Prima Domenica di Avvento (anno A) [30 Novembre 2025]
Dio ci benedica e la Vergine ci progetta! Inizia con l’Avvento un nuovo anno liturgico (Anno A) accompagnati dall’evangelista Matteo che già c’invita a farci collaboratori del progetto di salvezza che Dio ha preordinato per la Chiesa. e il mondo. Una piccola novità: da ora offro ogni volta anche una sintesi degli elementi principali di ogni testo.
Prima Lettura dal libro del profeta Isaia (2, 1-5)
Si sa che gli autori biblici amano le immagini! Eccone due, bellissime, nella predicazione di Isaia: prima quella di una folla immensa in cammino, poi quella di tutte le armate del mondo che decidono di trasformare le armi in strumenti agricoli. Vediamo queste immagini una dopo l’altra. La folla in cammino sale su una montagna: alla fine del percorso c’è Gerusalemme e il Tempio. Isaia, invece, è già a Gerusalemme e vede arrivare questa folla, una vera e propria marea umana. È naturalmente un’immagine, un’anticipazione, probabilmente ispirata dai grandi pellegrinaggi degli Israeliti a Gerusalemme durante la festa delle Capanne (Succot). In questa occasione, per otto giorni si vive sotto capanne, anche in città, ricordando il soggiorno nel deserto durante l’Esodo. Tutte le comunità ebraiche vi affluiscono e il Deuteronomio invita a partecipare con gioia, anche con figli, servi, stranieri, orfani e vedove (Dt 16,14-15). il profeta Isaia, osservando questo straordinario raduno annuale, ne intuì uno futuro e, ispirato dallo Spirito Santo, annunciò che un giorno non solo Israele, ma tutte le nazioni parteciperanno a questo pellegrinaggio e il Tempio diventerà il luogo di raccolta di tutti i popoli, perché l’umanità intera conoscerà l’amore di Dio. Il testo intreccia Israele e le nazioni: “il monte del tempio del Signore s’innalzerà sopra i colli … e ad esso affluiranno tutte le genti”. Questa affluenza simboleggia l’ingresso delle altre nazioni nell’Alleanza. La legge uscirà da Sion e la parola del Signore da Gerusalemme: Israele è eletto da Dio, ma ha anche la responsabilità di collaborare all’inclusione delle nazioni nel progetto divino. Così l’Alleanza ha una dimensione doppia: particolare (Israele eletto) e universale (tutte le nazioni). L’ingresso delle nazioni nel Tempio non riguarda il sacrificio, ma l’ascolto della Parola di Dio e la vita secondo la sua Legge: “Venite, saliamo sul monte del Signore … perché c’insegni le sue vie e possiamo camminare peri suoi sentieri”. La seconda immagine mostra il frutto di questa obbedienza: le nazioni vivranno in pace, Dio sarà giudice e arbitro, e le armi saranno trasformate in strumenti di lavoro: Dalle loro spade forgeranno aratri, dalle loro lance falci. Non alzeranno più la spada contro un popolo. Infine Isaia invita Israele a camminare nella luce del Signore, a realizzare la propria vocazione e a guidare tutti verso la Luce: salire al Tempio significa celebrare l’Alleanza, camminare nella luce significa vivere secondo la Legge.
In sintesi ecco tutti gli elementi principali del testo:
+Due immagini simboliche di Isaia: la folla in pellegrinaggio e la trasformazione delle armi in strumenti di pace.
+Gerusalemme e il Tempio: meta del pellegrinaggio, simbolo della presenza di Dio e centro dell’Alleanza.
+Festa delle Capanne (Succot): riferimento storico al pellegrinaggio annuale degli Israeliti.
+Universalità della salvezza: Israele eletto guida tutte le nazioni, che saranno incluse nell’Alleanza.
+Dimensione dell’Alleanza: particolare (Israele) e universale (tutte le nazioni).
+Ascolto della Parola e vita secondo la Legge: la partecipazione non è solo rituale, ma impegno concreto di vita.
+Pace e trasformazione delle armi: simbolo della realizzazione del progetto divino di giustizia e concordia.
+Invito finale: Israele deve camminare nella luce del Signore e guidare l’umanità verso Dio.
+Profezia come promessa, non predizione: i profeti parlano della volontà di Dio, non del futuro in senso divinatorio.
Salmo responsoriale (121/122, 1-9)
Abbiamo qui la migliore traduzione possibile della parola ebraica “Shalom”: “Pace a chi ti ama! Che la pace regni nelle tue mura, la felicità nei tuoi palazzi…”. Quando si saluta qualcuno con questo termine, gli si augura tutto questo. Qui questo augurio è rivolto a Gerusalemme: “Chiedete pace per Gerusalemme… Per i miei fratelli e i miei amici, io dirò: Sia su di te pace! Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene”. Nel nome stesso di Gerusalemme è contenuta la parola shalom; essa è, dovrebbe essere, e sarà la città della pace. Questo augurio di pace e felicità è però ancora lontano dall’essere realizzato. La storia di Gerusalemme è turbolenta: intorno al 1000 a.C. era un piccolo villaggio chiamato Jebus, abitato dai Gebusei. Davide scelse questo luogo per la capitale del suo regno: inizialmente la capitale era Ebron, e Davide era re solo della tribù di Giuda; poi, con l’adesione delle altre tribù, fu scelta Jebus, che diventò Gerusalemme, “città di Davide”. Qui Davide trasferì l’Arca dell’Alleanza e acquistò il campo di Arauna per il Tempio, seguendo la volontà di Dio. La definizione di Gerusalemme come “città santa” significa che appartiene a Dio: è il luogo dove si deve vivere secondo Dio. Con Davide e Salomone, la città raggiunge il suo splendore culturale e spirituale, e diventa centro della vita religiosa con il Tempio, meta dei pellegrinaggi tre volte l’anno, in particolare per la festa delle Capanne. Il profeta Natan ricorda a Davide che Dio è più interessato al popolo che al Tempio: “Tu vuoi costruire una casa a Dio, ma è Dio che ti costruirà una casa (discendenza)”. Così Dio promette di mantenere per sempre la discendenza di Davide, da cui verrà il Messia. Alla fine, fu Salomone a costruire il Tempio, rendendo Gerusalemme il centro cultuale. La città conoscerà poi distruzioni e ricostruzioni: la conquista di Nabucodonosor nel 587 a.C., l’Esilio a Babilonia, il ritorno autorizzato da Ciro nel 538 a.C. e la ricostruzione del Tempio di Salomone. Anche dopo le persecuzioni di Antioco Epifane e la distruzione del Tempio nel 70 d.C., Gerusalemme resta la città santa, simbolo della presenza di Dio, e la speranza della sua piena restaurazione rimane viva. I credenti, ovunque siano, continuano a rivolgersi a Gerusalemme nelle preghiere quotidiane, ricordando la fedeltà di Dio alle promesse fatte a Davide. Questo salmo 121/122, cantico dei pellegrinaggi, celebrava questa centralità di Gerusalemme, invitando i fedeli a salire verso la casa del Signore e a camminare nella luce di Dio.
Sintesi dei punti principali
+Shalom e Gerusalemme: Shalom significa pace e felicità; Gerusalemme è la città della pace.
+Storia della città: da Jebus a capitale di Davide, trasferimento dell’Arca, costruzione del Tempio.
+Città santa: appartiene a Dio; vivere a Gerusalemme significa vivere secondo Dio.
+Natan e la discendenza di Davide: Dio più interessato al popolo che al Tempio; promessa del Messia.
+Pellegrinaggi e vita religiosa: Gerusalemme centro cultuale con pellegrinaggi tre volte l’anno.
+Distruzioni e ricostruzioni: Nabucodonosor, Esilio, Ciro, persecuzioni di Antioco, distruzione del Tempio nel 70 d.C.
+Speranza e fede: Gerusalemme resta simbolo della fedeltà di Dio; i fedeli pregano orientandosi verso di essa.
+Psalmo 121/122: cantico dei pellegrinaggi, invita a salire verso la casa del Signore e camminare nella luce divina.
Seconda Lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (13, 11 – 14)
In questo testo san Paolo sviluppa la classica contrapposizione fra “luce e tenebre”. “La nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”. Questa frase resta sempre vera! Uno degli articoli della fede cattolica è che la storia non è un continuo ripetersi, ma al contrario il progetto di Dio avanza inesorabilmente. Ogni giorno possiamo dire che il disegno provvidenziale di Dio è più avanti di ieri: si sta compiendo, procede… lentamente ma con sicurezza. Dimenticare di annunciare questo significa dimenticare un punto essenziale della fede cristiana. I cristiani non hanno diritto a essere tristi, perché ogni giorno “la salvezza è più vicina”, come dice Paolo. Questo disegno provvidenziale e misericordioso di Dio ha bisogno di noi: non è tempo di dormire. Chi conosce il progetto di Dio non può rischiare di ritardarlo. Come dice la seconda lettera di Pietro: «Il Signore non tarda nel compiere la sua promessa… ma è paziente verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano alla conversione» (2 Pt 3,9). La nostra inattività, il nostro “sonno” ha conseguenze sul compiersi del progetto di Dio; lasciare dormienti le nostre capacità significa comprometterlo o almeno ritardarlo. Ecco perché i peccati di omissione sono gravi. Paolo dice: “La notte è avanzata, il giorno è vicino”; e altrove parla di un tempo breve, usando un termine marinaro: la nave ha spiegato le vele, si avvicina al porto (1 Cor 7,26.29). Può sembrare presuntuoso pensare che la nostra condotta influisca sul progetto di Dio, ma è proprio questo il valore e la gravità della nostra vita. Paolo ricorda: «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno, non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie”. Esistono comportamenti di luce e di tenebra, quando il battezzato non vive secondo il vangelo. Paolo non dice solo ci scegliere le opere della luce, ma di rifiutare quelle delle tenebre combattendo sempre per la luce. Ciò significa due cose: Ogni giorno dobbiamo scegliere la luce, un vero combattimento, soprattutto di fronte alle sfide antropologiche, sociali, al perdono, al rifiuto dei compromessi e dei privilegi (cfr. Fil 2,12). Anche altrove san Paolo parla delle armature della giustizia, della corazza della fede e dell’amore, del casco della speranza della salvezza (cf.2 Cor 6,7; 1 Tess 5,8). Qui la veste di luce è Gesù Cristo stesso, la cui luce ci avvolge come un mantello. Nel battesimo l’immersione simboleggia la morte al peccato e il rivestirsi di Cristo (Ga 3,27). Il combattimento cristiano non è solo nostro, ma è Cristo che combatte in noi e ci promette che quando siamo perseguitati, dobbiamo non prepararci perché è lui a dirci parole e darci saggezza che nessuno potrà contrastare.
Sintesi dei punti principali
+La salvezza è sempre più vicina: la storia non è un ciclo, ma un progresso del progetto di Dio.
+I credenti non possono essere passivi: la nostra inattività ritarda il compiersi del disegno divino e i peccati di omissione sono gravi perché ogni giorno dobbiamo realizzare il progetto di Dio.
+Esistono attività di luce e di tenebra: comportamenti cristiani e non cristiani che non coincidono sempre con la fede o il battesimo.
+Il combattimento cristiano è quotidiano: scegliere la luce, il perdono, rifiutare compromessi e immoralità.
+L’immagine della veste di luce rappresenta Gesù Cristo che ci avvolge e guida la nostra vita. Il battesimo simboleggia il rivestirsi di Cristo e l’inizio del combattimento della luce.
+La forza del cristiano non è solo propria: Cristo combatte in noi, garantendo saggezza e parole contro le persecuzioni.
Dal Vangelo secondo Matteo (24, 37 – 44)
Una cosa è certa: questo testo non è stato scritto per spaventarci, ma per illuminarci. Testi come questo vengono definiti apocalittici, il che significa letteralmente che “sollevano un lembo del velo”: rivelano la realtà. E la realtà, l’unica che conta, è la venuta di Cristo. Notate il linguaggio: venire, venuta, avvento, sempre riferito a Gesù: Gesù parlava ai discepoli della sua venuta che sarà come ai tempi di Noè. Anche voi non conoscete il giorno in cui il Signore verrà perché sarà proprio all’ora in cui non pensate. Il cuore del messaggio è dunque l’annuncio che Gesù Cristo verrà. Curiosamente, Gesù parla al futuro: “Il Signore vostro verrà”. Sarebbe più logico parlare al passato perché Gesù era già venuto... Questo ci mostra che la “venuta” non è la nascita, ma qualcosa che riguarda il compimento del progetto di Dio. Molto spesso ci disturbano le immagini del giudizio, come la comparazione con il diluvio: “Due uomini saranno nel campo nei campi, uno verrà portato via e l’altro lasciato”. Questo non è un arbitrio divino, ma un invito alla fiducia: come Noè fu trovato giusto e salvato, così tutto ciò che è giusto sarà salvato. Il giudizio distingue il buono dal cattivo, il buon grano dalla zizzania, e questo avviene nel cuore di ciascuno. Gesù usa il titolo Figlio dell’Uomo per parlare di sé, ma non solo di sé come individuo: riprende la visione del profeta Daniele, in cui il “Figlio dell’Uomo” rappresenta anche il popolo dei santi, un essere collettivo. Così, la venuta di Cristo riguarda l’intera umanità. Come dice san Paolo, Cristo è la testa e noi siamo i membri; sant’Agostino parla del Cristo totale: testa nei cieli, membri sulla terra. Quando diciamo pregando che attendiamo il bene che Dio ci prometti, cioè l’avvento di Gesù Cristo, ci riferiamo a Cristo totale: l’uomo Gesù è già venuto, ma il Cristo totale è in crescita e compimento continuo. San Paolo e recentemente Teilhard de Chardin sottolineano che la creazione intera geme in attesa del compimento di Cristo, che si completa progressivamente nella storia e in ciascuno di noi. Quando Gesù invita a vegliare, è un invito a custodire il grande progetto di Dio, dedicando la nostra vita a farlo avanzare. Infine, questo discorso avviene poco prima della Passione: Gesù avverte della distruzione del Tempio, il simbolo della sua presenza e dell’Alleanza, ma non risponde a domande precise sulla fine del mondo; invita invece alla vigilanza, rassicurando i discepoli davanti alle prove.
Sintesi dei punti principali
+Scopo del testo: non spaventare, ma illuminare; rivelare la realtà della venuta di Cristo.
+Venuta di Cristo: Gesù parla al futuro perché la venuta completa riguarda Cristo totale, non solo la nascita storica di Gesù.
+Giudizio e giustizia: distinguere il buono dal cattivo avviene nel cuore di ciascuno; il giusto sarà salvato.
+Titolo Figlio dell’Uomo: indica non solo Gesù, ma il popolo dei santi, cioè l’umanità salvata. Cristo totale: Cristo come testa e i credenti come membri; il compimento è progressivo nella storia.
+Veglia e vigilanza: i discepoli sono chiamati a custodire il progetto di Dio e dedicare la loro vita al suo compimento.
+Tempio e passione: il discorso precede la Passione, annuncia la distruzione del Tempio e invita di discepoli alla fiducia nonostante le prove che dovranno subire.
+ Giovanni D’Ercole







