Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".
(Gv 16,5-11)
Anticamente non esistevano gli avvocati, e ci si doveva difendere da soli, trovando testimoni.
L’imputato poteva essere colpevole ma degno di perdono, o innocente eppure non in grado di mostrare prove.
In tali casi l’assoluzione veniva assicurata da una persona stimata del pubblico, che si alzava dall’assemblea e si poneva silenziosamente a fianco dell’accusato, garantendo per lui e così giustificandolo.
È l’azione dello Spirito, in Gv denominato ‘Paraclito’: «chiamato accanto».
Gesù è stato condannato dagli espertissimi maestri della religione ufficiale come squilibrato, eretico e imperdonabile peccatore.
Normale attendersi che nel medesimo modo venga giudicato anche chi rinuncia alla simulazione, e accoglie Cristo come Signore della propria vita.
Scommettendo tutto, presto sentirà sul vivo e nel profondo la propria identità di destino con Lui.
Ma in noi c’è una forza silenziosa di convinzione che armonizza persino le accuse, che ci libera dalle tensioni indotte dall’esterno.
Corrispondenza che riannoda i fili della trama vocazionale.
Sintonia che riporta l’anima al concerto interiore, per la missione; e fa ripartire anche dopo le fatiche di vessazioni idiote.
Tale potenza intima e amica non è legata all’ostinazione, ma all’ascolto di se stessi.
C’è un mondo interiore di ‘Presenza che apre le porte’.
Esso ha un segreto potere d’autorità, privo di sentenze o imposizioni, il quale sgancia l'anima dalla lotta incessante verso le avversità che si contrappongono.
E volentieri ci si affida a tale virtù silenziosa: della Vita indipendente, che affiora, e viene.
«Peccato» (vv.8-9) è infatti l’incapacità di accogliere la Chiamata a seguire il proprio Seme, il proprio Nucleo, la propria “voglia” che detesta il dirigismo altrui, gli sforzi, il chiasso.
Nocciolo che intreccia le sue radici nel terreno, poi nello spazio dintorno. E infallibilmente guida a realizzazione - nonché a corrispondere.
Così testimoniando l’irripetibile Chiamata personale.
Per Via, il discepolo autentico capirà che il Signore ha condonato il suo «peccato», ossia ha cancellato l’umiliazione delle distanze incolmabili [fra condizione creaturale e perfezione].
«Giustizia»: quella divina non è retributiva, perché distinguerebbe “il mio” da “il tuo”.
E di divisione in divisione, farebbe cadere nelle peggiori ingiustizie.
Il Padre agisce creando: «fa» Giustizia dov’essa non c’è.
Egli ci colloca in posizioni conformi all’essere e all’essenza. Pone rapporti debiti dove non esistono ancora.
Insomma, l’Amore permane squilibrato: sta sul versante irregolare del Dono gratuito, che non si tiene a bada.
Piuttosto, riscrive l’intera storia. Con molto di Eccessivo.
«Giudizio» che comunica il suo Spirito vitale (Gv 19,30) e annienta le accuse decretate dal «mondo» della convenienza.
Da dove? Dalla Croce.
Stesso punto dal quale chi è illuminato dallo Spirito che vince interessi e morte, cura e libera dalle pastoie.
Il credente sa stare con se stesso in modo diverso; senza censurarsi.
Rigenerandosi e sollevando la vita di tanti fratelli.
[Martedì 6.a sett. di Pasqua, 27 maggio 2025]
(Gv 16,5-11)
Anticamente non esistevano gli avvocati, e ci si doveva difendere da soli, trovando testimoni.
L’imputato poteva essere ad es. colpevole ma degno di perdono, o innocente eppure non in grado di mostrare prove.
In tali casi l’assoluzione veniva assicurata da una persona stimata del pubblico, che si alzava dall’assemblea e si poneva silenziosamente a fianco dell’accusato, garantendo per lui e così giustificandolo.
È l’azione dello Spirito, in Gv denominato Paraclito: «chiamato accanto».
Gesù è stato condannato dagli espertissimi maestri della religione ufficiale come squilibrato, eretico e imperdonabile peccatore.
Normale attendersi che nel medesimo modo venga giudicato anche chi rinuncia alla simulazione e accoglie Cristo come Signore della propria vita: sentirà sul vivo e nel profondo la propria identità di destino con Lui.
Ma in noi c’è una forza silenziosa di convinzione che armonizza persino le accuse, che ci libera dalle tensioni indotte dall’esterno.
Corrispondenza che riannoda i fili della trama vocazionale, che riporta l’anima al concerto interiore, per la missione; e fa ripartire anche dopo le fatiche di vessazioni idiote.
Tale potenza intima e amica non è legata all’ostinazione, ma all’ascolto di se stessi - fuori d’ogni parametro locale; culturale, sociale o religioso condizionante.
Tutto per il compito che ci spetta, e senza farci esaurire l’energia nitida, negli scontri diretti.
C’è un mondo interiore di Presenza che apre le porte.
Esso ha un potere segreto d’autorità (privo di sentenze o imposizioni) che sgancia l'anima dalla lotta incessante verso le avversità che si contrappongono.
E volentieri ci si affida a tale virtù silenziosa: della vita indipendente che affiora e viene.
«Peccato» (vv.8-9) è infatti l’incapacità di accogliere la Chiamata a seguire il proprio Seme, il proprio Nucleo, la propria “voglia” che detesta il dirigismo altrui, gli sforzi, il chiasso.
Nocciolo che intreccia le sue radici nel terreno, e infallibilmente guida a realizzazione - nonché a corrispondere.
Così testimoniando l’irripetibile Chiamata personale, Perla senza neppure cumulo di pene e ostinazioni.
Per Via il discepolo autentico capirà che il Signore ha condonato il suo «peccato», ossia ha cancellato l’umiliazione delle distanze incolmabili [fra condizione creaturale e perfezione].
Attributo quest’ultimo predicato dalla religiosità comune; tanto adultoide, accomodato, ipocrita e installato da impedire di farci diventare umani.
I peccatucci in senso moralistico [non teologico] sono altro.
«Giustizia»: quella divina non è retributiva, perché distinguerebbe il mio dal tuo. E di divisione in divisione farebbe cadere nelle peggiori ingiustizie.
Il Padre agisce creando: fa Giustizia dov’essa non c’è; colloca in posizioni conformi, pone rapporti debiti dove non esistono ancora.
Insomma, l’Amore permane squilibrato: sta sul versante irregolare del Dono gratuito, che non si tiene a bada.
Piuttosto, riscrive l’intera storia. Con molto di eccessivo.
Non è il mercimonio dei meriti: il tanto-quanto («mereor» è infatti radice di “meretricio”).
«Di là verrà a giudicare» - recita il Credo Apostolico: di là da dove? Il Giudizio divino non è quello banale e soppesato delle costumanze intimiste.
«Giudizio» in senso evangelico è l’invito attivo, personale e intimo di Gesù, che si dona completamente, sino all’ultima goccia di sangue; che comunica il suo Spirito vitale (Gv 19,30) e annienta le accuse decretate dal «mondo» della convenienza.
Da dove? Dalla Croce.
Stesso punto dal quale chi è illuminato dallo Spirito che vince interessi e morte, cura e libera dalle pastoie del «ne quid nimis» [nulla di troppo].
Il vero credente sa stare con se stesso in modo diverso. Rigenerando la vita di tanti fratelli.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Conosci l’errore del «mondo»?
Ti difendi da solo coi tuoi criteri o ti lasci scagionare?
Pensionati nell’animo, tristezza pagana
«O sei giovane di cuore, di anima, o non sei pienamente cristiano». L’omelia della messa celebrata da Papa Francesco a Santa Marta la mattina di martedì 28 maggio, è stata un vero e proprio inno alla vita, alla vitalità, alla «giovinezza dello Spirito», da contrapporre alla deriva stanca di tante persone “pensionate” nell’animo, abbattute dalle difficoltà e dalla tristezza perché «il peccato invecchia». Una ventata di gioia fondata sul «grande dono che ci ha lasciato Gesù»: lo Spirito Santo.
Punto di partenza della riflessione del Pontefice è stato il brano evangelico del giorno (Giovanni, 16, 5-11) che riportava uno stralcio del discorso di congedo agli apostoli durante l’ultima cena. In quell’occasione Gesù «dice tante cose», ma «il cuore di questo discorso è lo Spirito Santo». Il Signore, infatti, offre ai suoi amici una vera e propria «catechesi sullo Spirito Santo»: comincia col notare il loro stato d’animo — «Perché ho detto questo che me ne vado, la tristezza ha riempito il vostro cuore» — e «li rimprovera soavemente» perché, ha notato il Papa, «la tristezza non è un atteggiamento cristiano».
Il turbamento interiore degli apostoli — che, davanti al dramma di Gesù e all’incertezza sul futuro, «cominciano a capire il dramma della passione» — è accostabile alla realtà di ogni cristiano. A tale riguardo Francesco ha ricordato come nell’orazione colletta del giorno «abbiamo domandato
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al Signore che mantenga in noi la rinnovata giovinezza dello spirito», elevando così un’invocazione «contro la tristezza nella preghiera». È proprio questo, ha aggiunto, il punto: «Lo Spirito Santo fa che in noi ci sia sempre questa giovinezza, che si rinnova ogni giorno con la sua presenza».
Approfondendo tale concetto, il Pontefice ha ricordato: «Una grande santa ha detto che un santo triste è un triste santo; un cristiano triste è un triste cristiano: non va». Cosa significa? che «la tristezza non entra nel cuore del cristiano», perché egli «è giovane». Una giovinezza che si rinnova e che «gli fa portare sulle spalle tante prove, tante difficoltà». Cosa che — ha spiegato facendo riferimento alla prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli (16, 22-34) — è accaduta, ad esempio, a Paolo e Sila che vennero fatti bastonare e incarcerare dai magistrati a Filippi. In quel frangente, ha detto il Papa, «entra lo Spirito Santo e rinnova tutto, fa tutto nuovo; anche fa giovane il carceriere».
Lo Spirito Santo, quindi, è colui «che ci accompagna nella vita, che ci sostiene». Come espresso dal nome che Gesù gli dà: «Paraclito». Un termine insolito, il cui significato spesso sfugge a molti. Su questo il Pontefice ha anche scherzato raccontando un breve aneddoto relativo a una messa da lui celebrata quando era parroco: «C’erano più meno 250-300 bambini, era una domenica di Pentecoste e quindi ho domandato loro: “Chi sa chi è lo Spirito Santo?”. E tutti: “Io, io, io!” – “Tu”: “Il paralitico”, mi ha detto. Lui aveva sentito “Paraclito” e non capiva cosa fosse» e così disse: «paralitico». Una buffa storpiatura che però, ha detto Francesco, rivela una realtà: «Tante volte noi pensiamo che lo Spirito Santo è un paralitico, che non fa nulla... E invece è quello che ci sostiene».
Infatti, ha spiegato il Pontefice, «la parola paraclito vuol dire “quello che è accanto a me per sostenermi” perché io non cada, perché io vada avanti, perché io conservi questa giovinezza dello Spirito». Ecco perché «il cristiano sempre è giovane: sempre. E quando incomincia a invecchiare il cuore del cristiano, incomincia a diminuire la sua vocazione di cristiano. O sei giovane di cuore, di anima o non sei pienamente cristiano».
Qualcuno potrebbe spaventarsi delle difficoltà e dire: «“Ma come posso...?”: c’è lo Spirito. Lo Spirito ti aiuterà in questa rinnovata giovinezza». Ciò non significa che manchino i dolori. Paolo e Sila, ad esempio, soffrirono molto per le bastonate ricevute: «dice il testo che il carceriere quando ha visto quel miracolo ha voluto convertirsi e li ha portati a casa sua e ha curato le loro ferite con olio... ferite brutte, forti...». Ma nonostante il dolore, essi «erano pieni di gioia, cantavano... Questa è la giovinezza. Una giovinezza che ti fa guardare sempre la speranza».
E come si ottiene questa giovinezza? «Ci vuole — ha detto il Papa — un dialogo quotidiano con lo Spirito Santo, che è sempre accanto a noi». È lo Spirito «il grande dono che ci ha lasciato Gesù: questo supporto, che ti fa andare avanti». E così, a chi dice: “Eh sì, Padre, è vero, ma lei sa, io sono un peccatore, ho tante, tante cose brutte nella mia vita e non riesco...», si può rispondere:
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«Va bene: guarda i tuoi peccati; ma guarda lo Spirito che è accanto a te e parla con lo Spirito: lui ti sarà il sostegno e ti ridarà la giovinezza». Perché, ha aggiunto, «tutti sappiamo che il peccato invecchia: invecchia. Invecchia l’anima, invecchia tutto. Invece lo Spirito ci aiuta a pentirci, a lasciare da parte il peccato e ad andare avanti con quella giovinezza».
Perciò Francesco ha esortato a lasciare da parte quella che ha definito la «tristezza pagana», spiegando: «Non dico che la vita sia un carnevale: no, quello non è vero. Nella vita ci sono delle croci, ci sono dei momenti difficili. Ma in questi momenti difficili si sente che lo Spirito ci aiuta ad andare avanti, come a Paolo e a Sila, e a superare le difficoltà. Anche il martirio. Perché c’è questa rinnovata giovinezza».
La conclusione dell’omelia è stata quindi un invito alla preghiera: «Chiediamo al Signore di non perdere questa rinnovata giovinezza, di non essere cristiani in pensione che hanno perso la gioia e non si lasciano portare avanti... Il cristiano non va mai in pensione; il cristiano vive, vive perché è giovane — quando è vero cristiano».
(Papa Francesco, omelia s. Marta; https://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2019/documents/papa-francesco-cotidie_20190528_santamarta.pdf)
Il Signore promette ai discepoli il Suo Spirito Santo […] Gesù ha detto tutto ai Suoi discepoli, essendo Egli stesso la Parola vivente di Dio, e Dio non può dare più di se stesso. In Gesù, Dio ci ha donato tutto se stesso - cioè - ci ha donato tutto. Oltre a questo, o accanto a questo, non può esserci nessun’altra rivelazione in grado di comunicare maggiormente o di completare, in qualche modo, la Rivelazione di Cristo. In Lui, nel Figlio, ci è stato detto tutto, ci è stato donato tutto. Ma la nostra capacità di comprendere è limitata; perciò la missione dello Spirito è di introdurre la Chiesa in modo sempre nuovo, di generazione in generazione, nella grandezza del mistero di Cristo. Lo Spirito non pone nulla di diverso e di nuovo accanto a Cristo; non c’è nessuna rivelazione pneumatica accanto a quella di Cristo - come alcuni credono - nessun secondo livello di Rivelazione. No: "prenderà del mio", dice Cristo nel Vangelo (Gv 16, 14). E come Cristo dice soltanto ciò che sente e riceve dal Padre, così lo Spirito Santo è interprete di Cristo. "Prenderà del mio". Non ci conduce in altri luoghi, lontani da Cristo, ma ci conduce sempre più dentro la luce di Cristo. Per questo, la Rivelazione cristiana è, allo stesso tempo, sempre antica e sempre nuova. Per questo, tutto ci è sempre e già donato. Allo stesso tempo, ogni generazione, nell’inesauribile incontro col Signore - incontro mediato dallo Spirito Santo - impara sempre qualcosa di nuovo.
[Papa Benedetto, omelia insediamento Cathedra Romana 7 maggio 2005]
1. “Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 5-7).
Le parole di Cristo pronunciate alla vigilia della passione e della morte di croce assumono intera pienezza di significato nel momento in cui la Chiesa si prepara alla dipartita di Cristo nel 40° giorno dopo la risurrezione. Questo giorno è ormai vicino.
2. Ed è vicina quella gioia della quale parla Gesù ai suoi discepoli in quel giorno, nel cenacolo, prima della sua passione: “la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Gv 16, 20). Sarà la gioia per la nascita della Chiesa. La tristezza per la dipartita di Cristo si cambierà proprio in questa gioia, quando gli apostoli sperimenteranno - nel giorno della Pentecoste - che è in loro la forza dello Spirito di Verità, che consente loro - al di sopra di ogni riguardo umano e dell’intera debolezza umana - di testimoniare il Crocifisso risorto.
Insieme con la venuta dello Spirito Santo si inizierà nella storia dell’umanità il tempo della Chiesa, in cui continua a maturare la pienezza dei tempi, iniziata sulla terra col Cristo, concepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine, il cui nome era Maria.
3. È un grande mistero, quello che è racchiuso nelle parole al cenacolo: “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore, ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 7). Queste sono parole-chiave. Sono parole che svelano l’economia trinitaria secondo la quale l’inscrutabile Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - opera nel tempo. È l’economia della Redenzione, cioè del ritorno salvifico dell’uomo a Dio mediante la grazia: il ritorno “al prezzo” della venuta di Dio all’uomo nell’Incarnazione; il ritorno “al prezzo” della dipartita del Figlio Incarnato mediante la morte di croce; il ritorno dell’uomo e del mondo - uscito dalle mani di Dio - alle stesse mani paterne, alla comunione con la Divinità; il ritorno grazie alla figliolanza dell’uomo dell’Eterno Figlio, mediante la Grazia; il ritorno nello Spirito Santo.
4. “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre” (Gv 16, 28). “Lascio il mondo”, sebbene non mi stacco dal mondo. Rimango in esso mediante lo Spirito Santo. Rimango in esso mediante la verità del Vangelo. Mediante l’Eucaristia e la Chiesa. Mediante la Parola e i Sacramenti. Mediante la grazia della figliolanza Divina. Mediante la fede, la speranza e la carità.
“Lascio il mondo” - ma non mi stacco dal mondo. Non mi stacco dall’uomo di tutti i tempi. Lo conduco al Padre! Alla casa del Padre. Nonostante ogni resistenza e obiezione che provengono dal peccato nella storia del mondo, conduco l’uomo al Padre.
La Genitrice di Dio ci precede su questa strada. Uniamoci a lei nella preghiera recitando il “Regina Coeli”.
[Papa Giovanni Paolo II, Regina Coeli 4 maggio 1986]
«O sei giovane di cuore, di anima, o non sei pienamente cristiano». L’omelia della messa celebrata da Papa Francesco a Santa Marta la mattina di martedì 28 maggio, è stata un vero e proprio inno alla vita, alla vitalità, alla «giovinezza dello Spirito», da contrapporre alla deriva stanca di tante persone “pensionate” nell’animo, abbattute dalle difficoltà e dalla tristezza perché «il peccato invecchia». Una ventata di gioia fondata sul «grande dono che ci ha lasciato Gesù»: lo Spirito Santo.
Punto di partenza della riflessione del Pontefice è stato il brano evangelico del giorno (Giovanni, 16, 5-11) che riportava uno stralcio del discorso di congedo agli apostoli durante l’ultima cena. In quell’occasione Gesù «dice tante cose», ma «il cuore di questo discorso è lo Spirito Santo». Il Signore, infatti, offre ai suoi amici una vera e propria «catechesi sullo Spirito Santo»: comincia col notare il loro stato d’animo — «Perché ho detto questo che me ne vado, la tristezza ha riempito il vostro cuore» — e «li rimprovera soavemente» perché, ha notato il Papa, «la tristezza non è un atteggiamento cristiano».
Il turbamento interiore degli apostoli — che, davanti al dramma di Gesù e all’incertezza sul futuro, «cominciano a capire il dramma della passione» — è accostabile alla realtà di ogni cristiano. A tale riguardo Francesco ha ricordato come nell’orazione colletta del giorno «abbiamo domandato
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al Signore che mantenga in noi la rinnovata giovinezza dello spirito», elevando così un’invocazione «contro la tristezza nella preghiera». È proprio questo, ha aggiunto, il punto: «Lo Spirito Santo fa che in noi ci sia sempre questa giovinezza, che si rinnova ogni giorno con la sua presenza».
Approfondendo tale concetto, il Pontefice ha ricordato: «Una grande santa ha detto che un santo triste è un triste santo; un cristiano triste è un triste cristiano: non va». Cosa significa? che «la tristezza non entra nel cuore del cristiano», perché egli «è giovane». Una giovinezza che si rinnova e che «gli fa portare sulle spalle tante prove, tante difficoltà». Cosa che — ha spiegato facendo riferimento alla prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli (16, 22-34) — è accaduta, ad esempio, a Paolo e Sila che vennero fatti bastonare e incarcerare dai magistrati a Filippi. In quel frangente, ha detto il Papa, «entra lo Spirito Santo e rinnova tutto, fa tutto nuovo; anche fa giovane il carceriere».
Lo Spirito Santo, quindi, è colui «che ci accompagna nella vita, che ci sostiene». Come espresso dal nome che Gesù gli dà: «Paraclito». Un termine insolito, il cui significato spesso sfugge a molti. Su questo il Pontefice ha anche scherzato raccontando un breve aneddoto relativo a una messa da lui celebrata quando era parroco: «C’erano più meno 250-300 bambini, era una domenica di Pentecoste e quindi ho domandato loro: “Chi sa chi è lo Spirito Santo?”. E tutti: “Io, io, io!” – “Tu”: “Il paralitico”, mi ha detto. Lui aveva sentito “Paraclito” e non capiva cosa fosse» e così disse: «paralitico». Una buffa storpiatura che però, ha detto Francesco, rivela una realtà: «Tante volte noi pensiamo che lo Spirito Santo è un paralitico, che non fa nulla... E invece è quello che ci sostiene».
Infatti, ha spiegato il Pontefice, «la parola paraclito vuol dire “quello che è accanto a me per sostenermi” perché io non cada, perché io vada avanti, perché io conservi questa giovinezza dello Spirito». Ecco perché «il cristiano sempre è giovane: sempre. E quando incomincia a invecchiare il cuore del cristiano, incomincia a diminuire la sua vocazione di cristiano. O sei giovane di cuore, di anima o non sei pienamente cristiano».
Qualcuno potrebbe spaventarsi delle difficoltà e dire: «“Ma come posso...?”: c’è lo Spirito. Lo Spirito ti aiuterà in questa rinnovata giovinezza». Ciò non significa che manchino i dolori. Paolo e Sila, ad esempio, soffrirono molto per le bastonate ricevute: «dice il testo che il carceriere quando ha visto quel miracolo ha voluto convertirsi e li ha portati a casa sua e ha curato le loro ferite con olio... ferite brutte, forti...». Ma nonostante il dolore, essi «erano pieni di gioia, cantavano... Questa è la giovinezza. Una giovinezza che ti fa guardare sempre la speranza».
E come si ottiene questa giovinezza? «Ci vuole — ha detto il Papa — un dialogo quotidiano con lo Spirito Santo, che è sempre accanto a noi». È lo Spirito «il grande dono che ci ha lasciato Gesù: questo supporto, che ti fa andare avanti». E così, a chi dice: “Eh sì, Padre, è vero, ma lei sa, io sono un peccatore, ho tante, tante cose brutte nella mia vita e non riesco...», si può rispondere:
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«Va bene: guarda i tuoi peccati; ma guarda lo Spirito che è accanto a te e parla con lo Spirito: lui ti sarà il sostegno e ti ridarà la giovinezza». Perché, ha aggiunto, «tutti sappiamo che il peccato invecchia: invecchia. Invecchia l’anima, invecchia tutto. Invece lo Spirito ci aiuta a pentirci, a lasciare da parte il peccato e ad andare avanti con quella giovinezza».
Perciò Francesco ha esortato a lasciare da parte quella che ha definito la «tristezza pagana», spiegando: «Non dico che la vita sia un carnevale: no, quello non è vero. Nella vita ci sono delle croci, ci sono dei momenti difficili. Ma in questi momenti difficili si sente che lo Spirito ci aiuta ad andare avanti, come a Paolo e a Sila, e a superare le difficoltà. Anche il martirio. Perché c’è questa rinnovata giovinezza».
La conclusione dell’omelia è stata quindi un invito alla preghiera: «Chiediamo al Signore di non perdere questa rinnovata giovinezza, di non essere cristiani in pensione che hanno perso la gioia e non si lasciano portare avanti... Il cristiano non va mai in pensione; il cristiano vive, vive perché è giovane — quando è vero cristiano».
[Papa Francesco, omelia s. Marta; https://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2019/documents/papa-francesco-cotidie_20190528_santamarta.pdf]
(Gv 15,26-16,4a)
La Fede nel Maestro è già Vita dell’Eterno in atto, qui e ora.
Egli stesso è Pane dell’esistere autentico e indistruttibile, sebbene ancora terreno.
Insomma, la vita intima di Dio ci raggiunge nel nostro tempo.
Primo passo è l’avventura di Fede che dona una Visione; irruzione dello Spirito che fa rinascere dall’alto.
Impulso che anima un’esistenza differente - non vuota.
Il segno di tale adesione è credere Gesù come Figlio: uomo che manifesta la condizione divina.
Il Dio “nascosto” del Primo Testamento, ostacolo che sembrava insormontabile, si porge ora nello specifico - senza bisogno di fuochi fatui a sostegno.
Onde evitare intimidazioni, emarginazioni, seccature, alcuni membri di Chiesa propugnavano una sorta di alleanza fra Gesù e Impero.
Essi annunciavano un Cristo talmente vago e svincolato, da non graffiare nessuno.
Alcuni ambiziosi, facinorosi della ‘vita nello spirito’, ritenevano che era ormai giunta l’ora di scrollarsi di dosso la vicenda terrena del figlio del falegname.
Figura che veniva considerata debole in sé, a breve termine, fuori luogo e tempo; già spenta.
Gv intende riequilibrare il tentativo d’Annuncio, diluito nei compromessi.
L’evangelista sottolinea che il Risorto è Cifra e Motore che porta l’anima e ci genera nell’oggi.
È il medesimo Figlio di Dio che ha sostenuto una dura attività di denuncia e diverse battaglie con le autorità.
Insomma, lo Spirito Santo non va dietro le farfalle.
Azione dello Spirito [che interiorizza e attualizza] e memoria storica di Gesù devono essere sempre coniugate.
Solo in tale prospettiva franca è possibile cogliere in ogni tempo e circostanza la Verità dell’Eterno, e la Verità dell’uomo.
In aggiunta: il Padre è Creatore di ciascuna delle nostre inclinazioni profonde, cui appone una firma indelebile.
Essa si manifesta in un istinto innato, che vuole germinare, trovare spazio, esprimersi.
Abbiamo radicata nell’intimo una Vocazione e volti plurali unici, invincibili; ciascuno.
Non possiamo rinnegare noi stessi, le nostre Radici - anche laddove una testimonianza a viso aperto fosse poco appetibile.
La Verità su ogni «Persona» è conseguente.
Per Grazia, siamo depositari d’una dignità sbalorditiva, che anche nell’errore o ciò che si considera tale, impartisce Desideri eccezionali.
Verità che ripristina ancora Sogni: una ‘speranza inedita’ la quale attiva passioni coinvolgenti.
Invano avremmo quiete e felicità cercando il concordismo culturale e sociale, o recitando ruoli, personaggi, mansioni che non ci appartengono - sebbene acquietanti.
Diventeremmo esterni.
Verità: Fedeltà di Dio in Cristo. E franchezza in ogni scelta, col nostro carattere in relazione e situazione.
Il resto è calcolo - disturbo profondo, che ci lascerà dissociati e farà ammalare dentro.
[Lunedì 6.a sett. di Pasqua, 26 maggio 2025]
(Gv 15,26-16,4a)
La Fede nel Maestro è già vita eterna, o meglio Vita dell’Eterno (in atto qui e ora).
Egli stesso è Pane dell’esistere autentico e indistruttibile, sebbene ancora terreno.
Insomma, la vita intima di Dio ci raggiunge nel nostro tempo.
Primo passo è l’avventura di Fede che dona una Visione; irruzione dello Spirito che fa rinascere dall’alto.
Impulso che anima un’esistenza differente - non vuota.
Il segno di tale adesione è credere Gesù come Figlio: uomo che manifesta la condizione divina.
Cristo è Pane della vita anche perché la sua Parola è creatrice, e il cammino di sequela in Lui ci trasmette le qualità della Vita indistruttibile.
L’effusione dello Spirito suscita in noi il medesimo Cuore pulsante dell’Eterno.
Lo sperimentiamo nelle morti e risurrezioni del quotidiano e nella lunga trafila della Vocazione, ribadita di sentiero in sentiero.
Persino nella persecuzione, chi ‘vede’ il Figlio ha in sé la Vita dell’Eterno.
Vita che rigenera e dispone sempre nuove nascite, altre premesse e interrogativi, differenti percorsi, in forma ininterrotta; crescente.
La passione per l’Amico ci unisce a Lui, Pane: ossia Rivelatore della Verità che sazia gli uomini in viaggio verso se stessi e il mondo.
Anime che talora cambiano pelle, opinioni, stili di vita.
Nella Visione, siamo abilitati ad appropriarci direttamente, così attirando e realizzando la Novità di Dio - anche in anticipo, sapientemente.
Per mezzo di Lui ‘abbiamo parte’… nell’amore del Padre verso il Figlio che si manifesta Signore personale, nonché nella vita dilatata in uscita della Chiesa autentica.
Il Dio “nascosto” del Primo Testamento, ostacolo che sembrava insormontabile, si porge ora nello specifico della Fede, senza bisogno di fuochi fatui a sostegno.
Perché il mondo di Dio nell’anima è diverso.
Non si entra nel Mistero coi propositi normali e le aspettative perfette, tantomeno di successo e riconoscimenti.
In questo caso (nel passo di Vangelo) entra in scena l'incomprensione degli apostoli.
In effetti, persino a noi spesso non sembra decifrabile il modo di manifestarsi di Gesù.
Anche i giudei [in realtà: i giudaizzanti di ritorno nelle comunità di fine I secolo] attendevano di coglierlo in modo palese, magari in un’occasione di vita pubblica.
Invece, perfino in periodo di ‘glorificazione’ il Maestro sembra voler ricalcare l’inapparenza esteriore umile del suo ministero terreno.
Molti si attendevano fuochi d’artificio sensazionali in quel periodo che consideravano ‘finale’. Invece, nessun cedimento all’ideologia di potere o alla religione-spettacolo.
Dunque le cose non andavano secondo le attese: i dubbi non venivano dissipati; le ambiguità, neppure.
I titoli dell’antica gloria nazionalista e imperiale d’Israele non ricomparivano affatto, al contrario!
Ancora oggi, la scelta di Fede non è data in pasto agli apparati che ne garantirebbero visibilità: nessun paracadute, nessuno sconto.
Tutto allora sembra proceda come prima, nel sommario: faticare per vivere e comprare, viaggiare e non, ridere e piangere, ammalarsi e guarire, lavorare e fare festa… così via.
Spesso nel dolore apparentemente insensato; forse senza svolte decisive.
Ma nelle medesime cose di sempre c’è una Luce differente, piantata su una nuova, immediata Relazione dell’umanità bisognosa con il Padre che ci rigenera.
Egli stimola nuove Nascite, per riconnettere desideri, bisogni profondi, percorsi esterni; incrementare l’intensità di vita.
Ed è nella mutua conoscenza delle radici e dei solchi della realtà che sussiste in primis questo circolo d’amore tra Dio e i suoi figli.
Tutto ciò che ancora non è stato inteso verrà richiamato dall’azione dello Spirito. Unico impeto affidabile, che non punta su cose vane.
Un legame tra uomo e Cielo, in noi - non in alto.
Amicizia che non contempla anzitutto la rassegnazione, gli sforzi, le umiliazioni; bensì rielaborata nell’approfondimento.
Qui entra in gioco la vera portata dei nostri cuori - tanto limitati, eppure dotati di una misteriosa impronta - per la vita completa, e personale, di carattere.
Onde evitare intimidazioni, emarginazioni, seccature, alcuni membri di Chiesa propugnavano una sorta di alleanza fra Gesù e Impero.
Essi annunciavano un Cristo talmente vago e svincolato da non graffiare nessuno.
Alcuni ambiziosi, facinorosi della “vita nello spirito”, ritenevano che era ormai giunta l’ora di scrollarsi di dosso la vicenda terrena del figlio del falegname.
Figura che veniva considerata debole in sé, a breve termine, fuori luogo e tempo; già spenta.
Gv intende riequilibrare il tentativo d’Annuncio, diluito nei compromessi.
L’evangelista sottolinea che il Risorto è Cifra e Motore che porta l’anima e ci genera nell’oggi.
È il medesimo Figlio di Dio che ha sostenuto una dura attività di denuncia e diverse battaglie con le autorità.
Agli opportunisti del suo tempo, il Maestro aveva osato toccare posizioni, vanità, e il sacchetto del commercio.
In tal guisa perseguitato, processato, vilipeso, condannato come sovversivo, e maledetto da Dio.
Insomma, lo Spirito Santo non va dietro le farfalle.
Azione dello Spirito [che interiorizza e attualizza] e memoria storica di Gesù devono essere sempre coniugate.
Solo in tale prospettiva franca è possibile cogliere in ogni tempo e circostanza la Verità dell’Eterno, e la Verità dell’uomo.
In aggiunta: il Padre è Creatore di ciascuna delle nostre inclinazioni profonde, cui appone una firma indelebile.
Essa si manifesta in un istinto innato, che vuole germinare, trovare spazio, esprimersi.
Abbiamo radicata nell’intimo una Vocazione e volti (plurali) unici, invincibili; ciascuno.
Non possiamo rinnegare noi stessi, le nostre Radici - anche laddove una testimonianza a viso aperto fosse poco appetibile.
La Verità su ogni ‘Persona’ è conseguente.
Per Grazia, siamo depositari d’una dignità sbalorditiva.
Anche nell’errore, o ciò che si considera tale, essa impartisce Desideri eccezionali.
Verità che ripristina ancora Sogni: una speranza inedita, la quale attiva passioni coinvolgenti.
Invano avremmo quiete e felicità cercando il concordismo culturale e sociale, o recitando ruoli, personaggi, mansioni che non ci appartengono - sebbene acquietanti.
Diventeremmo esterni.
Verità: Fedeltà di Dio in Cristo. E franchezza in ogni scelta, col nostro carattere in relazione e situazione.
Il resto è calcolo - disturbo profondo, che ci lascerà dissociati e farà ammalare dentro.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Prendi posizione e affronti le conseguenze? Quando è in gioco la tua caratura vocazionale, fronteggi e ci metti la faccia o ti mimetizzi?
Fai il vago, valuti il contraccambio e cerchi tributi o protezione di ammanicati e sinagoghe soddisfacenti? Oppure desideri unire la tua vita a Cristo?
Gesù dice ai discepoli: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15,26-27). Questo ci è di grande conforto nell’impegno di educare alla fede, perché sappiamo che non siamo soli e che la nostra testimonianza è sostenuta dallo Spirito Santo.
E’ molto importante […] credere fortemente nella presenza e nell’azione dello Spirito Santo, invocarlo e accoglierlo in voi, mediante la preghiera e i Sacramenti. E’ Lui infatti che illumina la mente, riscalda il cuore dell’educatore perché sappia trasmettere la conoscenza e l’amore di Gesù. La preghiera è la prima condizione per educare, perché pregando ci mettiamo nella disposizione di lasciare a Dio l’iniziativa, di affidare i figli a Lui, che li conosce prima e meglio di noi, e sa perfettamente qual è il loro vero bene. E, al tempo stesso, quando preghiamo ci mettiamo in ascolto delle ispirazioni di Dio per fare bene la nostra parte, che comunque ci spetta e dobbiamo realizzare. I Sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Penitenza, ci permettono di compiere l’azione educativa in unione con Cristo, in comunione con Lui e continuamente rinnovati dal suo perdono. La preghiera e i Sacramenti ci ottengono quella luce di verità grazie alla quale possiamo essere al tempo stesso teneri e forti, usare dolcezza e fermezza, tacere e parlare al momento giusto, rimproverare e correggere nella giusta maniera.
[Papa Benedetto, omelia nel battesimo di alcuni bambini 8 gennaio 2012]
1. Abbiamo più volte citato le parole di Gesù, che nel discorso d’addio rivolto agli apostoli nel Cenacolo promette la venuta dello Spirito Santo come nuovo e definitivo difensore e consolatore: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce” (Gv 14, 16-17). Quel “discorso d’addio”, situato nel racconto solenne dell’ultima Cena (cf. Gv 13, 2), è una fonte di prima importanza per la pneumatologia, ossia per la disciplina teologica concernente lo Spirito Santo. Gesù parla di lui come del Paraclito, che “procede” dal Padre, e che il Padre “manderà” agli apostoli e alla Chiesa “nel nome del Figlio”, quando il Figlio stesso “andrà via”, “a prezzo” della dipartita compiuta mediante il sacrificio della Croce.
Dobbiamo prendere in considerazione il fatto che Gesù chiama il Paraclito lo “Spirito di Verità”. Anche in altri momenti lo ha chiamato così (cf. Gv 15, 26; Gv 16, 13).
2. Teniamo presente che nello stesso “discorso d’addio” Gesù, rispondendo a una domanda dell’apostolo Tommaso circa la sua identità, asserisce di se stesso: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). Da questo duplice riferimento alla verità che Gesù fa per definire sia se stesso che lo Spirito Santo, si deduce che, se il Paraclito viene da lui chiamato “Spirito di verità”, ciò significa che lo Spirito Santo è colui che, dopo la dipartita di Cristo, manterrà tra i discepoli la stessa verità, che egli ha annunziato e rivelato ed, anzi, che egli stesso è. Il Paraclito, infatti, è la verità, come lo è Cristo. Lo dirà Giovanni nella sua prima lettera: “È lo Spirito Santo che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità” (Gv 5, 6). Nella stessa lettera l’Apostolo scrive pure: “Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore (“spiritus erroris”)” (Gv 4, 6). La missione del Figlio e quella dello Spirito Santo si incontrano, sono connesse e si completano reciprocamente nell’affermazione della verità e nella vittoria sull’errore. I campi d’azione in cui essi operano sono lo spirito umano e la storia del mondo. La distinzione tra la verità e l’errore è il primo momento di tale opera.
3. Rimanere nella verità e operare nella verità è il problema essenziale per gli apostoli e per i discepoli di Cristo, sia dei primi tempi come di tutte le nuove generazioni della Chiesa nei secoli. Da questo punto di vista l’annuncio dello Spirito di verità ha un’importanza chiave. Gesù dice nel Cenacolo: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento (ancora) non siete capaci di portarne il peso” (Gv 16, 12). Veramente la missione messianica di Gesù durò poco, troppo poco per svelare ai discepoli tutti i contenuti della Rivelazione. E non solo fu breve il tempo a disposizione, ma risultarono anche limitate la preparazione e l’intelligenza degli ascoltatori. Più volte è detto che gli apostoli stessi “si stupivano dentro di loro” (cf. Mc 6, 52), e “non capivano” (cf. es gr Mc 8, 21), oppure capivano in modo distorto le parole e le opere di Cristo (cf. es gr Mt 16, 6-11).
Così si spiegano in tutta la pienezza del loro significato le parole del Maestro: “Quando . . . verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16, 13).
4. La prima conferma di questa promessa di Gesù si avrà nella Pentecoste e nei giorni successivi, come attestano gli Atti degli Apostoli. Ma la promessa non riguarda soltanto gli apostoli e gli immediati loro compagni nell’evangelizzazione, ma anche le future generazioni di discepoli e di confessori di Cristo. Il Vangelo infatti è destinato a tutte le nazioni e alle generazioni sempre nuove, che si svilupperanno nel contesto delle diverse culture e del molteplice progresso della civiltà umana. Con lo sguardo su tutto il raggio della storia Gesù dice: “Lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza”. “Renderà testimonianza”, ossia mostrerà il vero senso del Vangelo all’interno della Chiesa, perché essa lo annunci in modo autentico al mondo intero. Sempre e in ogni luogo, pur nell’interminabile vicenda delle cose che mutano sviluppandosi nella vita della umanità, lo “Spirito di verità” guiderà la Chiesa “alla verità tutta intera” (Gv 16, 13).
5. Il rapporto tra la Rivelazione comunicata dallo Spirito Santo e quella di Gesù è molto stretto. Non si tratta di una Rivelazione diversa, eterogenea. Lo si può arguire da un particolare del linguaggio usato da Gesù nella sua promessa: “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). Il ricordare è la funzione della memoria. Ricordando, si ritorna a ciò che è già stato, a ciò che è stato detto e compiuto, rinnovando così nella coscienza le cose passate, e quasi facendole rivivere. Trattandosi specialmente dello Spirito Santo, Spirito di una verità carica della potenza divina, la sua missione non si esaurisce nel ricordare il passato come tale: “ricordando” le parole, le opere e tutto il mistero salvifico di Cristo, lo Spirito di verità lo rende continuamente presente nella Chiesa, fa sì che rivesta un’“attualità” sempre nuova nella comunità della salvezza. Grazie all’azione dello Spirito Santo, la Chiesa non solo ricorda la verità, ma permane e vive nella verità ricevuta dal suo Signore. Anche in questo modo si compiono le parole di Cristo: “Egli (lo Spirito Santo) mi renderà testimonianza” (Gv 15, 26). Questa testimonianza dello Spirito di verità si identifica così con la presenza del Cristo sempre vivo, con la forza operatrice del Vangelo, con l’attuazione crescente della Redenzione, con una continua illustrazione di verità e di virtù. In questo modo lo Spirito Santo “guida”, la Chiesa “alla verità tutta intera”.
6. Tale verità è presente, almeno in modo implicito, nel Vangelo. Ciò che lo Spirito Santo rivelerà è già stato detto da Cristo. Lo rivela egli stesso quando, parlando dello Spirito Santo, sottolinea che “non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito . . . Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 13-14). Il Cristo, glorificato dallo Spirito di verità, è prima di tutto quello stesso Cristo crocifisso, spogliato di tutto e quasi “annientato” nella sua umanità per la redenzione del mondo. Proprio per opera dello Spirito Santo la “parola della Croce” doveva essere accettata dai discepoli, ai quali il Maestro stesso aveva detto: “Per il momento (ancora) non siete capaci di portarne il peso” (Gv 16, 12). Si parava, davanti a quei poveri uomini, lo schermo della Croce. Occorreva un’azione in profondità per rendere le loro menti e i loro cuori capaci di scoprire la “gloria della redenzione”, che si era compiuta proprio nella Croce. Era necessario un intervento divino per convincere e trasformare interiormente ognuno di loro, in preparazione, anzitutto, al giorno della Pentecoste, e, poi, alla missione apostolica del mondo. E Gesù li avverte che lo Spirito Santo “mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà”. Solo lo Spirito che, secondo san Paolo (1 Cor 2, 10), “scruta le profondità di Dio”, conosce il mistero del Figlio-Verbo nella sua relazione filiale col Padre e nella sua relazione redentrice con gli uomini di tutti i tempi. Lui solo, lo Spirito di verità, può aprire le menti e i cuori umani rendendoli capaci di accettare l’inscrutabile mistero di Dio e del suo Figlio incarnato, crocifisso e risorto, Gesù Cristo Signore.
7. Dice ancora Gesù: “Lo Spirito di verità . . . vi annunzierà le cose future” (Gv 16, 13). Che cosa significa questa proiezione profetica ed escatologica con cui Gesù colloca sotto il raggio dello Spirito Santo tutto l’avvenire della Chiesa, tutto il cammino storico che essa è chiamata a compiere nei secoli? Significa un andare incontro al Cristo glorioso, verso il quale essa è protesa nell’invocazione suscitata dallo Spirito: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22, 17. 20). Lo Spirito Santo conduce la Chiesa verso un costante progresso nella comprensione della verità rivelata. Veglia sull’inseguimento di tale verità, sulla sua conservazione, sulla sua applicazione alle mutevoli situazioni storiche. Suscita e conduce lo sviluppo di tutto ciò che serve alla conoscenza e alla diffusione di questa verità: in particolare, l’esegesi della Sacra Scrittura e la ricerca teologica, che non si possono mai separare dalla direzione dello Spirito di verità né dal Magistero della Chiesa, in cui lo Spirito è sempre all’opera.
Tutto avviene nella fede e per la fede, sotto l’azione dello Spirito, come è detto nell’enciclica Dominum et Vivificantem: “Il Mysterium Christi nella sua globalità esige la fede, poiché è questa che introduce opportunamente l’uomo nella realtà del mistero rivelato. Il guidare alla verità tutta intera si realizza, dunque, nella fede e mediante la fede: il che è opera dello Spirito di verità ed è frutto della sua azione nell’uomo. Lo Spirito Santo deve essere in questo la suprema guida dell’uomo, la luce dello spirito umano. Ciò vale per gli apostoli, testimoni oculari, che devono ormai portare a tutti gli uomini l’annuncio di ciò che Cristo “fece ed insegnò” e, specialmente, della sua Croce, e della sua risurrezione. In una prospettiva più lontana, ciò vale anche per tutte le generazioni dei discepoli e dei confessori del Maestro, poiché dovranno accettare con fede e confessare con franchezza il mistero di Dio operante nella storia dell’uomo, il mistero rivelato che di tale storia spiega il senso definitivo” (Dominum et Vivificantem, 6).
In questo modo lo “Spirito di verità” continuamente annunzia le cose future; continuamente mostra all’umanità questo futuro di Dio, che è al di sopra e al di fuori di ogni futuro “temporale”: e così riempie di valore eterno il futuro del mondo. Così lo Spirito convince l’uomo, facendogli capire che, con tutto ciò che è, e ha, e fa, è chiamato da Dio in Cristo alla salvezza. Così il “Paraclito”, lo Spirito di verità, è il vero “Consolatore” dell’uomo. Così è il vero Difensore e Avvocato. Così è il vero Garante del Vangelo nella storia: sotto il suo influsso la buona Novella è sempre “la stessa” ed è sempre “nuova”; e in modo sempre nuovo illumina il cammino dell’uomo nella prospettiva del cielo con “parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 17 maggio 1989]
But our understanding is limited: thus, the Spirit's mission is to introduce the Church, in an ever new way from generation to generation, into the greatness of Christ's mystery. The Spirit places nothing different or new beside Christ; no pneumatic revelation comes with the revelation of Christ - as some say -, no second level of Revelation (Pope Benedict)
Ma la nostra capacità di comprendere è limitata; perciò la missione dello Spirito è di introdurre la Chiesa in modo sempre nuovo, di generazione in generazione, nella grandezza del mistero di Cristo. Lo Spirito non pone nulla di diverso e di nuovo accanto a Cristo; non c’è nessuna rivelazione pneumatica accanto a quella di Cristo - come alcuni credono - nessun secondo livello di Rivelazione (Papa Benedetto)
Who touched Lydia's heart? The answer is: «the Holy Spirit». It’s He who made this woman feel that Jesus was Lord; He made this woman feel that salvation was in Paul's words; He made this woman feel a testimony (Pope Francis)
Chi ha toccato il cuore di Lidia? La risposta è: «lo Spirito Santo». È lui che ha fatto sentire a questa donna che Gesù era il Signore; ha fatto sentire a questa donna che la salvezza era nelle parole di Paolo; ha fatto sentire a questa donna una testimonianza (Papa Francesco)
While he is about to entrust to the Apostles — which in fact means “envoys” — the mission of taking the Gospel to all the world, Jesus promises that they will not be alone. The Holy Spirit, the Counselor, will be with them, and will be beside them, moreover, will be within them, to protect and support them. Jesus returns to the Father but continues to accompany and teach his disciples through the gift of the Holy Spirit (Pope Francis)
Mentre sta per affidare agli Apostoli – che vuol dire appunto “inviati” – la missione di portare l’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, Gesù promette che non rimarranno soli: sarà con loro lo Spirito Santo, il Paraclito, che si porrà accanto ad essi, anzi, sarà in essi, per difenderli e sostenerli. Gesù ritorna al Padre ma continua ad accompagnare e ammaestrare i suoi discepoli mediante il dono dello Spirito Santo (Papa Francesco)
Jesus who is the teacher of love, who liked to talk about love so much, in this Gospel speaks of hate. Exactly of hate. But he liked to call things by the proper name they have (Pope Francis)
Gesù che è maestro dell’amore, al quale piaceva tanto parlare di amore, in questo Vangelo parla di odio. Proprio di odio. Ma a lui piaceva chiamare le cose con il nome proprio che hanno (Papa Francesco)
St Thomas Aquinas says this very succinctly when he writes: "The New Law is the grace of the Holy Spirit" (Summa Theologiae, I-IIae, q.106 a. 1). The New Law is not another commandment more difficult than the others: the New Law is a gift, the New Law is the presence of the Holy Spirit [Pope Benedict]
San Tommaso d’Aquino lo dice in modo molto preciso quando scrive: “La nuova legge è la grazia dello Spirito Santo” (Summa theologiae, I-IIae, q. 106, a. 1). La nuova legge non è un altro comando più difficile degli altri: la nuova legge è un dono, la nuova legge è la presenza dello Spirito Santo [Papa Benedetto]
Even after seeing his people's repeated unfaithfulness to the covenant, this God is still willing to offer his love, creating in man a new heart (John Paul II)
Anche dopo aver registrato nel suo popolo una ripetuta infedeltà all’alleanza, questo Dio è disposto ancora ad offrire il proprio amore, creando nell’uomo un cuore nuovo (Giovanni Paolo II)
don Giuseppe Nespeca
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