Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Martedì, 01 Aprile 2025 04:31

Discepoli nella Verità

Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia che se rimaniamo nella sua Parola, saremo discepoli e conosceremo la Verità che ci farà liberi.

Francesco, insieme ai suoi frati, fece sua questa affermazione e s’impegnò a dimorare nella Scrittura.

Sapeva che il Figlio ci ha redenti per rimanere liberi nei suoi comandamenti.

Il Poverello ben comprendeva che il sunto di essi era l’amore scambievole, fraterno, da esercitare sempre, e per il quale Cristo donò la vita in riscatto per le moltitudini.

Questa icona evangelica accompagnò il Santo durante tutta la sua breve esistenza e regolò ogni suo gesto.

La verità dell’uomo s’incontrava con la Verità di Cristo che, sulla croce, rigenerò Francesco.

Lo trasse dalla sua vita allegra e senza remore a quella delle Beatitudini, strutturate sull’identikit di Gesù.

Il Minimo aveva compreso che in esse si nascondeva la Verità che affranca.

Una su tutte: la povertà degli umili che sganciati da se stessi contavano solo sulla misericordia di Dio.

Tutto questo ferveva a Santa Maria degli Angeli.

Le Fonti sono una raccolta unica delle esperienze dei primordi. Nulla più di loro può aiutarci a capire la ragion d’essere di Francesco e della sua fraternità.

Dice il Celano nella Vita prima:

"E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio.

Ed ora in cielo ti loda con gli angeli, o Signore, colui che sulla terra ti predicava degno di infinito amore a tutte le creature" (FF 461).

Nella Leggenda perugina:

«Dovunque i frati trovassero degli scritti con le parole e i nomi del Signore non dignitosamente conservati o giacenti dispersi in luoghi impropri, li raccogliessero e mettessero da parte, per onorare il Signore nelle parole da Lui pronunciate. Molte cose infatti sono santificate per mezzo della Parola di Dio, e in virtù delle parole di Cristo viene attuato il sacramento dell’altare» (FF 1635).

Francesco aveva a cuore che i suoi frati fossero veri discepoli della Parola. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:

«Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità. Così non disgiungeranno la semplicità della colomba dalla prudenza del serpente, che il Maestro insuperabile ha congiunti con la sua parola benedetta» (FF 1188).

Ma la mitezza e la fedeltà del Poverello alla Parola di Dio fecero discepoli perfino fra gli uccelli:

"Nella città di Parma, uno studente universitario di buona indole, mentre era impegnato nello studio con alcuni compagni, infastidito dal chiacchiericcio importuno di una rondine, si mise a dire:

«Questa rondine deve essere una di quelle che disturbavano l’uomo di Dio Francesco, mentre una volta stava predicando, e che lui fece tacere». Poi, volgendosi alla rondine, disse con fede:

«In nome del servo di Dio Francesco, ti comando di venire da me e di tacere immediatamente!».

E quella, udito il nome di Francesco, da brava discepola dell’uomo di Dio, tacque sull’istante e andò a rifugiarsi, con tutta sicurezza, nelle mani dello studente.

Stupefatto, egli la restituì immediatamente alla libertà: e non sentì più i suoi garriti" (FF 1208).

Anche le rondini, molto amate da Francesco, dinanzi al Povero fattosi discepolo della Parola, sentivano il profumo della verità e si conformavano.

 

«Se voi rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi libererà» (Gv 8,31)

 

 

Mercoledì 5a sett. Quaresima (Gv 8,31-42)

Lunedì, 31 Marzo 2025 12:23

Lapidare o Misericordiare

Lunedì, 31 Marzo 2025 05:16

Innalzato con il Figlio

Giovanni presenta la croce come l’esaltazione di Gesù e in tal modo evidenzia che la crocifissione - in apparenza solo morte e sconfitta - in realtà è rivelazione gloriosa dell’amore di Dio e l’ascendere di Gesù al Padre.

In Francesco d’Assisi il Cristo innalzato [crocifisso] fu oggetto continuo della sua meditazione e conformazione.

Il Poverello, nel tempo, fu visitato da tante infermità e dolori portati con dignità e letizia, tenendo lo sguardo fisso sul Figlio di Dio.

Le Fonti non mancano di ricordarcelo:

"Francesco era infermo e pieno di dolori da ogni parte. Vedendolo così, un giorno gli disse un suo compagno:

«Padre, tu hai sempre trovato un rifugio nelle Scritture; sempre ti hanno offerto un rimedio ai tuoi dolori. Ti prego, anche ora fatti leggere qualche cosa dai profeti: forse il tuo spirito esulterà nel Signore».

Rispose il Santo:

«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio.

Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione.

Non ho bisogno di più, figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).

Francesco custodì sempre vivo nella coscienza l’incontro con il Crocifisso di San Damiano.

Entrato in quel luogo a pregare, condottovi dallo Spirito, quell’esperienza segnò radicalmente la sua esistenza.

"Entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla Grazia divina, si ritrova totalmente cambiato.

Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso - cosa da sempre inaudita! - l’immagine di Cristo Crocifisso, dal dipinto* gli parla, muovendo le labbra.

«Francesco, - gli dice chiamandolo per nome -  va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».

Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito" (FF 593).

È il Crocifisso che poi lo conforma pienamente a Sè sul monte della Verna, rivivendo nelle membra del Minimo la sua Passione.

Tutta la parabola della vita del Povero d’Assisi è intrisa della Presenza del Cristo innalzato.

Diventa così un’icona di riferimento nel cammino della fede per attirare a Gesù ogni uomo in ricerca.

La missione affidatagli dal Crocifisso di San Damiano stimmatizza la sua vita, lo innalza e lo rende amico di Dio, luogo d’incontro con il Divino.

Abbracciato a Cristo, Francesco cominciò col fare ciò che era necessario, poi ciò che era possibile e all’improvviso, sorprendentemente, si ritrovò a fare l’impossibile, creando novità e operando le cose a Dio gradite.

Così lasciò che l’Amore si rivelasse in lui e attraverso di lui.

 

«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora riconoscerete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come il Padre mi ha insegnato, di queste cose parlo» (Gv 8,28)

 

*È una tavola a tempera di stile bizantino, ancora visibile nella basilica di Santa Chiara in Assisi.

 

 

Martedì 5a sett. Quaresima  (Gv 8,21-30)

Domenica, 30 Marzo 2025 05:18

Luci nella Luce

La festa delle Capanne era famosa per le luminarie in ricordo della nube luminosa che aveva guidato gli Ebrei nell’esodo.

Gesù, prendendo spunto da questa usanza, si proclama la vera Luce del mondo, quella che non tramonta.

Francesco, che aveva uno speciale riguardo per la luce, per ogni lampada che vedeva accesa (in quanto gli richiamava Cristo), nella vita dell’Ordine e della Chiesa verrà considerato punto di riferimento e luce per tutti, sulle orme di Gesù.

Era luce per la sua carità e sapienza; era luce perché non giudicava secondo la carne; era luce perché si faceva samaritano di ogni creatura.

C’è un passo nella Vita Prima del Celano che, splendidamente, dice:

«Quanto glorioso è questo Santo, di cui un discepolo contemplò l’anima ascendere in cielo. Bella come la luna, splendente come il sole, mentre ascendeva raggiava di gloria in mezzo ad una nube candida.

O vera luce del mondo, che rifulgi più del sole nella Chiesa di Cristo, già ci hai nascosto i tuoi raggi e, ritirandoti nella splendida patria celeste, hai scambiato la nostra compagnia di miseri mortali con quella degli angeli e dei beati!

O gloriosa bellezza di così insigne araldo, non deporre con la tua carne mortale la cura dei tuoi figli» (FF 514).

Nelle sue Ammonizioni, Francesco scrive:

«Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è Spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla.

Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo» (FF 141).

Nella Luce di Cristo il Poverello diventa lui stesso fiaccola per i fratelli. Accogliendo il paradigma di Gesù, viene trasformato in ‘Alter Christus’.

 

La giovane Chiara, quando ancora dimorava nel seno materno, fu annunziata a sua madre Ortolana da una voce che le disse (mentre pregava davanti al Crocifisso per essere salvata dai pericoli del parto):

«Non temere, donna, perché sana e salva darai al mondo una luce, che aggiungerà chiarore alla luce stessa» (FF 3156).

Da qui il nome di Chiara "sperando che si realizzasse in qualche modo in seguito la chiarezza di luce promessa" (FF 3156).

"Dunque Chiara, mentre era in vita, rifulgeva per la luce dei suoi meriti: e ora, che è inabissata nella chiarità senza fine, non di meno risplende tuttora, per la meravigliosa luce dei miracoli, fino alle estremità della terra" (FF 3262).

Seguendo Gesù, Francesco e Chiara sono divenuti luce nella Luce mai offuscata dall’egoismo umano e tutta protesa a rendere testimonianza alla Verità.

 

«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12)

 

 

Lunedì 5a sett. Quaresima - anno C - (Gv 8,12-20)

Sabato, 29 Marzo 2025 05:19

Lapidare o misericordiare

La donna sorpresa in adulterio e condotta dagli scribi e farisei presso Gesù è "la foglia di fico" pretestuosa che essi usano per coprire i loro peccati.

Il Signore sa che è così, tanto da dire agli astanti:

«Chi di voi è senza peccato getti per primo una pietra contro di lei» (Gv 8,7).

Egli condanna la mancanza di misericordia, mostrata in modo arrogante e maldestro.

Francesco è stato davvero l’araldo della Compassione - colui che ha fatto prevalere sempre questa, insieme alla pazienza, davanti al peccatore, dando tempo per cambiare vita.

Nella Lettera a un Ministro scrive:

«Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano.

E tutti i frati che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati» (FF 237).

Tale atteggiamento era stato trasmesso in modo profondo pure ai suoi, tanto che:

"Un giorno che due frati camminavano insieme, si imbatterono in un pazzo, che si mise a lanciare delle pietre contro di loro.

Uno di essi, vedendo che le pietre erano dirette contro il compagno, subito gli si mise davanti, preferendo essere colpito lui al posto del fratello.

Tale era l’amore reciproco che li infiammava, e così sinceramente erano pronti a dare la vita l’uno per l’altro" (FF 1447 - Leggenda dei tre compagni).

Prendere su di sé le pietre dirette all’altro: grande cuore misericordioso che vuole la salvezza del prossimo.

D’altro canto il Povero d’Assisi, pur odiando il peccato, accoglieva con grande pietà chi era caduto nell’errore.

Dio si era ricordato di lui, quand’era nei peccati, ed ora si sentiva chiamato a fare altrettanto con gli altri.

Nella sua memoria si era fissata la frase evangelica sperimentata:

«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37).

Nel Testamento di Francesco (1226) leggiamo:

«Quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia» (FF 110).

Nella Leggenda maggiore, il biografo San Bonaventura narra:

«Non c’è da meravigliarsi: come la pietà del cuore lo aveva reso fratello di tutte le creature, così la carità di Cristo lo rendeva ancor più intensamente fratello di coloro che portano in sé l’immagine del Creatore e sono stati redenti dal sangue del Redentore.

Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da Lui redente.

Niente, diceva, si deve anteporre alla salvezza delle anime, e confermava l’affermazione soprattutto con quest’argomento: che l’Unigenito di Dio, per le anime, si era degnato di salire sulla croce" (FF 1168).

La coscienza nitida della salvezza ricevuta gratuitamente aveva fatto di Francesco l’alfiere della Misericordia, che volge lo sguardo sul misero bisognoso d’essere sanato e ridestato.

 

«Chi di voi è senza peccato getti per primo una pietra contro di lei» (Gv 8,7)

 

 

5a Domenica di Quaresima C  (Gv 8,1-11)

Venerdì, 28 Marzo 2025 03:50

Profeta contraddetto

Nel brano del Vangelo di oggi a Gesù che si era proposto come la Fonte della vera Acqua, risponde gente del popolo, che asserisce:

«Costui è davvero il profeta!» (Gv 7,40) - e farisei che controbattono:

«dalla Galilea non sorge profeta!» (Gv 7,52).

Due tesi contrapposte, ma verificate e scardinate dai fatti nel momento in cui, sulla croce, il centurione dirà che colui che era stato crocifisso era davvero il Figlio di Dio.

Gli eventi reali mettono a nudo la verità.

Così è avvenuto nella vita di Francesco d’Assisi: le vicende hanno dimostrato l’autentica ed eloquente caratura del suo nudo vivere.

Consultando le Fonti francescane, incontriamo passi che sottolineano davvero il suo carisma di profeta.

"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.

Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di ogni venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio" (FF 1221).

Se per il cambiamento totale di vita c’era chi lo definiva un pazzo, gli eventi di cui si fece latore lo confermano nel suo carisma profetico.

 

Nel Testamento di Chiara, compilato sulla traccia di quello del Poverello, troviamo qualcosa che avvalora quanto sopra è stato detto.

"Mentre infatti, lo stesso Santo, che non aveva ancora né frati né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, era intento a riparare la chiesa di San Damiano, dove, ricevendo quella visita del Signore nella quale fu inebriato di celeste consolazione, sentì la spinta decisiva ad abbandonare del tutto il mondo, in un trasporto di grande letizia e illuminato dallo Spirito Santo, profetò a nostro riguardo ciò che in seguito il Signore ha realizzato" (FF 2826).

E ancora:

"Salito sopra il muro di detta chiesa, così infatti allora gridava, a voce spiegata e in lingua francese, rivolto ad alcuni poverelli che stavano lì appresso:

«Venite ed aiutatemi in quest’opera del monastero di San Damiano, perché tra poco verranno ad abitarlo delle donne, e per la fama e santità della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua Santa Chiesa» (FF 2827).

Da Assisi poteva sorgere un profeta?

Si, un grande profeta, se ancora oggi tutti lo riconoscono e lo seguono con stupore per l’umiltà straordinaria fiorita in molteplici doni evangelici, a lode di Dio.

 

«Quelli della folla dicevano: Costui è davvero il profeta!» (Gv 7,40) […]

«Studia, e vedi che dalla Galilea non sorge profeta!» (Gv 7,52)

 

 

Sabato 4a sett. Quaresima  (Gv 7,40-53)

Giovedì, 27 Marzo 2025 03:30

Egli mi ha mandato

Il brano del Vangelo odierno ritrae Gesù che va, quasi nascostamente, alla festa delle Capanne, in un clima persecutorio.

Egli non va nel momento che ai parenti sembrava opportuno, né intendeva manifestarsi nel modo da essi voluto.

Vi sale invece dopo, e in modo diverso: per compiere la propria missione come stabilito da Dio, non per cercare la propria gloria.

Anche Francesco non ha ricalcato la strada voluta dal padre, ma la missione affidatagli dal Signore, secondo il "canovaccio" della volontà divina.

Infatti, consultando le Fonti, comprendiamo molte cose, al riguardo.

Per esempio, ci accorgiamo della ostinata persecuzione del padre, che non sopportava il ripudio di Francesco della vita precedente, trascorsa in allegre brigate.

Desiderava che il figlio vivesse in altro modo, lontano com’era dai disegni di Dio.

"Mentre il servo di Dio dimorava in compagnia di questo sacerdote, suo padre lo venne a sapere e corse là con l’animo sconvolto.

Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciare tempo all’ira e si nascose in una fossa segreta.

Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore i pii propositi che gli aveva ispirato" (FF 1040).

Il Poverello non si preoccupava di accontentare le prerogative  parentali, ma il progetto e la missione preparati da Dio, pur nel vituperio della città assisana.

"I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.

Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo.

Quando suo padre sentì quello strano baccano, accorse immediatamente, non per liberare il figlio, ma piuttosto per rovinarlo: messo da parte ogni sentimento di pietà, lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, poi mettendolo in catene.

Però quest’esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l’impresa incominciata, perché gli richiamava quel detto del Vangelo:

«Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli»” (FF 1041).

Anche così il Minimo d’Assisi, alla stregua di Gesù, non volle servire quanto l’opinione comune riteneva opportuno e conveniente fare.

Preferì seguire, per altra via, ciò che la Provvidenza gli aveva rivelato e con una modalità sconcertante per la mentalità del mondo in cui viveva.

 

La sua famiglia, i suoi concittadini conoscevano Francesco, ma non comprendevano che era figlio prediletto del Padre celeste.

Creatura cui era stata affidata una inequivocabile missione di rinnovamento nel cammino cristiano.

 

«[Certo] e mi conoscete e conoscete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma è veritiero colui che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perché sono da lui ed egli mi ha mandato» (Gv 7,28-29)

 

 

Venerdì 4a sett. Quaresima  (Gv 7,1-2.10.25-30)

Mercoledì, 26 Marzo 2025 04:26

Non cercare la “gloria”

Il passo di Gv evidenzia come Gesù riceva testimonianza non dagli uomini, ma dalle opere compiute.

La gente non crede in Lui perché il Figlio ascolta la voce del Padre che lo ha inviato, e la sua Parola non dimora nel cuore di ciascuno.

 

Francesco innamorato della Parola attingeva da essa la forza della testimonianza. Come Gesù, le opere compiute attestavano il mandato del Padre.

La Parola dell’Onnipotente rimaneva in lui e l’amore del Signore lo abitava.

Il Poverello non cercava gloria che viene da uomini, anzi, la fuggiva per ricercare solo quella che viene da Dio - di altro sapore.

L’umiltà era la misura del suo vivere.

Nelle Fonti troviamo importanti riferimenti al riguardo.

Ad esempio, nella Lettera a tutto l’Ordine leggiamo:

«Inclinate l’orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio.

Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.

Lodatelo poiché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché per questo vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui!» (FF 216).

La Leggenda maggiore c’informa:

"Come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell’amore divino.

Al sentir nominare l’amore del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore.

«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità, e stoltissimi sono coloro che lo stimano meno del denaro, poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amore divino è capace di comprare il regno dei cieli.

E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).

La testimonianza delle opere del Creatore faceva presa su di lui:

"Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da questo spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere.

Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto.

Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile" (FF 1162).

E ai suoi frati ripeteva spesso:

«Nessuno deve lusingarsi con ingiusto vanto per quelle azioni, che anche il peccatore potrebbe compiere.

Il peccatore - spiegava - può digiunare, pregare, piangere, macerare il proprio corpo.

Ma una sola cosa non gli è possibile: rimanere fedele al suo Signore.

Proprio di questo dobbiamo gloriarci, se diamo a Dio la gloria che gli spetta, se da servitori fedeli attribuiamo a Lui tutto il bene che ci dona» (FF 718).

 

«Io non ricevo gloria da uomini. Ma so che non avete l’amore di Dio in voi stessi» (Gv 5,41-42)

 

 

Giovedì 4a sett. Quaresima (Gv 5,31-47)

Martedì, 25 Marzo 2025 04:23

Come il Padre, il Figlio; così i figli

Nel brano evangelico di oggi Gesù afferma la sua intima relazione col Padre, evidenziando il dono di tale grandezza trasmessa.

Francesco aveva con il Signore un rapporto di speciale intimità.

La Vita ricevuta nella contemplazione, nell’Unione con Dio diveniva forza riversata sul prossimo in varie forme.

L’energia umilmente accolta nella preghiera era sinonimo di vita unitiva, che redime e trasforma.

Le Fonti ci offrono la possibilità di entrare nei sentieri di questa relazione speciale, propria di Cristo e trasmessa, per Grazia, ai suoi fratelli.

Scorrendo i documenti francescani leggiamo:

"E l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore.

Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là dialogava con l’Amico.

Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori: piangere, anche ad alta voce la passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi.

Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo spirito.

Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della sapienza divina, che egli, però, non divulgava all’esterno, se non nella misura in cui ve lo forzava la carità di Cristo e lo esigeva l’utilità del prossimo […]

Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo, metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non avvenisse che il vento dell’applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo privasse della ricompensa interiore" (FF 1180 - Leggenda maggiore).

Ai suoi frati raccomandò sopra ogni cosa l’intima relazione col Padre, come figli che ricevono ogni dono di vita da Lui e con cui operare in sintonia.

Infatti le Fonti illustrano:

"In quel tempo i frati gli chiesero con insistenza che insegnasse loro a pregare […] Ed egli rispose:

«Quando pregate, dite: Padre nostro!» e: «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo»" (FF 399).

L’intima Unione col Padre li rendeva figli nel Figlio e, come Gesù operava ciò che vedeva fare dal Padre, così i frati alla scuola del Figlio operavano, sull’esempio di Francesco.

Ascoltando la Parola e credendo in Gesù divenivano latori di vita, animati dal Poverello.

 

«Il Figlio non può fare nulla da se stesso, se non ciò che vede fare il Padre; quelle cose infatti che fa, queste anche il Figlio fa ugualmente» (Gv 5,19)

 

 

Mercoledì 4a sett. Quaresima  (Gv 5,17-30)

Lunedì, 24 Marzo 2025 10:09

La Carità non conosce schemi

Gesù dà lezione con i fatti ai cultori del sabato.

Rispettare tale giorno era più importante della vita, della persona stessa, collocata in periferia, prona ai piedi delle sacre leggi.

La vita può attendere, per questi cultori farisaici; ma secondo Gesù non è così, e lo dimostra.

Anche per Francesco non era così!

L’uomo di Dio, fin dai primordi della sua chiamata, mise al primo posto la persona da salvare e per la quale Cristo è morto e risorto.

Quante volte, nella sua umiltà, si  prostrò dinanzi ai suoi fratelli malati, poveri, onorandovi la Presenza divina del Signore!

Quanti ne guarì per quella Carità che lo infiammava e dirigeva nel cammino!

È impensabile un Francesco latore di novità e "schiavo" della legge. Profondamente obbediente, ma libero nella sua squisita coscienza di creatura, aveva a cuore la vita di tutti.

Nelle Fonti troviamo molti episodi in merito.

"Nella città di Narni, per l’insistenza del vescovo, benedisse un paralitico, privo dell’uso di tutte le membra, tracciandogli un segno di croce dalla testa ai piedi, e gli ridonò salute perfetta" (FF 1214).

"Nella città di Fano c’era un rattrappito, che aveva le tibie ulcerate, ripiegate all’indietro e appiccicate al corpo e talmente maleodoranti che nessuno si sentiva disposto ad accoglierlo in ospedale.

Egli implorò la misericordia del beatissimo padre Francesco, e poco dopo ebbe la gioia di vedersi completamente ristabilito" (FF 548).

Inoltre "Dimostrava una grande compassione per gli infermi e una tenera sollecitudine per le loro necessità […]

Mangiava perfino nei giorni di digiuno, perché gli infermi non provassero rossore, e non si vergognava nei luoghi pubblici della città di questuare carne per un frate ammalato" (FF 761).

La stessa Madre Chiara, mossa da tenera compassione verso le inferme, poneva al centro della sua attenzione le anime per le quali Cristo aveva versato il suo Sangue.

Infatti nella Regola:

«Quelle che sono inferme, potranno usare pagliericci e avere guanciali di piuma sotto il capo; e quelle che hanno bisogno di calze e di materasso di lana, ne possono usare […]» (FF 2799).

Quando era in ballo la salvezza dei fratelli e sorelle, Francesco e Chiara non si facevano problema di norma o di giorno.

La Carità era al di sopra di tutto: ventiquattro ore su ventiquattro.

Guardavano Gesù, Autore e Perfezionatore della Legge, cui Egli aveva dato compimento con l’Amore, senza il quale siamo solo cembali che tintinnano.

 

«Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato» (Gv 5,16)

 

 

Martedì 4a sett. Quaresima  (Gv 5,1-16)

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We see that the disciples are still closed in their thinking […] How does Jesus answer? He answers by broadening their horizons […] and he confers upon them the task of bearing witness to him all over the world, transcending the cultural and religious confines within which they were accustomed to think and live (Pope Benedict)
Vediamo che i discepoli sono ancora chiusi nella loro visione […] E come risponde Gesù? Risponde aprendo i loro orizzonti […] e conferisce loro l’incarico di testimoniarlo in tutto il mondo oltrepassando i confini culturali e religiosi entro cui erano abituati a pensare e a vivere (Papa Benedetto)
The Fathers made a very significant commentary on this singular task. This is what they say: for a fish, created for water, it is fatal to be taken out of the sea, to be removed from its vital element to serve as human food. But in the mission of a fisher of men, the reverse is true. We are living in alienation, in the salt waters of suffering and death; in a sea of darkness without light. The net of the Gospel pulls us out of the waters of death and brings us into the splendour of God’s light, into true life (Pope Benedict)
I Padri […] dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita (Papa Benedetto)
We may ask ourselves: who is a witness? A witness is a person who has seen, who recalls and tells. See, recall and tell: these are three verbs which describe the identity and mission (Pope Francis, Regina Coeli April 19, 2015)
Possiamo domandarci: ma chi è il testimone? Il testimone è uno che ha visto, che ricorda e racconta. Vedere, ricordare e raccontare sono i tre verbi che ne descrivono l’identità e la missione (Papa Francesco, Regina Coeli 19 aprile 2015)
There is the path of those who, like those two on the outbound journey, allow themselves to be paralysed by life’s disappointments and proceed sadly; and there is the path of those who do not put themselves and their problems first, but rather Jesus who visits us, and the brothers who await his visit (Pope Francis)
C’è la via di chi, come quei due all’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e va avanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto se stesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che attendono la sua visita (Papa Francesco)
So that Christians may properly carry out this mandate entrusted to them, it is indispensable that they have a personal encounter with Christ, crucified and risen, and let the power of his love transform them. When this happens, sadness changes to joy and fear gives way to missionary enthusiasm (John Paul II)
Perché i cristiani possano compiere appieno questo mandato loro affidato, è indispensabile che incontrino personalmente il Crocifisso risorto, e si lascino trasformare dalla potenza del suo amore. Quando questo avviene, la tristezza si muta in gioia, il timore cede il passo all’ardore missionario (Giovanni Paolo II)
This is the message that Christians are called to spread to the very ends of the earth. The Christian faith, as we know, is not born from the acceptance of a doctrine but from an encounter with a Person (Pope Benedict))

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