Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù chiama a evitare ogni giudizio, ad essere misericordiosi, donando con larghezza.
Dopo la sua conversione, Francesco aveva sperimentato che la misura dell’Amore è il non averne.
Soccorso dal Buon Samaritano, aveva imparato a donare in modo traboccante e gioioso a chiunque chiedesse per amor di Dio.
Inoltre, conforme alla Parola del Vangelo che invita ad essere misericordiosi, era animato da vera compassione verso tutti i bisognosi, a partire dai lebbrosi, che un tempo ripudiava.
Nelle Fonti, gioiello di documentazione delle origini, in merito al giudizio condito di misericordia, leggiamo:
«Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore; infatti il giudizio sarà senza misericordia per coloro che non hanno usato misericordia» (FF 191 - Lettera ai Fedeli).
Il Minimo, un tempo, aveva fatto esperienza singolare di compassione nella piana d’Assisi:
"Francesco mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso.
Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo; ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano.
E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino.
Da quel giorno cominciò a svincolarsi dal proprio egoismo, fino al punto di sapersi vincere perfettamente, con l’aiuto di Dio" (FF 1407).
Questo incontro rivoluzionò la sua mentalità, trasformandolo profondamente.
Sollecitava con l’esempio i suoi compagni a farsi dono continuo ad ogni indigente.
"Nessuna cosa ritenevano proprietà privata […] erano spontaneamente generosi di tutto quello che venisse loro offerto in nome di Dio. Donavano con gioia, per amore di Lui, le elemosine raccolte, a quanti ne facessero richiesta, massime ai poveri" (FF 1450).
La salvezza ricevuta gratuitamente era divenuta per loro metro di misura nel relazionarsi con il prossimo.
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati» (Lc 6,36-37)
Lunedì 2ª sett. Quaresima (Lc 6,36-38)
In questa domenica di Quaresima il Vangelo propone la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. I discepoli, stupefatti, cadono con la faccia a terra dinanzi a tanto fulgore, mentre dalla nube che li copre la Voce del Padre chiama ad ascoltare il Figlio oggetto del suo compiacimento.
Le Fonti raccontano che “l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore […]
Là pure dai frati, che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la Passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi.
Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito.
Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della Sapienza divina, che egli, però, non divulgava all’esterno, se non nella misura in cui ve lo sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l’utilità del prossimo […]
Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo, metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non avvenisse che il vento dell’applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo privasse della ricompensa interiore” (FF 1180 - Leggenda maggiore).
Francesco custodiva con grande discrezione la sua trasformazione in «Alter Christus», quasi vivendo nella clausura del suo cuore.
Infatti le stesse Fonti attestano:
“Da principio, quando il vero amore di Cristo aveva già trasformato nella sua stessa immagine l’amante, cominciò a celare e ad occultare il Tesoro con tanta cautela, da non farlo scoprire per lungo tempo neppure ai suoi intimi.
Ma la divina Provvidenza non permise che rimanesse sempre nascosto e non giungesse agli occhi dei suoi cari […]
Uno dei compagni una volta, vedendo le stimmate nei piedi, gli disse: «Cosa è ciò, buon fratello?».
«Pensa ai fatti tuoi» - gli rispose” (FF 719 - Vita Seconda del Celano) con la schiettezza e semplicità che lo contraddistingueva.
«Questi è il mio Figlio, l’Eletto. Lui ascoltate» (Lc 9,35)
Trasfigurazione del Signore C (Lc 9,28-36)
Gesù propone la Perfezione secondo il Padre: amare e perdonare anche i nemici, ci rende figli.
Francesco d’Assisi spesso ripeteva che l’Amore non era amato. Oltrepassando le considerazioni dell’Antico Testamento (cf. Lv 19,18), per lui si era chiamati ad amare tutti e a non ritenere prossimo solo i connazionali.
«Avete udito che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ora io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,43-44).
Negli scritti del Povero assisano [Parafrasi del Padre nostro] leggiamo:
«Come noi li rimettiamo ai nostri debitori:
e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti» (FF 273).
Nella Lettera ad un Ministro:
«Io ti dico […] ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devo ritenere come una grazia […]
E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori» (FF 234).
Tutto ciò per essere figli del Padre celeste, che fa sorgere il sole su tutti: buoni e cattivi.
Francesco, infatti, dinanzi ai manigoldi incontrati in una selva - mentre cantava le lodi di Dio in francese - e che lo assalgono chiedendogli chi fosse, reagisce così:
"«Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?».
Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo:
«Stattene lì, zotico araldo di Dio!».
Ma egli, rivoltandosi di qua e di là, scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti, balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose" (FF 346).
Amare i nemici in Perfetta Letizia!
Sabato 1a sett. Quaresima (Mt 5,43-48)
Gesù chiede una giustizia non formale, che segue il criterio del Padre: condita di misericordia, rispettosa.
Francesco fu un grande maestro spirituale, quasi senza accorgersene.
Era convinto, per Grazia, che la giustizia va sempre a braccetto con la misericordia.
Una giustizia lontana dal rigidismo legalista, desiderosa di esprimersi nel compimento della volontà di Dio, nel rispetto del fratello sempre.
Le Fonti francescane insegnano:
"Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca.
Se quel fratello si rifiutava di compiere quel gesto, quando l’offensore era il suo superiore, gli comandava di mettergli il piede sulla bocca; quando era un suddito, glielo faceva ordinare dal responsabile.
In questo modo i frati s’impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l’amore scambievole.
Facevano il possibile per sostituire a ogni vizio la virtù corrispondente, ispirati e coadiuvati in questo dalla Grazia di Gesù Cristo" (FF 1449).
Giustizia e Misericordia da cercare, da chiedere a Dio innanzitutto nella preghiera e nel silenzio, poiché un cuore nuovo è dono del Signore, di un esodo continuo.
Nella Regola degli eremi, scritta da Francesco, infatti, leggiamo:
«E questi [i frati] abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire […] e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giustizia» (FF 137).
Nelle stesse Lodi di Dio Altissimo, Francesco così si esprime:
«[…] Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza,
Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza» (FF 261).
Il Poverello, sapendo che il Signore-Giustizia chiamava ad averne una più grande di quella di maniera, s’impegnò a fondo per il Regno dei cieli e cercò di insegnare ai suoi frati a fare altrettanto.
Mai dimenticò che la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio dinanzi a Dio.
«Vi dico infatti che se la vostra giustizia non abbonderà di più [quella] degli scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20)
Venerdì 1a sett. Quaresima (Mt 5,20-26)
Il passo di Mt sottolinea la bontà del Padre, che non dà una pietra al figlio che chiede un pane. Poi ecco la regola d’oro: quanto si vuole per se stessi, è bene fare agli altri.
Per Francesco d’Assisi donare a chi era nel bisogno costituiva legge di vita. Questo verbo, "donare", era spesso sostituito da un altro tipicamente francescano: "restituire".
Per lui consegnare il mantello ad un povero che bussava alla porta del suo cuore, significava restituirgli quanto dato in prestito.
D’altra parte, come dice il Vangelo, quanto desideriamo sia fatto a noi, anche noi dobbiamo farlo al prossimo (cfr. Mt 7,12).
Al tempo stesso, riteneva importante e segno di umiltà il saper chiedere.
Dopo il suo cambiamento di vita, obbedendo alla voce del Crocifisso di S. Damiano e vincendo se stesso, si diede a innumerevoli fatiche.
Le Fonti narrano:
"Francesco, uomo di Dio, nudo delle cose del mondo, si consacra al culto divino e, non facendo più caso del proprio tornaconto, s’impegna nel servire Dio in tutti i modi possibili.
Di ritorno alla chiesa di S. Damiano, tutto felice e fervente, si confezionò un abito da eremita e confortò il prete di quella chiesa con le stesse parole d’incoraggiamento rivolte a lui dal Vescovo.
Indi, rientrando in città, incominciò ad attraversare piazze e strade, elevando lodi al Signore con l’anima inebriata.
Come finiva le lodi, si dava da fare per ottenere le pietre necessarie al restauro della chiesa. Diceva:
«Chi mi dà una pietra, avrà una ricompensa; chi due pietre, due ricompense; chi tre, altrettante ricompense!».
Con ardente entusiasmo rivolgeva questo e simili appelli pieni di ingenuità, poiché questo eletto di Dio aveva un animo candido e fanciullo, non faceva ricorso al dotto linguaggio della sapienza umana, ma era semplice e immediato in tutto” (FF 1420).
Secondo il Poverello, chiedere l’elemosina per amore di Dio era il gesto più nobile e dignitoso davanti al Signore e al mondo.
"E infatti, tutto ciò che il Padre celeste ha creato per l’utilità degli uomini, continua a donarcelo gratuitamente anche dopo il peccato, ai degni come agli indegni, per l’amore ch’Egli porta al suo Figlio diletto" (FF 1610).
«Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Mt 7,7)
Giovedì 1a sett. Quaresima (Mt 7,7-12)
Nel tempo quaresimale la liturgia sottolinea l’importanza del cambiare vita, senza andare a caccia di segni.
Uno il ‘segno’: quello del Crocifisso, di Gesù morto e risorto per tutti.
Per derivazione, un segno eloquente diventa un’esistenza convertita a lode di Dio.
Secondo San Bonaventura, Francesco è simboleggiato nella figura del secondo angelo [il primo è Cristo] che sale dall’oriente (cfr. Ap. 7,2) e porta in sé il sigillo del Dio vivente.
Ne è conferma la sua missione di chiamare gli uomini a penitenza e segnare col segno del Tau* gli eletti, e soprattutto dall’essere lui stesso trasformato, anche nel corpo, nel Cristo Crocifisso.
«Questa generazione […] cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29).
Le Fonti attestano:
"Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo […] è il servo di Dio Francesco […] esempio di perfezione per i seguaci di Cristo.
Ci spinse ad abbracciare, con fede e pietà, questa convinzione il fatto che egli ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono.
Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo" (FF 1022).
Il Crocifisso in Francesco: icona di rinascita attraverso un esodo esistenziale continuo. Una vita segnata dall’amore di Dio.
* Lettera dell’alfabeto ebraico e greco, che nella forma richiama la figura della croce.
* Francesco lo scelse come suo sigillo e firma. Frate Pacifico lo contemplò luminoso sulla fronte di lui.
Mercoledì 1a sett. Quaresima (Lc 11,29-32)
Gesù invita i suoi ad una preghiera non prolissa, ma scarna, essenziale; da figli.
Sebbene in paradigmi diversi, Chiara e Francesco d’Assisi avevano consapevolezza che nel profondo del proprio essere si annidava un segreto da rinvenire per rinascere e guarire.
Al punto che, prendendo le distanze dal padre terreno, dinanzi al vescovo del luogo, così il Poverello si espresse:
«Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: PADRE NOSTRO, CHE SEI NEI CIELI, perché in Lui ho riposto ogni mio Tesoro e ho collocato tutta la mia Fiducia e la mia Speranza» (FF 1043).
Ai suoi frati che gli chiedevano d’insegnar loro a pregare, rispose:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e […] Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa Croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
E nella parafrasi del “Padre nostro” troviamo:
«Sia santificato il tuo Nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di Te, affinché possiamo conoscere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi» (FF 268).
Una preghiera, dunque, attestata dalla vita, dalla capacità di perdono, in Ascolto.
Tutto nella cella del proprio corpo, sosteneva Francesco - come ci ricorda la Leggenda Perugina:
«Dovunque siamo o ci muoviamo, portiamo con noi la nostra cella: fratello corpo; l’anima è l’eremita che vi abita dentro a pregare Dio e meditare.
E se l’anima non vive serena e solitaria nella sua cella, ben poco giova al religioso una cella eretta da mano d’uomo» (FF 1636).
E nella Leggenda, Chiara stessa:
"Quanta forza e sostegno riceveva nella fornace della preghiera ardente […] riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle" (FF 3199).
Un’orazione non segnata dal moltiplicarsi delle parole, ma dalla relazione autentica e di spessore con Dio, che conosce ogni cosa.
«Pregando, non blaterate come i pagani, infatti essi credono di venire esauditi per la loro verbosità» (Mt 6,7)
Martedì 1.a sett. di Quaresima (Mt 6,7-15)
Quando i popoli verranno radunati davanti al Signore, per loro parleranno le opere di benedizione compiute.
Saranno nella condizione divina quanti riconobbero nei bisognosi di ogni genere Cristo stesso, magari senza essersene resi conto.
Non saranno nella Luce eterna coloro che invece non servirono i piccoli e malfermi.
Francesco, creatura dal cuore nobile e sensibile, fin dalla sua giovane età, dinanzi ai poveri sentì nella coscienza la necessità di non girarsi dall’altra parte.
Questa tenera inclinazione aumentò notevolmente dopo aver incontrato il Signore.
Leggiamo nelle Fonti stupende documentazioni di vita reale.
"Dio, infatti, aveva infuso nell’animo del giovane Francesco un sentimento di generosa compassione, che, crescendo con lui dall’infanzia, gli aveva riempito il cuore di bontà; tanto che già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse, soprattutto se chiedeva per amor di Dio.
Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote, contro le sue abitudini, un povero che gli chiedeva l’elemosina per amor di Dio. Ma subito, rientrato in se stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa elemosina e promise al Signore Iddio che, d’allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amor di Dio.
E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà instancabile, meritandosi di crescere abbondantemente nell’amore di Dio e nella Grazia.
Diceva, infatti, più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito dei sentimenti di Cristo, che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l’amore di Dio, senza provare un intimo turbamento" (FF 1018).
«Venite, benedetti del Padre mio […] perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25,34)
Le Fonti, inoltre, raccontano di una donna venuta da Machilone a Rieti per farsi curare gli occhi.
Il medico, recatosi da Francesco, gli narrò di questa creatura povera, sostenendo che l’avrebbe curata gratuitamente, pagandone lui stesso le spese.
Il Poverello, allora, subito andò dal suo guardiano, affermando che si doveva restituire la roba d’altri.
Il superiore gli chiese a cosa si riferisse e Francesco replicò:
«Questo è il mantello che abbiamo preso in prestito da quella donna poverella e malata d’occhi: dobbiamo renderglielo» (FF 1602).
Il guardiano acconsentì.
Allora il Minimo chiamò un uomo spirituale, con cui era in intimità. Gli consegnò il mantello e dodici pani, esortandolo a recarsi dall’oculista e farsi indicare la donna povera a cui consegnare il tutto.
«Va’ e dirai a quella donna povera e inferma: ‘Il povero, al quale tu hai prestato questo mantello, ti ringrazia di cuore del prestito fatto. E adesso, prendi quello che ti appartiene’» (FF 1602).
L’amico fece come il Santo gli aveva suggerito. La donna, non riuscendo a raccapezzarsi e in preda a disagio e sospetto, rispose: «Lasciami in pace. Non so cosa stai dicendo» (FF1602).
Ma quello gli mise in mano il mantello e i dodici pani. Allora la povera si convinse che diceva sul serio, confusa tra preoccupazione e felicità. Temendo, poi, che le venisse tolto l’aiuto ricevuto, di notte se ne tornò a casa sua.
Francesco aveva incaricato il suo guardiano di pagare le spese della povera malata ogni giorno, finché fosse rimasta a Rieti.
Le Fonti sottolineano, inoltre, quanto attestato dai suoi frati:
«Noi che siamo vissuti con lui, possiamo testimoniare che Francesco, sano o infermo che fosse, traboccava di amore e tenerezza non solo per i suoi frati, ma verso tutti i poveri, tanto in buona salute che ammalati.
Si privava del necessario, che i fratelli gli procuravano con sollecitudine e affetto - non senza mostrarsi carezzevole con noi, affinché non ne rimanessimo male - per offrirlo con molta gioia agli altri, sottraendo al proprio corpo anche ciò che gli era indispensabile» (FF 1602).
La Carità parla da sola!
«Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno […] perché avevo fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25,34)
Lunedì 1a sett. in Quaresima (Mt 25,31-46)
Il nemico suggerisce al Figlio di Dio una via diversa dal Padre, ma Gesù si smarca da quel fetore.
La vita di Francesco aveva conosciuto un radicale cambiamento quando il Medico Gesù gli aveva parlato.
Il Poverello aveva compreso d’essere amato e che, seguendoLo, sarebbe guarito dall’adorazione di sé per renderla solo a Dio.
Il Crocifisso di S. Damiano e il lebbroso incontrato lo avevano cambiato interiormente.
Il Minimo d’Assisi si dedicava a frequenti digiuni e notti in preghiera, per periodi di quaranta giorni (in consonanza ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto).
Lo faceva spesso - oltre al periodo precedente la Pasqua.
In quei momenti sospendeva i suoi impegni apostolici, ritirandosi negli eremi: luoghi semplici e austeri, lontano dalle città.
Ivi, come ricorda il suo biografo Celano, costruiva il suo nido tra le fenditure della roccia*.
Le Fonti si fanno croniste dei suoi periodi quaresimali, dove spesso era messo alla prova.
"Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse in disparte e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresima in onore di S. Michele arcangelo, quando incominciò a sentirsi inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine […] teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto" (FF1223).
La Verna è stato per eccellenza "il deserto" di Francesco, dove, come accadde a Gesù in luoghi aridi, fu oggetto di tentazioni vessatorie.
Mentre il Santo era in orazione ecco "venire una grande moltitudine di demoni ferocissimi […] e cominciarono fortemente a dargli battaglia e noia" (FF 1901).
Ma egli cominciò a gridare ad alta voce:
"«O spiriti dannati, voi non potete niente se non quanto la mano di Dio vi permette […] E io sono apparecchiato a sostenere allegramente ogni pena e ogni avversità che tu, Iddio mio, mi vuoi mandare per li miei peccati».
Allora li demoni, confusi e vinti dalla sua costanza e pazienza, si partirono" (FF 1901).
Si nutriva più che del pane materiale di quello della Santa Parola e aveva insegnato ai suoi frati ad adorare Dio solo, ovunque si trovassero, confidando nella cura e sollecitudine divine.
Infatti, i suoi figli, fedeli all’esortazione di Francesco, quando passavano vicino ad una chiesa, si fermavano e proni, con il corpo e con lo spirito, adoravano l’Onnipotente, dicendo: «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese» (FF 401).
La forza dello Spirito Santo li ponevano nell’atteggiamento giusto nel bisogno, dinanzi al potere o al successo, così come Cristo li aveva istruiti, senza lasciarsi ingabbiare da simili seduzioni.
«Sta scritto: il Signore Dio tuo adorerai e a lui solo renderai culto»
«E lo Spirito lo spinge nel deserto, ed era nel deserto tentato dal satana, ed era con le fiere»
*Famoso è l’eremo delle Carceri, vicino ad Assisi; in realtà Francesco ne creò venti nell’Italia centrale.
[1a Domenica di Quaresima]
Because of this unique understanding, Jesus can present himself as the One who reveals the Father with a knowledge that is the fruit of an intimate and mysterious reciprocity (John Paul II)
In forza di questa singolare intesa, Gesù può presentarsi come il rivelatore del Padre, con una conoscenza che è frutto di un'intima e misteriosa reciprocità (Giovanni Paolo II)
Yes, all the "miracles, wonders and signs" of Christ are in function of the revelation of him as Messiah, of him as the Son of God: of him who alone has the power to free man from sin and death. Of him who is truly the Savior of the world (John Paul II)
Sì, tutti i “miracoli, prodigi e segni” di Cristo sono in funzione della rivelazione di lui come Messia, di lui come Figlio di Dio: di lui che, solo, ha il potere di liberare l’uomo dal peccato e dalla morte. Di lui che veramente è il Salvatore del mondo (Giovanni Paolo II)
It is known that faith is man's response to the word of divine revelation. The miracle takes place in organic connection with this revealing word of God. It is a "sign" of his presence and of his work, a particularly intense sign (John Paul II)
È noto che la fede è una risposta dell’uomo alla parola della rivelazione divina. Il miracolo avviene in legame organico con questa parola di Dio rivelante. È un “segno” della sua presenza e del suo operare, un segno, si può dire, particolarmente intenso (Giovanni Paolo II)
That was not the only time the father ran. His joy would not be complete without the presence of his other son. He then sets out to find him and invites him to join in the festivities (cf. v. 28). But the older son appeared upset by the homecoming celebration. He found his father’s joy hard to take; he did not acknowledge the return of his brother: “that son of yours”, he calls him (v. 30). For him, his brother was still lost, because he had already lost him in his heart (Pope Francis)
Ma quello non è stato l’unico momento in cui il Padre si è messo a correre. La sua gioia sarebbe incompleta senza la presenza dell’altro figlio. Per questo esce anche incontro a lui per invitarlo a partecipare alla festa (cfr v. 28). Però, sembra proprio che al figlio maggiore non piacessero le feste di benvenuto; non riesce a sopportare la gioia del padre e non riconosce il ritorno di suo fratello: «quel tuo figlio», dice (v. 30). Per lui suo fratello continua ad essere perduto, perché lo aveva ormai perduto nel suo cuore (Papa Francesco)
Doing a good deed almost instinctively gives rise to the desire to be esteemed and admired for the good action, in other words to gain a reward. And on the one hand this closes us in on ourselves and on the other, it brings us out of ourselves because we live oriented to what others think of us or admire in us (Pope Benedict)
Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce il desiderio di essere stimati e ammirati per la buona azione, di avere cioè una soddisfazione. E questo, da una parte rinchiude in se stessi, dall’altra porta fuori da se stessi, perché si vive proiettati verso quello che gli altri pensano di noi e ammirano in noi (Papa Benedetto)
Since God has first loved us (cf. 1 Jn 4:10), love is now no longer a mere “command”; it is the response to the gift of love with which God draws near to us [Pope Benedict]
Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l'amore adesso non è più solo un « comandamento », ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro [Papa Benedetto]
don Giuseppe Nespeca
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