Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Il Vangelo del giorno insiste: «guardatevi» e «siate svegli, pregando».
Il Povero d’Assisi, come pure le recluse di S. Damiano, vissero la loro parabola esistenziale in continue veglie e orazione, ben attenti a non cadere in tiepidezze.
Nelle Fonti francescane ci sono episodi che sottolineano queste coordinate evangeliche in modo eloquente.
Nelle Lettere di Francesco troviamo esortazioni ai frati, perché mai tralascino la preghiera, respiro dell’anima:
«Eleviamo a Lui lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: Padre nostro, che sei nei cieli, poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci» ( FF 188).
Ma c’è un episodio del Poverello che colpisce:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno […] Rimasto dunque solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere, e alla fine guardò attorno, dove potesse reclinare il capo per dormire.
Ma subito turbato nello spirito, cominciò a sentirsi oppresso dallo spavento e dal tedio e a tremare in tutto il corpo. Sentiva chiaramente che il diavolo dirigeva contro di lui i suoi assalti […] Immediatamente si alzò e, uscito fuori, si fece il segno della croce, esclamando:
«Da parte di Dio Onnipotente vi comando, demoni, che riversiate sul mio corpo tutto ciò che è in vostro potere.
Lo sopporto volentieri, perché non ho un nemico peggiore del mio corpo: mi farete così giustizia del mio avversario e gli infliggerete la punizione in vece mia».
Quelli, che si erano riuniti per atterrire il suo animo, incontrando uno spirito più pronto anche se in una carne debole, subito si dileguarono confusi dalla vergogna” (FF 707).
E S. Chiara in S.Damiano, insieme alle sorelle che il Signore le aveva donato, viveva sempre attenta e vigile nella preghiera:
“Era solita, per Mattutino, prevenire le giovinette e, svegliandole senza rumore con cenni, le invitava alle lodi di Dio.
Spesso, mentre tutte dormivano ancora, accendeva le lampade; spesso suonava lei stessa la campana.
Non c’era posto nel suo monastero per la tiepidezza, non c’era posto per l’accidia lì dove la pigrizia era scossa da un pungente impulso a pregare e a servire il Signore” (FF 3200).
Dunque: «siate svegli, pregando» (Lc 21,36)
Sabato 34.a sett. T.O. (Lc 21,34-36)
Gesù invita tutti a discernere i segni insiti in natura, per dare criterio a quelli ultimi. Quando il fico germoglia è vicina la stagione dei frutti.
Così Francesco, vero amante e imitatore di Lui, legge nella sua vita e in quella dei suoi frati le propaggini del Regno di Dio che si avvicina, dinanzi a vicende che parlano il linguaggio del Creatore stesso.
Nelle Fonti troviamo passi che indicano i segni della crescita di ogni credente, come dell’albero che germoglia e produce frutto:
«Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo.
Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli.
Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri per esempio» (FF 168/2. Lettera ai Fedeli).
Bene, «quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino il Regno di Dio»!
Altresì Francesco legge nella sua malattia e morte il Regno di Dio che s’avvicina.
Alza il capo e così si rivolge ai suoi:
“Poi il Santo alzò le mani al Cielo, glorificando il suo Cristo, perché poteva andare a Lui senza impaccio di sorta.
Ma per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio, amò sino alla fine i suoi frati e figli che aveva amato fin da principio […]
Poi, mentre tutti i frati gli erano attorno, stese la sua destra su di essi e la pose sul capo di ciascuno cominciando dal suo vicario:
«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!
E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!
Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».
E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).
«Quando già hanno germogliato, guardando, da voi stessi sapete che l’estate è già vicina» (Lc 21,31)
Venerdì 34.a sett. T.O. (Lc 21,29-33)
Il Vangelo di oggi narra dei segni ultimi preannunziati da Cristo.
Francesco, che di segni aveva esperienza, visse il suo pellegrinaggio terreno ininterrottamente rivolto alla manifestazione del Cristo e quindi adoprandosi per il bene dei fratelli.
Tutto si sarebbe sgretolato e alla fine un unico vessillo avrebbe continuato a svettare: la Croce di Cristo, segno ultimo e vittoria del Risorto.
Alla luce di tutto questo, Francesco sembrava contrapporre ai segni che si sarebbero manifestati nella luna, nel sole, nelle stelle, all’ansia di popoli in angoscia… l’unico segno attorno a cui ruota l’esistenza cristiana: la Croce mediante la quale il mondo è stato redento.
Nelle Fonti troviamo, allora, passi che spiegano e supportano quanto detto.
“E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo […]” (FF 65).
E così Francesco, il Minimo “scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF 1066).
E tutto questo insieme ai suoi frati “preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell’abbondanza” (FF 1067).
Sì, ci saranno molti segni nell’universo al manifestarsi in pienezza di Cristo, ma uno solo svetterà indisturbato: la sua Santa Croce redentiva e trasformante.
Ai suoi frati, perciò, aveva insegnato:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
«E vi saranno segni nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di nazioni in preda allo smarrimento per il fragore del mare e dei flutti» (Lc 21,25)
Giovedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,20-28)
Il passo evangelico di oggi parla di persecuzione e odio verso i testimoni di Gesù.
Il Povero d’Assisi, conosciuto Cristo, ben sapeva che seguire le orme di Lui avrebbe comportato anche insulti e persecuzioni, a partire dai suoi familiari.
Infatti gli assisani e suo padre, astuto mercante, non sopportavano il suo radicale cambiamento, e lo stimavano pazzo.
Ma Francesco, Araldo di Cristo, non si lasciava intimorire, guidato dalla Sapienza divina, che a quanti l’accolgono suggerisce ogni risposta adeguata al momento.
Le Fonti Francescane, luogo di speciale palestra evangelica, narrano:
“Un giorno, infuocato di entusiasmo, il Santo lasciò la caverna e si mise in cammino verso Assisi, vivace, lesto e gaio.
Armato di fiducia in Cristo e acceso di amore celeste, rinfacciava a se stesso la codardia e la vana trepidazione, e con audacia decise di esporsi alle mani e ai colpi dei persecutori.
Al primo vederlo, quelli che lo conoscevano com’era prima, presero a insultarlo, gridando ch’era un pazzo e un insensato, gettandogli fango e sassi.
Vedendolo così mutato, sfinito dalle penitenze, attribuivano ad esaurimento e demenza il suo cambiamento.
Ma il cavaliere di Cristo passava in mezzo a quella tempesta senza farci caso, non lasciandosi colpire e agitare dalle ingiurie, rendendo invece grazie a Dio.
Si diffuse per le piazze e le vie della città la notizia di quanto succedeva, finché venne agli orecchi del padre.
Sentito come lo maltrattavano, egli uscì immediatamente a prenderlo, con l’intenzione non di liberarlo, ma di finirla.
Fuori di sé, gli si avventò contro come un lupo sulla pecora, e fissandolo con occhio torvo e con la faccia contratta dal furore, lo afferrò e trascinò fino a casa.
Qui lo rinchiuse in un bugigattolo oscuro per più giorni, facendo di tutto, a parole e a botte, per ricondurlo alla vanità mondana” (FF 1417).
Ma “Francesco non si lasciò smuovere né dalle parole, né dalle catene, né dalle percosse. Sopportava tutto con pazienza, diventando anzi più agile e forte nel seguire il suo ideale” (FF 1418).
«Ora prima di tutte queste cose vi metteranno addosso le loro mani e perseguiteranno consegnando alle sinagoghe e prigioni» (Lc 21,12).
«E sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Lc 21,17).
Mercoledì 34.a sett. T.O. (Lc 21,12-19)
Nel Vangelo di oggi, mentre alcuni pensavano alle belle pietre del tempio, Gesù annuncia che di quanto ammirato non sarebbe rimasto nulla.
Francesco e Chiara d’Assisi, con percorsi diversi, vissero avendo sempre dinanzi l’orizzonte conclusivo della vita.
Per divina rivelazione e per indiscussa intuizione avevano compreso che i luccichii di questo mondo sarebbero stati i primi detrattori delle anime.
Sapevano che di tutto ciò che vedevano, alla fine dei giorni non sarebbe rimasto nulla.
E ogni giorno, fin dalle prime luci dell’alba, tale pensiero li guidava nell’opera di testimonianza.
Le Fonti, vena senza fondo delle vicende evangeliche vissute da questi Giganti del Vangelo, proclamano a cominciare dal Cantico di frate Sole:
«Laudato si’, mi Signore, per Sora nostra Morte corporale/ da la quale nullu homo vivente po’ skappare/ guai a quelli che morranno ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,/ ka la morte seconda no ‘l farrà male»(FF 263).
Nondimeno Chiara richiamava le sorelle al fine ultimo della vita:
«Beati però quelli a cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
Ancora in una delle sue lettere ad Agnese di Boemia, ella ricorda:
«Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo!
Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura» (FF 2894).
Loro hanno lanciato sempre il cuore oltre l’ostacolo, fidandosi di Dio.
Come annuncia Gesù nel Vangelo: «Queste cose che osservate, verranno giorni nei quali non sarà lasciata pietra su pietra, che non sarà distrutta» (Lc 21,6)
Martedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,5-11)
Nel Vangelo odierno Gesù sottolinea la misura di dono di una povera vedova: «tutta la sua vita» (Lc 21,4b).
Un uomo di pensiero come P. Claudel ebbe a dire: «A che serve la vita se non ad essere donata?».
Francesco d’Assisi che di francese condivise la nascita per parte materna [Monna Pica, raffinata donna di Francia] aveva fatto del totale dono di sé a Dio e ai fratelli il senso evangelico del suo vivere.
Lo aveva incastonato in un verbo a lui molto caro: «restituire» - ridare a Dio quanto gli aveva elargito a piene mani.
E questo i «poveri in spirito» lo intendono meglio di ogni altro.
Nelle Fonti leggiamo:
“A chi voleva entrare nell’Ordine il Santo insegnava a ripudiare anzitutto il mondo, offrendo a Dio prima i beni esterni, poi a fare il dono interiore di se stessi.
Non ammetteva all’Ordine se non chi si era spogliato di ogni avere, senza ritenere nulla assolutamente, sia per la parola del santo Vangelo, sia perché non fosse di scandalo il peculio personale” (FF 667).
E ancora:
“Nella povertà trovavano grande letizia: non concupivano le ricchezze, disprezzavano anzi ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.
Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada: Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.
Erano felici nel Signore, sempre non avendo dentro di sé o tra loro nulla che potesse in qualche modo contristarli.
Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio. Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia” (FF 1454).
Avevano ben compreso cosa intende il Vangelo quando proclama la Beatitudine di chi dona tutto di sé per Cristo e in Cristo.
«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti» (Lc 21,3)
Lunedì 34.a sett. T.O. (Lc 21,1-4)
Il brano evangelico di Luca presenta la regalità di Cristo sulla croce, deriso, insultato, perfino da uno dei due ladroni crocifissi con Lui.
L’altro, invece, chiede umilmente a Gesù di ricordarsi della sua persona e il Signore, nell’esercizio della sua regalità autentica, gli assicura il Paradiso.
Francesco si considerava «l’araldo del Gran Re».
Assalito dai briganti che gli chiedono chi fosse, lui risponde in modo impavido: «Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?» (FF 346).
E quando doveva assidersi a mense sontuose di grandi personaggi, Francesco ripeteva:
«Il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi mendicanti volontari per Cristo.
E io, questa dignità regale che il Signore ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del Regno dei cieli i veri poveri di spirito non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento» (FF 1127).
E quando allestì a Greccio il primo presepe, Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà:
“Predica al popolo la nascita del Re povero, e nel nominarlo, lo chiama per Tenerezza d’amore, il «bimbo di Bethlehem»” (FF 1186).
E Chiara gli fa eco nella Leggenda, dicendo:
«Se infatti il Re dei re dona se stesso a chi lo ama ardentemente, che cosa mai vi può essere che non conceda, se è cosa conveniente, a chi lo prega con devozione?» (FF 3208).
Nelle Lodi di Dio Altissimo leggiamo:
«Tu sei Santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei Altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del Cielo e della terra […]» (FF 261).
«Ora, lo schernivano anche i soldati, mentre si avvicinavano portandogli aceto, e dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!"» (Lc 23,36-37)
Cristo Re (anno C) (Lc 23,35-43)
Gesù ci ricorda che coloro che sono considerati degni della vita futura non prendono moglie né marito.
Al riguardo le Fonti hanno un episodio molto significativo che fa riflettere.
“Nell’eremo dei frati di Sarteano, il maligno che sempre invidia il progresso spirituale dei figli di Dio, ebbe addirittura questa presunzione.
Vedendo che il Santo attendeva continuamente alla sua santificazione, e non tralasciava il guadagno di oggi soddisfatto di quello del giorno precedente, una notte, mentre pregava nella sua celletta, lo chiamò per tre volte: “Francesco, Francesco, Francesco”.
«Cosa vuoi?».
E quello: “Nel mondo non vi è nessun peccatore, che non ottenga la misericordia di Dio, se pentito. Ma chiunque causa la propria morte con una penitenza rigorosa non troverà misericordia in eterno”.
Il Santo riconobbe subito, per rivelazione, l’astuzia del nemico, come cercava di indurlo alla tiepidezza […]
Vedendo che in tal modo non era riuscito a nascondere il laccio, ne prepara un altro, cioè uno stimolo carnale […]
Appena il Padre nota (tale tentazione), si spoglia della veste e si flagella con estrema durezza con un pezzo di corda.
«Orsù frate asino - esclama - così tu devi sottostare, così subire il flagello! La tonaca è dell’Ordine, non è lecito appropriarsene indebitamente […]».
Ma poiché vedeva che con i colpi della disciplina la tentazione non se ne andava […] uscito nell’orto si immerse nudo nella neve alta.
Prendendo poi la neve a piene mani la stringe e ne fa sette mucchi a forma di manichini, si colloca poi dinanzi ad essi e comincia a parlare così al corpo:
«Ecco , questa più grande è tua moglie, questi quattro, due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono il servo e la domestica, necessari al servizio».
«Fa’ presto, occorre vestirli tutti perché muoiono dal freddo. Se poi questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza il Signore».
“[…] e il Santo tornò nella sua cella glorificando Dio” (FF 703).
«Ma quelli che saranno giudicati degni di aver parte a quell’altro mondo e alla risurrezione dei morti, né prendono moglie né prendono marito» (Lc 20,35)
Sabato 33.a sett. T.O. (Lc 20,27-40)
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus. Even within us, the life of Faith embraces all our sides and admits many things. Thus we become more complete and emancipate ourselves, reversing positions.
I Vangeli si fanno largo, avanzano e liberano, facendo comprendere l’enorme differenza tra credo qualsiasi e proposta di Gesù. Anche dentro di noi, la vita di Fede abbraccia tutti i nostri lati e ammette tante cose. Così diventiamo più completi e ci emancipiamo, ribaltando posizioni
We cannot draw energy from a severe setting, contrary to the flowering of our precious uniqueness. New eyes are transmitted only by the one who is Friend. And Christ does it not when we are well placed or when we equip ourselves strongly - remaining in a managerial attitude - but in total listening
Non possiamo trarre energia da un’impostazione severa, contraria alla fioritura della nostra preziosa unicità. Gli occhi nuovi sono trasmessi solo da colui che è Amico. E Cristo lo fa non quando ci collochiamo bene o attrezziamo forte - permanendo in atteggiamento dirigista - bensì nell’ascolto totale
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10,21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
The human race – every one of us – is the sheep lost in the desert which no longer knows the way. The Son of God will not let this happen; he cannot abandon humanity in so wretched a condition [Papa Benedetto]
The seed brought by the wind of the Spirit makes its own plant, which does not necessarily resemble the surrounding ones: it is not bound in its particular expressiveness, and silently flies even ‘out of fences’
Il seme portato dal vento dello Spirito fa la sua pianta, che non necessariamente somiglia a quelle circostanti: non si vincola nella sua espressività particolare, e silenziosamente vola anche ‘fuori confine’
don Giuseppe Nespeca
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