Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Lunedì, 10 Febbraio 2025 12:34

Beatitudine dei derelitti, Gioia Francescana

Lunedì, 10 Febbraio 2025 04:56

Francesco e il lievito di Erode

Anche Francesco,  quando ancora era nel mondo e dinanzi al dipanarsi della sua specifica chiamata da parte del Signore [e la conseguente conversione] ebbe da lottare contro il lievito di Erode: brama di potere e gloria.

Sarà Dio poi, a illuminarlo facendogli prendere le distanze da quanto lo portava fuori strada.

"Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo Conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere […]" (FF 1399).

Ma il Signore, sapendolo così bramoso di gloria e di potere lo visitò con una visione.

Mentre dormiva gli apparve uno che, chiamatolo per nome, lo condusse in un palazzo bellissimo dove si notavano, appese al muro, armi e oggetti da guerra.

Francesco chiese a chi appartenessero tutte quelle cose e il palazzo. Gli fu risposto che il tutto era proprietà sua e dei suoi cavalieri.

Si svegliò, tutto felice, interpretando il sogno secondo criteri mondani. Non avendo ancora gustato pienamente lo spirito di Dio, immaginava di divenire principe.

Così, interpretando la cosa come presagio di fortuna, volle partire per le Puglie, per essere creato cavaliere da quel Conte.

Arrivato a Spoleto incominciò a non star bene e nel dormiveglia udì una voce che lo interrogava su dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto.

"E quello: «Chi può esserti piuttosto utile: il padrone o il servo?». Rispose: «Il padrone».

Quello riprese: «Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?».

Allora Francesco interrogò: «Signore, che vuoi ch’io faccia?».

Concluse la voce: «Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt’altro senso».

[…] Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante" (FF 1401).

Così Francesco abbandonò il lievito di Erode per aderire a Cristo, divenendone il grande Araldo, coraggioso e tenace.

 

 

Martedì 6a sett. T.O. (Mc 8,14-21)

Domenica, 09 Febbraio 2025 05:25

Quale Segno?

 Nei versetti proposti dal Vangelo di Marco Gesù è disgustato dai farisei ipocriti, che iniziano a discutere con Lui chiedendo un segno dal cielo per metterlo alla prova, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Tutto questo provoca in Cristo una profonda delusione.

 

Francesco d’Assisi seguiva Gesù non per i prodigi che il Signore compiva ma per Fede; conquistato dal suo Vangelo, dalle Beatitudini enunciate su il Monte, dall’essere morto e risorto - per lui.

Questo l’aveva attratto e fatto innamorare della nuda parabola evangelica, senza ‘se’ e senza ‘ma’.

Le Fonti, gioiello del cammino francescano, aiutano a comprendere.

"Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati.

E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è L’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice:

«Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti], e ancora:

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna»" (FF 142).

Se non basta la Presenza del Figlio di Dio a far credere, quale altro segno si può dare a questa generazione?

La fede di Francesco è la migliore risposta all’insipienza mondana.

"E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo:

«Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono in tutto nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo» (FF 111 - Testamento di San Francesco).

Questo l’unico Segno!

 

«Ed Egli gemendo nel suo spirito dice: «Perché questa generazione cerca un segno?» (Mc 8,12a)

 

 

Lunedì 6.a sett. T.O. (Mc 8,11-13)

Sabato, 08 Febbraio 2025 06:20

Il palio della Beatitudine

Per Francesco e Chiara d’Assisi l’umiltà del cuore, la povertà interiore ed esteriore costituiva la chiave di volta di tutte le altre beatitudini, identikit di Gesù e di ogni discepolo che vuole camminare sulle sue orme.

Incantevole è un passo del ‘Sacrum Commercium’ (operetta allegorica di autore ignoto) contenuto nelle Fonti e che qui riportiamo, a riguardo della  povertà.

«Così, innamorato della tua bellezza, il Figlio dell’Altissimo Padre a te sola si unì strettamente nel mondo e ti conobbe per prova fedelissima in ogni cosa.

Prima ancora che dallo splendore della sua patria Egli venisse sulla terra, tu gli preparasti un’abitazione degna, un trono su cui assidersi e un talamo dove riposare, cioè la Vergine poverissima, dalla quale Egli nacque a risplendere su questo mondo.

A lui appena nato con sollecitudine corresti incontro, perché egli trovasse in te, e non nelle mollezze, un posto che gli fosse gradito.

Fu deposto, dice l’evangelista, in una mangiatoia, perché non c’era posto per lui nell’albergo.

Allo stesso modo, senza mai separarti da lui, l’hai sempre accompagnato, tanto che in tutta la sua vita, quando apparve sulla terra e visse fra gli uomini, mentre le volpi avevano le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, egli però non aveva dove posare il capo.

E in seguito quando egli, che un tempo aveva dischiuso la bocca dei profeti, aprì la sua bocca per insegnare, te per prima volle lodare, te per prima esaltò con le parole: Beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (FF 1977).

Francesco poi, nelle sue Ammonizioni, fra l’altro esalta il cuore puro, appunto povero, quando dice:

«Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere Il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro" (FF 165).

Gli fa eco Chiara, nel suo Testamento:

«Se vivremo secondo la predetta forma di vita, lasceremo alle altre un nobile esempio e, attraverso una fatica di brevissima durata, ci guadagneremo il palio della beatitudine eterna» (FF 2830).

 

«Beati i poveri, perché vostro è il Regno di Dio»

 

 

6a Domenica T.O. anno C (Lc 6,17.20-26)

Venerdì, 07 Febbraio 2025 05:43

«Ho compassione per la folla…»

Nella seconda distribuzione dei pani e dei pesci, Mc pone in evidenza la compassione di Gesù per la folla sfinita e affamata, che lo segue, cui dona Alimento.

 

Il Povero d’Assisi aveva ricevuto in dono un cuore tenero, con viscere di compassione per ogni creatura.

Un passo stupendo delle Fonti ci dice:

"La vera pietà, che, come dice l’Apostolo, è utile a tutto, aveva riempito il cuore di Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la personalità di quell’uomo di Dio.

La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandosi con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza primitiva.

Per essa sentiva grande attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera, che ogni giorno le partoriva, come una madre, in Cristo" (FF 1134).

È la stessa compassione che lo inondava e lo faceva fremere dinanzi al Pane della Parola e dell’Eucaristia.

Leggiamo:

"Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.

Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita»” (FF 207).

E nella parafrasi del Padre nostro:

«Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e riverenza dell’amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì» (FF 271).

Mirabile Tenerezza!

 

«Ho compassione per la folla, poiché [sono] già tre giorni che rimangono presso di me e non hanno qualcosa da mangiare, e se li licenzio digiuni alla loro casa, verranno meno nella via; e alcuni di loro sono venuti da lontano» (Mc 8,2-3)

 

 

Sabato 5a sett. T.O. (Mc 8,1-10)

Giovedì, 06 Febbraio 2025 05:08

Due a due per il Regno

«E mandò due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove egli stava per andare» (Lc 10,1).

Questo passo del Vangelo di Luca era ben impresso nella memoria di Francesco d’Assisi e, preparando i suoi frati alla missione, così si esprimeva:

«Nel nome del Signore, andate due a due per le strade, con dignità, mantenendo il silenzio dal mattino fino a dopo l’ora di terza, pregando nei vostri cuori il Signore.

Nessun discorso frivolo e vacuo tra di voi, giacché, sebbene siate in cammino, il vostro comportamento dev’essere raccolto come foste in un eremo o in cella.

Dovunque siamo o ci muoviamo, portiamo con noi la nostra cella: fratello corpo; l’anima è l’eremita che vi abita dentro a pregare Dio e meditare.

E se l’anima non vive serena e solitaria nella sua cella, ben poco giova al religioso una cella eretta da mano d’uomo» (FF 1636).

Così preparati, i frati andavano ad annunciare la Buona Novella.

Nelle Fonti leggiamo ancora:

"Insisteva perché i fratelli non giudicassero nessuno, e non guardassero con disprezzo quelli che vivono nel lusso […] poiché Dio è il Signore nostro e loro, e ha il potere di chiamarli a sé e di renderli giusti […]

E aggiungeva: «Tale deve essere il comportamento dei frati in mezzo alla gente, che chiunque li ascolti e li veda, sia indotto a glorificare e lodare il Padre celeste».

Era suo vivo desiderio che tanto lui quanto i frati abbondassero di opere buone, mediante le quali il Signore viene lodato. E diceva:

«La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori.

Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza.

Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti.

Molti, che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo» (FF 1469).

Il Povero di Assisi,  prima di comunicare la Parola di Dio alla gente, augurava la pace, dicendo:

«Il Signore vi dia la Pace» (FF 359).

Questa egli annunciava sempre con tanta devozione a quanti venivano a lui.

E accadeva spesso che, con la grazia di Dio, i nemici della Pace e della propria salvezza, divenissero figli della Pace.

Predicando e sanando i malati che incontrava, diceva:

«É vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9).

Tanti erano in tal guisa spinti a ravvedersi e a seguire Cristo e il discepolo di Lui.

 

 

Ss. Cirillo e Metodio, 14 febbraio (Lc 10,1-9)

Mercoledì, 05 Febbraio 2025 10:04

Fede umile e indomita

Nel brano di Mc è narrata la fede sincera e indomita di una donna siro-fenicia che chiede e ottiene da Gesù - proprio per Fede - la liberazione della figlioletta.

Lo Spirito Santo suole donare carismi ai piccoli e semplici; così diede a Francesco la forza guaritrice da molti mali e quella della liberazione dal maligno, tiranno di tante creature.

La Sapienza che è più nobile d’ogni moto e penetra dappertutto per la sua purezza, si comunica alle anime sante e forma amici di Dio e profeti. Così nell’anima del Poverello.

Nelle Fonti sono illustrate numerose guarigioni e liberazioni d’indemoniati ad opera di Francesco, e descritta la fede crescente in chi aveva ricevuto il dono salvifico.

Sì, perché la conseguenza evangelica di queste guarigioni è la manifestazione estesa del credere attivo della gente, in modo sincero ed umile.

Leggiamo nelle Fonti:

"Una volta il Santo apparve a una donna di Narni, che era furiosa e talmente fuori di sé che faceva e diceva cose spaventose e sconce, e le disse:

«Fatti un segno di croce».

Quella rispose di esserne impedita.

Allora Francesco stesso glielo impresse sulla fronte, e all’istante fu liberata dalla pazzia e da ogni influsso demoniaco.

Innumerevoli sono stati gli infelici, uomini e donne che, tormentati in vari modi e con molteplici inganni dai demoni, furono liberati in virtù dei meriti del glorioso padre" (FF 555).

Francesco era molto attento ai mali delle persone che incontrava.

Spesso veniva preso da grande compassione quando vedeva una creatura chiedere aiuto in modo esasperato e insistente.

La documentazione delle Fonti è attraversata da questa logica tenace e umile del Santo, che prima ancora che nel fatto concreto, percepiva nell'intimo il bisogno profondo della salvezza completa dell’altro.

Credeva, infatti, che quando un uomo ha pietà di un altro uomo, ivi, Dio risorge, e la Buona Novella è annunciata.

 

«Per questa tua parola, va’; il demonio è uscito da tua figlia» (Mc 7,29)

 

 

Giovedì 5.a sett. T.O. (Mc 7,24-30)

Martedì, 04 Febbraio 2025 04:58

Dall’interno. Purità di cuore 

Gesù insegna alla folla e spiega: ciò che rende impuri è quanto esce dal cuore.

Francesco, puro di cuore, trasparente nei propositi e nelle intenzioni, aveva introdotto anche nelle Ammonizioni da lui scritte un chiaro appello orientativo per i suoi frati - nel merito dei comportamenti.

Nelle Fonti:

«Quando noi viviamo secondo la carne, il diavolo vuole toglierci l’amore del [Signore nostro] Gesù Cristo e la vita eterna e vuole perdere se stesso con tutti nell’inferno; poiché noi per colpa nostra siamo ignobili, miserevoli e contrari al bene, pronti invece e volenterosi al male, perché, come dice il Signore nel Vangelo: Dal cuore procedono ed escono i cattivi pensieri, gli adulteri, le fornicazioni, gli omicidi, i furti, la cupidigia, la cattiveria, la frode, l’impudicizia, l’invidia, le false testimonianze, la bestemmia, [la superbia], la stoltezza. Tutte queste cose cattive procedono dal di dentro del cuore dell’uomo, e sono queste cose che contaminano l’uomo.

Ora invece, da che abbiamo abbandonato il mondo, non abbiamo da fare altro che seguire la volontà del Signore e piacere unicamente a Lui» (FF 57).

In tal guisa istruiva i suoi fratelli nella via della purità.

E nella Vita Prima del Celano, a riguardo dei suoi frati:

"E così  solevano fare sempre quando si recavano da lui; non gli nascondevano neppure il minimo pensiero e i moti involontari dell’anima, e dopo aver compiuto tutto ciò che era stato loro comandato, si ritenevano ancora servi inutili.

E veramente la «purezza di cuore» riempiva a tal punto quel primo gruppo di discepoli del beato Francesco, che, pur sapendo operare cose utili, sante e rette, si mostrava del tutto incapace di trarne vana compiacenza.

Allora il beato Francesco, stringendo a sé i figli con grande amore, cominciò a manifestare a loro il suo progetto e ciò che il Signore gli aveva rivelato" (FF 370).

Magnificenza dei piccoli!

 

«Ciò che esce dall’uomo, quello rende impuro l’uomo» (Mc 7,20)

 

 

Mercoledì 5a sett. T.O. (Mc 7,14-23)

Lunedì, 03 Febbraio 2025 06:45

Esseri boschivi

Mc evidenzia il confronto tra Gesù e scribi e farisei, cui Egli rimprovera l’ipocrisia delle apparenze - adorando la loro tradizione anziché Dio stesso - e trascurando il comandamento dell’Amore.

Francesco d’Assisi detestava le apparenze, i riti osservati per mera vanità, l’onore a Dio dato con le labbra e non con l’adesione del cuore; mancando al comandamento dell’Amore, Sostanza di Dio.

Non sopportava l’ipocrisia delle ‘abluzioni’ che misconoscono la carità da estendere al prossimo.

Esortava i suoi fratelli a testimoniare il Vangelo con audacia, annunciando in ogni occasione la Parola; senza inginocchiarsi a precetti astratti.

Scorrendo gli episodi che ricordano tale nuovo senso di purità, risulta particolarmente interessante un brano delle Fonti:

I frati, nel loro ideale tutto interiore "Quando incontravano una chiesa o una croce lungo la via, s’inchinavano a recitare una preghiera e dicevano devotamente:

«Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo per tutte le tue chiese sparse nel mondo intero, poiché tu lo hai redento per mezzo della tua santa croce».

Erano convinti, di fatto, di essere in un luogo sacro, dovunque incontrassero una croce o una chiesa.

Ognuno che li vedeva, ne era fortemente meravigliato, per quel loro modo di vestire e di vivere così differente da qualunque altro: sembravano proprio degli esseri boschivi.

Dove entravano, fosse una città, un castello, un villaggio, un’abitazione, annunziavano la pace, esortando uomini e donne a temere e amare il Creatore del cielo e della terra, e ad osservare  i suoi comandamenti.

C’era chi li stava ad ascoltare volentieri e chi al contrario li beffava.

Per lo più venivano bersagliati da una tempesta di domande […]

Benché riuscisse fastidioso rispondere a tante interrogazioni, essi confessavano con semplicità di essere dei penitenti oriundi di Assisi […]" (FF 1441).

Scevri da cerimoniali, annunciavano il Regno di Dio con autenticità e non solo con le labbra, ma con la  testimonianza di vita, che

evidenziava la Parola letta e pregata.

Non schiavi d’inutili osservanze di costume, bensì tenaci servitori del Vangelo a ogni costo.

Non era diretto a loro il monito di Gesù:

«Lasciando da parte il comandamento di Dio, osservate la tradizione degli uomini» (Mc 7,8).

Tale ammonizione riguarda piuttosto  coloro che prendono gloria gli uni dagli altri, trascurando ciò che piace a Dio.

 

«Bellamente annullate il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione» (Mc 7,9)

 

 

Martedì 5.a sett. T.O. (Mc 7,1-13)

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Man is involved in penance in his totality of body and spirit: the man who has a body in need of food and rest and the man who thinks, plans and prays; the man who appropriates and feeds on things and the man who makes a gift of them; the man who tends to the possession and enjoyment of goods and the man who feels the need for solidarity that binds him to all other men [CEI pastoral note]
Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini [nota pastorale CEI]
The Cross is the sign of the deepest humiliation of Christ. In the eyes of the people of that time it was the sign of an infamous death. Free men could not be punished with such a death, only slaves, Christ willingly accepts this death, death on the Cross. Yet this death becomes the beginning of the Resurrection. In the Resurrection the crucified Servant of Yahweh is lifted up: he is lifted up before the whole of creation (Pope John Paul II)
La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato (Papa Giovanni Paolo II)
St John Chrysostom urged: “Embellish your house with modesty and humility with the practice of prayer. Make your dwelling place shine with the light of justice; adorn its walls with good works, like a lustre of pure gold, and replace walls and precious stones with faith and supernatural magnanimity, putting prayer above all other things, high up in the gables, to give the whole complex decorum. You will thus prepare a worthy dwelling place for the Lord, you will welcome him in a splendid palace. He will grant you to transform your soul into a temple of his presence” (Pope Benedict)
San Giovanni Crisostomo esorta: “Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza” (Papa Benedetto)
Only in this friendship are the doors of life opened wide. Only in this friendship is the great potential of human existence truly revealed. Only in this friendship do we experience beauty and liberation (Pope Benedict)
Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera (Papa Benedetto)
A faith without giving, a faith without gratuitousness is an incomplete faith. It is a weak faith, a faith that is ill. We could compare it to rich and nourishing food that nonetheless lacks flavour, or a more or less well-played game, but without a goal (Pope Francis)
Una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta (Papa Francesco)

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