Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Giovedì, 02 Ottobre 2025 01:37

Dito di Dio

Gesù attesta agli astanti che scaccia i demoni non per mezzo di Beelzebul ma con il Dito di Dio, per opera di Lui.

Come Gesù così Francesco ebbe tentazioni e fu grandemente provato dal demonio.

Ma il Dito di Dio, lo Spirito Santo, vinse in lui ogni battaglia, estendendo il Regno dei cieli nei cuori.

Come Francesco, anche Chiara incontrò prove in tal senso da cui, per la Grazia di Dio, uscì sempre immune, perché non divisa, ma totalmente unita a Cristo.

Le Fonti sono portavoci eloquenti di grande verità esistenziale e spirituale. Guardiamo cosa ci dicono nel merito.

“In quei luoghi doveva lottare corpo a corpo col demonio, che l’affrontava per spaventarlo non solo con tentazioni interiori, ma anche esteriormente con strepiti e rovine.

Ma Francesco, da fortissimo soldato di Cristo, ben sapendo che il suo Signore poteva tutto dovunque, non si lasciava per nulla intimorire, ma ripeteva in cuor suo:

«Non puoi, o maligno, scatenare contro di me le armi della tua malizia, in questi luoghi più di quanto mi faresti se fossimo tra la folla»” (FF 446).

E un frate, che da tempo veniva molestato dagli assalti del demonio e in pianto ai piedi di Francesco, fu da lui liberato:

“il Padre ne sentì pietà , e comprendendo che era tormentato da istigazioni maligne:

«Io vi ordino, o demoni, - esclamò - in virtù di Dio di non tormentare più d’ora in avanti il mio fratello, come avete osato finora».

Subito si dissipò quel buio tenebroso, il frate si alzò libero e non sentì più alcun tormento, come se ne fosse sempre stato esente” (FF 697).

Altresì Chiara fu più volte attaccata dal nemico.

“Mentre una volta piangeva, in piena notte, le apparve l’angelo delle tenebre in forma di nero fanciullo, e così la ammonì: Non piangere tanto, perché diventerai cieca!

Ma, rispondendogli lei subito:

«Non sarà cieco chi vedrà Dio», confuso si allontanò” (FF 3198).

E nella prima lettera alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, così Chiara si esprime:

«L’uomo coperto di vestiti non può pretendere di lottare con un ignudo, perché è più presto gettato a terra chi offre una presa all’avversario» (FF 1867).

I servi di Dio, nella loro semplicità, hanno le idee chiare, perché guidati dal Dito di Dio - e non mollano la Vocazione autentica.

 

«Ma se con il Dito di Dio io scaccio i demoni, quindi è arrivato per voi il regno di Dio» (Lc 11,20)

 

 

Venerdì 27.a sett. T.O.  (Lc 11,15-26)

Mercoledì, 01 Ottobre 2025 05:03

Il Padre darà Spirito Santo, non mosche

Il capitolo undici di Luca continua evidenziando come la preghiera fiduciosa e perseverante non solo ottiene quanto chiesto, ma di più: il grande dono dello Spirito Santo.

Nelle Fonti è magnifico l’esempio di Francesco.

Povero delle cose del mondo ma ricco dello Spirito di Dio, il Poverello considerava il Signore come Grande Elemosiniere che dona largamente a chi confida in Lui.

Nelle Fonti troviamo un episodio indicativo:

“Il servo di Dio, che si era molto aggravato, dal luogo di Nocera veniva ricondotto ad Assisi, da una scorta di ambasciatori, che il devoto popolo assisano aveva inviato.

Gli accompagnatori, col servo di Dio, giunsero in un villaggio poverello, chiamato Satriano.

Siccome l’ora e la fame facevano sentire il bisogno di cibo, andarono a cercarlo per il paese. Ma, non trovando niente da comprare, tornarono a mani vuote.

Allora il Santo disse a questi uomini:

«Se non avete trovato niente, è perché avete più fiducia nelle vostre mosche che in Dio (col termine ‘mosche’ egli indicava i denari).

Ma tornate indietro nelle case da cui siete passati e domandate umilmente l’elemosina, offrendo come pagamento l’amor di Dio.

E non crediate che questo sia un gesto vergognoso e umiliante: è un pensiero sbagliato, perché il Grande Elemosiniere, dopo il peccato, ha messo tutti i beni a disposizione dei degni e degli indegni, con generosissima bontà».

I cavalieri mettono da parte il rossore, vanno spontaneamente a chiedere l’elemosina e riescono a comprare con l’amor di Dio quello che non avevano ottenuto con i soldi.

Difatti quei poveri abitanti, commossi e ispirati da Dio, offrirono generosamente non solo le cose loro, ma anche se stessi.

E così avvenne che la povertà di Francesco sopperisse all’indigenza, che il denaro non aveva potuto alleviare” (FF 1130).

D’altra parte il Servo del Signore in tutta la sua vita aveva sempre creduto che Dio offre molto più di quel pensiamo, donando Spirito Santo - Somma di tutte le cose buone.

Infatti nella Regola bollata (1223) Francesco afferma che bisogna «desiderare sopra ogni cosa […] di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione» (FF 104), il Quale riposa su quanti vivono il Vangelo con fedeltà.

Il Povero di Cristo, infatti, Lo considerava Ministro dell’Ordine.

E diceva:

«Presso Dio […] non vi è preferenza di persone e lo Spirito Santo, ministro generale dell’Ordine, si posa egualmente sul povero ed il semplice» (FF 779).

 

«Quanto più il Padre che è dal Cielo darà Spirito Santo a quelli che gli chiedono» (Lc 11,13b)

 

 

Giovedì della 27.a sett. T.O.  (Lc 11,5-13)

Martedì, 30 Settembre 2025 05:00

La Grazia della Relazione orante

Dopo aver pregato, Gesù riceve dai discepoli la richiesta d’insegnare loro a pregare.

Così dona loro il ‘Padre nostro’.

Se andiamo a guardare nelle Fonti francescane ci accorgiamo quanto fosse importante per il Poverello la preghiera.

Francesco, l’Araldo del Gran Re, non era più tanto un uomo che pregava quanto una creatura fatta preghiera.

E come i discepoli nel vedere pregare Gesù gli chiesero d’insegnar loro a pregare, così i frati che ebbero la fortuna di vedere immerso in orazione Francesco, domandarono a lui d’insegnare loro.

“Quando, poi, i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite:

«Padre nostro» e «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua Santa croce, hai redento il mondo» (FF 1068).

“Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e […] a confessare schiettamente la verità della fede” (FF 1069).

E nei suoi scritti (nello specifico, la Parafrasi del «Padre nostro»):

«O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e Salvatore nostro. Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu Signore, sei luce: infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene» (FF 266- 267).

Raccomandava ai suoi frati di non trascurare l’orazione. Infatti:

“«Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione» e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all’orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso, non solo il cuore e il corpo ma anche l’attività e il tempo” (FF 1176).

 

«Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno» (Lc 11,2)

 

 

Mercoledì della 27.a sett. T.O.  (Lc 11,1-4)

Lunedì, 29 Settembre 2025 05:45

Servire i fratelli, e sosta negli eremi

Francesco d’Assisi, il Sapiente e il Minimo di Dio, ebbe sempre chiara nella sua coscienza l’importanza e la necessità della vita contemplativa, temperata dal lavoro che tiene lontano l’ozio e che conforma a Cristo. Lo esigeva per sé e per i suoi frati. Arrivò a dire che servire i fratelli vale più di ogni sosta negli eremi, dove lui stesso amava recarsi, quando poteva.

Leggiamo nei suoi scritti: “Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio” (FF 119).

Inoltre: “Siamo convinti che […] siano stati rimproverati assai quelli che negli eremitori vivono in modo diverso. Molti infatti trasformano il luogo della contemplazione in ozio e il modo di vivere eremitico, istituito per consentire alle anime la perfezione, lo riducono ad un luogo di piacere […] Certo questo rimprovero non è per tutti. Sappiamo che vi sono dei Santi […] che nell’eremo seguono ottime leggi” (FF 765).

Anche tra i frati si discuteva se vivere di contemplazione o azione, infatti nella Leggenda Maggiore è scritto:

”Mentre, saldi nel santo proposito, affrontavano la valle Spoletana, si misero a discutere se dovevano passare la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari. 

Ma Francesco, il servo di Cristo, non confidando nell’esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina.

Venne così illuminato con una risposta dal Cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime […] E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF1066).

Ma l’amore per l’orazione e l’ascolto della Parola accompagnò sempre il suo agire e quello dei suoi frati.

“La dedizione instancabile alla preghiera […] aveva fatto pervenire l’uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che […] scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto. Leggeva i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF1187).

Trasformato in preghiera, senza venir meno ai servizi:

Francesco aveva una predilezione speciale per la Parola di Dio e in lui, senza venir meno ai servizi da rendere al prossimo, primeggiava sempre l’ascolto di quanto il Signore chiedeva o insegnava, fissandolo bene nella sua mente.

Aveva scelto la parte buona che nessuno avrebbe potuto togliergli. 

Infatti le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore La sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.

E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione […]

Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra al suo Dio” (FF 681).

“Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tal modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).

Aveva compreso l’essenza del Vangelo.

Quando era infermo e pieno di dolori, a un frate che da Francesco aveva appreso a rifugiarsi nelle Scritture e che ora lo invitava a farsela leggere per averne sollievo, il Santo rispose:

«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho bisogno di più, Figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).

Domenica, 28 Settembre 2025 17:58

Allievi della Compassione

Gesù, a colui che chiede: «E chi è a me prossimo?» (Lc 10,29) risponde raccontando una vicenda.

Dinanzi a chi giace a terra non bisogna passare oltre, bensì soccorrerlo, prendersene cura, perché ogni persona malmenata è: proprio prossimo, chiunque sia.

Il Poverello, che aveva ricevuto misericordia dal Signore, aveva bene imparato la lezione per applicarla "sine glossa", letteralmente verso tutti, incominciando dai più bisognosi ed emarginati del suo tempo.

L’incontro del Poverello con i lebbrosi costituisce una pagina fondamentale della sua crescita nello Spirito.

Crocevia che lo modifica profondamente e cambia le coordinate della vita interiore.

Per quegli sfortunati prova compassione e “passione”, disposto ad aiutarli in ogni modo, perché scrigno del Servo Sofferente.

Leggiamo nel suo meraviglioso Testamento:

«Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi Misericordia.

E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF 110).

Così “il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente […]

La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza il loro ricovero, si turava il naso con le mani.

Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per Grazia e virtù dell’Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò.

Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria” (FF 348).

E Francesco di lebbrosi ne guarì molti:

“Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco, è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute” (FF 564).

La cura riservata da lui ai lebbrosi, quale Buon Samaritano del Vangelo, si trasformerà, per dono del Signore, in potenza ed efficacia nel guarire le malattie del corpo e dello spirito.

Aveva compassione viscerale di queste anime abbandonate a se stesse e visse alla lettera il Vangelo dei derelitti e dei messi ai margini, amando con straordinaria predilezione i Lazzaro del suo tempo e oltre.

 

«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37)

 

 

Lunedì 27.a sett. T.O.  (Lc 10,25-37)

Sabato, 27 Settembre 2025 05:11

Fede e umiltà

In questa domenica ventisettesima del tempo ordinario la Liturgia pone attenzione al brano lucano in cui gli apostoli chiedono a Gesù:

«Accresci in noi la fede!» (Lc 17,5).

Attraversando le Fonti, c’imbattiamo in un brano del Celano, tratto dalla Vita seconda, in cui Francesco viene chiamato a rafforzare la propria fede in Dio in un momento particolare del suo cammino.

"Ad un certo momento della sua vita, il Padre subì una violentissima tentazione di spirito, sicuramente a vantaggio della sua corona.

Per questo, era angustiato e pieno di sofferenza, mortificava e macerava il corpo, pregava e piangeva nel modo più penoso.

Questa lotta durò più anni. Un giorno, mentre pregava in Santa Maria della Porziuncola, udì in spirito una voce:

«Francesco, se avrai fede quanto un granello di senapa, dirai al monte che si sposti ed esso si muoverà».

«Signore, - rispose il Santo - qual è il monte, che io vorrei trasferire?».

E la voce di nuovo:

«Il monte è la tua tentazione».

«O Signore, - rispose il Santo in lacrime - avvenga a me, come hai detto».

Subito sparì ogni tentazione e si sentì libero e del tutto sereno nel più profondo del cuore (FF 702).

Così accade quando ci si apre alla Grazia! Essa trasforma ogni cosa, rafforzando l’uomo interiore.

Anche Chiara fu maestra di fede per la sua fraternità damianita.

Così si rivolge, infatti, in una lettera a Ermentrude di Bruges:

«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita. Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna…

Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono» (FF 2914).

 

Domenica 27.a T.O. anno C  (Lc 17,5-10)

Venerdì, 26 Settembre 2025 05:10

La santa umiltà confonde la superbia

Oggi è la Festa di colui che ha dato senso e radici al Francescanesimo. Il Vangelo scelto è quello di Gesù che rivolto al Padre Lo ringrazia per aver rivelato i Misteri del Regno ai piccoli. E lui, Francesco è il Piccolo, il mite per antonomasia.

Nelle Fonti la piccolezza di questo Gigante del Vangelo è compendiata così:

“Altra volta ebbe a confessare ai compagni:

«Tra le altre grazie, L’Altissimo mi ha largito questa: obbedirei al novizio entrato nell’Ordine oggi stesso, se fosse mio guardiano, come si trattasse del primo e più attempato dei fratelli.

Invero, il suddito non deve considerare nel prelato l’uomo, bensì Colui per amore del quale si sottomette a un uomo».

Disse pure:

«Non ci sarebbe un prelato nel mondo intero, temuto dai sudditi e fratelli suoi quanto il Signore farebbe che io fossi temuto dai miei frati, qualora lo volessi.

Ma L’Altissimo mi ha donato questa grazia: sapermi adattare a tutti, come fossi il più piccolo frate nell’Ordine».

Abbiamo visto con i nostri occhi ripetute volte, noi che siamo vissuti con Francesco, la verità di questa sua affermazione.

A più riprese, quando taluni frati non lo sovvenivano nelle sue necessità, o gli veniva rivolta qualche parola che produceva agitazione, subito il Santo si ritirava a pregare.

E tornandone, non voleva ricordare lo sgarbo, col dire: ‘Quel frate mi ha trascurato!’, oppure: ‘Mi ha detto questa parola’.

E quanto più si avvicinava alla morte, tanto più si preoccupava di vivere e morire in tutta la perfezione dell’umiltà e povertà” (FF 1663).

Era umile e mite non solo con i superiori ma pure con i pari e quelli inferiori, contento di essere ammonito e corretto da loro.

Un giorno, attraversando il campo di un contadino su un asinello, perché debole, questi gli fece presente di essere nella vita davvero quanto si diceva di lui:

‘Guarda - disse il contadino - di essere tanto buono quanti tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera’.

Francesco a queste parole, scese dall’asino e, prostratosi davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo che si era degnato di ammonirlo […]

Si riteneva vile davanti a Dio e agli uomini” (FF 726).

E nel Saluto alle Virtù, da lui scritto, leggiamo:

«La santa umiltà / confonde la superbia/ e tutti gli uomini che sono nel mondo/ e similmente tutte le cose che sono nel mondo» (FF 258).

 

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25)

 

 

S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia  (Mt 11,25-30)

Giovedì, 25 Settembre 2025 09:19

«Aumenta la nostra Fede»: servi di nessun conto

Giovedì, 25 Settembre 2025 02:34

Perché agli uccelli

Nel Vangelo di oggi Gesù rimprovera le città che, pur avendo ricevuto meravigliosi benefici, non si erano convertite. Echeggia:

«Ahimé per te, Corazin! Ahimé per te Betsàida!» (Lc 10,13).

All’orizzonte campeggia il Giudizio attuale.

Gesù sottolinea la mancanza di ascolto e il disprezzo verso i suoi inviati: è come se tutto questo lo facessero direttamente a Lui.

 

Francesco d’Assisi fu profondamente grato a Dio per averlo tratto dalla vita cortese e svagata del mondo al servizio del Vangelo.

Ma come ogni autentico profeta, anche Francesco incontrò nel suo cammino di fede il disprezzo degli uomini.

Tuttavia da vero discepolo di Cristo che ama conformarsi al Signore pure in questo - non smise di annunciare la conversione e penitenza a tutti, diffondendo ovunque la Parola di Dio e predicando persino agli uccelli:

“Si dice che Francesco, in viaggio con i compagni per città e borgate, giungesse in una città per predicarvi la Parola di Dio. Ma appena ebbe cominciato il discorso, i cittadini del luogo, osservandolo in quella strana foggia di vestito, lo scacciarono dalla città, come un pazzo.

Allora Francesco, uscito verso la campagna e stando sulla strada pubblica, osservò in un campo una gran quantità di uccelli di diverse specie, intenti a beccare.

Si rivolse a loro e li chiamò vicini a sé, come se parlasse ad uomini; e subito, al suo richiamo, si radunò attorno a lui tal moltitudine d’uccelli d’ogni specie, che si diceva di non averne mai visti tanti da quelle parti” (FF 2307).

Chi ascolta i Profeti di Dio ascolta Dio stesso e chi non li ascolta rifiuta Dio stesso.

Ma, altresì, Francesco non si fermò dinanzi al disprezzo degli uomini, perché sapeva che il discepolo non è più del suo Maestro, e tanto insegnava ai suoi frati.

Infatti le Fonti ancora attestano al riguardo.

Francesco sosteneva che se capitasse, dopo la convocazione dell’assemblea capitolare, di essere chiamato a predicare la Parola di Dio e subito dopo venire rifiutato, dovrebbe comunque esserne contento.

«Mi alzo e predico secondo l’ispirazione dello Spirito Santo. Finisco il sermone.

Supponiamo che allora, dopo averci pensato, concludano dicendomi:

“Non vogliamo che tu regni sopra di noi, perché non sai parlare, sei troppo semplice, ci vergogniamo di avere a capo una persona così incolta e incapace. D’ora in avanti non avere la pretesa di chiamarti nostro prelato!”. E così dicendo mi cacciano, vilipendendomi.

Ebbene, non potrei considerarmi vero frate minore, se non resto ugualmente sereno quando mi vilipendono e ignominiosamente mi cacciano via […] come quando mi onorano […] purché il loro vantaggio sia lo stesso […] qui infatti c’è sicuro guadagno per l’anima» (FF 1639).

 

«Tuttavia per Tiro e Simone sarà più sopportabile nel giudizio che per voi» (Lc 10,14)

 

 

Venerdì 26.a sett. T.O.  (Lc 10,13-16)

Mercoledì, 24 Settembre 2025 16:53

Piccolino e inesperto, da due spiccioli

Dinanzi ai discepoli che discutono su chi fosse il più grande tra loro, Gesù li educa ponendo dinanzi allo sguardo un bambino. Questi è misura della loro grandezza.

Dunque: accoglienza e piccolezza sono le credenziali per il Regno.

Piccolo di statura, ma veramente dotato di quella piccolezza che rende bambini nel cuore.

Francesco si preoccupò sempre di non scandalizzare i piccoli di cui parla Gesù nel Vangelo.

L’autorevolezza delle Fonti c’informa:

“Spesso pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza immensa, al punto da ritenere che sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l’avesse sorretto con il suo conforto” (FF 1139).

Francesco stesso si definiva «Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione […]

Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).

Ancora: “Nient’altro possedeva, il Povero di Cristo, se non due spiccioli da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima” (FF 1167).

E ai suoi frati insegnava e raccomandava la piccolezza in ogni vicenda lieta o triste:

“La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole” (FF 1075).

Oh quale grande amore aveva per gli Angeli!

Le Fonti francescane ci raccontano che “agli spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che infiamma le anime degli eletti e le fa penetrare in Dio, era unito da un inscindibile vincolo d’amore […]

Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il compito di presentare le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale amore, dettato dal suo fervido zelo per la salvezza delle anime” (FF 1166).

 

«Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli perché vi dico che i loro angeli nei cieli vedono incessantemente il volto del Padre nei cieli» (Mt 18,10)

 

 

Ss. Angeli Custodi, 2 ottobre

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Pride compromises every good deed, empties prayer, creates distance from God and from others. If God prefers humility it is not to dishearten us: rather, humility is the necessary condition to be raised (Pope Francis)
La superbia compromette ogni azione buona, svuota la preghiera, allontana da Dio e dagli altri. Se Dio predilige l’umiltà non è per avvilirci: l’umiltà è piuttosto condizione necessaria per essere rialzati (Papa Francesco)
A “year” of grace: the period of Christ’s ministry, the time of the Church before his glorious return, an interval of our life (Pope Francis)
Un “anno” di grazia: il tempo del ministero di Cristo, il tempo della Chiesa prima del suo ritorno glorioso, il tempo della nostra vita (Papa Francesco)
The Church, having before her eyes the picture of the generation to which we belong, shares the uneasiness of so many of the people of our time (Dives in Misericordia n.12)
Avendo davanti agli occhi l'immagine della generazione a cui apparteniamo, la Chiesa condivide l'inquietudine di tanti uomini contemporanei (Dives in Misericordia n.12)
Addressing this state of mind, the Church testifies to her hope, based on the conviction that evil, the mysterium iniquitatis, does not have the final word in human affairs (Pope John Paul II)
Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla convinzione che il male, il mysterium iniquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane (Papa Giovanni Paolo II)
Jesus reminds us today that the expectation of the eternal beatitude does not relieve us of the duty to render the world more just and more liveable (Pope Francis)
Gesù oggi ci ricorda che l’attesa della beatitudine eterna non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo (Papa Francesco)
Those who open to Him will be blessed, because they will have a great reward: indeed, the Lord will make himself a servant to his servants — it is a beautiful reward — in the great banquet of his Kingdom He himself will serve them [Pope Francis]
E sarà beato chi gli aprirà, perché avrà una grande ricompensa: infatti il Signore stesso si farà servo dei suoi servi - è una bella ricompensa - nel grande banchetto del suo Regno passerà Lui stesso a servirli [Papa Francesco]
At first sight, this might seem a message not particularly relevant, unrealistic, not very incisive with regard to a social reality with so many problems […] (Pope John Paul II)
A prima vista, questo potrebbe sembrare un messaggio non molto pertinente, non realistico, poco incisivo rispetto ad una realtà sociale con tanti problemi […] (Papa Giovanni Paolo II)
At first sight, this might seem a message not particularly relevant, unrealistic, not very incisive with regard to a social reality with so many problems […] (Pope John Paul II)
A prima vista, questo potrebbe sembrare un messaggio non molto pertinente, non realistico, poco incisivo rispetto ad una realtà sociale con tanti problemi […] (Papa Giovanni Paolo II)
There is work for all in God's field (Pope Benedict)
C'è lavoro per tutti nel campo di Dio (Papa Benedetto)
The great thinker Romano Guardini wrote that the Lord “is always close, being at the root of our being. Yet we must experience our relationship with God between the poles of distance and closeness. By closeness we are strengthened, by distance we are put to the test” (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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