campo.

Le donne imparano dalla loro essenza, quindi sanno attrarre, conoscono le cose che servono, comprendono dove e come procedere, sono presenti nel presente - e senza sovrintendere, risolvono i problemi.

Non temono di perdere “posizione”.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Ti senti chiamato a una sintesi spirituale delle personalità, con tutta la virtù e completezza che scaturisce da un’indole variegata?

 

 

[Venerdì 24.a sett. T.O. 20 settembre 2024]

Giovedì, 05 Settembre 2024 06:09

Donne, Azione del Risorto

(Lc 8,1-3)

 

I rabbini non accettavano donne nelle loro scuole, perché ritenute non all’altezza del compito.

Ma Gesù non viene a insegnare leggi o filosofie, bensì a radunare attorno a sé i disprezzati e le non-persone di ogni tempo.

In Cristo ciascuno si apre alla speranza. Chi è considerato senza valore annuncia e testimonia l’amore di Dio per i piccoli e gli ultimi.

Tutto con delicatezza, ed ecco le figure femminili: al narcisismo della messinscena subentra la fedeltà.

Nelle donne la pietà sorge spontanea (non è ideata come per noi maschi: immediatamente all’obiettivo e fonte di guadagno).

Con esse svanisce anche l’ansia di prestazione che accompagna gli uomini, i quali anche sul bene devono subito apparire allestendo pedane e défilé; essere notati, coltivare pubbliche e private relazioni che contano, e farci carriera sopra. Una sindrome ancora ben radicata.

Gesù conquista il cuore delle donne perché ne comprende la generosità, la profondità di sentimenti, la capacità di dedizione e di rapporto personale, di dono di sé estremo; sensibilità, Fede-amore, pazienza, mitezza, generosità, capacità di fatica e sofferenza.

Ciascuno di noi può testimoniare l’importanza di queste note spesso sconosciute al mondo scroccone dei titolati, che vanno diritti a tagliare e separare, organizzare invece che accogliere, sentenziare invece di dialogare, ritenersi a tutti i costi qualcuno - spesso allestendo infantili menzogne.

O per chi preferisce sbivaccare la vita in osteria, sprecare il tempo a sfarfallare o solo per se stessi, piuttosto che usarlo bene e farne tesoro: invece di “ammazzarlo”, le donne lo riempiono a fondo.

Gesù non vuole un’umanità tesa a farsi apprezzare più che al nascondimento, incline al parlare più che al percepire; volentieri propensa all’organizzare-progettare più che al meditare - e intuire la profondità delle nostre Radici.

La prevalenza o l’equilibrio dell’aspetto femminile è un opportuno contrappeso a un mondo targato ‘cristiano’… in occidente sbilanciato sul maschile: prono al dirigismo e all’esercizio della volontà, più che alla coltivazione del sentimento figliale.

Felice quella vocazione che viene accompagnata dall’intensità, dalla profondità, delicatezza, capacità di attendere e insieme coerenza ai princìpi (mai svenduti al miglior offerente) e partecipazione al destino - aspetti tipici della sensibilità femminile e del mondo delle consacrate.

Avendone ricevuto grazia personale da una zia e cugine monache [oltre il dono di spettacolari memorie femminili simili a Maria di Nazaret in famiglia], sospetto che la pennellata di Lc sia testimonianza del peso fondamentale delle donne addirittura quali responsabili, coordinatrici, sostenitrici e animatrici sensibili delle prime realtà fraterne e assemblee di seguaci.

Forse quello di Maria, Giovanna, Susanna, la suocera di Pietro e molte altre dei primi tempi era un ruolo paragonabile a quello di Marta nella famiglia di Betania.

Purtroppo, la convenzione ecclesiastica posteriore non ha dato peso al dato indiscutibile e al discepolato delle donne, appiattendosi sulla sequela al maschile - disvalore che iniziamo a pagare in modo evidente (ma è una grazia: non si smuoverebbe nulla, altrimenti).

 

In Lc la vicenda delle donne esprime l’azione del Risorto.

Egli le accetta come seguaci e discepole. Nelle figure femminili si legge in filigrana la vicenda dell’umanità che in Cristo si rialza e assume dignità - invece di essere ulteriormente vessata.

Essa si rende fraterna nel dolore (invece che solo nella vittoria), prepara il nutrimento (invece di toglierlo), persiste senza forme di maniera.

Chiesa di lotta autentica, dall’interno, e in tale agire con franchezza diventa addirittura icona di preghiera - invece di attenersi al minimo e fare tanta diplomazia, poi manipolare gli ingenui, e mostrarsi solo in passerella.

È Fraternità, ossia solidarietà concreta; modello di dedizione e dono di sé, invece di calcolo e astuzia (modi del sotterfugio; artificiosi, soppesati, intenzionali).

Donne pronte alla vita. Tipo dell’Annuncio: Tesoro scatenante lo Spirito che viceversa i maschi vogliono astutamente trattenere per sé - per padroneggiarlo, rendendolo unilaterale.

Il Gesù in cammino coi Dodici (v.1) ha ancora oggi tanta tanta strada da percorrere, proprio nelle nostre realtà consolidate da tradizioni ritenute indiscutibili, ma strette, cocciute, soffocanti, puerili e sorde.

Esse restano in superficie, così bloccano le espressioni della vita.

La magia del femminile sa invece accogliere la persona e ascoltare gli eventi, stando sempre in campo per realizzare ciò che ci caratterizza.

Le donne imparano dalla loro essenza, quindi sanno attrarre, conoscono le cose che servono, comprendono dove e come procedere, sono presenti nel presente - e senza sovrintendere, risolvono i problemi.

Non temono di perdere “posizione”.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Preferiresti essere accompagnato spiritualmente da una donna o da un uomo? Perché?

La pastorale che langue, secondo te ha o non a che fare con alcune catene di comando unilaterali, in cui si teme di perdere “posizione”?

Ti senti anche chiamato a una sintesi spirituale delle personalità, con tutta la virtù e completezza che scaturisce da un’indole variegata?

Giovedì, 05 Settembre 2024 06:03

Le donne a servizio del Vangelo

Cari fratelli e sorelle,

oggi siamo arrivati al termine del nostro percorso tra i testimoni del cristianesimo nascente che gli scritti neo-testamentari menzionano.  E usiamo l’ultima tappa di questo primo percorso per dedicare la nostra attenzione alle molte figure femminili che hanno svolto un effettivo e prezioso ruolo nella diffusione del Vangelo. La loro testimonianza non può essere dimenticata, conformemente a quanto Gesù stesso ebbe a dire della donna che gli unse il capo poco prima della Passione: «In verità vi dico, dovunque sarà predicato questo vangelo nel mondo intero, sarà detto anche ciò che costei ha fatto, in memoria di lei» (Mt 26,13; Mc 14,9). Il Signore vuole che questi testimoni del Vangelo, queste figure che hanno dato un contributo affinchè crescesse la fede in Lui, siano conosciute e la loro memoria sia viva nella Chiesa. Possiamo storicamente distinguere il ruolo delle donne nel Cristianesimo primitivo, durante la vita terrena di Gesù e durante le vicende della prima generazione cristiana.

Gesù certamente, lo sappiamo, scelse tra i suoi discepoli dodici uomini come Padri del nuovo Israele, gli scelse perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,14-l5). Questo fatto è evidente, ma, oltre ai Dodici, colonne della Chiesa, padri del nuovo Popolo di Dio, sono scelte nel numero dei discepoli anche molte donne. Solo molto brevemente posso accennare a quelle che si trovano sul cammino di Gesù stesso, cominciando con la profetessa Anna (cfr Lc 2,36-38) fino alla Samaritana (cfr Gv 4,1-39), alla donna siro-fenicia (cfr Mc 7,24-30), all’emorroissa (cfr Mt 9,20-22) e alla peccatrice perdonata (cfr Lc 7,36-50). Non mi riferisco neppure alle protagoniste di alcune efficaci parabole, ad esempio alla massaia che fa il pane (Mt 13,33), alla donna che perde la dracma (Lc 15,8-10), alla vedova che importuna il giudice (Lc 18,1-8). Più significative per il nostro argomento sono quelle donne che hanno svolto un ruolo attivo nel quadro della missione di Gesù. In primo luogo, il pensiero va naturalmente alla Vergine Maria, che con la sua fede e la sua opera materna collaborò in modo unico alla nostra Redenzione, tanto che Elisabetta poté proclamarla «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), aggiungendo: «beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). Divenuta discepola del Figlio, Maria manifestò a Cana la totale fiducia in Lui (cfr Gv 2,5) e lo seguì fin sotto la Croce, dove ricevette da Lui una missione materna per tutti i suoi discepoli di ogni tempo, rappresentati da Giovanni (cfr Gv 19,25-27).

Ci sono poi varie donne, che a diverso titolo gravitarono attorno alla figura di Gesù con funzioni di responsabilità. Ne sono esempio eloquente le donne che seguivano Gesù per assisterlo con le loro sostanze e di cui Luca ci tramanda alcuni nomi: Maria di Magdala, Giovanna, Susanna e «molte altre» (cfr Lc 8,2-3). Poi i Vangeli ci informano che le donne, a differenza dei Dodici, non abbandonarono Gesù nell’ora della Passione (cfr Mt 27,56.61; Mc 15,40). Tra di esse spicca in particolare la Maddalena, che non solo presenziò alla Passione, ma fu anche la prima testimone e annunciatrice del Risorto (cfr Gv 20,1.11-18). Proprio a Maria di Magdala San Tommaso d'Aquino riserva la singolare qualifica di «apostola degli apostoli» (apostolorum apostola), dedicandole questo bel commento: «Come una donna aveva annunciato al primo uomo parole di morte, così una donna per prima annunziò agli apostoli parole di vita» (Super Ioannem, ed. Cai, § 2519).

Anche nell’ambito della Chiesa primitiva la presenza femminile è tutt'altro che secondaria. Non insistiamo sulle quattro figlie innominate del “diacono” Filippo, residenti a Cesarea Marittima e tutte dotate, come ci dice san Luca, del «dono della profezia», cioè della facoltà di intervenire pubblicamente sotto l'azione dello Spirito Santo (cfr At 21,9). La brevità della notizia non permette deduzioni più precise. Piuttosto dobbiamo a san Paolo una più ampia documentazione sulla dignità e sul ruolo ecclesiale della donna. Egli parte dal principio fondamentale, secondo cui per i battezzati non solo «non c'è più né giudeo né greco, né schiavo, né libero», ma anche «né maschio, né femmina». Il motivo è che «tutti siamo uno solo in Cristo Gesù» (Gal 3,28), cioè tutti accomunati nella stessa dignità di fondo, benché ciascuno con funzioni specifiche (cfr 1 Cor 12,27-30). L’Apostolo ammette come cosa normale che nella comunità cristiana la donna possa «profetare» (1 Cor 11,5), cioè pronunciarsi apertamente sotto l'influsso dello Spirito, purché ciò sia per l’edificazione della comunità e fatto in modo dignitoso. Pertanto la successiva, ben nota, esortazione a che «le donne nelle assemblee tacciano» (1 Cor 14,34) va piuttosto relativizzata. Il conseguente problema, molto discusso, della relazione tra la prima parola – le donne possono profetare nell’assemblea – e l’altra – non possono parlare -,  della relazione tra queste due indicazioni, apparentemente contraddittorie, lo lasciamo agli esegeti. Non è da discutere qui. Mercoledì scorso abbiamo già incontrato la figura di Prisca o Priscilla, sposa di Aquila, la quale in due casi viene sorprendentemente menzionata prima del marito (cfr At 18,18; Rm 16,3): l’una e l’altro comunque sono esplicitamente qualificati da Paolo come suoi sun-ergoús «collaboratori» (Rm 16,3).

Alcuni altri rilievi non possono essere trascurati. Occorre prendere atto, ad esempio, che la breve Lettera a Filemone in realtà è indirizzata da Paolo anche a una donna di nome «Affia» (cfr Fm 2). Traduzioni latine e siriache del testo greco aggiungono a questo nome “Affia” l’appellativo di “soror carissima” (ibid.) e si deve dire che nella comunità di Colossi ella doveva occupare un posto di rilievo; in ogni caso, è l'unica donna menzionata da Paolo tra i destinatari di una sua lettera. Altrove l'Apostolo menziona una certa «Febe», qualificata come diákonos della Chiesa di Cencre, la cittadina portuale a est di Corinto (cfr Rm 16,1-2). Benché il titolo in quel tempo non abbia ancora uno specifico valore ministeriale di tipo gerarchico, esso esprime un vero e proprio esercizio di responsabilità da parte di questa donna a favore di quella comunità cristiana. Paolo raccomanda di riceverla cordialmente e di assisterla «in qualunque cosa abbia bisogno», poi aggiunge: «essa infatti ha protetto molti, anche me stesso». Nel medesimo contesto epistolare l’Apostolo con tratti di delicatezza ricorda altri nomi di donne: una certa Maria, poi Trifena, Trifosa e Perside «carissima», oltre a Giulia, delle quali scrive apertamente che «hanno faticato per voi» o «hanno faticato nel Signore» (Rm 16,6.12a.12b.15), sottolineando così il loro forte impegno ecclesiale. Nella Chiesa di Filippi poi dovevano distinguersi due donne di nome «Evodia e Sìntiche» (Fil 4,2): il richiamo che Paolo fa alla concordia vicendevole lascia intendere che le due donne svolgevano una funzione importante all’interno di quella comunità.

In buona sostanza, la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne. Per questo, come ebbe a scrivere il mio venerato e caro Predecessore Giovanni Paolo Il nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem, «la Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna... La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del “genio” femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tutti i frutti della santità femminile» (n. 31). Come si vede, l’elogio riguarda le donne nel corso della storia della Chiesa ed è espresso a nome dell’intera comunità ecclesiale. Anche noi ci uniamo a questo apprezzamento ringraziando il Signore, perché egli conduce la sua Chiesa, generazione dopo generazione, avvalendosi indistintamente di uomini e donne, che sanno mettere a frutto la loro fede e il loro battesimo per il bene dell’intero Corpo ecclesiale, a maggior gloria di Dio.

[Papa Benedetto, Udienza Generale 14 febbraio 2007]

Giovedì, 05 Settembre 2024 05:58

Le Donne del Vangelo e la loro vocazione

13. Scorrendo le pagine del Vangelo, passa davanti ai nostri occhi un gran numero di donne, di diversa età e di diverso stato. Incontriamo donne colpite da malattia o da sofferenze fisiche, come la donna che aveva «uno spirito che la teneva inferma, era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo» (cf. Lc 13, 11), o come la suocera di Simone che era «a letto con la febbre» (Mc 1, 30), o come la donna «affetta da emorragia» (cf. Mc 5, 25-34), che non poteva toccare nessuno, perché si riteneva che il suo tocco rendesse l'uomo «impuro». Ciascuna di loro fu guarita, e l'ultima, l'emorroissa, che toccò il mantello di Gesù «tra la folla» (Mc 5, 27), fu da lui lodata per la grande fede: «La tua fede ti ha salvata» (Mc 5, 34). C'è poi la figlia di Giairo, che Gesù fa tornare in vita, rivolgendosi a lei con tenerezza: «Fanciulla, io ti dico, alzati!» (Mc 5, 41). E ancora c'è la vedova di Nain, alla quale Gesù fa ritornare in vita l'unico figlio, accompagnando il suo gesto con un'espressione di affettuosa pietà: «Ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!"» (Lc 7, 13). E infine c'è la Cananea, una donna che merita da parte di Cristo parole di speciale apprezzamento per la sua fede, la sua umiltà e per quella grandezza di spirito, di cui è capace soltanto un cuore di madre: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri» (Mt 15, 28). La donna cananea chiedeva la guarigione della figlia.

A volte le donne, che Gesù incontrava e che da lui ricevevano tante grazie, lo accompagnavano, mentre con gli apostoli peregrinava attraverso città e paesi, annunciando il Vangelo del Regno di Dio; e «li assistevano con i loro beni». Il Vangelo nomina tra loro Giovanna, moglie dell'amministratore di Erode, Susanna e «molte altre» (cf. Lc 8, 1-3).

A volte figure di donne compaiono nelle parabole, con le quali Gesù di Nazareth illustrava ai suoi ascoltatori la verità sul Regno di Dio. Così è nelle parabole della dramma perduta (cf. Lc 15, 8-10), del lievito (cf. Mt 13, 33), delle vergini sagge e delle vergini stolte (cf. Mt 25, 1-13). Particolarmente eloquente è il racconto dell'obolo della vedova. Mentre «i ricchi (...) gettavano le loro offerte nel tesoro (...), una vedova povera vi gettò due spiccioli». Allora Gesù disse: «Questa vedova, povera, ha messo più di tutti (...), nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere» (Lc 21, 1-4). In questo modo Gesù la presenta come modello per tutti e la difende, poiché, nel sistema socio-giuridico di allora, le vedove erano esseri totalmente indifesi (cf. anche Lc 18, 1-7).

In tutto l'insegnamento di Gesù, come anche nel suo comportamento, nulla si incontra che rifletta la discriminazione, propria del suo tempo, della donna. Al contrario, le sue parole e le sue opere esprimono sempre il rispetto e l'onore dovuto alla donna. La donna ricurva viene chiamata «figlia di Abramo» (Lc 13, 16): mentre in tutta la Bibbia il titolo di «figlio di Abramo» è riferito solo agli uomini. Percorrendo la via dolorosa verso il Golgota, Gesù dirà alle donne: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me» (Lc 23, 28). Questo modo di parlare delle donne e alle donne, nonché il modo di trattarle, costituisce una chiara «novità» rispetto al costume allora dominante.

Ciò diventa ancora più esplicito nei riguardi di quelle donne che l'opinione corrente indicava con disprezzo come peccatrici, pubbliche peccatrici e adultere. Ecco la Samaritana, alla quale lo stesso Gesù dice: «Infatti hai avuto cinque mariti, e quello che hai ora non è tuo marito». Ed essa, sentendo che egli conosceva i segreti della sua vita, riconosce in lui il Messia e corre ad annunciarlo ai suoi compaesani. Il dialogo, che precede questo riconoscimento, è uno dei più belli del Vangelo (cf. Gv 4, 7-27).

Ecco poi una pubblica peccatrice, che, nonostante la condanna da parte dell'opinione comune, entra nella casa del fariseo per ungere con olio profumato i piedi di Gesù. All'ospite che si scandalizzava di questo fatto egli dirà di lei: «Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato» (cf. Lc 7, 37-47).

Ecco, infine, una situazione che è forse la più eloquente: una donna sorpresa in adulterio è condotta da Gesù. Alla domanda provocatoria: «Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?», Gesù risponde: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». La forza di verità, contenuta in questa risposta, è così grande che «se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani». Rimangono solo Gesù e la donna. «Dove sono? Nessuno ti ha condannata?». «Nessuno, Signore». «Neanch'io ti condanno, va' e d'ora in poi non peccare più» (cf. Gv 8, 3-11).

Questi episodi costituiscono un quadro d'insieme molto trasparente. Cristo è colui che «sa che cosa c'è nell'uomo» (cf. Gv 2, 25), nell'uomo e nella donna. Conosce la dignità dell'uomo, il suo pregio agli occhi di Dio. Egli stesso, il Cristo, è la conferma definitiva di questo pregio. Tutto ciò che dice e che fa ha definitivo compimento nel mistero pasquale della redenzione. L'atteggiamento di Gesù nei riguardi delle donne, che incontra lungo la strada del suo servizio messianico, è il riflesso dell'eterno disegno di Dio, che, creando ciascuna di loro, la sceglie e la ama in Cristo (cf. Ef 1, 1-5). Ciascuna, perciò, è quella «sola creatura in terra che Dio ha voluto per se stessa». Ciascuna dal «principio» eredita la dignità di persona proprio come donna. Gesù di Nazareth conferma questa dignità, la ricorda, la rinnova, ne fa un contenuto del Vangelo e della redenzione, per la quale è inviato nel mondo. Bisogna, dunque, introdurre nella dimensione del mistero pasquale ogni parola e ogni gesto di Cristo nei confronti della donna. In questo modo tutto si spiega compiutamente.

[Papa Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem]

Giovedì, 05 Settembre 2024 05:46

Fa bello il mondo

Oggi, 8 marzo, vorrei anche dire qualcosa sul contributo insostituibile della donna nel costruire un mondo che sia casa per tutti. La donna è colei che fa bello il mondo, che lo custodisce e mantiene in vita. Vi porta la grazia che fa nuove le cose, l’abbraccio che include, il coraggio di donarsi. La pace è donna. Nasce e rinasce dalla tenerezza delle madri. Perciò il sogno della pace si realizza guardando alla donna. Non è un caso che nel racconto della Genesi la donna sia tratta dalla costola dell’uomo mentre questi dorme (cfr Gen 2,21). La donna, cioè, ha origine vicino al cuore e nel sonno, durante i sogni. Perciò porta nel mondo il sogno dell’amore. Se abbiamo a cuore l’avvenire, se sogniamo un futuro di pace, occorre dare spazio alla donna.

[Papa Francesco, discorso dell’8 marzo 2019]

Mercoledì, 04 Settembre 2024 19:32

L’Amore intruso, nella Casa perbene di Simone

E i Piedi di Gesù, baciati dall’ospite imprevista e censurata

(Lc 7,36-50)

 

È l’Amore quel cammino di perfezione desiderato da Dio per farci crescere, e a nostro favore - non un formalismo sterilizzato da severi censori.

Ciò che unisce sul serio nelle convinzioni viene da dentro, dal nostro Nucleo; non dipende dall’esterno.

L’Amore non si programma a tavolino o sulla base di modelli. Esprime il cuore con sincerità.

Non è una realtà che soggiace a distanze che ritengono gli altri dei ficcanaso.

Quindi l’empatia e l’amorevolezza non appaiono o scompaiono a comando, secondo codice o stagione.

Appartengono al lato profondo dell’essere donne e uomini d’ogni tempo.

 

È la passione che può condurre l’esistenza nello Spirito in modo pregevole, non un paesaggio rituale.

L’Amore con tutto il cuore scatta quando abbiamo bisogno di fare l’Incontro decisivo: quell’occasione che sentiamo ci farà aprire le porte a risorse, capacità, talenti, energie, altrimenti inespresse o soffocate.

 

Sciogliendosi i capelli in pubblico, la “peccatrice” sembra quasi figura della ‘barchetta minore’ che si porge e non offre resistenza ma solo supporto a quella protagonista (Lc 5,2.7.11).

Si tratta d’una comunità spuria e seconda, rispetto alla chiesa ufficiale degli apostoli sempre “vicini” - e di estrazione culturale frammista, a differenza della prima comunità ancora giudaizzante.

Essa si propone al Tu-per-tu con un gesto d’indipendenza: ha bisogno di un rapporto più spontaneo e personale col Signore, unico che la guarda in modo non superficiale.

Relazione impedita proprio da coloro che si assiepano attorno a Lui, ma non apprezzano il favore ricevuto, sebbene da molto tempo partecipino del banchetto [eucaristico].

 

La “sicurezza” dei meccanismi e delle idee condite di pregiudizio impedisce di sperimentare il Gratis. Ecco il legame lacrime-Perdono.

Chi allontana gli imprevedibili non fa scaturire nessuna forza interiore nuova. Teme qualsiasi sobbalzo che possa incrinare il suo mondo abitudinario e ingessato.

Gli habitué bloccano qualsivoglia emancipazione o scoperta. Non amano le persone che hanno bisogno di liberarsi dalle strettoie della vita.

Non sono adoratori del grande Cammino del Maestro [cf. il continuo riferimento ai suoi «Piedi»].

 

L’adesione intima totale viene prima di ogni cosa che possiamo adempiere o pensare.

Il trasporto tutto umano privo di cortine è quel che non ci renderebbe stracolmi di supponenza e incapaci di riconoscere i suoi Doni.

Chi è convinto di dare lui qualcosa a Dio, certo non lo ama.

E la scelta che ci riguarda è fra particolari trascurabili o entrare nel cuore dell’autentica Relazione.

Su questo piano, il padrone di Casa soffre subito vertigini.

Simone è impaurito dalla sola idea che il Maestro tenti di farlo entrare in una nuova logica: «Suppongo...» (v.43).

 

Il brano di Vangelo vuol farci riflettere su chi è più disposto a crescere e amare.

Chiediamoci: sono essi coloro che [come Simone] possono allestire paraventi perbenisti, oppure le piccole anime che spontaneamente si accostano alla propria ‘sorgente’ - prive di maschera sociale?

 

Insomma, la Redenzione è frutto d’immediatezza personale commossa, persino già ottenuta senza opere di legge

 

 

[Giovedì 24.a sett. T.O.  19 settembre 2024]

 

Mercoledì, 04 Settembre 2024 19:23

L’Amore intruso, nella Casa perbene di Simone

E i Piedi di Gesù, baciati dall’ospite imprevista e censurata

 

(Lc 7,36-50)

 

È l’Amore quel cammino di perfezione desiderato da Dio per farci crescere, e a nostro favore - non il formalismo sterilizzato e la potenza coattiva allestiti a Casa di Simone (in Chiesa, da Pietro e altri severi censori).

Ciò che unisce sul serio nelle convinzioni viene da dentro, dal nostro Nucleo; non dipende dall’esterno.

L’Amore non si programma a tavolino o sulla base di modelli sacrali, né sopporta binari cerebrali e moralisti. Esprime il cuore con sincerità.

Non è una realtà che soggiace a distanze sociali, di ceto - o cerchia più o meno disciplinata dal mestiere (dipendente dal “dietro le quinte”) che resiste all’obbligo di unirsi ai diversi, ritenuti inadeguati impuri ficcanaso.

Quindi l’empatia e l’amorevolezza non appaiono o scompaiono a comando, a progetto e secondo codice, disciplina, stagione.

Appartengono al lato profondo dell’essere donne e uomini d’ogni tempo.

Non è un perbenismo di facciata, né il paesaggio rituale, che possono condurre l’esistenza nello Spirito in modo pregevole, ma la passione.

Ecco il legame lacrime-Perdono.

I formalismi eterodiretti - con le loro formule poco festose e che non ci appartengono - annientano la nostra essenza e le emozioni più potenti.

Il patto sociale preteso dalla gerontocrazia è un riferimento sempre fuori di noi: e sarà il solito bene della tradizione, dell’opinione, dell’ambiente circostante, del calcolo in situazione, delle maniere e del “giro”; in ogni caso, di altri.

Siamo davvero vuoti a perdere, o destinati solo a dover sostenere i veterani, senza spazi per la testimonianza critica e un linguaggio attivo? 

E sotto a imitare “padri”, modelli, codici già progettati (persino nei minimi dettagli) a uso dei sentimenti tradizionali di assemblee sempre più attempate?

L’Amore con tutto il cuore scatta quando abbiamo bisogno di fare l’Incontro decisivo: quell’occasione che sentiamo ci farà aprire le porte a risorse, capacità, talenti, energie, altrimenti inespresse o soffocate.

Sciogliendosi i capelli in pubblico, la “peccatrice” sembra quasi figura della “barchetta” minore, che si porge e non offre resistenza ma solo supporto a quella protagonista (Lc 5,2.7.11).

Si tratta d’una comunità spuria e seconda, rispetto alla chiesa ufficiale degli apostoli sempre “vicini” - e di estrazione culturale frammista, a differenza della prima comunità ancora giudaizzante.

Essa si propone al Tu-per-tu con un gesto d’indipendenza: ha bisogno d’un rapporto più spontaneo e personale col Signore, unico che la guarda in modo non superficiale.

Relazione impedita proprio da coloro che si assiepano attorno a Lui, ma per mettergli il bavaglio, e a cuccia.

Gli habitué - tutti prevedibili - non apprezzano il favore ricevuto, sebbene da molto tempo partecipino del banchetto (eucaristico), ma ormai solo da praticanti delle più ribadite litanie.

La “sicurezza” dei meccanismi e delle idee condite di pregiudizio impedisce di sperimentare il Gratis.

 

Invece di accogliere, le vecchie guide allontanavano; convivevano solo coi loro seguaci - servili e cortigiani - nel mondo degli incantesimi arcaici.

Non facevano scaturire nessuna forza interiore nuova. Temevano qualsiasi sobbalzo che potesse incrinare il loro piedistallo.

Bloccavano qualsivoglia emancipazione o scoperta. Non amavano le persone che avevano bisogno di liberarsi dalle strettoie della vita.

Non erano adoratori del grande Cammino del Maestro (cf. il continuo riferimento ai suoi «piedi») ma pedissequi mercanti di segni astratti - già consolidati o di contrabbando - e d’un Gesù ridotto a immobile sfinge (o icona devota, rituale e “culturale”).

 

L’adesione intima totale viene prima di ogni cosa che possiamo adempiere o pensare. Non si combina con l’opportunismo di posizione per Cristo.

Il trasporto tutto umano privo di cortine è quel che non ci renderebbe stracolmi di supponenza e incapaci di riconoscere i suoi Doni.

Chi è convinto di dare lui qualcosa a Dio, certo non lo ama. Tiene solo a se stesso: l’apparenza predatrice, ingannevole.

Ancora oggi la scelta che ci riguarda è fra particolari trascurabili o entrare nel cuore dell’autentica Relazione.

Su questo piano, il padrone di Casa soffriva vertigini subito, fin d’allora.

Simone è impaurito dalla sola idea che il Maestro tenti di farlo entrare in una nuova logica: «Suppongo...» (v.43).

Teme l’incombere di qualsiasi scossone alternativo, che possa incrinare il suo mondo abitudinario e ingessato.

 

Mentre il mondo reale segue i suoi cicli, gli arroccati pretendono stabilità - ma così bloccano la crescita.

Accettando invece gli imprevisti, scopriamo versanti inesplorati, che accostano potenzialità insite cui non avevamo concesso spazio.

I mutamenti continui sono semplicemente il sale della vita. E la stessa fine di un paradigma religioso-culturale è inevitabile.

Diventa fondamentale perciò assumere un atteggiamento genuino, e mettersi in gioco.

 

La Salvezza è frutto d’immediatezza personale commossa, e persino già ottenuta senza opere di legge: non rapporto di lavoro e ipocrisia [straordinari contro compenso] in ambienti asettici, con cuori invecchiati, assuefatti e pieni di muffa.

Insomma, il brano di Vangelo vuol farci riflettere su chi è più disposto ad amare: coloro che possono allestire paraventi dietro i quali consentirsi anche ciò che rinnegano in modo plateale… oppure le piccole anime che spontaneamente si accostano alla propria ‘sorgente’ - prive di maschera sociale?

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Guardando il nostro comportamento, gli emarginati dal giro perbenista avrebbero certezza di essere accolti spontaneamente e gratuitamente da noi oggi?

Mercoledì, 04 Settembre 2024 19:18

Il Banchetto in onore di Gesù

Simone, fariseo e ricco “notabile” della città, tiene in casa sua un banchetto in onore di Gesù. Inaspettatamente dal fondo della sala entra un’ospite non invitata né prevista: una nota prostituta. Comprensibile il disagio dei presenti, di cui tuttavia la donna non pare preoccuparsi. Essa avanza e, in modo piuttosto furtivo, si ferma ai piedi di Gesù. Le sono giunte all’orecchio le sue parole di perdono e di speranza per tutti, anche per le prostitute; è commossa e se ne sta lì silenziosa. Bagna con le lacrime i piedi di Gesù, li asciuga con i capelli, li bacia e li unge di un soave profumo. Così facendo la peccatrice vuole esprimere l’affetto e la riconoscenza che nutre verso il Signore con gesti a lei familiari, anche se socialmente censurati.

Di fronte all'imbarazzo generale, è proprio Gesù ad affrontare la situazione: “Simone, ho una cosa da dirti”. “Parla pure, Maestro”, gli risponde il padrone di casa. Conosciamo tutti la risposta di Gesù con una parabola che potremmo riassumere nelle seguenti parole che il Signore sostanzialmente dice a Simone: “Vedi? Questa donna sa di essere peccatrice e, mossa dall’amore, chiede comprensione e perdono. Tu, invece, presumi di essere giusto e sei forse convinto di non aver nulla di grave da farti perdonare”.

Eloquente il messaggio che traspare dal brano evangelico: a chi molto ama, Iddio tutto perdona. Chi confida in se stesso e nei propri meriti è come accecato dal suo io e il suo cuore si indurisce nel peccato. Chi invece si riconosce debole e peccatore si affida a Dio e da Lui ottiene grazia e perdono.

[Papa Benedetto, Udienza ai partecipanti al corso della Penitenzieria Apostolica, 7 marzo 2008]

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"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]
Who is freer than the One who is the Almighty? He did not, however, live his freedom as an arbitrary power or as domination (Pope Benedict)
Chi è libero più di Lui che è l'Onnipotente? Egli però non ha vissuto la sua libertà come arbitrio o come dominio (Papa Benedetto)
The Church with her permanent contradiction: between the ideal and reality, the more annoying contradiction, the more the ideal is affirmed sublime, evangelical, sacred, divine, and the reality is often petty, narrow, defective, sometimes even selfish (Pope Paul VI)
La Chiesa con la sua permanente contraddizione: tra l’ideale e la realtà, tanto più fastidiosa contraddizione, quanto più l’ideale è affermato sublime, evangelico, sacro, divino, e la realtà si presenta spesso meschina, angusta, difettosa, alcune volte perfino egoista (Papa Paolo VI)
St Augustine wrote in this regard: “as, therefore, there is in the Catholic — meaning the Church — something which is not Catholic, so there may be something which is Catholic outside the Catholic Church” [Pope Benedict]
Sant’Agostino scrive a proposito: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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