Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Mercoledì, 08 Ottobre 2025 02:37

L’eliminazione dei Profeti

Il rimprovero di Gesù ai dottori della Legge richiama la persecuzione e l’uccisione riservate ai profeti inviati da Dio.

La palma del martirio parlerà per loro, come pure la responsabilità di quanti hanno costruito i loro sepolcri, ricordando che del sangue versato sarà chiesto conto.

Nelle Fonti troviamo passi che illustrano come lo stesso Francesco si esprima a riguardo delle persecuzioni ai suoi frati:

“O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice:

«Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano», poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori” (FF 56).

E nel XXI capitolo della Regola non bollata vediamo che pure il Povero d’Assisi pronuncia il suo “guai” a riguardo di quelli che compiono opere da tenebra.

Leggiamo infatti:

«Guai a quelli che non muoiono nella penitenza, / poiché saranno figli del diavolo/ di cui compiono le opere» (FF 55).

Ad esso si allinea il «guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali» del Cantico di Frate Sole (FF 263), a testimonianza di coloro che non entrano e non fanno entrare nel Regno dei cieli con la loro condotta diabolica.

Francesco “artista e Maestro di vita evangelica” come lo definisce il Celano (1 Cel 37) invece - come d’altronde i suoi frati - preferiva stare laddove c’era da soffrire.

Le Fonti ancora attestano:

“Amavano talmente la pazienza, che preferivano stare dove c’era da soffrire persecuzioni che non dove, essendo nota la loro santità, potevano godere i favori del mondo.

Spesso ingiuriati, vilipesi, percossi, spogliati, legati, incarcerati, sopportavano tutto virilmente, senza cercare alcuna difesa; dalle loro labbra anzi non usciva che un cantico di lode e di ringraziamento” (FF 390).

E Chiara gli fa eco nel suo Testamento:

«Beati […] quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).

Per il fatto che ai persecutori sarà chiesto conto del sangue dei profeti, i perseguitati non parleranno: la palma del martirio vissuto dirà per loro.

 

«Manderò loro profeti e apostoli, e ne uccideranno e perseguiteranno» (Lc 11,49)

 

 

Giovedì 28.a sett. T.O.  (Lc 11, 47-54)

Enunciando i vari Guai rivolti a farisei e dottori della Legge, Gesù sottolinea come essi lasciavano da parte giustizia e amore di Dio. 

Francesco è stato particolarmente sensibile a queste realtà umano-divine. 

Infatti, a sostegno di tutto questo, nelle Fonti ci sono straordinari passi che lo dimostrano.

Nella Regola non bollata (1221) così si esprime il Poverello:

“Lo spirito della carne […] si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello Spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.

È di questi che il Signore dice: «In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa».

Lo Spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata […] e ricerca l’umiltà e la pazienza e la pura e semplice pace dello Spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina Sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (FF 48).

Questo santo amore risplende nella quotidianità di Francesco in innumerevoli episodi. 

Raccontiamo cosa avvenne a Celle di Cortona.

“Francesco aveva indosso un mantello nuovo, che i frati avevano procurato proprio per lui, quando giunse un povero, che piangeva la morte della moglie e la famiglia lasciata nella miseria.

«Ti dò questo mantello per amore di Dio - gli disse il Santo - a condizione che non lo venda a nessuno, se non te lo pagherà profumatamente».

Corsero immediatamente i frati per prendersi il mantello e impedire che fosse dato via.

Ma il povero, reso ardito dallo sguardo del Santo, si mise a difenderlo con mani ed unghie come suo.

Alla fine, i frati riscattarono il mantello ed il povero se ne andò con il prezzo ricevuto” (FF 675).

In merito alla giustizia Francesco così si esprimeva:

«Il Santo […] amava negli altri la santa semplicità, figlia della Grazia, vera sorella della sapienza, madre della giustizia […] È la semplicità che in tutte le leggi divine lascia le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nòcciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene» ( FF 775).

E ancora, dirigendosi verso la valle Spoletana, durante il cammino discuteva con i compagni sul modo di osservare la Regola: “sul modo in cui progredire in ogni santità e giustizia davanti a Dio, sul modo in cui santificare se stessi ed essere di esempio per gli altri” (FF 1065).

Era talmente infiammato dall’amor di Dio da fargli vibrare l’intimo come un plettro:

«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità […] poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amor divino è capace di comprare il regno dei cieli. E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).

 

«Ma guai a voi, farisei, perché pagate la decima della menta e della ruta e di ogni erbaggio, e trascurate il giudizio e l’amore di Dio» (Lc 11,42)

 

 

Mercoledì 28.a sett. T.O.  (Lc 11,42-46)

Lunedì, 06 Ottobre 2025 04:56

Cuore di Fratello

Francesco, discepolo di Gesù, teneva lontano dalla sua vita l’ipocrisia dei farisei, l’essere preoccupati di apparire all’esterno senza curarsi dell’avidità radicata nel cuore. 

Lui che aveva sposato Madonna Povertà, era felice di donare al prossimo e per lui tutto era mondo.

In tal senso vengono in aiuto le Fonti che, mirabilmente, c’illustrano quanto abitava all’interno del Servo di Dio.

“Francesco, il Povero di Cristo, mentre da Rieti era diretto a Siena per la cura degli occhi, stava attraversando la pianura presso Rocca Campiglia, in compagnia di un medico affezionato all’Ordine.

Ed ecco apparire lungo la strada, al passaggio del Santo, tre povere donne. Erano tanto simili di statura, di età, di aspetto, che le avresti dette tre copie modellate su un unico stampo.

Quando Francesco fu vicino, esse, chinando il capo con riverenza, gli rivolsero questo singolare saluto:

«Ben venga, signora povertà!».

Il Santo si riempì subito di gaudio indicibile, perché non c’era per lui saluto più gradito di quello che esse gli avevano rivolto.

Pensando dapprima che le donne fossero realmente povere, si rivolse al medico che l’accompagnava:

«Ti prego per amore di Dio, fa’ in modo che possa dare qualcosa a quelle poverette».

Quello prontissimo trasse fuori la borsa e, balzato di sella, diede a ciascuna alcune monete. 

Proseguirono quindi un poco per la strada intrapresa, quando tutto a un tratto volgendo attorno lo sguardo, frate e medico non videro ombra di donne in tutta la pianura.

Altamente stupiti aggiunsero questo fatto alle meraviglie del Signore, perché evidentemente non potevano essere donne, quelle che erano volate via più rapide degli uccelli” (FF 680). Inoltre, leggiamo:

“La sua carità si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno ma anche agli animali […]

Aveva però una tenerezza particolare per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato, spesso e a ragione, per la sua umiltà al mansueto agnello” (FF 455).

Libero dai formalismi, il Povero di Cristo quando s’imbatteva con agnellini che venivano portati al macello li comprava, pur di salvarli.

Dava in elemosina quanto aveva ricevuto nel cuore dal suo Dio: la compassione.

E non era diretto a costoro il monito di Gesù:

«Adesso voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del vassoio, ma il vostro interno è pieno di rapina e di malvagità» (Lc 11,39).

Tale ammonizione riguarda piuttosto coloro che prendono gloria gli uni dagli altri, trascurando ciò che piace a Dio: dare in elemosina ciò che ci è stato dato.

Per chi è puro tutto è puro.

 

 

Martedì 28.a sett. T.O.  (Lc 11,37-41)

Domenica, 05 Ottobre 2025 04:02

Segno per eccellenza, convincente

Alle folle accalcate e in cerca di segni Gesù risponde che sarà dato loro un solo segno: quello del profeta Giona.

Francesco d’Assisi era uomo di Dio attento ai segni; ma per lui il segno dei segni attraverso i quali Dio gli parlava era Gesù Crocifisso e Risorto, Colui che tre giorni e tre notti restò nel sepolcro e risorgendo ci ridonò la Vita vera.

La sua profonda adesione alla Croce era evidente tanto che persino il povero abito indossato era a forma di croce.

Leggiamo nelle Fonti:

“Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi […] ebbe dal Cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi […] e di imprimere col segno della croce penitenziale e con un abito a forma di croce, il Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono.

Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso.

Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefece, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo”. (FF 1022).

Quel segno che un suo discepolo convertito da Francesco e divenuto in seguito frate Pacifico “vide proprio con i suoi occhi corporei: Francesco segnato in forma di croce da due spade, messe a traverso, molto splendenti: l’una si stendeva dalla testa ai piedi, l’altra, trasversale, da una mano all’altra, all’altezza del petto.

Il Crocifisso e la Croce fu per lui il segno di Giona che gli stravolse la vita a S. Damiano:

“l’immagine del Cristo Crocifisso dal dipinto gli parla, muovendo le labbra” (FF 593).

“Da quel momento si fissò nella sua anima santa la Compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande Stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore” (FF 594).

 

«Questa generazione è una generazione malvagia; cerca un segno, e non le sarà dato un segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29)

 

 

Lunedì 28.a sett. T.O.  (Lc 11,29-32)

Luca narra della guarigione di dieci lebbrosi e la gratitudine di uno di essi per la sanità riacquistata, riconoscendo Dio nel Signore Gesù.

San Francesco “il Minimo” riversava su tutti la Gratuità ricevuta da Cristo. 

Uomo dalla fede indomita, abbracciava i messi ai margini, andando oltre ogni giudizio o mentalità stereotipa.

Nelle Fonti è di straordinaria bellezza e speciale umanità l’episodio che lo rende custode degli emarginati.

Leggiamo: “Un giorno, mentre andava a cavallo per la pianura che si estende ai piedi di Assisi, si imbatté in un lebbroso. 

Quell’incontro inaspettato lo riempì di orrore. 

Ma, ripensando e riflettendo che, se voleva diventare cavaliere di Cristo, doveva prima di tutto vincere se stesso, scese da cavallo e corse ad abbracciare il lebbroso e, mentre questo stendeva la mano come per ricevere l’elemosina, gli porse del denaro e lo baciò.

Subito risalì a cavallo; ma, per quanto si volgesse a guardare da ogni parte e sebbene la campagna si stendesse libera tutt’intorno, non vide più in alcun modo quel lebbroso.

Perciò, colmo di meraviglia e gioia, incominciò a cantare devotamente le lodi del Signore” (Fonti 1034).

Da allora si rivestì dello spirito di povertà, di un intimo sentimento di umiltà e pietà profonda. 

Mentre prima aborriva non solo la compagnia dei lebbrosi, ma perfino il vederli da lontano, ora, a causa di Cristo crocifisso che, secondo le parole del profeta, ha assunto l’aspetto spregevole di un lebbroso, li serviva con umiltà e gentilezza […]

Visitava spesso le case dei lebbrosi; elargiva loro generosamente l’elemosina e con grande compassione e affetto baciava loro le mani e il volto” (Fonti 1036).

Nella Regola non bollata, indirizzo eminente per i suoi frati, leggiamo:

"E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra mendicanti lungo la strada […]" (Fonti 30).

Siccome il coraggio autentico non conosce limiti di tempo, nella Vita prima del Celano, si legge quanto segue in relazione al suo ultimo periodo di vita:

"Perciò bramava ardentemente ritornare alle umili origini del suo itinerario di vita evangelica e, allietato di nuova esperienza per l’immensità dell’amore, progettava di ricondurre quel suo corpo stremato di forze alla primitiva obbedienza dello spirito […]

Diceva: «Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto! ».

[…] Voleva rimettersi al servizio dei lebbrosi ed essere vilipeso, come un tempo" (Fonti 500).

Francesco, da grande anima qual era, aveva compreso che in ogni lebbroso c’era la presenza superlativa di Cristo.

 

«Levandoti, va’; la tua Fede ti ha salvato» (Lc 17,19)

 

 

Domenica 28.a T.O. anno C  (Lc 17,11-19)

In questi pochi versetti del Vangelo odierno è contenuta la vera beatitudine, enunciata da Gesù, di chi sa ascoltare e incarnare la Parola di Dio fra le pieghe del quotidiano.

Francesco, che si riteneva semplice ed idiota, amava appassionatamente la Parola di Dio.

Infatti, imbattendosi a terra con le lettere di Essa, le raccoglieva per averne il dovuto riguardo.

Ce lo attestano le Fonti, nella prima lettera [da lui scritta] ai Custodi:

«Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno» (FF 242).

La stessa Chiara, pianticella del Serafico Padre, nel suo Testamento, ricorda quanto Francesco amasse e vivesse la Parola, dandone l’esempio:

«Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato Padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui» (FF 2824).

E a chi gli chiedeva se avesse piacere che le persone istruite entrassero nell’Ordine, rispondeva:

«Ne ho piacere; purché, però, sull’esempio di Cristo, di cui si legge non tanto che ha studiato quanto che ha pregato, non trascurino di dedicarsi all’orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica le cose apprese, e, solo quando le hanno messe in pratica, le propongano agli altri.

Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità» (FF 1188).

“E la ragione principale per cui venerava i ministri della Parola di Dio era questa: che essi fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il Cristo, che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà.

Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi” (FF 1135).

“Egli infatti non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di seguirlo alla lettera” (FF 357).

 

«Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e [la] custodiscono» (v.28)

 

 

Sabato della 27.a sett. T.O.  (Lc 11,27-28) 

Giovedì, 02 Ottobre 2025 01:37

Dito di Dio

Gesù attesta agli astanti che scaccia i demoni non per mezzo di Beelzebul ma con il Dito di Dio, per opera di Lui.

Come Gesù così Francesco ebbe tentazioni e fu grandemente provato dal demonio.

Ma il Dito di Dio, lo Spirito Santo, vinse in lui ogni battaglia, estendendo il Regno dei cieli nei cuori.

Come Francesco, anche Chiara incontrò prove in tal senso da cui, per la Grazia di Dio, uscì sempre immune, perché non divisa, ma totalmente unita a Cristo.

Le Fonti sono portavoci eloquenti di grande verità esistenziale e spirituale. Guardiamo cosa ci dicono nel merito.

“In quei luoghi doveva lottare corpo a corpo col demonio, che l’affrontava per spaventarlo non solo con tentazioni interiori, ma anche esteriormente con strepiti e rovine.

Ma Francesco, da fortissimo soldato di Cristo, ben sapendo che il suo Signore poteva tutto dovunque, non si lasciava per nulla intimorire, ma ripeteva in cuor suo:

«Non puoi, o maligno, scatenare contro di me le armi della tua malizia, in questi luoghi più di quanto mi faresti se fossimo tra la folla»” (FF 446).

E un frate, che da tempo veniva molestato dagli assalti del demonio e in pianto ai piedi di Francesco, fu da lui liberato:

“il Padre ne sentì pietà , e comprendendo che era tormentato da istigazioni maligne:

«Io vi ordino, o demoni, - esclamò - in virtù di Dio di non tormentare più d’ora in avanti il mio fratello, come avete osato finora».

Subito si dissipò quel buio tenebroso, il frate si alzò libero e non sentì più alcun tormento, come se ne fosse sempre stato esente” (FF 697).

Altresì Chiara fu più volte attaccata dal nemico.

“Mentre una volta piangeva, in piena notte, le apparve l’angelo delle tenebre in forma di nero fanciullo, e così la ammonì: Non piangere tanto, perché diventerai cieca!

Ma, rispondendogli lei subito:

«Non sarà cieco chi vedrà Dio», confuso si allontanò” (FF 3198).

E nella prima lettera alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, così Chiara si esprime:

«L’uomo coperto di vestiti non può pretendere di lottare con un ignudo, perché è più presto gettato a terra chi offre una presa all’avversario» (FF 1867).

I servi di Dio, nella loro semplicità, hanno le idee chiare, perché guidati dal Dito di Dio - e non mollano la Vocazione autentica.

 

«Ma se con il Dito di Dio io scaccio i demoni, quindi è arrivato per voi il regno di Dio» (Lc 11,20)

 

 

Venerdì 27.a sett. T.O.  (Lc 11,15-26)

Mercoledì, 01 Ottobre 2025 05:03

Il Padre darà Spirito Santo, non mosche

Il capitolo undici di Luca continua evidenziando come la preghiera fiduciosa e perseverante non solo ottiene quanto chiesto, ma di più: il grande dono dello Spirito Santo.

Nelle Fonti è magnifico l’esempio di Francesco.

Povero delle cose del mondo ma ricco dello Spirito di Dio, il Poverello considerava il Signore come Grande Elemosiniere che dona largamente a chi confida in Lui.

Nelle Fonti troviamo un episodio indicativo:

“Il servo di Dio, che si era molto aggravato, dal luogo di Nocera veniva ricondotto ad Assisi, da una scorta di ambasciatori, che il devoto popolo assisano aveva inviato.

Gli accompagnatori, col servo di Dio, giunsero in un villaggio poverello, chiamato Satriano.

Siccome l’ora e la fame facevano sentire il bisogno di cibo, andarono a cercarlo per il paese. Ma, non trovando niente da comprare, tornarono a mani vuote.

Allora il Santo disse a questi uomini:

«Se non avete trovato niente, è perché avete più fiducia nelle vostre mosche che in Dio (col termine ‘mosche’ egli indicava i denari).

Ma tornate indietro nelle case da cui siete passati e domandate umilmente l’elemosina, offrendo come pagamento l’amor di Dio.

E non crediate che questo sia un gesto vergognoso e umiliante: è un pensiero sbagliato, perché il Grande Elemosiniere, dopo il peccato, ha messo tutti i beni a disposizione dei degni e degli indegni, con generosissima bontà».

I cavalieri mettono da parte il rossore, vanno spontaneamente a chiedere l’elemosina e riescono a comprare con l’amor di Dio quello che non avevano ottenuto con i soldi.

Difatti quei poveri abitanti, commossi e ispirati da Dio, offrirono generosamente non solo le cose loro, ma anche se stessi.

E così avvenne che la povertà di Francesco sopperisse all’indigenza, che il denaro non aveva potuto alleviare” (FF 1130).

D’altra parte il Servo del Signore in tutta la sua vita aveva sempre creduto che Dio offre molto più di quel pensiamo, donando Spirito Santo - Somma di tutte le cose buone.

Infatti nella Regola bollata (1223) Francesco afferma che bisogna «desiderare sopra ogni cosa […] di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione» (FF 104), il Quale riposa su quanti vivono il Vangelo con fedeltà.

Il Povero di Cristo, infatti, Lo considerava Ministro dell’Ordine.

E diceva:

«Presso Dio […] non vi è preferenza di persone e lo Spirito Santo, ministro generale dell’Ordine, si posa egualmente sul povero ed il semplice» (FF 779).

 

«Quanto più il Padre che è dal Cielo darà Spirito Santo a quelli che gli chiedono» (Lc 11,13b)

 

 

Giovedì della 27.a sett. T.O.  (Lc 11,5-13)

Martedì, 30 Settembre 2025 05:00

La Grazia della Relazione orante

Dopo aver pregato, Gesù riceve dai discepoli la richiesta d’insegnare loro a pregare.

Così dona loro il ‘Padre nostro’.

Se andiamo a guardare nelle Fonti francescane ci accorgiamo quanto fosse importante per il Poverello la preghiera.

Francesco, l’Araldo del Gran Re, non era più tanto un uomo che pregava quanto una creatura fatta preghiera.

E come i discepoli nel vedere pregare Gesù gli chiesero d’insegnar loro a pregare, così i frati che ebbero la fortuna di vedere immerso in orazione Francesco, domandarono a lui d’insegnare loro.

“Quando, poi, i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite:

«Padre nostro» e «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua Santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).

“Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e […] a confessare schiettamente la verità della fede” (FF 1069).

E nei suoi scritti (nello specifico, la Parafrasi del «Padre nostro»):

«O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e Salvatore nostro. Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu Signore, sei luce: infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene» (FF 266- 267).

Raccomandava ai suoi frati di non trascurare l’orazione. Infatti:

“«Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione» e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all’orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso, non solo il cuore e il corpo ma anche l’attività e il tempo” (FF 1176).

 

«Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno» (Lc 11,2)

 

 

Mercoledì della 27.a sett. T.O.  (Lc 11,1-4)

Pagina 5 di 11
Ecclesial life is made up of exclusive inclinations, and of tasks that may seem exceptional - or less relevant. What matters is not to be embittered by the titles of others, therefore not to play to the downside, nor to fear the more of the Love that risks (for afraid of making mistakes)
La vita ecclesiale è fatta di inclinazioni esclusive, e di incarichi che possono sembrare eccezionali - o meno rilevanti. Ciò che conta è non amareggiarsi dei titoli altrui, quindi non giocare al ribasso, né temere il di più dell’Amore che rischia (per paura di sbagliare).
Zacchaeus wishes to see Jesus, that is, understand if God is sensitive to his anxieties - but because of shame he hides (in the dense foliage). He wants to see, without being seen by those who judge him. Instead the Lord looks at him from below upwards; Not vice versa
Zaccheo desidera vedere Gesù, ossia capire se Dio è sensibile alle sue ansie - ma per vergogna si nasconde nel fitto fogliame. Vuole vedere, senza essere visto da chi lo giudica. Invece il Signore lo guarda dal basso in alto; non viceversa
The story of the healed blind man wants to help us look up, first planted on the ground due to a life of habit. Prodigy of the priesthood of Jesus
La vicenda del cieco risanato vuole aiutarci a sollevare lo sguardo, prima piantato a terra a causa di una vita abitudinaria. Prodigio del sacerdozio di Gesù.
Firstly, not to let oneself be fooled by false prophets nor to be paralyzed by fear. Secondly, to live this time of expectation as a time of witness and perseverance (Pope Francis)
Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza (Papa Francesco)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«And therefore, it is rightly stated that he [st Francis of Assisi] is symbolized in the figure of the angel who rises from the east and bears within him the seal of the living God» (FS 1022)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
This is where the challenge for your life lies! It is here that you can manifest your faith, your hope and your love! [John Paul II at the Tala Leprosarium, Manila]
È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! [Giovanni Paolo II al Lebbrosario di Tala, Manilla]
The more we do for others, the more we understand and can appropriate the words of Christ: “We are useless servants” (Lk 17:10). We recognize that we are not acting on the basis of any superiority or greater personal efficiency, but because the Lord has graciously enabled us to do so [Pope Benedict, Deus Caritas est n.35]
Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono [Papa Benedetto, Deus Caritas est n.35]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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