Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Francesco aveva lo sguardo fisso su Gesù, autore e perfezionatore della legge. La sua vera gioia era vivere come Cristo è vissuto.
Dunque non si faceva problema di aiutare, di far guarire chi era malato, indipendentemente da quel che il mondo dei benpensanti considerava giusto o meno.
Per il Minimo d’Assisi, di notte o di giorno, in qualunque momento, la carità di sanare aveva assoluta priorità. Figuriamoci se lo intimorivano le regole umane!
Guarire è lecito sempre, anche in giorno di festa.
Francesco era davvero libero da leggi aguzzine, che inchiodavano i poveri.
A testimonianza di tutto ciò le Fonti rivelano le tante guarigioni avvenute da parte di Dio, attraverso i carismi del suo servo umile e semplice.
“Un giovane della stessa città (Narni), infermo da dieci anni, s’era talmente gonfiato che era ormai inutile qualsiasi farmaco. La madre fece un voto al beato Francesco, e subito riacquistò piena salute.
Analogamente un idropico di Fano, col corpo paurosamente tumefatto, fu guarito in maniera perfetta per i meriti del glorioso servo di Dio” (FF 558).
Per Francesco i verbi salvare e guarire erano la sostanza del suo agire, sempre.
Anche Chiara, non legata a inutili consuetudini, attraverso il segno della croce operava guarigioni per Grazia del Padre delle Misericordie, come spesso lo definiva.
La Leggenda ci dice:
“V’era, in monastero, un gran numero di sorelle malate, affette da diversi malanni. Chiara va da loro, come soleva, con la sua medicina usuale e, fatto cinque volte il segno della croce, risana all’istante cinque sorelle dai loro mali.
Da questi fatti appare chiaro che nel petto della Vergine era piantato l’albero della croce che, mentre col suo frutto rinnova interiormente l’anima, con le sue foglie offre la medicina esteriore” (FF 3226).
«È lecito di sabato curare o no?» (Lc 14,3)
Venerdì 30.a sett. T.O. (Lc 14,1-6)
In questo brano evangelico di Luca, in cui è preannunciata la fine di Gesù e il compimento della sua opera, assistiamo al pianto di Lui su Gerusalemme, città proverbiale, che lapida e uccide i profeti.
Guardando nelle Fonti riportiamo un episodio particolare del Poverello.
Una notte Francesco fece un sogno che quasi richiamava il lamento di Gesù su Gerusalemme.
Cristo aveva pianto sulla città santa, mandante dell’uccisione di profeti (e di avere lapidato quanti sono ad essa inviati) il cui prezzo sarebbe stata una casa lasciata deserta.
L’Unità tradita e vilipesa avrebbe generato squallore e abbandono.
Il Santo dunque "Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume.
Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali.
Quando si svegliò, l’uomo di Dio riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione.
«La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo.
I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne»" (FF 610).
Per questo motivo Il Minimo pose l’Ordine sotto la protezione della Chiesa, poiché per lui seguire Cristo significava camminare sulle tracce della Sposa del Signore.
Il Poverello ebbe sollecitudine speciale per i suoi fratelli, studiandosi di mantenerli nel vincolo dell’unità, per la quale Cristo si fece Agnello sacrificale, immolato per la salvezza di tutto il popolo.
Infatti, nella Lettera ai Fedeli, così si esprime:
«La volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme» (FF 184).
Innamorato di Cristo in tutto, pure nelle infermità che lo colpivano Francesco volle seguire la povertà e l’esempio del Signore.
"Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa a un asinello.
Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo" (FF 490).
Così si serviva di «fratello asino», preso in prestito per il viaggio alla Verna e il suo ritorno attraverso Borgo San Sepolcro, uniti nella mitezza che li accomunava.
Giovedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,31-35)
Gesù invita a sforzarsi di entrare per la porta stretta, sapendo che le opere parlano da sole e che gli ultimi saranno primi.
Questi temi sono presenti in modo assiduo nelle Fonti francescane.
Dopo la conversione, il Figlio di Pietro Bernardone pone molta cura allo «sforzatevi di entrare per la porta stretta» raccomandato da Gesù.
Infatti, in quelli che denominiamo «Scritti di Francesco» [per lo più dettati a qualche frate che si faceva suo segretario] emerge con chiarezza la sua ferma adesione al Vangelo.
Nella Regola non bollata (1221) leggiamo tra le esortazioni rivolte ai suoi frati:
«E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano» (FF 37).
E ben consapevole dell’esigenza evangelica dell’umiltà e della minorità, così rispondeva ai suoi in merito a chi deve essere ritenuto un vero frate minore:
«Prendi un corpo morto - disse - e mettilo dove ti pare e piace. E vedrai che, se lo muovi, non si oppone: se lo lasci cadere, non protesta.
Se lo metti in cattedra, non guarderà in alto, ma in basso.
Se gli metti un vestito di porpora, sembrerà doppiamente pallido.
Questo è il vero obbediente: chi non giudica il perché lo spostano; non si cura del luogo a cui viene destinato; non insiste per essere trasferito; eletto in un ufficio, mantiene la solita umiltà; quanto più viene onorato, tanto più si ritiene indegno» (FF 1107).
E Chiara non era da meno!
Nel Testamento lasciato alle sorelle:
«Ma poiché stretta è la via e il sentiero, ed angusta la porta per la quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi sono quelli che la percorrono e vi entrano; e se pure vi sono quelli che per un poco di tempo vi camminano, pochissimi perseverano in essa.
Beati però quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
E nella Leggenda:
“Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle, mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano” (FF 3180).
Già, quanti nella vita sono stati considerati ultimi o si sono fatti minimi per il Vangelo saranno i primi nel Regno di Dio!
«Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e sono primi che saranno ultimi» (Lc 13,30).
Mercoledì 30.a sett. T.O. (Lc 13,22-30)
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù in preghiera per l’intera notte, prima di chiamare a sé i suoi discepoli.
La Relazione con il Padre anticipa ogni scelta importante nella vita di Cristo.
Francesco, sull’esempio di Gesù, passava intere notti a pregare in luoghi solitari e prima di assumere decisioni importanti.
Nella Vita seconda del suo biografo Celano si legge:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa*, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno:
«Fratello, vorrei rimanere qui da solo questa notte. Tu va’ all’ospedale* e torna da me per tempo domattina».
Rimasto tutto solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere […]” (FF 707).
Questo intenso rapporto con Dio fece sì che in breve tempo accorressero a lui, stimolati dalla sua testimonianza, molti discepoli pronti a vivere il Vangelo allo stesso modo.
“Durante questo tempo si aggregarono a loro e si fecero discepoli di Francesco altri quattro uomini degni e virtuosi.
Perciò l’interesse per il movimento e la fama dell’uomo di Dio crescevano sempre più tra il popolo.
E veramente in quel tempo Francesco e i suoi compagni provavano una immensa allegrezza e una gioia inesplicabile quando qualcuno dei fedeli, chiunque e di qualunque condizione fosse, ricco, povero, nobile, popolano, spregevole, onorato […] guidato dallo Spirito di Dio veniva a prendere l’abito della loro Santa religione […]” (FF 371).
La sua santità era talmente evidente che tutti erano felici di poter toccare la sua povera tonaca e riceverne benefici.
Infatti tutti coloro che erano malati o posseduti, avvicinati dal Povero venivano guariti.
Ad esempio “a Città di Castello una donna era posseduta da uno spirito maligno e furioso: appena il Santo glielo ebbe ingiunto per obbedienza, il demonio fuggì pieno di sdegno, lasciando libera nell’anima e nel corpo la povera ossessa” (FF 1219).
L’umile discepolo di Gesù era divenuto, per Grazia, “Alter Christus”.
«Egli uscì verso il monte per pregare e passò la notte nella preghiera a Dio» (Lc 6,12).
• FF 707= il frate che lo accompagnava era frate Pacifico.
• La Chiesa presso cui si fermano a pregare è San Pietro in Bovara, presso le Fonti del Clitunno.
• L’ospedale a cui Francesco indirizza il suo compagno era un lebbrosario a pochi chilometri dalla chiesa.
Ss. Simone e Giuda (Lc 6,12-19)
Gesù pone gli astanti dinanzi ad una domanda, a motivo della guarigione di una donna curva:
«Ora costei essendo figlia di Abramo […] non doveva essere sciolta da questo legame il giorno di sabato?» (Lc 13,16).
Quando si parla di Francesco d’Assisi bisogna sempre aver presente una creatura vera, anticonformista.
Divorato dall’amore per Dio e per il prossimo, il Poverello era disposto a qualunque sacrificio, capace di andare oltre le convenzioni pur di salvare, di condurre le anime a Cristo.
Ricalcando le orme di Gesù che guariva pure in giorno di sabato, ridicolizzando i capi ligi alla loro tradizione, Francesco esprimeva un nuovo modo di essere e vivere secondo il Vangelo.
Le Fonti, sorgente ricca di episodi, c’informano in merito.
“Nella città di Narni viveva una donna che da otto anni aveva una mano inaridita, del tutto inutilizzabile.
Un giorno le apparve il beato Padre e, toccandole la mano malata, gliela rese atta al lavoro come l’altra” (FF 558).
Francesco si preoccupava non dell’ora, del giorno in cui poter aiutare o far guarire, no; a lui interessava che la persona conoscesse la salvezza dell’anima e del corpo, restituendo figli di Dio a Dio.
Libero da ogni ipocrisia agiva così:
“Una volta, dimorando Francesco in quello stesso luogo*, un frate, uomo di profonda spiritualità e già da parecchi anni vivente nell’Ordine, si trovava molto deperito e infermo.
Francesco al vederlo ne ebbe compassione.
Ma i frati, a quei tempi non ricorrevano a medicine; anzi, volentieri sceglievano quanto contrariava il corpo.
Francesco si disse:
«Se questo fratello mangiasse di buon mattino dell’uva matura, credo che ne trarrebbe giovamento».
Un giorno si alzò all’albeggiare e chiamò di nascosto quel fratello, lo condusse nella vigna vicina a quella chiesa e, scelta una vite ricca di bei grappoli invitanti, vi sedette sotto assieme al fratello e cominciò a mangiare l’uva, affinché il malato non si vergognasse di piluccarle da solo.
Mentre faceva lo spuntino, quel frate lodava il Signore Dio.
E finché visse, egli ricordava spesso ai fratelli, con devozione e piangendo di tenerezza, il gesto affettuoso del padre santo verso di lui” (FF 1549).
Giustamente Francesco, rammentando la Parola di Dio, metteva in pratica la misericordia superiore ad ogni norma, e che vale più dell’essere umanamente sterilizzati.
Lunedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,10-17)
Il passo di Luca - fariseo e pubblicano - è molto popolare. Si tratta dell’insegnamento diretto verso chi si sente intimamente giusto e guarda i fratelli dall’alto in basso.
Francesco si sentì sempre un nulla davanti a Dio, sprofondando nella sua umiltà come il seme nella terra.
Temeva la superbia al pari della peste e la detestava profondamente.
Apparire, mostrare, insuperbire, erano verbi con cui non volle mai allacciare alcun legame: li aborriva.
Leggiamo nella Vita prima del Celàno:
"Un giorno, pieno di ammirazione per la misericordia del Signore in tutti i benefici a lui elargiti, desiderava conoscere […] che cosa sarebbe stato della sua vita e di quella dei suoi frati.
A questo scopo si ritirò, come spesso faceva, in un luogo adatto per la preghiera.
Vi rimase a lungo invocando con timore e tremore il Dominatore di tutta la terra, ripensando con amarezza gli anni passati malamente e ripetendo:
«O Dio, sii propizio a me peccatore!»” (Fonti 363).
Temeva ogni forma di vanto e sfoggio di opere; ripugnava il sentirsi a posto e ogni genere di superbia.
Nella Regola bollata (1223) ai suoi frati diceva:
«Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cure e preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione» (Fonti 103).
Nella Regola di Chiara, al comma 2809 delle Fonti, ritroviamo la stessa enunciazione come ad evidenziare la medesima preoccupazione: mantenere le distanze da ogni forma di vanagloria.
Francesco e Chiara si percepivano peccatori, alla stregua del pubblicano del Vangelo, che non osava alzare neppure lo sguardo verso il cielo.
L’umiltà e la consapevolezza della propria penuria li conducevano ad assumere un profilo molto basso, senza gloriarsi di nulla, né davanti a Dio né davanti agli uomini.
Infatti, nelle Ammonizioni (di Francesco):
«Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più per il bene che dice e opera per mezzo di un altro.
Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio» (Fonti 166).
Ancora: «A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo Spirito del Signore: se, quando il Signore compie per mezzo di lui qualcosa di buono, la sua «carne» non se ne inorgoglisce - poiché la «carne» è sempre contraria ad ogni bene -, ma piuttosto si ritiene ancora vile ai propri occhi e si stima più piccolo di tutti gli altri uomini» (Fonti 161).
Nella Leggenda maggiore:
"L’umiltà, custode e ornamento di tutte le virtù, aveva ricolmato l’uomo di Dio di beni sovrabbondanti.A suo giudizio, egli non era altro che un peccatore, mentre nella realtà era specchio e splendore della santità, in tutte le sue forme.
Da architetto avveduto, egli volle edificare se stesso sul fondamento dell’umiltà, come aveva imparato da Cristo […]
Per questo si studiava, in quanto discepolo di Cristo, di sminuirsi agli occhi propri e altrui, ricordando quanto il sommo Maestro ha detto:
Ciò che è in onore fra gli uomini è abominazione davanti a Dio.
Ma usava anche ripetere questa massima: «Un uomo è quanto è agli occhi di Dio, e non più ».
Di conseguenza, giudicando una stoltezza esaltarsi per la stima della gente del mondo, godeva nelle umiliazioni e si rattristava per le lodi" (Fonti 1103).
«Dio, sii benigno con me peccatore […] perché chiunque s’innalza sarà abbassato, ma chi si abbassa sarà innalzato» (Lc 18,13-14)
Domenica 30.a T.O. anno C (Lc 18,9-14)
Gesù richiama alla conversione: «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,5) è espressione ricorrente.
Francesco, umile di cuore e semplice, al riguardo offre un episodio che chiama a riflessione.
“Diceva che sono da compiangere i predicatori, che vendono spesso il loro ministero per un soldo di vanagloria. E cercava a volte di guarire il loro gonfiore con questo rimedio:
«Perché vi gloriate della conversione degli uomini, quando li hanno convertiti con le loro preghiere i miei frati semplici?».
Ed anzi commentava così il passo che dice: «perfino la sterile ha partorito numerosi figli»:
«La sterile è il mio frate poverello, che non ha il compito di generare figli nella Chiesa. Ma nel giudizio ne avrà dato alla luce moltissimi, perché in quel giorno il giudice ascriverà a sua gloria quelli, che ora converte con le sue preghiere personali»” (FF 749).
E ancora:
«Ci sono molti frati che […] annunziando il Vangelo a qualche persona e al popolo, nel vedere o nel sentire che alcuni ne sono rimasti edificati o convertiti a penitenza, diventano tronfi e montano in superbia per risultati ottenuti da fatica altrui.
Invero, coloro che essi si illudono d’aver edificato o convertito a penitenza con i loro discorsi, è il Signore che li edifica e converte grazie alle orazioni dei frati santi, anche se questi ultimi lo ignorano: è la volontà di Dio, questa, che non se ne accorgano per non insuperbire.
Questi frati sono i miei cavalieri della tavola rotonda, che si nascondono in luoghi appartati e disabitati, per impegnarsi con più fervore nella preghiera e nella meditazione, piangendo i peccati propri e altrui» (FF 1624).
L’umile e quotidiana conversione del Minimo e dei suoi frati ha, nel tempo, rivoluzionato ogni modo di pensare borioso, grazie alla Parola di Cristo.
Sabato della 29.a sett. T.O. (Lc 13,1-9)
Gesù pone l’attenzione sul riconoscimento dei segni del tempo, chiamando al discernimento.
Francesco, uomo di Dio, ha saputo comprendere i segni incontrati nel suo cammino di fede.
Ad esempio, quando rinunciò all’eredità paterna, in presenza del vescovo e, spogliandosi completamente, restituì al padre terreno anche gli abiti che aveva indosso, gli fu offerto in seguito il mantello povero di un contadino.
L’acume di Francesco è evidente. Le Fonti narrano:
”Egli ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo” (FF 1043).
E Francesco stesso divenne segno per l’umanità intera, di cui Dio volle servirsi per ricondurre a Lui molte anime.
Infatti “Resta […] dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia” (FF 1021).
E “viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’Oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo” (FF 1022).
Da uomo nuovo, all’inizio della Lettera ai Custodi così esordisce:
«A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini […]» (FF 240).
Ma Francesco è la creatura segnata con il Tau, quale testimone di Dio:
“Godendo della compagnia del Padre, frate Pacifico cominciò ad esperimentare dolcezze, che non aveva ancora provate.
Infatti poté un’altra volta vedere ciò che rimaneva nascosto agli altri: poco dopo, scorse sulla fronte di Francesco un grande segno di Thau*, che ornato di cerchietto multicolori, presentava la bellezza del pavone” (FF 694).
Siamo chiamati, pensando al Povero d’Assisi, a riflettere sul segno dei tempi che il Santo rappresenta.
* Tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Chi porta tale segno sulla fronte ha già sottomesso le proprie azioni al potere della croce.
La lettera Tau si trova anche come firma di Francesco in calce alla sua lettera a frate Leone.
«Teatranti! L’aspetto della terra e del cielo sapete discernere, ma questo tempo come non sapete discernere?» (Lc 12,56)
Venerdì 29.a sett. T.O. (Lc 12,54-59)
The Person of Christ opens up another panorama to the perception of the two short-sighted (because ambitious) disciples. But sometimes it is necessary to take a leap in the dark, to contact one's vocational Seed; heal the gaze of the soul, recognize himself, flourish; make true Communion
La Persona di Cristo spalanca alla percezione dei due discepoli miopi (perché ambiziosi) un altro panorama. Ma talora bisogna fare un salto nel buio, per contattare il proprio Seme vocazionale; guarire lo sguardo dell’anima, riconoscersi, fiorire; fare vera Comunione
«Too pure water has no fish». Accepting ourselves will complete us: it will make us recover the co-present, opposite and shadowed sides. It’s the leap of profound Faith. And seems incredible, but the Rock on which we build the way of being believers is Freedom
«L’acqua troppo pura non ha pesci». Accettarsi ci completerà: farà recuperare i lati compresenti, opposti e in ombra. È il balzo della Fede profonda. Sembra incredibile, ma la Roccia sulla quale edifichiamo il modo di essere credenti è la Libertà
Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that «Deluge» Coming, where no wave resembles the others
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «Diluvio» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre
The community of believers is a sign of God’s love, of his justice which is already present and active in history but is not yet completely fulfilled and must therefore always be awaited, invoked and sought with patience and courage (Pope Benedict)
La comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente e operante nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio (Papa Benedetto)
"In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet". This refers to the solidity of the Word. It is solid, it is the true reality on which one must base one's life (Pope Benedict)
don Giuseppe Nespeca
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