Fede e religione. Turnover nella Chiesa
(Lc 6,17.20-26)
Gesù giudica la configurazione del mondo in cui la sua Chiesa nello Spirito si trova a vivere: ricchi e indigenti [malfermi in molti sensi], personaggi di spicco e invisibili.
Situazione che non ricalca condizioni di pienezza di vita; piuttosto - anche oggi - rende il sangue amaro a molti.
Una realtà falsata e non definitiva, esasperante, che assolutamente denuncia di non gradire fra i suoi: quella di dominatori lodati (malgrado l’abuso egoistico dei beni e delle posizioni) e insignificanti sottoposti.
Privo di titoli altisonanti, il giovane Rabbi si rivolge dal basso in alto (v.20) a coloro che hanno liberamente scelto la sua proposta di esistenza fraterna e condivisione delle proprietà [in Mt «poveri “per” lo Spirito (d’amore)»].
Egli si compiace [«Beati»] della scelta dei suoi, che fa godere l’esperienza della sintonia col Maestro. Una diversa Visione, e la reciprocità, ossia la medesima qualità di vita intima di Dio.
Già qui sulla terra i profeti critici testimoniano la possibilità di una differente percezione delle cose, nonché il Sogno d’una società fondata sulla convivenza - nello scambio dei benefici.
Un germoglio di mondo ospitale - che Lc vuole incoraggiare - dove non c’è il sopra e il sotto o il davanti e dietro: solo rivolgimenti umanizzanti (come appunto l’inversione dei ruoli) che rinsaldano il tessuto concorde.
Anche nella sua Casa dovrà esserci rotazione e capovolgimento di figure e mansioni di spicco. Il ricambio è cifra del Regno che Viene; in grado di acuire le sensibilità alla Comunione.
Nei documenti dell’antica letteratura si parla poco di miseri, senza voce e affamati. L’attenzione si concentrava sui ricchi, sugli eroi, i sovrani e i generali. Il rovesciamento di sorte era inimmaginabile.
I nuovi potenti del Regno di Dio sono viceversa coloro che sentono il Figlio presente, che pulsa in cuore, Risorto in loro.
Essi non trattengono per sé, ma trasformano beni, traguardi, titoli e ministeri in Vita e Relazione.
Ciò che risulta decisivo e conclusivo è la costruzione di questo tipo di Chiesa [Regno] inusuale.
Germe che si discosta dall’unilateralità dei rapporti. Con arricchimento e avvicendamento dove tutti si sentano adeguati, non più additati.
Nell’avventura di Fede-Amore vige sempre un riconoscimento reciproco.
Si alternano incessantemente gli uffici, gli incarichi.
Infatti, i rapporti di soggezione eccessivamente centrati annientano i Doni viventi di Dio; producono ferite profonde, paralizzanti.
Riducono al silenzio [e all’opacità] Creatore e creatura: una paradossale autocondanna.
Ma Cristo distingue bene ciò che rende Beati - completi, non unilaterali - e quanto non appartiene e non assomiglia all’opera piena del Padre.
Lo fa non semplicemente ammonendo, bensì per riunire, e dilatare il nostro Nucleo; per lubrificare le intime, migliori essenze di tutti.
Proclamando le Beatitudini, Gesù Risorto vuole comunicare [in specie nelle sue Chiese, che gli sembra ne abbiano tanto bisogno] un’energia meno accentrata e parziale, più permeabile e confluente; un ritmo inclusivo.
E a tutti il permesso pieno di vivere.
[6a Domenica T.O. (anno C), 16 febbraio 2025]