don Giuseppe Nespeca

don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Martedì, 04 Novembre 2025 03:23

Due gradi di guarigione: salute e salvezza

Il Vangelo […] presenta Gesù che guarisce dieci lebbrosi, dei quali solo uno, samaritano e dunque straniero, torna a ringraziarlo (cfr Lc 17, 11-19). A lui il Signore dice: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!" (Lc 17, 19). Questa pagina evangelica ci invita ad una duplice riflessione. Innanzitutto fa pensare a due gradi di guarigione: uno, più superficiale, riguarda il corpo; l'altro, più profondo, tocca l'intimo della persona, quello che la Bibbia chiama il "cuore", e da lì si irradia a tutta l'esistenza. La guarigione completa e radicale è la "salvezza". Lo stesso linguaggio comune, distinguendo tra "salute" e "salvezza", ci aiuta a capire che la salvezza è ben più della salute: è infatti una vita nuova, piena, definitiva. Inoltre, qui Gesù, come in altre circostanze, pronuncia l'espressione: "La tua fede ti ha salvato". È la fede che salva l'uomo, ristabilendolo nella sua relazione profonda con Dio, con se stesso e con gli altri; e la fede si esprime nella riconoscenza. Chi, come il samaritano sanato, sa ringraziare, dimostra di non considerare tutto come dovuto, ma come un dono che, anche quando giunge attraverso gli uomini o la natura, proviene ultimamente da Dio. La fede comporta allora l'aprirsi dell'uomo alla grazia del Signore; riconoscere che tutto è dono, tutto è grazia. Quale tesoro è nascosto in una piccola parola: "grazie"!

Gesù guarisce dieci malati di lebbra, infermità allora considerata una "impurità contagiosa" che esigeva una purificazione rituale (cfr Lv 14, 1-37). In verità, la lebbra che realmente deturpa l'uomo e la società è il peccato; sono l'orgoglio e l'egoismo che generano nell'animo umano indifferenza, odio e violenza. Questa lebbra dello spirito, che sfigura il volto dell'umanità, nessuno può guarirla se non Dio, che è Amore. Aprendo il cuore a Dio, la persona che si converte viene sanata interiormente dal male.

"Convertitevi e credete al Vangelo" (cfr Mc 1, 15). Gesù dette inizio alla sua vita pubblica con quest'invito, che continua a risuonare nella Chiesa. […] Alla Madonna chiediamo per tutti i cristiani il dono di una vera conversione, perché sia annunciato e testimoniato con coerenza e fedeltà il perenne messaggio evangelico, che indica all'umanità la via dell'autentica pace.

[Papa Benedetto, Angelus 14 ottobre 2007]

Martedì, 04 Novembre 2025 03:18

Sofferenze, ripulsa e malintesi

“Mga kaibigan” (Cari amici)  

“Maraming salamat sa inyong lahat” (Ringrazio calorosamente voi tutti).  

Avrei voluto visitarvi al vostro domicilio, ma non è stato possibile. Vi ringrazio per essere venuti invece a incontrare me. Vi ringrazio per avere voluto rappresentare gli altri che volevano tanto venire ma che non hanno potuto. Lo stare con voi oggi reca grande gioia al mio cuore. Vi saluto con affetto e spero che sappiate quanto ho atteso questo nostro incontro.  

Nelle mie precedenti visite pastorali in Africa e in Brasile ho incontrato altri uomini e donne malati di lebbra. Questi incontri hanno lasciato in me una profonda impressione, perché ho potuto apprezzare la pazienza amorosa e il coraggio con cui vivono nonostante le prove e le avversità.  

1. Mi trovo qui in nome di Cristo Gesù per ricordarvi il suo straordinario amore per tutti i suoi fratelli e sorelle, ma in particolare per ciascuno di voi. I Vangeli danno testimonianza di questa verità. Pensate per un momento quanto spesso Gesù manifestò la sua preoccupazione trasformando situazioni di necessità in momenti di grazia. Nel Vangelo di San Luca, per esempio, Gesù è avvicinato da dieci lebbrosi che chiedono di essere guariti. Il Signore ordina loro di mostrarsi ai sacerdoti, e lungo la via vengono guariti. Uno di essi ritorna per rendere grazie. Nella sua gratitudine dimostra una fede che è forte, gioiosa e piena di lode per la meraviglia dei doni di Dio. Evidentemente Gesù ha toccato con il suo amore l’intimità profonda dell’essere di questo uomo.  

2. Ancora nei Vangeli di Matteo e Marco, ci viene presentato un lebbroso che chiede a Gesù di guarirlo ma soltanto se è la sua volontà. Che grande riconoscenza prova l’uomo quando la sua domanda e ascoltata! Egli parte per diffondere la gioiosa notizia del miracolo a tutti coloro che incontra. Una felicità così grande deriva dalla fede dell’uomo. Le sue parole “se vuoi tu puoi mondarmi” riflettono una disponibilità ad accettare qualunque cosa Gesù desideri per lui. E la sua fede in Gesù non fu delusa! Cari fratelli e sorelle, possa la vostra fede in Gesù essere non meno ferma e costante della fede di queste persone nei Vangeli.  

3. So che la vostra afflizione comporta intense sofferenze, non soltanto attraverso le sue manifestazioni fisiche, ma anche per i malintesi che tante persone della società continuano ad associare al morbo di Hansen. Spesso vi imbattete in pregiudizi molto antichi, e questi diventano una fonte di sofferenza ancora maggiore. Da parte mia continuerò a proclamare davanti al mondo la necessità di una consapevolezza ancora maggiore del fatto che, attraverso un aiuto appropriato, questa malattia potrà effettivamente essere vinta. Per questo motivo chiedo a tutti dovunque di appoggiare sempre di più i coraggiosi sforzi che vengono fatti per debellare la lebbra e curare efficacemente coloro che ne sono ancora affetti.  

4. Prego affinché non siate mai scoraggiati o inaspriti. Dovunque e ogni qualvolta incontrate la Croce, abbracciatela come fece Gesù, affinché venga compiuta la volontà del Padre. Che la vostra sofferenza sia offerta a beneficio di tutta la Chiesa, in modo che possiate dire con san Paolo: “Perciò sono lieto nelle mie sofferenze... e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del Suo Corpo che è la Chiesa...”(Col 1,24).  

Tre giorni or sono beatificavo nel vostro Paese sedici martiri di Nagasaki. Tra di essi vi è il Beato Lazzaro di Kyoto, che era lebbroso. Quanto esultiamo per l’aiuto che il beato Lazzaro fornì ai missionari come traduttore e guida. Infine il suo impegno a diffondere il Vangelo gli costò la vita; morì spargendo il suo sangue per la fede. Il suo amore per Cristo comportò molta sofferenza, anche dolori torturanti! Sperimentò l’incomprensione, la ripulsa e l’odio degli altri nel suo servizio alla Chiesa! Ma con la forza della grazia di Dio, il Beato Lazzaro diede testimonianza della fede e meritò il dono prezioso della corona del martirio.  

Cari amici, vi invito a imitare il coraggio del Beato Lazzaro che è così vicino a voi. Condividete le convinzioni della vostra fede con i vostri fratelli e sorelle che soffrono con voi. Contraccambiate l’amore dei medici, degli infermieri e dei volontari che si prendono così generosamente cura di voi. Lavorate per costruire una comunità di fede vivente, una comunità che dia supporto, che rinforzi e che arricchisca la Chiesa universale. È qui il vostro servizio a Cristo! È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore!  

Che Dio vi benedica, cari fratelli e sorelle! Benedica tutti i malati di lebbra in questo Paese! Benedica le vostre famiglie, i vostri amici e tutti quelli che vi assistono! “Ai higit sa lahat, inihahabilin ko ang aking sarili sa inyong panalangin, sa inyong pagmamahal” (E soprattutto, mi raccomando alla vostra preghiera e al vostro amore).

[Papa Giovanni Paolo II, Discorso al Lebbrosario di Tala, Manila 21 febbraio 1981]

Vorrei soffermarmi oggi sulla preghiera di ringraziamento. E prendo lo spunto da un episodio riportato dall’evangelista Luca. Mentre Gesù è in cammino, gli vengono incontro dieci lebbrosi, che implorano: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!” (17,13). Sappiamo che, per i malati di lebbra, alla sofferenza fisica si univa l’emarginazione sociale e l’emarginazione religiosa. Erano emarginati. Gesù non si sottrae all’incontro con loro. A volte va oltre i limiti imposti dalle leggi e tocca il malato - che non si poteva fare - lo abbraccia, lo guarisce. In questo caso non c’è contatto. A distanza, Gesù li invita a presentarsi ai sacerdoti (v. 14), i quali erano incaricati, secondo la legge, di certificare l’avvenuta guarigione. Gesù non dice altro. Ha ascoltato la loro preghiera, ha ascoltato il loro grido di pietà, e li manda subito dai sacerdoti.

Quei dieci si fidano, non rimangono lì fino al momento di essere guariti, no: si fidano e vanno subito, e mentre stanno andando guariscono tutti e dieci. I sacerdoti avrebbero dunque potuto constatare la loro guarigione e riammetterli alla vita normale. Ma qui viene il punto più importante: di quel gruppo, solo uno, prima di andare dai sacerdoti, torna indietro a ringraziare Gesù e a lodare Dio per la grazia ricevuta. Solo uno, gli altri nove continuano la strada. E Gesù nota che quell’uomo era un samaritano, una specie di “eretico” per i giudei del tempo. Gesù commenta: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» (17,18). E’ toccante il racconto!

Questo racconto, per così dire, divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia. Il Catechismo scrive: «Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (n. 2638). La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Tante volte dimentichiamo pure di dire “grazie”.

Per noi cristiani il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia. La parola greca, infatti, significa proprio questo: ringraziamento. I cristiani, come tutti i credenti, benedicono Dio per il dono della vita. Vivere è anzitutto aver ricevuto la vita. Tutti nasciamo perché qualcuno ha desiderato per noi la vita. E questo è solo il primo di una lunga serie di debiti che contraiamo vivendo. Debiti di riconoscenza. Nella nostra esistenza, più di una persona ci ha guardato con occhi puri, gratuitamente. Spesso si tratta di educatori, catechisti, persone che hanno svolto il loro ruolo oltre la misura richiesta dal dovere. E hanno fatto sorgere in noi la gratitudine. Anche l’amicizia è un dono di cui essere sempre grati.

Questo “grazie” che dobbiamo dire continuamente, questo grazie che il cristiano condivide con tutti, si dilata nell’incontro con Gesù. I Vangeli attestano che il passaggio di Gesù suscitava spesso gioia e lode a Dio in coloro che lo incontravano. I racconti del Natale sono popolati di oranti con il cuore allargato per la venuta del Salvatore. E anche noi siamo stati chiamati a partecipare a questo immenso tripudio. Lo suggerisce anche l’episodio dei dieci lebbrosi guariti. Naturalmente tutti erano felici per aver recuperato la salute, potendo così uscire da quella interminabile quarantena forzata che li escludeva dalla comunità. Ma tra loro ce n’è uno che a gioia aggiunge gioia: oltre alla guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato. Questo è il nocciolo: quando tu ringrazi, esprimi la certezza di essere amato. E questo è un passo grande: avere la certezza di essere amato. È la scoperta dell’amore come forza che regge il mondo. Dante direbbe: l’Amore «che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, 145). Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là, no: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa “dimora” contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello. Siamo figli dell’amore, siamo fratelli dell’amore. Siamo uomini e donne di grazia.

Dunque, fratelli e sorelle, cerchiamo di stare sempre nella gioia dell’incontro con Gesù. Coltiviamo l’allegrezza. Invece il demonio, dopo averci illusi - con qualsiasi tentazione - ci lascia sempre tristi e soli. Se siamo in Cristo, nessun peccato e nessuna minaccia ci potranno mai impedire di continuare con letizia il cammino, insieme a tanti compagni di strada.

Soprattutto, non tralasciamo di ringraziare: se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza. Il mondo ha bisogno di speranza e con la gratitudine, con questo atteggiamento di dire grazie, noi trasmettiamo un po’ di speranza. Tutto è unito, tutto è legato e ciascuno può fare la sua parte là dove si trova. La strada della felicità è quella che San Paolo ha descritto alla fine di una delle sue lettere: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5,17-19). No spegnere lo Spirito, bel programma di vita! Non spegnere lo Spirito che abbiamo dentro ci porta alla gratitudine.

[Papa Francesco, Udienza Generale 30 dicembre 2020]

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:40

Servi inutili: vita standard e Fede

(Lc 17,7-10)

 

Accrescere la Fede? Il Dono non è un regalo, ma un Appello. Perciò Gesù neppure risponde - ciononostante fa riflettere sui risultati dell’eventuale adesione.

Basterebbe un minimo coinvolgimento e nel mondo si produrrebbero risultati straordinari (v.6); in comunità, nelle famiglie, nella vita personale.

Realizzeremmo l’impossibile e importante. Si risolverebbero i veri problemi. Si trasformerebbero anche le azioni più semplici.

Parole assai provocatorie, quelle di Gesù, che neppure condannano a priori né demonizzano la Via contraria alla sua.

Ma ci mette sull’avviso su come funzionano le cose in ambiente piramidale (vv.7-9).

«Quando avete fatto tutto quello che vi è stato “ordinato”...» (v.10).

Il Signore allude all’obbedienza della Torah, e vorrebbe renderci liberi dal giogo ossessivo, limitante, meschino e ansiogeno della Legge antica. 

Essa produce impoverimento delle anime.

È come se il Signore dicesse:

«Provate pure a ricalcare il modello prevedibile, ingessato, privo di scossoni... Tentate e vedrete sulla vostra pelle che inconcludenza, che lacerazioni e disastri produce!».

 

In una prospettiva di Fede e di crescita umana in Cristo bisogna abbandonare il modello standard limitante «suddito-Sovrano».

Esso toglie ricchezza espressiva all’Annuncio e alla vita.

La Fede accoglienza-somiglianza ci porterà invece a crescere da ‘inutili’ schiavi a Figli; collaboratori e alleati del Padre.

Da gretti sottomessi e obbedienti pedissequi, a famigliari, amici e consanguinei-assomiglianti.

Altrimenti rimarremo nella condizione puerile di bambinoni e garzoni «di nessun conto» (v.10) che non si esprimono né reinterpretano, ma restano sottoposti e fanno solo “quello che devono”.

La religione dei meriti e dei ruoli è deleteria; produce malessere, va avanti per inerzia e con atteggiamento difensivo.

Non reinventa il presente, né apre il futuro.

Essa non ascolta i bisogni, piuttosto ci spinge a improntare rapporti sulla base dell’egoismo, anche spirituale.

Qui non si guarda più ciò che si affaccia spontaneamente - costringendo le nostre facoltà a valutazioni tutte predicibili, conformiste.

 

La vita dunque impoverisce, desertificando se stessa, perché intimidita.

Diventando un’assurda farsa che Gesù non vuole: un’accozzaglia di atteggiamenti paludosi, incapaci di riattivarci - disattenti alle azioni speciali che trasformano la routine in avventura.

Parafrasando l’enciclica Fratelli Tutti, in quelle condizioni suonerebbe «come un delirio» anche elaborare «grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità» (n.16).

Mancherebbe il senso del Mistero, mai percependolo nei solchi della storia: ci trascineremmo nei rimedi, tutelando solo il tran tran.

Perciò nessun cambiamento inatteso, nessuna trasformazione inspiegabile, nessun recupero eccezionale (v.6).

Nessuna imprevedibilità scorgerebbe il ‘sacro’ nelle mille situazioni che la Provvidenza inventa, stimolando risposte nuove.

 

Il mistico Ibn Ata Allah - Maestro delle due Scienze [sapienza dell’analisi ed esperienza dell’ebbrezza mistica] - sosteneva:

«Se vuoi che ti si apra la porta del timore, guarda ciò che da te va a Lui. Se vuoi che ti si apra la porta della Speranza, guarda a ciò che da Lui viene a te».

 

 

[Martedì 32.a sett. T.O.  11 Novembre 2025]

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:36

Vita standard e Fede-Speranza

Lc 17,7-10 (1-10)

 

Perdono e Fede: Incontro vivo

 

Gratis eccentrico, in avanti: Sacramento dell’umanità come tale

(Lc 17,1-6)

 

La conoscenza di Dio non è un bene di confisca o una scienza acquisita e già pignorata: muove da un’azione e un’altra, incessantemente; si realizza in un Incontro sempre vivo, che non ci blocca né dissolve.

Tipica, l’esperienza dei «piccoli» [mikròi v.2]. Sin dalle prime comunità di fede, essi sono stati coloro cui mancavano sicurezze ed energie; instabili e senz’appoggio.

Da sempre, «Piccoli» sono gli incipienti; i nuovi, che hanno sentito parlare di fraternità cristiana, ma che talora sono costretti a mettersi in fila, da parte, o rinunciare al cammino.

Ma il criterio di accoglienza, tolleranza, comunione anche di beni materiali, è stato il primo e principale catalizzatore della crescita delle assemblee.

Addirittura la scaturigine e il senso di tutte le formule e segni della liturgia.

Il centro esistenziale e ideale cui convergere. Per una Fede proattiva e in se stessa trasformativa.

 

Nello Spirito del Maestro, anche per noi la conciliazione degli attriti non si configura come semplice opera di magnanimità.

È inizio del mondo futuro. Principio di un’avventura imprevedibile e indicibile. E noi con esso d’improvviso rinati: venuti a un franco contatto nel Cristo. Colui che non ci spegne affatto.

Di qui il Perdono cristiano dei figli, che non è… “guardare positivo”, e “chiudere un occhio”: piuttosto, Novità di Dio che crea un ambiente di Grazia, propulsivo, con possibilità enormi.

Forza che irrompe e lascia incontrare paradossalmente i poli oscuri, invece di scuoterli di dosso. Eliminando in modo genuino paragoni, parole e zavorre inutili, che bloccano l’Esodo trasparente.

Dinamica che guida all’indispensabile e imprescindibile: onde spostare lo sguardo. Insegnando ad accorgersi dei propri isterismi, conoscersi, affrontare l’ansia, il suo motivo; a gestire situazioni e momenti di crisi.

Virtù plasmabile che pone in ascolto intimo dell’essenza personale.

Quindi Empatia solida, larga, che introduce nuove energie; fa incontrare i propri stati profondi, perfino la vita standard… suscitando altri saperi, diverse prospettive, relazioni inattese.

Così senza troppa lotta ci rinnova, e argina la perdita di veracità [tipica, quella in favore delle maniere di circostanza]. Accentua capacità e gli orizzonti della Pace - sgretolando primati, equilibri paludosi.

La scoperta di nuovi versanti dell’essere che siamo, trasmette un senso di migliore completezza, quindi spontaneamente argina influssi esterni, scioglie pregiudizi, non fa agire su base emotiva, impulsiva.

Colloca piuttosto nella posizione che mette in grado di rivelare il senso nascosto e sbalorditivo dell’essere. Dispiegando l’orizzonte cruciale.

 

Attivare «Perdono» è gratuitamente una restituzione in sovraggiunta del proprio ventaglio caratteriale, di tutta la dignità perduta, e ben oltre.

Deponendo le sentenze, l’arte della tolleranza dilata lo sguardo [anche intimo]. Migliora e potenzia i lati spenti; quelli che noi stessi avevamo detestato.

In tal guisa eccentrica trasforma i considerati lontani o mediocri [mikroi] in battistrada, e geniali inventori. Perché ciò che ieri era impensato, domani sarà di chiarificazione e traino.

Le confusioni acquisteranno un senso - proprio grazie al pensiero delle menti in crisi, e per l’azione dei disprezzati, intrusi, fuori d’ogni giro e prevedibilità.

Vita di pura Fede nello Spirito: ossia, la fantasia dei “fiacchi”… al potere.

Perché è il meccanismo paradossale che fa valutare i crocevia della storia, attiva le passioni, crea condivisione, risolve i veri problemi.

E dunque soppianta in avanti i momenti difficili (riportandoci al vero percorso) orientando la realtà al bene concreto.

Facendola volare verso se stessa.

 

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne. È in tale ‘vuoto’ e Silenzio che Dio si fa strada.

Mistero della Presenza, che trabocca. Nuova Alleanza.

 

 

Accrescere la Fede: vita noiosa, intimidita, o la porta della Speranza

(Lc 17,5-10)

 

Forse anche a noi è stato inculcato che la fede bisogna chiederla, così Dio ce l’aumenta. Invece abbiamo voce in capitolo, ma non nel senso d’una avance da rivolgere al Cielo.

La Fede è dono, però nel senso di proposta e iniziativa relazionale, faccia a faccia; che chiede percezione accogliente. Quindi non cresce per caduta d’un pacchetto - come a precipizio, o per infusione dall’alto. Addirittura forzandola, e convincendo il Padre.

Non è neppure un semplice assenso legato al carattere bonario. Non è un bagaglio di nozioni che qualcuno ha e dimostra in modo giusto; altri meno, o affatto.

Nell’innamoramento si può essere più o meno coinvolti!

Fede non è credere che Dio esista, ma l’aderire a un suggerimento sorgivo che (senza imposizioni) ci guida a trascurare la reputazione.

La persona di Fede non bada a spese o rischi, anche per la vita altrui. Tiene in sospeso le costumanze particolari; non anteporre gli affetti di cerchia. Perdona senza limiti.

Spesso siamo d’accordo solo in parte e accettiamo qualcosina - magari fino a che l’amore non vada sino in fondo, o ci rimetta in discussione.

Così la testa, i vezzi, la concatenazione dei valori, e il piccolo mondo cui siamo legati.

 

Accrescere la Fede? Il Dono non è un regalo, ma un Appello.

Perciò Gesù neppure risponde a una richiesta tanto ridicola - ciononostante fa riflettere sui risultati dell’eventuale adesione.

Basterebbe un minimo coinvolgimento e nel mondo si produrrebbero risultati straordinari (v.6); in comunità, nelle famiglie e nella vita personale.

Realizzeremmo l’impossibile e importante. Si risolverebbero i veri problemi. Si trasformerebbero anche le azioni più semplici.

Ci sono poi grandi eventi piantati nel cuore di ogni uomo, che forse consideriamo irrealizzabili: ad es. la fratellanza universale, la vittoria sulla fame, una vita dignitosa e bella per tutti, un mondo e una Chiesa senza personaggi volatili, corrotti e vanitosi.

Siccome le consideriamo situazioni impossibili, neppure iniziamo a edificarle - subito ci lasciamo cadere le braccia.

Ma la maturazione è frutto contromano di lati segreti, non di armature mentali impermeabili.

Come diceva un premio Nobel: «Gli innocenti non sapevano che il loro progetto era impossibile, per questo lo realizzarono».

E non è che dopo una vita impiegata nel servizio - agli ordini del Principale - nell’aldilà finalmente comanderemo, sulla base del rango conquistato [sebbene anche questo forse ci sia stato trasmesso].

Uno dei prodigi che compie in noi la Fede in Cristo - qui e ora - è farci prendere coscienza della bellezza e della gioia di avere libertà di scendere dai piedistalli già identificati, per favorire la vita piena (di tutti).

E a “fine mese” - alla “resa dei conti” o alla “paga” - non diventeremo finalmente dei boss - almeno in cielo!

Perché Dio è Comunione, convivialità delle differenze; e non accetta lo schema servo-padrone, addirittura come premio.

 

Parole assai provocatorie, quelle di Gesù, che neppure condannano a priori né demonizzano la Via contraria alla sua.

Ma ci mette sull’avviso su come funzionano le cose in ambiente piramidale (vv.7-9).

«Quando avete fatto tutto quello che vi è stato “ordinato”...» (v.10).

Il Signore allude all’obbedienza della Torah, e vorrebbe renderci liberi dal giogo ossessivo, limitante, meschino e ansiogeno della Legge religiosa antica. 

Essa produce gerarchie artificiose e finte, collasso sociale, impoverimento delle anime.

È come se il Signore dicesse:

«Provate pure a ricalcare il modello prevedibile, pio, correttissimo, ingessato e privo di scossoni...

Tentate e vedrete sulla vostra pelle che inconcludenza, che lacerazioni e disastri produce.

Fatene pure l’esperienza, così vi renderete conto, e in modo definitivo!».

 

In una prospettiva di Fede e di crescita umana in Cristo bisogna abbandonare il modello standard limitante «suddito-Sovrano» imposto da Mosè.

Che noia! Persona e Amicizia non si mettono in banca!

E dopo le prime scoperte, non si torna indietro a coltivare vincoli - altrimenti i comportamenti obbligati ci procureranno guai grossi.

Toglieranno ricchezza espressiva all’Annuncio e alla vita.

Forse già sappiamo cosa significa sentirci dei numeri, copiare l’emancipazione (istrionica) altrui e di conseguenza cercare compensazioni esterne; o riempirci di secondi fini, quindi truccare e guastare.

«Prova pure ad accontentarti della religiosità ufficiale, conformista e normalizzata, invece d’impegnarti nella ricerca e scoperta senza risarcimenti; nell’Esodo e nell’avventura di adesione a un Amore di livello! Vedrai che impedimento alle svolte, che degrado di relazioni, che vita ripiegata e colma di risentimenti attorno, insulsa e vuota!».

 

La Fede accoglienza-somiglianza ci porterà invece a crescere da inutili schiavi a Figli; collaboratori e alleati del Padre.

Da gretti sottomessi e obbedienti pedissequi, a famigliari, amici e consanguinei-assomiglianti.

Altrimenti rimarremo nella condizione puerile di bambinoni e garzoni «di nessun conto» (v.10) che non si esprimono né reinterpretano, ma restano sottoposti e fanno solo “quello che devono”.

La religione dei meriti e dei ruoli è deleteria; produce malessere. Gestisce l’impero immobiliare ma va avanti per inerzia e con atteggiamento difensivo.

Non reinventa il presente, né apre il futuro.

Essa non ascolta i bisogni, piuttosto ci spinge a improntare rapporti sulla base dell’egoismo, anche spirituale.

Qui non si guarda più ciò che si affaccia spontaneamente - costringendo le nostre facoltà a valutazioni tutte predicibili, conformiste.

La vita dunque impoverisce, desertificando se stessa, perché intimidita.

Diventando un’assurda farsa che Gesù non vuole: un’accozzaglia di atteggiamenti paludosi, incapaci di riattivarci - disattenti alle azioni speciali che trasformano la routine in avventura.

Parafrasando l’enciclica Fratelli Tutti, in quelle condizioni suonerebbe «come un delirio» anche elaborare «grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità» (n.16).

Mancherebbe il senso del Mistero, mai percependolo nei solchi della storia: ci trascineremmo nei rimedi, tutelando solo il tran tran.

Al rapporto di Amicizia e Gratuità subentrerebbe un modello indotto (e in Italia lo conosciamo bene, purtroppo).

Modello che poi non consente d’incontrare se stessi e gli altri; anzi, deformerebbe persino la relazione con Dio.

 

Impiegati a stipendio - meno umani e meno unici - significa meno “divini”: tutto già noto, guidato e previsto come nelle trame di marionette su palcoscenico purchessia.

Nessun cambiamento inatteso; nessuna trasformazione inspiegabile.

Nessun recupero eccezionale, nessun prodigio umano e culturale stupefacente (v.6).

Alcuna imprevedibilità che scorge il ‘sacro’ nelle mille situazioni che la Provvidenza inventa, stimolando risposte nuove.

 

Il mistico Ibn Ata Allah - Maestro delle due Scienze [sapienza dell’analisi ed esperienza dell’ebbrezza mistica] - sosteneva:

«Se vuoi che ti si apra la porta del timore, guarda ciò che da te va a Lui. Se vuoi che ti si apra la porta della Speranza, guarda a ciò che da Lui viene a te».

 

 

Per  interiorizzare e vivere il messaggio:

Cosa vorresti fare per Dio? Come vivi la Speranza?

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:31

Amore umile

35. Questo giusto modo di servire rende l'operatore umile. Egli non assume una posizione di superiorità di fronte all'altro, per quanto misera possa essere sul momento la sua situazione. Cristo ha preso l'ultimo posto nel mondo — la croce — e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente ci aiuta. Chi è in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene aiutato anche lui; non è suo merito né titolo di vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito è grazia. Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono. A volte l'eccesso del bisogno e i limiti del proprio operare potranno esporlo alla tentazione dello scoraggiamento. Ma proprio allora gli sarà d'aiuto il sapere che, in definitiva, egli non è che uno strumento nelle mani del Signore; si libererà così dalla presunzione di dover realizzare, in prima persona e da solo, il necessario miglioramento del mondo. In umiltà farà quello che gli è possibile fare e in umiltà affiderà il resto al Signore. È Dio che governa il mondo, non noi. Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza. Fare, però, quanto ci è possibile con la forza di cui disponiamo, questo è il compito che mantiene il buon servo di Gesù Cristo sempre in movimento: « L'amore del Cristo ci spinge » (2 Cor 5, 14).

[Papa Benedetto, Deus Caritas est]

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:27

A servizio del Regno

1. «Siamo servi inutili» (Lc 17, 10).

L'eco di queste parole di Cristo non cessò sicuramente di risonare nell'animo degli Apostoli quando, ubbidendo al suo comando, si avviarono sulle strade del mondo per annunziare il Vangelo. Passavano da una città all'altra, da una regione all'altra, faticando a servizio del Regno, e sempre custodendo nel cuore l'ammonimento di Gesù: "Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17, 10).

Questa stessa consapevolezza essi trasmisero ai loro discepoli, anche a quelli che per primi attraversarono il Mar Adriatico, portando il Vangelo nella Dalmazia romana, ai popoli che in quell'epoca abitavano questa bellissima costa e le altre terre non meno belle fino alla Pannonia. La fede cominciò così a diffondersi tra i vostri antenati, i quali a loro volta la consegnarono a voi. È un lungo processo storico, che risale all'epoca di San Paolo e che riparte con nuovo slancio nel VII secolo all'arrivo delle popolazioni croate.

Oggi vogliamo ringraziare la Santissima Trinità per il Battesimo che hanno ricevuto i vostri avi. Il cristianesimo è arrivato qui dall'Oriente e dall'Italia, da Roma, e ha plasmato la vostra tradizione nazionale. Questo ricordo risveglia nell'animo un vivo senso di gratitudine verso la divina Provvidenza per questo duplice dono: anzitutto il dono della vocazione alla fede, e poi quello dei frutti che ne sono maturati nella vostra cultura e nelle vostre consuetudini.

Sulla costa croata, lungo i secoli, sono fioriti meravigliosi capolavori di architettura, che hanno suscitato l'ammirazione di innumerevoli persone in ogni epoca. Tutti potevano godere di questo splendido patrimonio inserito in un incantevole paesaggio. Purtroppo, a causa delle guerre, parte di questi tesori è andata distrutta o è stata danneggiata. L'occhio umano ormai non potrà più gioirne. Come non provarne rimpianto?

2. «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». La parola di Gesù pone degli interrogativi che non è possibile evitare: abbiamo veramente fatto quanto dovevamo? E che cosa dovremmo fare ora? Quali sono i compiti che stanno davanti a noi? Quali mezzi e quali forze abbiamo a disposizione? Le domande sono complesse e la risposta dovrà quindi essere articolata. Oggi noi ci poniamo queste domande come cristiani, come seguaci di Cristo, e con questa consapevolezza leggiamo la pagina della Lettera di San Paolo a Timoteo. In essa l'Apostolo, elencando i nomi di alcuni discepoli, menziona anche quello di Tito, del quale ricorda la missione in Dalmazia. Tito fu dunque uno di coloro che per primi evangelizzarono queste terre, a singolare testimonianza della preoccupazione apostolica di far giungere il Vangelo fin qui.

Nelle parole di Paolo, di un Paolo ormai provato dagli anni, sentiamo echeggiare l'ansia apostolica di tutta una vita. Ora che è giunto per lui il momento di sciogliere le vele (cfr 2 Tm 4, 6), scrive al discepolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4, 7). È una testimonianza ed è anche un testamento. In questa prospettiva acquistano maggiore importanza le parole conclusive: «Il Signore (...) mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del Messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili» (2 Tm 4,17).

Coloro che oggi, alla fine del secondo millennio, devono continuare l'opera dell'evangelizzazione possono attingere qui luce e conforto. In questa opera, che è divina e al tempo stesso umana, bisogna fare appello alla potenza del Signore. Giustamente, alle soglie del nuovo millennio, parliamo della necessità di una nuova evangelizzazione: nuova quanto al metodo, ma sempre identica quanto alle verità proposte. Ora, la nuova evangelizzazione è un compito immane: universale nei contenuti e nella destinazione, essa deve diversificarsi nella forma adattandosi alle esigenze dei vari luoghi. Come non sentire il bisogno dell'intervento di Dio a sostegno della nostra pochezza?

Preghiamo, affinché la Chiesa nel vostro Paese cattolico sappia leggere bene, con l'aiuto di Dio, esigenze e compiti della nuova evangelizzazione e orientarne l'impegno nella giusta direzione "tertio millennio adveniente".

[…]

«Se aveste fede quanto un granellino di senapa ...» (Lc 17,6), ci ha detto Gesù poco fa nel Vangelo. La grazia di Dio ha fatto sì che quel granellino di fede germogliasse e crescesse fino a diventare un albero grande, ricco di frutti di santità. Anche nei periodi più duri della vostra storia, non sono mancati uomini e donne che non hanno cessato di ripetere: «La fede cattolica è la mia vocazione» (Servo di Dio Ivan Merz, in Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis, Roma 1998, p. 477); uomini e donne che hanno fatto della fede il programma della loro vita. Così è stato per il martire Domnio, in epoca romana, così per i numerosi martiri durante l'occupazione turca, sino al Beato martire Alojzije Stepinac, nei giorni nostri.

La decisione dei vostri padri di accogliere la fede cattolica, la fede annunciata e professata dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha avuto un ruolo centrale nella storia religiosa e civile della Nazione. «Questo fu un evento di capitale importanza per i Croati, perché da quel momento accettarono con grande prontezza il Vangelo di Cristo come veniva propagato e insegnato da Roma. La fede cattolica ha permeato la vita nazionale dei Croati»: così hanno scritto i vostri Vescovi (Lettera pastorale del 16 marzo 1939), in vista della celebrazione giubilare dell'evangelizzazione dei Croati, programmata per il 1941 e rinviata, poi, a causa di eventi che hanno sconvolto la vostra Patria, l'Europa e il mondo intero.

5. È un'eredità che obbliga. Nella Lettera che vi ho scritto per l'Anno di Branimir, una delle tappe della celebrazione del Giubileo del Battesimo del vostro Popolo, vi dicevo: «Con la vostra perseveranza avete stretto una specie di patto con Cristo e con la sua Chiesa: dovete restare fedeli a questo patto quanto più i tempi vi si oppongono. Quali siete stati da quel glorioso anno 879, tali rimanete sempre» (15 maggio 1979). Queste parole vi ripeto anche oggi, nel nuovo clima sociale e politico che si è instaurato nella vostra Patria.

Il Signore non ha mancato di illuminare di speranza i vostri giorni (cfr Ef 1, 17-18), Ed ora, con l'avvento della libertà e della democrazia, è legittimo attendere una nuova primavera di fede in queste terre croate. La Chiesa ha oggi la possibilità di servirsi di molteplici mezzi di evangelizzazione e di accedere a tutti gli spazi della società. È questa un'occasione propizia che la Provvidenza offre a questa generazione per annunciare il Vangelo e rendere testimonianza a Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, contribuendo così all'edificazione di una società a misura d'uomo.

Concretamente, i cristiani delle terre croate sono oggi chiamati a dare un volto nuovo alla loro Patria, soprattutto impegnandosi per il ripristino nella società dei valori etici e morali minati dai precedenti totalitarismi e dalla recente violenza bellica. È compito che richiede molte energie e ferma volontà. Ed è compito urgente, perché senza valori non vi può essere vera libertà né vera democrazia. Fondamentale, tra i valori, è il rispetto della vita umana, dei diritti e della dignità della persona, come anche dei diritti e della dignità dei popoli.

Il cristiano sa di avere una responsabilità ben precisa, accanto agli altri cittadini, per le sorti della propria Patria e per la promozione del bene comune. La fede impegna sempre al servizio degli altri, dei concittadini visti come fratelli. E non vi può essere testimonianza efficace senza una fede profondamente vissuta, senza una vita ancorata al Vangelo e permeata di amore verso Dio e verso il prossimo, sull'esempio di Gesù Cristo. Testimoniare, per il cristiano, vuol dire rivelare agli altri le meraviglie dell'amore di Dio, costruendo unitamente ai fratelli quel Regno, di cui la Chiesa "costituisce in terra il germe e l'inizio" (Lumen gentium, 5).

6. «Se aveste fede... Siamo servi inutili... ». La fede non cerca cose straordinarie, ma si sforza di rendersi utile servendo i fratelli nella prospettiva del Regno. La sua grandezza sta nell'umiltà: «Siamo servi inutili...». Una fede umile è una fede autentica. E una fede autentica, anche se piccola "come un granellino di senapa", può operare cose straordinarie.

Quante volte ciò ha trovato attuazione in queste regioni! Possa il futuro recare nuove conferme di questa parola del Signore, così che il Vangelo continui a portare abbondanti frutti di santità tra le generazioni che verranno.

Il Signore della storia accolga le suppliche che si innalzano oggi da questa terra croata ed esaudisca la preghiera di quanti confessano il santo Nome di Dio e chiedono di rimanere fedeli alla grande Alleanza battesimale dei loro avi.

Sorretto dalla fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, questo popolo sappia costruire il proprio futuro sulle sue antiche radici cristiane, che risalgono ai tempi apostolici!

Siano lodati Gesù e Maria!

[Papa Giovanni Paolo II, omelia Split 4 ottobre 1998]

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:12

Fede e Servizio

La Parola di Dio ci presenta oggi due aspetti essenziali della vita cristiana: la fede e il servizio. A proposito della fede, vengono rivolte al Signore due particolari richieste.

La prima è quella del profeta Abacuc, che implora Dio perché intervenga e ristabilisca la giustizia e la pace che gli uomini hanno infranto con violenza, liti e contese: «Fino a quando, Signore, – dice – implorerò aiuto e non ascolti?» (Ab 1,2). Dio, rispondendo, non interviene direttamente, non risolve la situazione in modo brusco, non si rende presente con la forza. Al contrario, invita ad attendere con pazienza, senza mai perdere la speranza; soprattutto, sottolinea l’importanza della fede. Perché per la sua fede l’uomo vivrà (cfr Ab 2,4). Così Dio fa anche con noi: non asseconda i nostri desideri che vorrebbero cambiare il mondo e gli altri subito e continuamente, ma mira anzitutto a guarire il cuore, il mio cuore, il tuo cuore, il cuore di ciascuno; Dio cambia il mondo cambiando i nostri cuori, e questo non può farlo senza di noi. Il Signore desidera infatti che gli apriamo la porta del cuore, per poter entrare nella nostra vita. E questa apertura a Lui, questa fiducia in Lui è proprio «la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5,4). Perché quando Dio trova un cuore aperto e fiducioso, lì può compiere meraviglie.

Ma avere fede, una fede viva, non è facile; ed ecco allora la seconda richiesta, quella che nel Vangelo gli Apostoli rivolgono al Signore: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,6). È una bella domanda, una preghiera che anche noi potremmo rivolgere a Dio ogni giorno. Ma la risposta divina è sorprendente e anche in questo caso ribalta la domanda: «Se aveste fede…». È Lui che chiede a noi di avere fede. Perché la fede, che è un dono di Dio e va sempre chiesta, va anche coltivata da parte nostra. Non è una forza magica che scende dal cielo, non è una “dote” che si riceve una volta per sempre, e nemmeno un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita. Perché una fede utile a soddisfare i nostri bisogni sarebbe una fede egoistica, tutta centrata su di noi. La fede non va confusa con lo stare bene o col sentirsi bene, con l’essere consolati nell’animo perché abbiamo un po’ di pace nel cuore. La fede è il filo d’oro che ci lega al Signore, la pura gioia di stare con Lui, di essere uniti a Lui; è il dono che vale la vita intera, ma che porta frutto se facciamo la nostra parte.

E qual è la nostra parte? Gesù ci fa comprendere che è il servizio. Nel Vangelo, infatti, il Signore fa subito seguire alle parole sulla potenza della fede quelle sul servizio. Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro. Per spiegarmi vorrei utilizzare un’immagine a voi molto familiare, quella di un bel tappeto: i vostri tappeti sono delle vere opere d’arte e provengono da una storia antichissima. Anche la vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, nostro Padre, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia. Ogni tappeto, voi lo sapete bene, va tessuto secondo la trama e l’ordito; solo con questa struttura l’insieme risulta ben composto e armonioso. Così è per la vita cristiana: va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando tra loro una trama e un ordito ben definiti: la trama della fede e l’ordito del servizio. Quando alla fede si annoda il servizio, il cuore si mantiene aperto e giovane, e si dilata nel fare il bene. Allora la fede, come dice Gesù nel Vangelo, diventa potente, fa meraviglie. Se cammina su quella strada, allora matura e diventa forte, a condizione che rimanga sempre unita al servizio.

Ma che cos’è il servizio? Possiamo pensare che consista solo nell’essere ligi ai propri doveri o nel compiere qualche opera buona. Ma per Gesù è molto di più. Nel Vangelo di oggi Egli ci chiede, anche con parole molto forti, radicali, una disponibilità totale, una vita a piena disposizione, senza calcoli e senza utili. Perché è così esigente Gesù? Perché Lui ci ha amato così, facendosi nostro servo «fino alla fine» (Gv 13,1), venendo «per servire e dare la propria vita» (Mc 10,45). E questo avviene ancora ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: il Signore viene in mezzo a noi e per quanto noi ci possiamo proporre di servirlo e amarlo, è sempre Lui che ci precede, servendoci e amandoci più di quanto immaginiamo e meritiamo. Ci dona la sua stessa vita. E ci invita a imitarlo, dicendoci: «Se uno mi vuole servire, mi segua» (Gv 12,26).

Dunque, non siamo chiamati a servire solo per avere una ricompensa, ma per imitare Dio, fattosi servo per nostro amore. E non siamo chiamati a servire ogni tanto, ma a vivere servendo. Il servizio è allora uno stile di vita, anzi riassume in sé tutto lo stile di vita cristiano: servire Dio nell’adorazione e nella preghiera; essere aperti e disponibili; amare concretamente il prossimo; adoperarsi con slancio per il bene comune.

Non mancano anche per i credenti le tentazioni, che allontanano dallo stile del servizio e finiscono per rendere la vita inservibile. Dove non c’è servizio la vita è inservibile! Anche qui possiamo evidenziarne due. Una è quella di lasciare intiepidire il cuore. Un cuore tiepido si chiude in una vita pigra e soffoca il fuoco dell’amore. Chi è tiepido vive per soddisfare i propri comodi, che non bastano mai, e così non è mai contento; poco a poco finisce per accontentarsi di una vita mediocre. Il tiepido riserva a Dio e agli altri delle “percentuali” del proprio tempo e del proprio cuore, senza mai esagerare, anzi cercando sempre di risparmiare. Così la sua vita perde di gusto: diventa come un tè che era veramente buono, ma che quando si raffredda non si può più bere. Sono certo però che voi, guardando agli esempi di chi vi ha preceduto nella fede, non lascerete intiepidire il cuore. La Chiesa intera, che nutre per voi una speciale simpatia, vi guarda e vi incoraggia: siete un piccolo gregge tanto prezioso agli occhi di Dio!

C’è una seconda tentazione, nella quale si può cadere non perché si è passivi, ma perché si è “troppo attivi”: quella di pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno. Allora il servizio diventa un mezzo e non un fine, perché il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi. «Tra voi però – ricorda Gesù a tutti noi – non sarà così: ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,26). Così si edifica e si abbellisce la Chiesa. Riprendo l’immagine del tappeto, applicandola alla vostra bella comunità: ciascuno di voi è come uno splendido filo di seta, ma solo se sono ben intrecciati tra di loro i diversi fili creano una bella composizione; da soli, non servono. Restate sempre uniti, vivendo umilmente in carità e gioia; il Signore, che crea l’armonia nelle differenze, vi custodirà.

Ci aiuti l’intercessione della Vergine Immacolata e dei Santi, in particolare di Santa Teresa di Calcutta, i cui frutti di fede e di servizio sono in mezzo a voi. Accogliamo alcune sue splendide parole, che riassumono il messaggio di oggi: «Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace» (Il cammino semplice, Introduzione).

[Papa Francesco, omelia Baku 2 ottobre 2016]

Sabato, 01 Novembre 2025 23:14

Perdono e Fede: Incontro vivo

Gratis eccentrico, in avanti: Sacramento dell’umanità come tale

(Lc 17,1-6)

 

La conoscenza di Dio non è una scienza acquisita: muove da un’azione e un’altra, incessantemente; si realizza in un Incontro sempre vivo, che non ci blocca né dissolve.

Tipica, l’esperienza dei «piccoli» [mikròi v.2]. Sin dalle prime comunità di fede, essi sono stati coloro cui mancavano sicurezze ed energie; instabili e senz’appoggio.

Da sempre, «Piccoli» sono gli incipienti; i nuovi, che hanno sentito parlare di fraternità cristiana, ma che talora sono costretti a mettersi in fila, da parte, o rinunciare al cammino.

Eppure, il criterio di accoglienza, tolleranza, comunione anche di beni materiali, è stato il primo e principale catalizzatore della crescita delle assemblee.

Addirittura la scaturigine e il senso di tutte le formule e segni della liturgia.

Il centro esistenziale e ideale cui convergere. Per una Fede proattiva e in se stessa trasformativa.

 

Nello Spirito del Maestro, anche per noi la conciliazione degli attriti non si configura come semplice opera di magnanimità.

È inizio del mondo futuro. Principio di un’avventura imprevedibile e indicibile; di rinascita.

Novità di Dio che crea un ambiente di Grazia, propulsivo, con possibilità enormi.

Forza che irrompe e lascia incontrare paradossalmente i poli oscuri, invece di scuoterli di dosso. Eliminando in modo genuino paragoni, parole e zavorre inutili, che bloccano l’Esodo trasparente.

Così senza troppa lotta ci rinnova, e argina la perdita di veracità. Accentua capacità e gli orizzonti della Pace - sgretolando primati, equilibri paludosi.

La scoperta di nuovi versanti dell’essere che siamo, trasmette un senso di migliore completezza. Quindi spontaneamente argina influssi esterni, scioglie pregiudizi, non fa agire su base emotiva, impulsiva.

Colloca piuttosto nella posizione che mette in grado di rivelare il senso nascosto e sbalorditivo dell’essere. Dispiegando l’orizzonte cruciale.

 

Deponendo le sentenze, l’arte della tolleranza dilata lo sguardo [anche intimo]. Migliora e potenzia i lati spenti; quelli che noi stessi avevamo detestato.

In tal guisa eccentrica, essa trasforma i considerati lontani o mediocri [mikroi] in battistrada, e geniali inventori. Perché ciò che ieri era impensato, domani sarà di chiarificazione e traino.

Le confusioni acquisteranno un senso - proprio grazie al pensiero dei disprezzati, intrusi, fuori d’ogni giro e prevedibilità.

Vita di pura Fede nello Spirito: ossia, la fantasia dei “fiacchi”… al potere.

Perché è il meccanismo paradossale che fa valutare i crocevia della storia, attiva le passioni, crea condivisione, risolve i veri problemi.

Fa volare la realtà verso se stessa.

 

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne. È in tale ‘vuoto’ e Silenzio che Dio si fa strada.

Mistero della Presenza, che trabocca. Nuova Alleanza.

 

 

[Lunedì 32.a sett. T.O.  10 novembre 2025]

Sabato, 01 Novembre 2025 23:04

Perdono e Fede: Incontro vivo

Gratis eccentrico, in avanti: Sacramento dell’umanità come tale

(Lc 17,1-6)

 

La conoscenza di Dio non è un bene di confisca o una scienza acquisita e già pignorata: muove da un’azione e un’altra, incessantemente; si realizza in un Incontro sempre vivo, che non ci blocca né dissolve.

Tipica, l’esperienza dei «piccoli» [mikròi v.2]. Sin dalle prime comunità di fede, essi sono stati coloro cui mancavano sicurezze ed energie; instabili e senz’appoggio.

Da sempre, «Piccoli» sono gli incipienti; i nuovi, che hanno sentito parlare di fraternità cristiana, ma che talora sono costretti a mettersi in fila, da parte, o rinunciare al cammino.

Ma il criterio di accoglienza, tolleranza, comunione anche di beni materiali, è stato il primo e principale catalizzatore della crescita delle assemblee.

Addirittura la scaturigine e il senso di tutte le formule e segni della liturgia.

Il centro esistenziale e ideale cui convergere. Per una Fede proattiva e in se stessa trasformativa.

 

Nello Spirito del Maestro, anche per noi la conciliazione degli attriti non si configura come semplice opera di magnanimità.

È inizio del mondo futuro. Principio di un’avventura imprevedibile e indicibile. E noi con esso d’improvviso rinati: venuti a un franco contatto nel Cristo. Colui che non ci spegne affatto.

Di qui il Perdono cristiano dei figli, che non è… “guardare positivo”, e “chiudere un occhio”: piuttosto, Novità di Dio che crea un ambiente di Grazia, propulsivo, con possibilità enormi.

Forza che irrompe e lascia incontrare paradossalmente i poli oscuri, invece di scuoterli di dosso. Eliminando in modo genuino paragoni, parole e zavorre inutili, che bloccano l’Esodo trasparente.

Dinamica che guida all’indispensabile e imprescindibile: onde spostare lo sguardo. Insegnando ad accorgersi dei propri isterismi, conoscersi, affrontare l’ansia, il suo motivo; a gestire situazioni e momenti di crisi.

Virtù plasmabile che pone in ascolto intimo dell’essenza personale.

Quindi Empatia solida, larga, che introduce nuove energie; fa incontrare i propri stati profondi, perfino la vita standard… suscitando altri saperi, diverse prospettive, relazioni inattese.

Così senza troppa lotta ci rinnova, e argina la perdita di veracità [tipica, quella in favore delle maniere di circostanza]. Accentua capacità e gli orizzonti della Pace - sgretolando primati, equilibri paludosi.

La scoperta di nuovi versanti dell’essere che siamo, trasmette un senso di migliore completezza, quindi spontaneamente argina influssi esterni, scioglie pregiudizi, non fa agire su base emotiva, impulsiva.

Colloca piuttosto nella posizione che mette in grado di rivelare il senso nascosto e sbalorditivo dell’essere. Dispiegando l’orizzonte cruciale.

 

Attivare «Perdono» è gratuitamente una restituzione in sovraggiunta del proprio ventaglio caratteriale, di tutta la dignità perduta, e ben oltre.

Deponendo le sentenze, l’arte della tolleranza dilata lo sguardo [anche intimo]. Migliora e potenzia i lati spenti; quelli che noi stessi avevamo detestato.

In tal guisa eccentrica trasforma i considerati lontani o mediocri [mikroi] in battistrada, e geniali inventori. Perché ciò che ieri era impensato, domani sarà di chiarificazione e traino.

Le confusioni acquisteranno un senso - proprio grazie al pensiero delle menti in crisi, e per l’azione dei disprezzati, intrusi, fuori d’ogni giro e prevedibilità.

Vita di pura Fede nello Spirito: ossia, la fantasia dei “fiacchi”… al potere.

Perché è il meccanismo paradossale che fa valutare i crocevia della storia, attiva le passioni, crea condivisione, risolve i veri problemi.

E dunque soppianta in avanti i momenti difficili (riportandoci al vero percorso) orientando la realtà al bene concreto.

Facendola volare verso se stessa.

 

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne. È in tale ‘vuoto’ e Silenzio che Dio si fa strada.

Mistero della Presenza, che trabocca. Nuova Alleanza.

 

 

Accrescere la fede: vita noiosa, intimidita, o la porta della speranza

 

Forse anche a noi è stato inculcato che la fede bisogna chiederla, così Dio ce l’aumenta. Invece abbiamo voce in capitolo, ma non nel senso d’una avance da rivolgere al Cielo.

La Fede è dono, però nel senso di proposta e iniziativa relazionale, faccia a faccia; che chiede percezione accogliente. Quindi non cresce per caduta d’un pacchetto - come a precipizio, o per infusione dall’alto. Addirittura forzandola, e convincendo il Padre.

Non è neppure un semplice assenso legato al carattere bonario. Non è un bagaglio di nozioni che qualcuno ha e dimostra in modo giusto; altri meno, o affatto.

Nell’innamoramento si può essere più o meno coinvolti!

Fede non è credere che Dio esista, ma l’aderire a un suggerimento sorgivo che (senza imposizioni) ci guida a trascurare la reputazione.

La persona di Fede non bada a spese o rischi, anche per la vita altrui. Tiene in sospeso le costumanze particolari; non anteporre gli affetti di cerchia. Perdona senza limiti.

Spesso siamo d’accordo solo in parte e accettiamo qualcosina - magari fino a che l’amore non vada sino in fondo, o ci rimetta in discussione.

Così la testa, i vezzi, la concatenazione dei valori, e il piccolo mondo cui siamo legati.

 

Accrescere la Fede? Il Dono non è un regalo, ma un Appello.

Perciò Gesù neppure risponde a una richiesta tanto ridicola - ciononostante fa riflettere sui risultati dell’eventuale adesione.

Basterebbe un minimo coinvolgimento e nel mondo si produrrebbero risultati straordinari (v.6); in comunità, nelle famiglie e nella vita personale.

Realizzeremmo l’impossibile e importante. Si risolverebbero i veri problemi. Si trasformerebbero anche le azioni più semplici.

Ci sono poi grandi eventi piantati nel cuore di ogni uomo, che forse consideriamo irrealizzabili: ad es. la fratellanza universale, la vittoria sulla fame, una vita dignitosa e bella per tutti, un mondo e una Chiesa senza personaggi volatili, corrotti e vanitosi.

Siccome le consideriamo situazioni impossibili, neppure iniziamo a edificarle - subito ci lasciamo cadere le braccia.

Ma la maturazione è frutto contromano di lati segreti, non di armature mentali impermeabili.

Come diceva un premio Nobel: «Gli innocenti non sapevano che il loro progetto era impossibile, per questo lo realizzarono».

E non è che dopo una vita impiegata nel servizio - agli ordini del Principale - nell’aldilà finalmente comanderemo, sulla base del rango conquistato [sebbene anche questo forse ci sia stato trasmesso].

Uno dei prodigi che compie in noi la Fede in Cristo - qui e ora - è farci prendere coscienza della bellezza e della gioia di avere libertà di scendere dai piedistalli già identificati, per favorire la vita piena (di tutti).

E a “fine mese” - alla “resa dei conti” o alla “paga” - non diventeremo finalmente dei boss - almeno in cielo!

Perché Dio è Comunione, convivialità delle differenze; e non accetta lo schema servo-padrone, addirittura come premio.

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"In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet". This refers to the solidity of the Word. It is solid, it is the true reality on which one must base one's life (Pope Benedict)
«In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet». Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita (Papa Benedetto)
It has made us come here the veneration of martyrdom, on which, from the beginning, the kingdom of God is built, proclaimed and begun in human history by Jesus Christ (Pope John Paul II)
Ci ha fatto venire qui la venerazione verso il martirio, sul quale, sin dall’inizio, si costruisce il regno di Dio, proclamato ed iniziato nella storia umana da Gesù Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
The evangelization of the world involves the profound transformation of the human person (Pope John Paul II)
L'opera evangelizzatrice del mondo comporta la profonda trasformazione delle persone (Papa Giovanni Paolo II)
The Church, which is ceaselessly born from the Eucharist, from Jesus' gift of self, is the continuation of this gift, this superabundance which is expressed in poverty, in the all that is offered in the fragment (Pope Benedict)
La Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, dall’autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento (Papa Benedetto)
He is alive and wants us to be alive; he is our hope (Pope Francis)
È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza (Papa Francesco
The Sadducees, addressing Jesus for a purely theoretical "case", at the same time attack the Pharisees' primitive conception of life after the resurrection of the bodies; they in fact insinuate that faith in the resurrection of the bodies leads to admitting polyandry, contrary to the law of God (Pope John Paul II)
I Sadducei, rivolgendosi a Gesù per un "caso" puramente teorico, attaccano al tempo stesso la primitiva concezione dei Farisei sulla vita dopo la risurrezione dei corpi; insinuano infatti che la fede nella risurrezione dei corpi conduce ad ammettere la poliandria, contrastante con la legge di Dio (Papa Giovanni Paolo II)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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