Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Nel Vangelo odierno Gesù suscita stupore nella gente per la sua autorevole parola, guarendo nella sinagoga un indemoniato che cercava di "esorcizzare" la presenza del Signore.
Nelle Fonti francescane troviamo che l’assidua contemplazione e la purezza della vita avevano fatto Francesco potente sul male per grazia, rendendolo testimone credibile del Signore attraverso numerose guarigioni.
Le Fonti illuminano in proposito, in modo eloquente:
“Gente di ogni età […] correva a vedere e ad ascoltare quell’uomo nuovo.
Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava, confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.
Infatti, nel nome del Signore, Francesco, predicatore della verità, scacciava i demoni, risanava gli infermi” (FF 1212).
Una volta ”non so come qualificare la malattia orrenda di cui soffriva un confratello, alcuni l’attribuivano alla presenza di un diavolo maligno. Il poveretto spesso si gettava a terra e, stralunando gli occhi in modo orribile, si ravvoltolava tutto con la schiuma alla bocca; le sue membra ora si contraevano, ora si distendevano, or rigide, or piegate e contorte […] Il santo Francesco ne ebbe compassione immensa, si recò da lui, lo benedisse, pregando umilmente Iddio, e il malato ottenne pronta e completa salute e non patì più un male del genere” (FF 440).
“A Città di Castello una donna era posseduta da uno spirito maligno e furioso: appena il Santo […] ebbe ingiunto per obbedienza [di uscire da lei], il demonio fuggì pieno di sdegno, lasciando libera nell’anima e nel corpo la povera ossessa” (FF 1219)
Francesco aveva sposato la Luce che non dava più spazio al male.
«Erano stupiti per il suo insegnamento perché la sua Parola era con autorità» (Lc 4,32)
Martedì della 22a sett. T.O. (Lc 4,31-37)
Gesù è nella sinagoga di Nazareth. Egli proclama dal rotolo del profeta Isaia:
«Lo Spirito del Signore su di me; perciò mi ha unto per annunziare la buona notizia ai poveri […]» (Lc 4,18).
Dopo averlo riavvolto afferma che, in quell’Oggi, si è compiuta la Scrittura ascoltata dagli astanti.
Francesco, sulle orme di Cristo, investito dalla potenza dello Spirito di Dio, seguì la chiamata che gli era stata rivolta dal Signore con coraggio, nonostante le avversità.
Nelle Fonti è attestato che “Francesco, che non fidandosi mai di se stesso, in ogni decisione cercava ispirazione da Dio nella preghiera, scelse di vivere non per sé soltanto, ma per Colui che morì per tutti, ben consapevole di essere stato inviato da Dio a conquistare le anime” (FF 381).
Consapevole del suo mandato ai poveri, di essere stato chiamato ad annunciare la Buona Novella, “divenne araldo del Vangelo. Incominciò, infatti, a percorrere città e villaggi e ad annunziarvi il Regno di Dio, non basandosi sui discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla dimostrazione di spirito e di potenza” (FF 1072).
Si studiò di non turbarsi, nel suo annunzio evangelico, dinanzi a chi lo disprezzava:
“Non potrò considerarmi vero frate minore se non resto ugualmente sereno quando mi vilipendono e ignominiosamente mi cacciano via” (FF 1639).
Lo sguardo profetico donatogli dall’alto lo portò a guardare oltre le apparenze in vista della liberazione degli oppressi.
Lunedì 22.a sett.T.O. (Lc 4,16-30)
Nel Vangelo lucano di questa Domenica, Gesù sottolinea la sapienza nell’atteggiamento di chi sceglie l’ultimo posto e il relativo disonore, nella perfetta gratuità.
Nelle Fonti è presente in modo chiaro l’indisposizione del Poverello ad apparire e scegliere le condizioni di evidenza.
Francesco amava la povertà e l’umiltà di Dio e cercava di seguirle in ogni modo nella sua vita.
Detestava la sontuosità dei primi posti e voleva cibarsi di umiliazioni, sulle orme del Figlio di Dio, che questo insegnava nel suo Vangelo.
Basta leggere cosa Francesco dice ai suoi frati nella Lettera a tutto l’Ordine, per rimanere stupiti di quanto amasse l’umiltà.
«Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati.
Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga Colui che totalmente a voi si offre» (FF 221).
E ancora, nella Leggenda maggiore di S. Bonaventura:
“Francesco, tanto in se stesso quanto negli altri, preferiva l’umiltà a tutti gli onori e perciò quel Dio, che ama gli umili, lo giudicava degno della gloria più eccelsa, come mostrò la visione avuta da un frate assai virtuoso e devoto.
Questo frate, compagno di viaggio dell’uomo di Dio, pregando una volta con lui in una chiesa abbandonata, venne rapito in estasi.
Vide nel cielo molti seggi e, tra essi, uno più splendido e glorioso di tutti gli altri, costellato di pietre preziose.
Ammirando lo splendore di quel trono così eminente, cominciò a chiedersi ansiosamente chi mai fosse destinato ad occuparlo […]
Udì una voce che gli diceva:
«Questo seggio apparteneva a uno degli angeli ribelli ed ora è riservato per l’umile Francesco».
Ritornato in sé […] il frate seguì il Santo che stava uscendo dalla chiesa.
Ripresero il cammino, parlandosi a vicenda di Dio […] e allora quel frate […] colse abilmente l’occasione per chiedere a Francesco che opinione aveva di se stesso.
E l’umile servo di Cristo gli disse:
«Mi sembra di essere il più grande peccatore»
«Se Cristo avesse trattato il più scellerato degli uomini con la stessa misericordia e bontà con cui ha trattato me, sono sicuro che quello sarebbe molto più riconoscente di me a Dio».
Il frate ebbe la conferma che la sua visione era veritiera, ben sapendo che, secondo la testimonianza del Santo Vangelo, il vero umile verrà innalzato a quella gloria eccelsa, da cui il superbo viene respinto” (FF 1111).
22.a Domenica T.O. anno C (Lc 14,1.7-14)
La parabola dei talenti è un esplicito invito di Cristo a trafficare i suoi Doni per il Regno, perché portino frutto abbondante, e a non "nasconderli" per paura.
Nelle Fonti troviamo conferma di quanto Francesco e Chiara tenessero a riconoscere e far fruttificare i doni (talenti) ricevuti dall’Altissimo con coraggio e abnegazione.
Infatti, trovandosi un giorno, insieme a S. Domenico, nella casa del Cardinale d’Ostia, così parlò Francesco a riguardo dei suoi frati:
«Signore, i miei frati proprio per questo sono chiamato Minori, perché non presumano di diventare maggiori.
Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo […]
Se volete che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione» (FF 732).
E Chiara, in una delle lettere alla sua figlia spirituale Agnese di Boemia così si esprime:
«Rendo grazie all’Autore della Grazia, dal quale come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto».
Inoltre, nel suo bellissimo Testamento:
«Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
Entrambi si sono impegnati a far fruttificare nella loro vita e in quella dei loro figli e figlie i talenti particolari elargiti dal Padre delle misericordie, perché i benefici derivanti fossero a vantaggio di tutti e di ciascuno.
«Perché a ognuno che ha, sarà dato e sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto da lui anche quello che ha» (Mt 25,29)
Sabato della 21.a sett. T.O. (Mt 25,14-30)
Il brano proposto in questo giorno è il passo di Marco che narra il martirio del Battista.
Erode voleva far uccidere Giovanni perché gli rimproverava i suoi illeciti, ma nel contempo temeva la folla che lo considerava un profeta.
Il tema della persecuzione abbinata al favore del popolo per l’uomo di Dio è presente pure in Francesco d’Assisi.
Nelle Fonti:
"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.
Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).
Per questo incontrò anche lui persecuzione.
Ma ai suoi frati, nella Regola non bollata, ricorda:
"E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:
«Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna» " (FF 45).
Francesco sacrificò sull’altare della carità e povertà tutto di sé per il Regno, lasciando un fulgido esempio a tutti.
«E subito il re mandata una guardia ordinò di portare la testa di lui» (Mc 6,27)
Martirio di S. Giovanni Battista (Mc 6,17-29)
Il brano di Matteo, oggi, ci chiama ad una vigilante attesa del ritorno del Signore, comportandoci da servi impegnati e disponibili. Chi si lascia andare troverà alla fine amare sorprese.
Poiché non sappiamo quando arriverà è necessario vegliare.
Il Povero assisano fece dell’atteggiamento di solerte attesa e veglia il motivo conduttore del suo percorso di fede.
Non solo vegliava in preghiera, aspettando sempre la Venuta del suo Signore, ma si studiò di incarnare la Parola servendo e amando i suoi frati e ogni creatura.
In tal senso le Fonti c’informano e fanno da testimoni credibili della sua semplice vita evangelica.
Leggiamo:
“Egli alzava sempre le mani al cielo in favore dei veri Israeliti, e a volte, dimentico di sé, provvedeva prima alla salvezza dei fratelli.
Si prostrava ai piedi della Maestà divina, offriva un sacrificio spirituale per i suoi figli, e piegava Dio a beneficarli.
Vegliava con trepido amore sul piccolo gregge, che si era condotto dietro, perché non gli capitasse che, dopo aver lasciato questo mondo, perdesse anche il cielo.
Ed era convinto che un giorno sarebbe rimasto senza gloria, se nello stesso tempo non ne avesse reso meritevoli e partecipi quanti gli erano stati affidati, e che il suo spirito dava alla luce con dolore maggiore di quello provato dalle viscere materne” (FF 760).
Vegliava con amore di padre e madre sui figli spirituali che Dio gli aveva donato e con grande sollecitudine e lungimiranza.
Vegliava con ardore per poter vivere ogni giorno quanto Gesù gli aveva rivelato nel suo cammino.
Vegliava paternamente sulle Povere Dame di S. Damiano, su quelle pianticelle nate dalla medesima chiamata: vocazione d’incarnare il santo Vangelo, annunciandolo ad ogni creatura sotto il cielo.
«Anche voi tenetevi pronti, perché nell’ora che non pensate il Figlio dell’uomo Viene» (Mt 24,44)
Giovedì della 21.a sett.T.O. (Mt 24,42-51)
Gesù punta il dito su scribi e farisei ipocriti. Essi si preoccupano d’inezie, invece di praticare la giustizia e la misericordia.
Sono sepolcri imbiancati, mostrano un’apparenza che fa solo da paravento, al putridume interiore.
Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.
Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.
Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:
“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).
Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:
«Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno.
Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi.
Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri» (FF 712).
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, poiché assomigliate a tombe imbiancate che all’esterno appaiono splendide, ma dentro sono piene di ossa di morti e di ogni impurità» (Mt 23,27)
Mercoledì 21.a sett. T.O (Mt 23,27-32)
Continuano i «Guai» pronunciati da Gesù nel Vangelo di Matteo.
Egli sferza l’ipocrisia dilagante, rimproverando la cura dell’esteriore che cozza con la fuliggine interiore.
Guardiamo la vita del Poverello attraverso le Fonti e nel merito.
Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.
Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.
Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:
“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).
Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:
" «Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno. Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi. Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri»" (FF 712).
Francesco fu cultore della verità, aborrendo ogni avidità e intemperanza.
Guardava al Padre che è nei cieli e attende da ognuno giustizia, fedeltà e misericordia.
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e [tra]lasciate i [punti] più gravi della Legge: il giudizio e la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23)
Martedì della 21.a sett. T.O. (Mt 23,23-26)
Il Vangelo di Matteo insiste sull’ipocrisia di scribi e farisei che chiudono, con il loro comportamento, il regno dei cieli davanti alla gente.
Guardando nelle Fonti scopriamo come tutto questo sia stato incarnato dal Povero d’Assisi in modo singolare.
Francesco era tanto avverso all’ipocrisia da mettere nella stessa Regola non Bollata (1221) uno specifico comma in merito:
«E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili» (FF 27).
Egli detestava ogni doppiezza come peste, e la denunciava pubblicamente anche a suo riguardo, se gli pareva di non aver vissuto secondo la Parola di Dio - temendo di non entrare nel Regno dei cieli e di non essere testimone credibile.
A tal riguardo le Fonti rivelano:
“Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l’eremo di Poggio*.
Francesco esordì a questo modo:
«Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venuti qui con devozione. Ebbene, ve lo confesso, in tutta questa Quaresima ho mangiato cibi conditi con lardo».
E così più di una volta attribuì a gola ciò che invece aveva concesso alla malattia” (FF 715).
Chiara stessa, impronta della Madre di Dio, esortò sempre la sua comunità a rifuggire ogni forma di falsità che catalogava come vera cecità.
Lei, Chiara per vita e virtù, si guardò sempre da questa peste che poteva rovinare la fraternità fra sorelle e impedire l’amore vicendevole.
«Ahimé per voi, scribi e farisei teatranti, poiché chiudete il regno dei cieli davanti alla gente» (Mt 23,13).
• S’intende Poggio Bustone, nella valle reatina.
Lunedì 21.a sett. T.O (Mt 23,13-22)
Simon, a Pharisee and rich 'notable' of the city, holds a banquet in his house in honour of Jesus. Unexpectedly from the back of the room enters a guest who was neither invited nor expected […] (Pope Benedict)
Simone, fariseo e ricco “notabile” della città, tiene in casa sua un banchetto in onore di Gesù. Inaspettatamente dal fondo della sala entra un’ospite non invitata né prevista […] (Papa Benedetto)
«The Russian mystics of the first centuries of the Church gave advice to their disciples, the young monks: in the moment of spiritual turmoil take refuge under the mantle of the holy Mother of God». Then «the West took this advice and made the first Marian antiphon “Sub tuum Praesidium”: under your cloak, in your custody, O Mother, we are sure there» (Pope Francis)
«I mistici russi dei primi secoli della Chiesa davano un consiglio ai loro discepoli, i giovani monaci: nel momento delle turbolenze spirituali rifugiatevi sotto il manto della santa Madre di Dio». Poi «l’occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima antifona mariana “Sub tuum praesidium”: sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, o Madre, lì siamo sicuri» (Papa Francesco)
The Cross of Jesus is our one true hope! That is why the Church “exalts” the Holy Cross, and why we Christians bless ourselves with the sign of the cross. That is, we don’t exalt crosses, but the glorious Cross of Christ, the sign of God’s immense love, the sign of our salvation and path toward the Resurrection. This is our hope (Pope Francis)
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Papa Francesco)
The basis of Christian construction is listening to and the fulfilment of the word of Christ (Pope John Paul II)
Alla base della costruzione cristiana c’è l’ascolto e il compimento della parola di Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
«Rebuke the wise and he will love you for it. Be open with the wise, he grows wiser still; teach the upright, he will gain yet more» (Prov 9:8ff)
«Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s)
These divisions are seen in the relationships between individuals and groups, and also at the level of larger groups: nations against nations and blocs of opposing countries in a headlong quest for domination [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: nazioni contro nazioni, e blocchi di paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
But the words of Jesus may seem strange. It is strange that Jesus exalts those whom the world generally regards as weak. He says to them, “Blessed are you who seem to be losers, because you are the true winners: the kingdom of heaven is yours!” Spoken by him who is “gentle and humble in heart”, these words present a challenge (Pope John Paul II)
È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore”, queste parole lanciano una sfida (Papa Giovanni Paolo II)
don Giuseppe Nespeca
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