Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Francesco d’Assisi aveva ben recepito la lezione evangelica di Gesù rivolta ai suoi: chi vuol essere il primo sarà servo di tutti.
Il Poverello definito dal Celano nella Vita seconda come “il servo e amico dell’Altissimo” (FF 583) aveva chiesto a Gesù di indicargli quando era davvero suo servo e la risposta era stata: «Riconosciti mio servo veramente, quando pensi, dici, agisci santamente» (FF 743).
E nella Lettera ai Fedeli illustra come deve essere il superiore: «e colui al quale è affidata l’obbedienza e che è ritenuto maggiore, sia come il minore e servo degli altri fratelli» (FF 197).
E sempre il Celano nella Vita prima c’informa:
“Proprio lui infatti fondò l’Ordine dei frati minori; ed ecco in quale occasione gli diede tale nome.
Mentre si scrivevano nella Regola quelle parole: «Siano minori», appena l’ebbe udite esclamò:
«Voglio che questa Fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori».
E realmente erano «minori»; «sottomessi a tutti» e ricercavano l’ultimo posto e gli uffici cui fosse legata qualche umiliazione, per gettare così le solide fondamenta della vera umiltà, sulla quale si potesse svolgere l’edificio spirituale di tutte le virtù” (FF 386).
La stessa Chiara, che si definiva serva di Cristo e delle altre sorelle Povere, aderiva al Vangelo della minorità profondamente.
Infatti, dicono le Fonti che “assai spesso nel freddo della notte di propria mano le ricopre (le figlie) mentre dormono e vuole che quelle che vede incapaci di osservare l’austerità comune, si accontentino di un regime meno severo” (FF 3233).
Sì, in S. Damiano Chiara serviva… e in silenzio, definendosi nella quarta lettera, rivolta alla sua figlia spirituale Agnese di Boemia «serva indegna di Cristo ed ancella inutile delle serve del Signore dimoranti nel monastero di S. Damiano in Assisi» (FF 2899).
29.a Domenica T.O. B (Mc 10,35-45)
In questo brano evangelico lucano Gesù pone l’accento sullo Spirito Santo, che guida e illumina nelle più diverse e difficili situazioni.
S. Teresa d’Avila, in una sua preghiera, diceva:
«O Spirito Santo, concedi all’anima mia di essere tutta di Dio».
Nelle Fonti francescane vediamo, poi, il Povero d’Assisi, uomo di Dio, credere fermamente nello Spirito Santo, considerato Ministro Generale dell’Ordine, nonché Colui che ispirava e parlava attraverso i semplici.
Era sempre in ascolto del Santo Spirito da non offendere mai e della sua santa operazione che accompagna ogni buona opera.
“E siccome faceva moltissime rivelazioni, che trascendevano le capacità dell’intelletto umano, i frati dovettero riconoscere che lo Spirito del Signore si era posato in tutta la sua pienezza sopra il suo servo Francesco: perciò la cosa più sicura per loro era seguire la sua dottrina e la sua vita” (FF 1071).
Egli non temeva, poiché “Lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse; lo assisteva Cristo stesso, potenza e sapienza di Dio […]
Era, la sua parola, come un fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore” (FF 1210).
Credeva così profondamente “nell’istruzione” e nella difesa dello Spirito di Dio in ogni evenienza da attestarlo con chiarezza in quella meravigliosa preghiera che conclude la lettera a tutto l’Ordine:
«Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen».
«E chiunque dirà una parola contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato, ma a colui che avrà bestemmiato contro il Santo Spirito non sarà perdonato» (Lc 12,10).
Sabato 28.a sett. T.O. (Lc 12,8-12)
Gesù sollecita la missione cui i discepoli sono chiamati: in povertà, come agnelli tra i lupi; predicando il Regno di Dio.
Francesco sapeva rivolgere alla gente che incontrava uno speciale saluto di Pace, per divina rivelazione.
E, come Gesù, inviò due a due i suoi frati ad annunciare la Buona Notizia del Regno.
Le Fonti ammaestrano nello specifico.
“In ogni suo sermone, prima di comunicare la Parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo:
«Il Signore vi dia la Pace!».
Questa Pace egli annunciava sempre con molta devozione a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui.
In questo modo otteneva, con la grazia del Signore, di indurre i nemici della Pace e della propria salvezza, a diventare essi stessi figli della Pace e desiderosi della salvezza eterna” (FF 359).
E ancora, Francesco assumeva nella sua interezza la “missione degli apostoli”.
Infatti “il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del Regno di di Dio, del disprezzo del mondo […] e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo (FF 1058)
“«Andate - disse il dolce padre ai figli suoi - annunciate agli uomini la pace; predicate la penitenza per la remissione dei peccati.
Siate pazienti nelle tribolazioni, vigilanti nell’orazione, valenti nelle fatiche, modesti nel parlare, gravi nel comportamento e grati nei benefici.
E in compenso di tutto questo, è preparato per voi il regno eterno».
Diceva, poi, a ciascuno in particolare:
«Affida al Signore la tua sorte, ed Egli ti nutrirà».
Li suddivise due a due, in forma di croce, inviandoli per il mondo.
Dopo aver assegnato le altre tre parti agli altri sei, egli stesso si diresse con un compagno verso una parte del mondo, ben sapendo che era stato scelto come esempio per gli altri e che doveva prima fare e poi insegnare” (FF 1059).
E spesso “riscattò gli agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di quell’Agnello mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori” (FF 1145).
«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10,3).
San Luca, Evangelista (Lc 10,1-9)
Il rimprovero di Gesù ai dottori della Legge richiama la persecuzione e l’uccisione riservate ai profeti inviati da Dio.
La palma del martirio parlerà per loro, come pure la responsabilità di quanti hanno costruito i loro sepolcri, ricordando che del sangue versato sarà chiesto conto.
Nelle Fonti troviamo passi che illustrano come lo stesso Francesco si esprima a riguardo delle persecuzioni ai suoi frati:
“O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice:
«Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano», poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori” (FF 56).
E nel XXI capitolo della Regola non bollata vediamo che pure il Povero d’Assisi pronuncia il suo “guai” a riguardo di quelli che compiono opere da tenebra.
Leggiamo infatti:
«Guai a quelli che non muoiono nella penitenza, / poiché saranno figli del diavolo/ di cui compiono le opere» (FF 55).
Ad esso si allinea il «guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali» del Cantico di Frate Sole (FF 263), a testimonianza di coloro che non entrano e non fanno entrare nel Regno dei cieli con la loro condotta diabolica.
Francesco “artista e Maestro di vita evangelica” come lo definisce il Celano (1 Cel 37) invece - come d’altronde i suoi frati - preferiva stare laddove c’era da soffrire.
Le Fonti ancora attestano:
“Amavano talmente la pazienza, che preferivano stare dove c’era da soffrire persecuzioni che non dove, essendo nota la loro santità, potevano godere i favori del mondo.
Spesso ingiuriati, vilipesi, percossi, spogliati, legati, incarcerati, sopportavano tutto virilmente, senza cercare alcuna difesa; dalle loro labbra anzi non usciva che un cantico di lode e di ringraziamento” (FF 390).
E Chiara gli fa eco nel suo Testamento:
«Beati […] quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Per il fatto che ai persecutori sarà chiesto conto del sangue dei profeti, i perseguitati non parleranno: la palma del martirio vissuto dirà per loro.
«Manderò loro profeti e apostoli, e ne uccideranno e perseguiteranno» (Lc 11,49).
Giovedì 28.a sett. T.O. (Lc 11, 47-54)
Enunciando i vari Guai rivolti a farisei e dottori della Legge, Gesù sottolinea come essi lasciavano da parte giustizia e amore di Dio.
Francesco è stato particolarmente sensibile a queste realtà umano-divine.
Infatti, a sostegno di tutto questo, nelle Fonti ci sono straordinari passi che lo dimostrano.
Nella Regola non bollata (1221) così si esprime il Poverello:
“Lo spirito della carne […] si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello Spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.
È di questi che il Signore dice: «In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa».
Lo Spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata […] e ricerca l’umiltà e la pazienza e la pura e semplice pace dello Spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina Sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (FF 48).
Questo santo amore risplende nella quotidianità di Francesco in innumerevoli episodi.
Raccontiamo cosa avvenne a Celle di Cortona.
“Francesco aveva indosso un mantello nuovo, che i frati avevano procurato proprio per lui, quando giunse un povero, che piangeva la morte della moglie e la famiglia lasciata nella miseria.
«Ti dò questo mantello per amore di Dio - gli disse il Santo - a condizione che non lo venda a nessuno, se non te lo pagherà profumatamente».
Corsero immediatamente i frati per prendersi il mantello e impedire che fosse dato via.
Ma il povero, reso ardito dallo sguardo del Santo, si mise a difenderlo con mani ed unghie come suo.
Alla fine, i frati riscattarono il mantello ed il povero se ne andò con il prezzo ricevuto” (FF 675).
In merito alla giustizia Francesco così si esprimeva:
«Il Santo […] amava negli altri la santa semplicità, figlia della Grazia, vera sorella della sapienza, madre della giustizia […] È la semplicità che in tutte le leggi divine lascia le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nòcciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene» ( FF 775).
E ancora, dirigendosi verso la valle Spoletana, durante il cammino discuteva con i compagni sul modo di osservare la Regola: “sul modo in cui progredire in ogni santità e giustizia davanti a Dio, sul modo in cui santificare se stessi ed essere di esempio per gli altri” (FF 1065).
Era talmente infiammato dall’amor di Dio da fargli vibrare l’intimo come un plettro:
«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità […] poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amor divino è capace di comprare il regno dei cieli. E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).
«Ma guai a voi, farisei, perché pagate la decima della menta e della ruta e di ogni erbaggio, e trascurate il giudizio e l’amore di Dio» (Lc 11,42).
Mercoledì 28.a sett. T.O. (Lc 11,42-46)
Francesco, discepolo di Gesù, teneva lontano dalla sua vita l’ipocrisia dei farisei, l’essere preoccupati di apparire all’esterno senza curarsi dell’avidità radicata nel cuore.
Lui che aveva sposato Madonna Povertà, era felice di donare al prossimo e per lui tutto era mondo.
In tal senso vengono in aiuto le Fonti che, mirabilmente, c’illustrano quanto abitava all’interno del Servo di Dio.
“Francesco, il Povero di Cristo, mentre da Rieti era diretto a Siena per la cura degli occhi, stava attraversando la pianura presso Rocca Campiglia, in compagnia di un medico affezionato all’Ordine.
Ed ecco apparire lungo la strada, al passaggio del Santo, tre povere donne. Erano tanto simili di statura, di età, di aspetto, che le avresti dette tre copie modellate su un unico stampo.
Quando Francesco fu vicino, esse, chinando il capo con riverenza, gli rivolsero questo singolare saluto:
«Ben venga, signora povertà!».
Il Santo si riempì subito di gaudio indicibile, perché non c’era per lui saluto più gradito di quello che esse gli avevano rivolto.
Pensando dapprima che le donne fossero realmente povere, si rivolse al medico che l’accompagnava:
«Ti prego per amore di Dio, fa’ in modo che possa dare qualcosa a quelle poverette».
Quello prontissimo trasse fuori la borsa e, balzato di sella, diede a ciascuna alcune monete.
Proseguirono quindi un poco per la strada intrapresa, quando tutto a un tratto volgendo attorno lo sguardo, frate e medico non videro ombra di donne in tutta la pianura.
Altamente stupiti aggiunsero questo fatto alle meraviglie del Signore, perché evidentemente non potevano essere donne, quelle che erano volate via più rapide degli uccelli” (FF 680). Inoltre, leggiamo:
“La sua carità si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno ma anche agli animali […]
Aveva però una tenerezza particolare per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato, spesso e a ragione, per la sua umiltà al mansueto agnello” (FF 455).
Libero dai formalismi, il Povero di Cristo quando s’imbatteva con agnellini che venivano portati al macello li comprava, pur di salvarli.
Dava in elemosina quanto aveva ricevuto nel cuore dal suo Dio: la compassione.
E non era diretto a costoro il monito di Gesù:
«Adesso voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del vassoio, ma il vostro interno è pieno di rapina e di malvagità» (Lc 11,39).
Tale ammonizione riguarda piuttosto coloro che prendono gloria gli uni dagli altri, trascurando ciò che piace a Dio: dare in elemosina ciò che ci è stato dato.
Per chi è puro tutto è puro.
Martedì 28.a sett. T.O. (Lc 11,37-41)
Nel brano di oggi alle folle accalcate e in cerca di segni Gesù risponde che sarà dato loro un solo segno: quello del profeta Giona.
Francesco d’Assisi era uomo di Dio attento ai segni; ma per lui il segno dei segni attraverso i quali Dio gli parlava era Gesù Crocifisso e Risorto, Colui che tre giorni e tre notti restò nel sepolcro e risorgendo ci ridonò la Vita vera.
La sua profonda adesione alla Croce era evidente tanto che persino il povero abito indossato era a forma di croce.
Leggiamo nelle Fonti:
“Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi […] ebbe dal Cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi […] e di imprimere col segno della croce penitenziale e con un abito a forma di croce, il Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono.
Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso.
Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefece, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo”. (FF 1022).
Quel segno che un suo discepolo convertito da Francesco e divenuto in seguito frate Pacifico “vide proprio con i suoi occhi corporei: Francesco segnato in forma di croce da due spade, messe a traverso, molto splendenti: l’una si stendeva dalla testa ai piedi, l’altra, trasversale, da una mano all’altra, all’altezza del petto.
Il Crocifisso e la Croce fu per lui il segno di Giona che gli stravolse la vita a S. Damiano:
“l’immagine del Cristo Crocifisso dal dipinto gli parla, muovendo le labbra” (FF 593).
“Da quel momento si fissò nella sua anima santa la Compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande Stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore” (FF 594).
«Questa generazione è una generazione malvagia; cerca un segno, e non le sarà dato un segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29).
Lunedì 28.a sett. T.O. (Lc 11,29-32)
Dopo che il Crocifisso di S. Damiano gli ebbe parlato, invitandolo a riparare la sua casa che andava in rovina (riferendosi principalmente alla Chiesa fatta di pietre vive, più che alle mura), subito Francesco si accinse a vendere quanto aveva presso di sé.
Infatti, nella Leggenda maggiore di S. Bonaventura, leggiamo: “Si alzò, pertanto, munendosi del segno della croce, e, prese con sé delle stoffe, si affrettò verso la città di Foligno, per venderle.
Vendette tutto quanto aveva portato; si liberò anche, mercante fortunato, del cavallo, col quale era venuto, incassandone il prezzo.
Tornando ad Assisi, entrò devotamente nella chiesa che aveva avuto l’incarico di restaurare.
Vi trovò un sacerdote poverello […] e gli offrì il denaro per la riparazione della chiesa e umilmente domandò che gli permettesse di abitare con lui per qualche tempo.
Il sacerdote acconsentì che egli restasse; ma, per timore dei suoi genitori, non accettò il denaro - e quel vero dispregiatore del denaro - lo buttò su una finestra, stimandolo polvere abbietta” (FF 1039).
Ma pure i suoi figli-frati, chiamati a seguire Colui che solo è buono, abbandonarono tutti i beni per seguire la via nuova tracciata da Francesco seguendo il Vangelo.
“Bernardo, un cittadino di Assisi, lo scongiurò umilmente di dargli il suo consiglio: cosa fare per non godere più dei beni di qualche signore e vivere secondo Dio.
Francesco gli disse che doveva restituirli tutti al padrone da cui li aveva ricevuti e poi aggiunse:
«Se vuoi comprovare coi fatti quanto dici, appena sarà giorno, entriamo in chiesa, prendiamo il libro del Vangelo e chiediamo consiglio a Cristo».
Venuto il mattino, entrano in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.
Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole:
«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri».
Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota” (FF 601).
La stessa Chiara, nella prima lettera ad Agnese di Boemia, fra l’altro sottolinea:
«È magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni della terra per avere quelli del Cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità» (FF 2868).
Tutto ciò che è impossibile agli uomini è possibile presso Dio!
28.a Domenica T.O. B (Mc 10,17-30)
In questi pochi versetti del Vangelo odierno è contenuta la vera beatitudine, enunciata da Gesù, di chi sa ascoltare e incarnare la Parola di Dio fra le pieghe del quotidiano.
Francesco, che si riteneva semplice ed idiota, amava appassionatamente la Parola di Dio.
Infatti, imbattendosi a terra con le lettere di Essa, le raccoglieva per averne il dovuto riguardo.
Ce lo attestano le Fonti, nella prima lettera [da lui scritta] ai Custodi:
«Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno» (FF 242).
La stessa Chiara, pianticella del Serafico Padre, nel suo Testamento, ricorda quanto Francesco amasse e vivesse la Parola, dandone l’esempio:
«Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato Padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui» (FF 2824).
E a chi gli chiedeva se avesse piacere che le persone istruite entrassero nell’Ordine, rispondeva:
«Ne ho piacere; purché, però, sull’esempio di Cristo, di cui si legge non tanto che ha studiato quanto che ha pregato, non trascurino di dedicarsi all’orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica le cose apprese, e, solo quando le hanno messe in pratica, le propongano agli altri.
Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità» (FF 1188).
“E la ragione principale per cui venerava i ministri della Parola di Dio era questa: che essi fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il Cristo, che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà.
Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi” (FF 1135).
“Egli infatti non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di seguirlo alla lettera” (FF 357).
«Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e [la] custodiscono» (v.28).
Sabato della 27.a sett. T.O. (Lc 11,27-28)
Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)
Deus dilexit mundum! Iddio osserva le profondità del cuore umano, che, anche sotto la superficie del peccato e del disordine, possiede ancora una ricchezza meravigliosa di amore; Gesù col suo sguardo la trae fuori, la fa straripare dall’anima oppressa. A Gesù, dunque, nulla sfugge di quanto è negli uomini, della loro totale realtà, in cui sono il bene e il male (Papa Paolo VI)
People dragged by chaotic thrusts can also be wrong, but the man of Faith perceives external turmoil as opportunities
Un popolo trascinato da spinte caotiche può anche sbagliare, ma l’uomo di Fede percepisce gli scompigli esterni quali opportunità
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
don Giuseppe Nespeca
Tel. 333-1329741
Disclaimer
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.