Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Mt ci pone dinanzi la malizia dei leaders che vogliono eliminare Gesù, contrapposta alla Santità del Servo di Dio, il quale guarisce ogni malattia.
Sul Figlio è presente lo Spirito di Dio, Potenza grazie alla quale anche i suoi intimi annunzieranno la giustizia alle genti.
Francesco d’Assisi era davvero il figlio su cui era sceso lo Spirito del Signore, prediletto del Padre che per la sua umiltà e nascondimento risplendeva agli occhi dei frati e del mondo.
I frati, che lo avevano visto pregare, non avevano dubbi che su Francesco si fosse posato “lo Spirito del Signore […] in tutta la sua pienezza […] perciò la cosa più sicura per loro era seguire la sua dottrina e la sua vita" (FF 1071).
“Lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse, lo assisteva Cristo stesso […]
Era la sua parola, come un fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore […] Aveva il profumo e l’afflato della rivelazione divina”
(FF 1210).
E le Fonti mettono al corrente di un episodio che trasuda Spirito e servizio da tutte le parti; un Povero disposto ad essere davvero il Servo di Dio, come Gesù gli aveva insegnato.
"Mentre dimorava in una cella a Siena, una notte chiamò a sé i compagni che dormivano:
«Ho invocato il Signore - spiegò loro - perché si degnasse indicarmi quando sono suo servo e quando no. Perché non vorrei essere altro che suo servo. E il Signore, nella sua immensa benevolenza e degnazione, mi ha risposto ora:
«Riconosciti mio servo veramente, quando pensi, dici, agisci santamente».
«Per questo vi ho chiamati, fratelli, perché voglio arrossire davanti a voi, se a volte avrò mancato di queste tre cose» " (FF 743).
Per questo Francesco, sulle orme del Cristo in cui il Padre si compiacque, fu altresì il servitore e testimone inviato a guarire e annunciare il Regno.
Anche il Minimo, informato dall’amore e non dal legalismo farisaico, poté operare prodigi a servizio della salvezza.
«Ecco il mio servo, che ho scelto, il mio diletto» (Mt 12,18)
Sabato della 15.a sett. T.O. (Mt 12,14-21)
I farisei chiedono a Gesù perché i suoi discepoli fanno ciò che non è permesso dalla Legge in giorno di sabato [mangiare, per fame, le spighe nei campi].
Gesù, venuto per dare pieno compimento alla Legge, ne sottolinea il fondamento: non demolire o trasgredire la Parola, ma osservarla amando.
L’amore è il vero compimento della Legge del Signore, che è perfetta e rinfranca l’anima.
Francesco lo aveva ben compreso vivendo e insegnando alla sua fraternità a fare altrettanto.
Le Fonti forniscono, attraverso vari tasselli, preziosi esempi di vita. Nella Lettera ai reggitori dei popoli:
«Vi supplico […] con tutta la riverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e saranno dimenticati da lui» (FF 211).
Al tempo stesso il Poverello, con quell’equilibrio ed elasticità che lo contraddistingueva, sottolinea:
«E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti […] Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie così come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge» (FF 33).
A sostegno di quanto detto riportiamo un passo tratto dalla Leggenda Perugina.
Francesco, dinanzi ad un frate di profonda spiritualità, deperito ed infermo, fa qualcosa di inusuale per la mentalità del tempo.
"Francesco si disse:
«Se questo fratello mangiasse di buon mattino dell’uva matura, credo che ne trarrebbe giovamento».
Un giorno si alzò all’albeggiare e chiamò di nascosto quel frate, lo condusse nella vigna vicina a quella chiesa e, scelta una vite ricca di bei grappoli invitanti, vi sedette sotto assieme al fratello e cominciò a mangiare l’uva, affinché il malato non si vergognasse di piluccarla da solo.
Mentre faceva lo spuntino, quel frate lodava il Signore Dio.
E finché visse, egli ricordava spesso ai fratelli, con devozione e piangendo di tenerezza, il gesto affettuoso del Padre santo verso di lui" (FF 1549)
Chiara stessa, nella Regola, rivolta alle sorelle, le avverte:
«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).
L’Amore era la Regola dei frati e delle Povere Dame di San Damiano: «[…] e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo. Amen.» (FF 2918 - Lettera ad Ermentrude di Bruges).
«Ma se aveste conosciuto che cosa significa: ‘Misericordia voglio, e non sacrificio’ [Os 6,6], non avreste condannato [persone] senza colpa» (Mt 12,7)
Venerdì della 15.a sett. T.O. (Mt 12,1-8)
Gesù, nel capitolo undici di Matteo, richiama i suoi alla mitezza ed umiltà di cuore come luogo di ristoro da ogni fatica, imparando da Lui.
A riguardo della mitezza di Dio, negli scritti del Povero d’Assisi (Lodi di Dio Altissimo) troviamo questa meravigliosa espressione:
«Tu sei umiltà […] Tu sei bellezza. Tu sei Mansuetudine» (FF 261).
Francesco, Alter Christus, era davvero un uomo mite e tutto ciò che gli richiamava la mansuetudine di Gesù lo guardava e riveriva con grande rispetto e scrupolo.
Lo stesso Tommaso da Celano, uno dei suoi principali biografi, descrive Francesco così:
“Quanto era bello, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola […] Di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell’ammonire” (FF 464).
Per la sua malattia agli occhi, dinanzi al chirurgo che arroventava il ferro per cauterizzare la parte malata, Francesco così si rivolge a «frate focu»:
"Il Padre per confortare il corpo già scosso dal terrore, così parla al fuoco:
«Frate mio fuoco, di bellezza invidiabile fra tutte le creature, l’Altissimo ti ha creato vigoroso, bello e utile. Sii propizio a me in quest’ora, sii cortese! Perché da gran tempo ti ho amato nel Signore. Prego il Signore grande, che ti ha creato di temperare ora il tuo calore in modo che io possa sopportarlo, se mi bruci con dolcezza».
Terminata la preghiera, traccia un segno di croce sul fuoco e poi aspetta intrepido. Il Santo si offre pronto e sorridente al ferro.
I frati presenti, inorriditi e tremanti si erano allontanati. Tornati che furono, dopo l’operazione, Francesco si rivolge loro:
«Pusillanimi e di poco coraggio, perché siete fuggiti? In verità vi dico, non ho provato né l’ardore del fuoco né alcun dolore della carne».
E rivolto al medico:
«Se la carne non è bene cauterizzata, brucia di nuovo».
Con stupore di questi che, rivolto ai frati, disse: “Vi dico, frati, che oggi ho visto cose mirabili" (FF 752).
E Chiara, nel suo Testamento, raccomanda alle sorelle, in primo luogo a chi presiede la comunità, l’atteggiamento e lo stile del Vangelo:
«Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fiducia le loro necessità e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza, come crederanno meglio, per sé o a favore delle sorelle» (FF 2848).
Questi due Giganti del Vangelo si nutrirono di umiltà e mitezza trovando in esse la loro difesa.
«Imparate da me, che sono mite e tapino di cuore, e troverete riposo per le vite vostre» (Mt 11,29)
Giovedì della 15.a sett. T.O. (Mt 11,28-30)
Il Vangelo è un inno di lode a Dio Padre da parte di Gesù nella dimensione della debolezza e vulnerabilità dei piccoli.
Egli aveva sperimentato la delusione dei “grandi”, sospettosi dinanzi ai suoi prodigi.
Invece di chiedere aiuto al Padre, quale Figlio lo loda nei momenti bui.
Guardando il nostro Poverello, tutto questo lo ritroviamo in modo evidente.
Basso di statura, umile di spirito e minore di professione, Francesco d’Assisi fece della piccolezza la sua cifra esistenziale e altrettanto insegnò ai suoi frati.
Essere umile e minimo nella sequela del Signore era il tratto essenziale del frate - appunto minore - che volesse vivere in comunione alla Porziuncola.
Rivolgendosi ai grandi e sapienti di questo mondo, il Santo trovò resistenza a far comprendere la sua proposta di povertà ed essenzialità di vita.
Spesso gli rispondevano: “La povertà che vai cercando, resti per sempre a te, e ai tuoi figli, e alla tua discendenza dopo di te” (cf. FF 1964).
Nelle Fonti troviamo ancora che “il beato Francesco, udite queste parole, si meravigliava in cuor suo e rendeva grazie a Dio, dicendo:
«Sii Benedetto, Signore Iddio, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli!
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te!
O Signore, Padre e padrone della mia vita, non abbandonarmi nella loro adunanza, né lasciarmi cadere in quella vergogna, ma per la tua grazia concedimi di trovare quello che cerco, perché io sono tuo servo e Figlio della tua ancella»" (FF 1965).
Inoltre va ricordato che “Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi frati una piccola porzione di mondo […] e furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra […]
Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.
Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su solido fondamento, la loro nobile costruzione.
Il Santo amò questo luogo più di ogni altro, e comandò ai frati di venerarlo con particolare devozione.
Volle che fosse sempre custodito come specchio dell'Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l'uso” (FF 604).
Dunque la piccolezza era eloquente cifra del suo essere figlio di Dio.
Proprio da tale posizione di nascondimento, nei periodi difficili e oscuri del suo itinerario di fede, Francesco ha innalzato a Dio Padre la lode per quanto operava:
«Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione […]
Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature […]» (FF 263).
Francesco ha composto tale capolavoro nel momento più crudo e sofferente della sua vita, malato e nell’oscurità.
Eppure, innalzando a Dio un autentico inno di lode.
Come Gesù, che nel momento della solitudine e dell’apparente sconfitta, del fallimento, ha sollevato la sua voce al Padre - per benedirlo e lodarlo.
Il vicolo cieco e il buio divennero fonte d’ispirazione, e di un rapporto più profondo con il Signore; coniugato con quella piccolezza vulnerabile, affidata al Padre per il suo Regno.
«Ti rendo lode, Padre […] perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate agli infanti» (Mt 11,25)
Mercoledì della 15.a sett. T.O. (Mt 11,25-27)
Nel Vangelo di oggi Gesù rimprovera le città che, pur avendo ricevuto meravigliosi benefici, non si erano convertite. Echeggia:
«Guai a te, Corazin! Guai a te Betsàida!» (Mt 11,21).
All’orizzonte campeggia il Giudizio!
Francesco d’Assisi, profondamente grato a Dio per averlo tratto dalla vita cortese e svagata del mondo al servizio del Vangelo, anche lui un giorno mosse rimprovero a chi immerso nel vizio e nel mondano non accennava a convertirsi.
Le Fonti, attraverso la Leggenda Maggiore, narrano in merito:
"Nel tempo in cui il Santo giaceva malato a Rieti, portarono da lui, steso su un lettuccio, un canonico, di nome Gedeone, vizioso e mondano, colpito da una grave malattia.
Il canonico lo pregava piangendo, insieme con i presenti, di benedirlo col segno della croce.
Ma il Santo gli replicò:
«Come potrò segnarti con la croce, se finora sei vissuto seguendo gli istinti della carne, senza timore dei giudizi di Dio?
Ad ogni modo, per la devozione e le preghiere di queste persone che intercedono per te, ti benedirò col segno della croce in nome del Signore.
Tu, però, sappi che andrai incontro a castighi più gravi, se una volta guarito, tornerai al vomito. Perché il peccato d’ingratitudine si merita sempre punizioni peggiori delle prime».
Appena ebbe tracciato su di lui il segno della croce, colui che giaceva rattrappito si alzò risanato e, prorompendo nelle Lodi di Dio, esclamò:
«Sono guarito!» […]
Ma costui, passato un po’ di tempo, si dimenticò di Dio e si abbandonò di nuovo all’impudicizia.
Ebbene, una sera che era andato a cena in casa di un altro canonico e vi era rimasto per passare la notte, improvvisamente il tetto della casa crollò.
Ma, mentre tutto gli altri riuscirono a sfuggire alla morte, solo quel misero fu sorpreso e ucciso.
Per giusto giudizio di Dio l’ultima condizione di quell’uomo fu peggiore della prima, a causa del peccato d’ingratitudine e del disprezzo di Dio, giacché è necessario essere grati per il perdono ricevuto, e il delitto ripetuto dispiace doppiamente" (FF 1192).
Alla fine resterà solo la sua Misericordia a braccetto con la Giustizia.
«Tuttavia vi dico: per Tiro e Sidone sarà più sopportabile nel giorno del giudizio che per voi» (Mt 11,22)
Martedì della 15.a sett. T.O. (Mt 11,20-24)
Gesù mette in chiaro che è necessario prendere la propria croce per seguirLo ed essere degni di Lui.
Parimenti sottolinea che chi accoglie i suoi discepoli in verità accoglie Lui stesso.
Francesco vedeva davvero nell’accoglienza sincera l’incontro con Cristo povero. Da qui il suo umile e cordiale spirito di ospitalità e amorevole apertura verso tutti.
Le Fonti sono uno scrigno prezioso che documentano numerosi episodi legati a quanto detto.
Leggiamo:
«E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente.
E ciascuno manifesti con fiducia all’altro la sua necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?» (FF 91).
Ancora:
«Quando veniva da loro qualche ricco di questo mondo, lo ricevevano lieti e affettuosi, lo invitavano a strapparsi dal male e lo incitavano a penitenza» (FF1452).
Inoltre:
“Il beato Francesco Poverello parecchie volte domandava ospitalità al monastero di San Verecondo.
L’Abate e i monaci l’accoglievano con grande delicatezza e devozione” (FF 2249).
Il Povero assisano viveva il Vangelo alla lettera e si studiava di riconoscere il passaggio di Cristo ad ogni dove.
• Il monastero di S. Verecondo è ubicato sulla strada di Gubbio.
«E chi avrà dato da bere a uno di questi piccoli un bicchiere solo di [acqua] fresca a titolo di discepolo, in verità vi dico non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42)
Lunedì 15.a sett. T.O. (Mt 10,34-11,1)
Nel Vangelo Lucano di oggi Gesù, a colui che chiede: «E chi è mio prossimo?» (Lc 10,29) risponde raccontando una vicenda.
Dinanzi a chi giace a terra non bisogna passare oltre, bensì soccorrerlo, prendersene cura, perché ogni persona malmenata è proprio prossimo, chiunque sia.
Il Poverello, che aveva ricevuto misericordia dal Signore, aveva bene imparato la lezione per applicarla "sine glossa", letteralmente verso tutti, incominciando dai più bisognosi ed emarginati del suo tempo.
L’incontro del Poverello con i lebbrosi costituisce una pagina fondamentale della sua esistenza. Crocevia che lo modifica profondamente e cambia le coordinate della sua vita interiore.
Per loro, prova compassione e “passione”, disposto ad aiutarli in ogni modo, perché scrigno del Servo Sofferente.
Leggiamo nel suo meraviglioso Testamento:
«Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi Misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF 110).
Così “il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente […]
La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza il loro ricovero, si turava il naso con le mani.
Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per Grazia e virtù dell’Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò.
Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria” (FF 348).
E Francesco di lebbrosi ne guarì molti:
“Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco, è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute” (FF 564).
La cura riservata da lui ai lebbrosi, quale Buon Samaritano del Vangelo, si trasformerà, per dono del Signore, in potenza ed efficacia nel guarire le malattie del corpo e dello spirito.
Aveva compassione viscerale di queste anime abbandonate a se stesse e visse alla lettera il Vangelo dei derelitti e dei messi ai margini, amando con straordinaria predilezione i Lazzaro del suo tempo e oltre.
«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37)
Domenica della 15.a sett. T.O. anno C (Lc 10,25-37)
Gesù sottolinea di non aver paura del martirio, di chi uccide il corpo ma non ha il potere di uccidere l’anima (Mt 10,28), poiché il discepolo non è più grande del Maestro.
Acceso dalla carità che allontana ogni timore, Francesco desiderava offrirsi al Signore nel fuoco del martirio per contraccambiare il Cristo che muore per noi, e per provocare i frati all’amore di Dio.
Nel «Sacrum Commercium» [documento contenuto nelle Fonti francescane] leggiamo:
"Ma la perfezione di tutte le virtù, cioè Madonna Persecuzione, alla quale come a me Dio ha consegnato il regno dei cieli, era con me in ogni circostanza, fedele aiutante, forte cooperatrice, saggia consigliera, e se talvolta vedeva qualcuno intiepidire nella carità, dimenticare anche per poco le cose celesti, affezionarsi in qualsiasi modo ai beni terreni, subito alzava la voce, scuoteva l’esercito, copriva di vergogna il volto dei miei figli perché cercassero il nome del Signore" (FF 1994).
La stessa Chiara d’Assisi, meditando la penuria e il pericolo della Sacra Famiglia di Nazareth, versava calde lacrime nella preghiera continua.
Nella Regola, rivolta alle sue figlie, dice:
«Avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione […] ed amare quelli che ci perseguitano […] perché dice il Signore: Beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. Chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo» (FF 2811).
E Francesco, nel suo Testamento, così scrive ai suoi frati:
«Dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio» (FF 123).
Lo stesso Francesco, recatosi dal Sultano d’Egitto Melek-el-Kamel per portare l’annuncio di Cristo, fu perseguitato:
“Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l’afferrarono, l’insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’odio brutale di molti, venne accolto dal Sultano con grande onore!” (FF 422).
E ai suoi frati insegnò quell’audacia nella fede che rende intrepidi nelle situazioni avverse, poiché la Provvidenza accompagna gli innocenti bistrattati per Cristo, per il suo Vangelo.
Gli insegnamenti del Poverello erano tenuti presente dai suoi.
Infatti, nella Vita seconda, il Celano narra di un giovane frate che aveva assimilato bene l’insegnamento del padre in merito alla fedeltà alla Regola.
"Si ricordò di questo insegnamento un frate laico, che a nostro avviso è da venerare nel numero dei martiri, e conseguì la palma di una gloriosa vittoria.
Mentre era trascinato al martirio dai Saraceni, si inginocchiò e, tenendo con la estremità delle mani la Regola, disse al compagno:
«Fratello carissimo, mi accuso davanti alla Maestà Divina e davanti a te di tutte le colpe che ho commesso contro questa santa Regola».
Alla breve confessione tenne dietro la spada e così terminò la vita col martirio. Più tardi si rese celebre con miracoli e prodigi.
Era entrato nell’Ordine così giovinetto, che a stento poteva sopportare il digiuno prescritto dalla Regola. Eppure così fanciullo portava sulla nuda carne il cilicio!
Giovane felice, che ha cominciato santamente, per concludere ancora più felicemente la sua vita!" (FF 798).
Sabato della 14.a sett. T.O. (Mt 10,24-33)
In reality, an abstract, distant god is more comfortable, one that doesn’t get himself involved in situations and who accepts a faith that is far from life, from problems, from society. Or we would even like to believe in a ‘special effects’ god (Pope Francis)
In realtà, è più comodo un dio astratto, distante, che non si immischia nelle situazioni e che accetta una fede lontana dalla vita, dai problemi, dalla società. Oppure ci piace credere a un dio “dagli effetti speciali” (Papa Francesco)
It is as though you were given a parcel with a gift inside and, rather than going to open the gift, you look only at the paper it is wrapped in: only appearances, the form, and not the core of the grace, of the gift that is given! (Pope Francis)
È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, la forma, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato! (Papa Francesco)
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10, 21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
It may have been a moment of disillusionment, of that extreme disillusionment and the perception of his own failure. But at that instant of sadness, in that dark instant Francis prays. How does he pray? “Praised be You, my Lord…”. He prays by giving praise [Pope Francis]
Potrebbe essere il momento della delusione, di quella delusione estrema e della percezione del proprio fallimento. Ma Francesco in quell’istante di tristezza, in quell’istante buio prega. Come prega? “Laudato si’, mi Signore…”. Prega lodando [Papa Francesco]
The Lord has our good at heart, that is, that every person should have life, and that especially the "least" of his children may have access to the banquet he has prepared for all (Pope Benedict)
Al Signore sta a cuore il nostro bene, cioè che ogni uomo abbia la vita, e che specialmente i suoi figli più "piccoli" possano accedere al banchetto che lui ha preparato per tutti (Papa Benedetto)
As the cross can be reduced to being an ornament, “to carry the cross” can become just a manner of speaking (John Paul II)
Come la croce può ridursi ad oggetto ornamentale, così "portare la croce" può diventare un modo di dire (Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore, e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato (Papa Benedetto)
Are we not perhaps all afraid in some way? If we let Christ enter fully into our lives, if we open ourselves totally to him, are we not afraid that He might take something away from us? Are we not perhaps afraid to give up something significant, something unique, something that makes life so beautiful? Do we not then risk ending up diminished and deprived of our freedom? (Pope Benedict)
don Giuseppe Nespeca
Tel. 333-1329741
Disclaimer
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.