Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Nel Vangelo odierno la guarigione dei due ciechi pone in risalto il tema della cecità interiore dei discepoli ambiziosi, correlata con la Fede profonda.
Francesco era convinto che questa non la si testimonia con le belle parole, ma con l’eloquenza dei fatti.
Nel suo Testamento - ad esempio - il Servo di Dio sottolinea tutto questo.
Infatti, in tale prezioso documento troviamo un susseguirsi di espressioni che sottolineano «il credere» di lui riconoscente, capace di avvolgere nel silenzio anche i difetti che vedeva nella sua comunità.
Leggiamo:
«E il Signore mi dette tale fede nelle chiese» (FF 111).
«Il Signore mi dette […] una così grande fede nei sacerdoti» (FF 112).
Ancor più Fede ebbe nella Parola, latrice di guarigione interiore.
Infatti, sulla base di questa, avvennero molte guarigioni nella stessa comunità dei frati, afflitta, a volte, da varie forme di cecità, dinanzi alle quali Francesco così si esprimeva:
«E tutti i frati, che fossero a conoscenza del peccato di lui […] tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (FF 237).
Questa la logica evangelica adottata dalla comunità di Francesco, che, investito dallo Spirito, sanava ogni frate che avesse trasgredito.
“Il Santo aveva in orrore la superbia, origine di tutti i mali, e la disobbedienza sua pessima figlia.
Accoglieva però di buon grado chi umilmente si pentiva.
Una volta gli fu presentato un frate, che aveva trasgredito i comandi dell’obbedienza, perché lo correggesse con il magistero del castigo.
Ma l’uomo di Dio notò da segni evidenti che quel frate era sinceramente pentito e perciò si sentì incline a essere indulgente con lui, per amore della sua umiltà.
Tuttavia, a evitare che la facilità del perdono fosse per gli altri incentivo a mancare, comandò di togliere al frate il cappuccio e di gettarlo tra le fiamme, perché tutti potessero osservare quanta e quale vendetta esige la trasgressione contro l’obbedienza.
E dopo che il cappuccio era rimasto un bel pezzo nel fuoco, ordinò di levarlo dalle fiamme e di ridarlo al frate umile e pentito.
Meraviglia: il cappuccio non aveva alcun segno di bruciatura!
Così avvenne che con questo solo miracolo Dio esaltò la potenza del Santo e l’umiltà del frate pentito” (FF 1116).
Venerdì 1.a sett. Avvento (Mt 9,27-31)
Colui che spesso si definiva “simplex et idiota” aveva in realtà compreso bene cosa significasse vivere il Santo Vangelo con coerenza di vita e senza andare contro coscienza.
L’intensa orazione e la Grazia, che mai lo abbandonavano, lo rendevano ascoltatore fedele e saggio, che costruisce la sua casa interiore sulla salda Roccia di Cristo.
Le Fonti, maestre di vita pratica, ci illuminano al riguardo:
“La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo” (FF 466 - Vita prima - Celano).
Ancora:
“Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse in disparte e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna…
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito a digiunare…
Si elevava a quelle altezze non come un importuno scrutatore della maestà… ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto” (FF 223 - Leggenda maggiore).
E sempre raccomandava ai suoi frati:
«Custodite nelle profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli» (FF 216 - Lettera a tutto l’Ordine).
Francesco, infatti, vero amante e imitatore di Cristo, sapeva che «Non chiunque dice “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre che è nei cieli» (Mt 7,21).
Giovedì 1.a sett. di Avvento (Mt 7,21.24-27)
Gesù ai suoi discepoli aveva detto che, legati a Lui come il tralcio alla vite, avrebbero fatto cose più grandi di quelle operate finora dalla sua Persona.
Francesco è uno di quei discepoli mediante il quale Dio ha potuto compiere prodigi.
Infatti, investito dallo Spirito, così leggiamo nelle Fonti:
“Un cittadino di Fano che si chiamava Buonuomo, era paralitico e lebbroso. Portato dai genitori nella chiesa del beato Francesco, ottenne la guarigione da entrambe le malattie.
Ma anche un giovane di San Severino, di nome Atto, che aveva il corpo tutto ricoperto di lebbra, fu guarito per i meriti del Santo, dopo aver fatto un voto ed avere visitato il suo sepolcro” (FF 1312).
La folla radunata attorno fu sanata.
Molteplici guarigioni avvenivano per opera del suo Servo.
Ma tutto questo aveva un segreto: l’indicibile Fede di Francesco nell’efficacia della Parola che trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo.
Francesco riposava su tali certezze.
Le Fonti ci offrono splendidi passi dove appare tutta la bellezza dell’accorato amore del Poverello per l’Eucaristia: Pane di Vita da distribuire agli uomini.
«Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato» (FF 144 - Ammonizioni).
E ancora:
«Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti “da morte a vita”» (FF 207- Lettera a tutti chierici).
Si, Pane della Vita che sfama a sazietà chi crede in Colui che tutto a noi si è donato.
«Ho compassione per la folla, poiché [sono] tre giorni che rimangono presso di me e non hanno qualcosa da mangiare, e non voglio licenziarli digiuni perché non vengano meno nella vita» (Mt 15,32)
Mercoledì 1.a sett. di Avvento (Mt 15,29-37)
«[…] Esultò nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate agli infanti» (Lc 10,21).
Gesù è l’unico che può veramente chiamare Padre il Signore del cielo e della terra, ma in questa familiarità egli introduce tutti.
Chiara, pianticella del beato padre Francesco, con la sua speciale caratura di semplicità e piccolezza aveva raggiunto, per Grazia, una familiarità così grande con il Signore, da muoversi in totale sintonia con Lui.
Consultando le Fonti, nella Leggenda leggiamo del grado di unione intima della Santa con lo Sposo divino.
"Quanta forza e sostegno riceveva nella fornace della preghiera ardente, quanto le sia dolce la bontà divina in quella fruizione, lo testimoniano comprovati indizi.
Allorché infatti ritornava nella gioia della santa orazione, riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle.
Esse constatavano infatti con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua faccia pareva più luminosa del solito" (FF 3199).
In una lettera ad Ermentrude di Bruges* raccomanda:
«Sii sempre attenta e vigile nella preghiera. Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi il mistero che hai abbracciato in santa povertà ed umiltà sincera» (FF 2916).
Tale era Chiara, creatura semplice e piccola, capace di gioire di ogni dono ricevuto, di ogni minuscola realtà che le parlava dell’Eterno.
"Accoglieva con grande letizia i frammenti di elemosina, i tozzi di pane che i questuanti riportavano e, quasi triste per i pani interi, era felice invece per quei pezzetti" (FF 3188).
Donna conformata a Cristo in tutto, si riteneva un nulla davanti a Dio.
Nel suo Testamento esortava alla mitezza ed umiltà del cuore, quale Madre amorevole:
«Ancora prego colei che sarà al governo delle sorelle, che si studi di presiedere alle altre più con le virtù e la santità della vita che per la dignità, affinché, animate dal suo esempio, le sorelle le prestino obbedienza, non tanto per l’ufficio che occupa, ma per amore.
Sia essa, inoltre, provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie […]
Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fiducia le loro necessità e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza […]» (FF 2848).
Mansuetudine ed umiltà: statura dei piccoli, a cui sono rivelati i Misteri del Regno, trovando consolazione nell’amare con i sentimenti di Cristo.
*Ermentrude di Bruges: a lei si deve la diffusione dell’Ordine delle Clarisse nelle Fiandre.
Martedì 1a sett. in Avvento (Lc 10,21-24)
Gesù pone attenzione sulla potenza operativa della Parola di Dio, pure a distanza, laddove palpita Fede autentica.
In tal senso è sintomatico un episodio narrato dalle Fonti.
A colloquio con il cardinal Ugolino (futuro Papa), dinanzi al rimprovero di questi sul perché avesse mandato i suoi frati in terre straniere e così lontane, Francesco, uomo di fede profonda nella Parola di Dio, risponde con grande slancio di spirito:
«Non pensate, messere, che il Signore abbia inviato i frati soltanto per il bene di queste regioni.
Vi dico in verità che Dio ha scelto e inviato i frati per il vantaggio spirituale e la salvezza delle anime degli uomini del mondo intero; essi saranno ricevuti non solo nelle terre dei cristiani, ma anche in quelle degli infedeli.
Purché osservino quello che hanno promesso al Signore. Dio darà loro il necessario nelle terre degli infedeli come in quelle cristiane» (FF 1638).
Qui Francesco manifestava una fede solida e universale verso la Parola che opera sempre e ovunque laddove trova porte aperte e affidamento sincero.
Anche Chiara d’Assisi, cresciuta all’ombra di san Francesco, donna d’idee limpide e forti, rivelava una fede granitica nella Parola di Dio di cui intuiva tutta la potenza salvifica e trasformante, tanto da rifiutare dai frati questuanti il sostegno materiale se il signor Papa Gregorio avesse poi deciso di proibire ai frati di recarsi nei Monasteri, senza previa autorizzazione.
Rammaricata per la scarsità del pane della Parola, gemendo disse:
«Ce li tolga tutti, ormai, i frati, dopo che ci ha tolto quelli che ci davano il nutrimento di vita!» (FF 3232).
Qual Sposa del Cantico, Chiara sapeva per conoscenza diretta quali benefici la sua anima e quella delle sorelle avevano ricevuto per la guarigione dell’anima e del corpo.
Lei, donna rinchiusa nel segreto della Parola, certa della sua ineluttabile efficacia senza confine, conosceva la trasformazione occorsa in S. Damiano grazie alla potenza della Parola - che non torna a Dio prima di aver operato efficacemente quanto desidera.
«In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato tanta fede!» (Mt 8,10)
Lunedì 1a sett. in Avvento (Mt 8,5-11)
Nel Vangelo di questa prima domenica di Avvento il tema di fondo è quello dell’essere pronti per la Venuta imprevedibile del Signore, vegliando nell’attesa.
Francesco d’Assisi ha vissuto tutta la parabola della sua vita, a partire dalla sua conversione, in un continuo atto di vigilanza per l’arrivo dell’Amato.
Nella fraternità si studiò sempre di stimolare i suoi frati in tale direzione.
Scorrendo la Leggenda Perugina leggiamo:
«Se il servo di Dio provvede saggiamente al proprio corpo con buon garbo e nella misura del possibile, e fratello corpo si mostra pigro, negligente e sonnolento nell’orazione, nelle veglie e nelle altre buone opere dello spirito, allora deve castigarlo come un giumento riottoso e indolente, che vuole, sì, mangiare, ma ricusa di lavorare e portare il carico» (FF 1652).
I suoi figli, che guardavano alla vita che il Poverello conduceva con grande rigore, lo seguivano.
"Affliggevano il corpo non solo con il digiuno, ma con molte veglie, patendo freddo e nudità e lavorando con le loro mani.
Assai spesso, per non restare senza far nulla, andavano ad aiutare la povera gente nei campi, ricevendone talvolta del pane per amor di Dio. Con queste ed altre virtù santificavano se stessi e il luogo della Porziuncola. Altri fratelli venuti dopo si comportavano per lungo tempo allo stesso modo, sia pure con minore austerità" (FF 1553).
In quel tempo il tipo di ascesi e spiritualità vissute si esprimevano in un genere di vita rigoroso, ma Francesco lo condiva sempre con il sale della sapienza a riguardo della sua comunità.
La stessa Chiara, donna rinchiusa nel segreto di Dio, visse in S. Damiano «pellegrina e forestiera in questo mondo» (Reg. c. VIII,1), in un vegliare abbandonato allo Sposo, che attende con solerte vivere.
Il suo fu un aprirsi a una Presenza che inebria di gioia il cuore povero e umile, in una preghiera che è amore «nel segreto del Padre».
La vita di Chiara fu condotta all’insegna della penitenza lieta e in attesa, seguendo il Vangelo, in altissima povertà e in fraternità cristiana.
Lei, come Francesco, divenne serva fidata e prudente, messa a capo dal Signore per dare cibo a tempo debito (cf. Mt 24,45).
«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro Viene» (Mt 24,42)
1a Domenica di Avvento A (Mt 24,37-44)
Il Vangelo del giorno insiste: «guardatevi» e «siate svegli, pregando».
Il Povero d’Assisi, come pure le recluse di S. Damiano, vissero la loro parabola esistenziale in continue veglie e orazione, ben attenti a non cadere in tiepidezze.
Nelle Fonti francescane ci sono episodi che sottolineano queste coordinate evangeliche in modo eloquente.
Nelle Lettere di Francesco troviamo esortazioni ai frati, perché mai tralascino la preghiera, respiro dell’anima:
«Eleviamo a Lui lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: Padre nostro, che sei nei cieli, poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci» ( FF 188).
Ma c’è un episodio del Poverello che colpisce:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno […] Rimasto dunque solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere, e alla fine guardò attorno, dove potesse reclinare il capo per dormire.
Ma subito turbato nello spirito, cominciò a sentirsi oppresso dallo spavento e dal tedio e a tremare in tutto il corpo. Sentiva chiaramente che il diavolo dirigeva contro di lui i suoi assalti […] Immediatamente si alzò e, uscito fuori, si fece il segno della croce, esclamando:
«Da parte di Dio Onnipotente vi comando, demoni, che riversiate sul mio corpo tutto ciò che è in vostro potere.
Lo sopporto volentieri, perché non ho un nemico peggiore del mio corpo: mi farete così giustizia del mio avversario e gli infliggerete la punizione in vece mia».
Quelli, che si erano riuniti per atterrire il suo animo, incontrando uno spirito più pronto anche se in una carne debole, subito si dileguarono confusi dalla vergogna” (FF 707).
E S. Chiara in S.Damiano, insieme alle sorelle che il Signore le aveva donato, viveva sempre attenta e vigile nella preghiera:
“Era solita, per Mattutino, prevenire le giovinette e, svegliandole senza rumore con cenni, le invitava alle lodi di Dio.
Spesso, mentre tutte dormivano ancora, accendeva le lampade; spesso suonava lei stessa la campana.
Non c’era posto nel suo monastero per la tiepidezza, non c’era posto per l’accidia lì dove la pigrizia era scossa da un pungente impulso a pregare e a servire il Signore” (FF 3200).
Dunque: «siate svegli, pregando» (Lc 21,36)
Sabato 34.a sett. T.O. (Lc 21,34-36)
Gesù invita tutti a discernere i segni insiti in natura, per dare criterio a quelli ultimi. Quando il fico germoglia è vicina la stagione dei frutti.
Così Francesco, vero amante e imitatore di Lui, legge nella sua vita e in quella dei suoi frati le propaggini del Regno di Dio che si avvicina, dinanzi a vicende che parlano il linguaggio del Creatore stesso.
Nelle Fonti troviamo passi che indicano i segni della crescita di ogni credente, come dell’albero che germoglia e produce frutto:
«Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo.
Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli.
Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri per esempio» (FF 168/2. Lettera ai Fedeli).
Bene, «quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino il Regno di Dio»!
Altresì Francesco legge nella sua malattia e morte il Regno di Dio che s’avvicina.
Alza il capo e così si rivolge ai suoi:
“Poi il Santo alzò le mani al Cielo, glorificando il suo Cristo, perché poteva andare a Lui senza impaccio di sorta.
Ma per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio, amò sino alla fine i suoi frati e figli che aveva amato fin da principio […]
Poi, mentre tutti i frati gli erano attorno, stese la sua destra su di essi e la pose sul capo di ciascuno cominciando dal suo vicario:
«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!
E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!
Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».
E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).
«Quando già hanno germogliato, guardando, da voi stessi sapete che l’estate è già vicina» (Lc 21,31)
Venerdì 34.a sett. T.O. (Lc 21,29-33)
Il Vangelo di oggi narra dei segni ultimi preannunziati da Cristo.
Francesco, che di segni aveva esperienza, visse il suo pellegrinaggio terreno ininterrottamente rivolto alla manifestazione del Cristo e quindi adoprandosi per il bene dei fratelli.
Tutto si sarebbe sgretolato e alla fine un unico vessillo avrebbe continuato a svettare: la Croce di Cristo, segno ultimo e vittoria del Risorto.
Alla luce di tutto questo, Francesco sembrava contrapporre ai segni che si sarebbero manifestati nella luna, nel sole, nelle stelle, all’ansia di popoli in angoscia… l’unico segno attorno a cui ruota l’esistenza cristiana: la Croce mediante la quale il mondo è stato redento.
Nelle Fonti troviamo, allora, passi che spiegano e supportano quanto detto.
“E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo […]” (FF 65).
E così Francesco, il Minimo “scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF 1066).
E tutto questo insieme ai suoi frati “preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell’abbondanza” (FF 1067).
Sì, ci saranno molti segni nell’universo al manifestarsi in pienezza di Cristo, ma uno solo svetterà indisturbato: la sua Santa Croce redentiva e trasformante.
Ai suoi frati, perciò, aveva insegnato:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
«E vi saranno segni nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di nazioni in preda allo smarrimento per il fragore del mare e dei flutti» (Lc 21,25)
Giovedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,20-28)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus
don Giuseppe Nespeca
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