Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Venerdì, 18 Luglio 2025 03:43

Nati e generati in una religione poverella

Francesco, il Piccolo di Dio, spesso istruiva i suoi frati a non essere servitori della zizzania seminata nel mondo dal maligno, a non seguire le sue logiche perverse e anti evangeliche. Raccomandava loro di vivere la Parola seminata da Cristo. 

Troviamo, infatti, nei suoi scritti:

«Tutti quelli e quelle che […] camminano dietro la cattiva concupiscenza […] e non osservano quelle cose che hanno promesso al Signore e servono […] alle sollecitudini del mondo e alle preoccupazioni di questa vita: costoro sono prigionieri del diavolo, del quale sono figli e fanno le opere; sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo. Non hanno la Sapienza spirituale, poiché non posseggono il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre» (FF 178/4).

Altresì, come ebbe a spiegare al Sommo Pontefice da cui si recò per l’approvazione della Regola, i figli di Dio non hanno da temere:

«Non c’è da temere che muoiano di fame i figli ed eredi dell’Eterno Re; perché essi, a somiglianza di Cristo, sono nati da una madre povera, per virtù dello Spirito Santo e sono stati generati, per virtù dello spirito di povertà, in una religione poverella.

Se, infatti, il Re del Cielo promette ai suoi imitatori il Regno Eterno, quanto più provvederà per loro quelle cose che elargisce senza distinzione ai buoni e ai cattivi» (FF 1064).

 

«Il campo buono è il mondo; il buon seme, questi sono i figli del Regno. Invece le zizzanie sono i figli del malvagio» (Mt 13,38)

 

 

Sabato della 16.a sett. T.O.  (Mt 13,24-30)

Giovedì, 17 Luglio 2025 04:09

«Tra voi non così»

Nel Vangelo di oggi Gesù insegna ai suoi discepoli l’umiltà e la grandezza del servire.

Chi vuole diventare grande sarà primo nel servizio. Rispetto a quello imperiale, ben diverso è il criterio evangelico - che eleva chi si fa ultimo e non domina.

Grazie alla luce ricevuta dallo Spirito, Francesco e Chiara avevano imparato ad incarnare la Parola di Dio quotidianamente.

Destinatario del loro agire era il Cristo da riconoscere e servire nei frati o nelle sorelle, ma pure da soccorrere in quanti bussavano alla porta o incontravano lungo la strada.

I figli del Regno dei cieli non dominano, ma servono umilmente il prossimo.

I discepoli di Gesù non ambiscono a posizioni di prestigio, bensì a conformarsi all’identikit delineato dalle Beatitudini.

Da qui la comprensione attiva di quanto le Fonti propongono.

"Occupavano [i frati] la giornata nell’orazione e lavorando con le loro mani, in maniera da evitare risolutamente l’ozio, nemico dell’anima […]

Si amavano l’un l’altro con un affetto profondo, e a vicenda si servivano e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo unico figlio teneramente amato.

Tale era l’affetto che ardeva loro in cuore, che erano pronti a consegnarsi alla morte senza esitare, non solo per amore di Cristo, ma anche per salvare l’anima o il corpo dei fratelli" (FF 1446).

 

«Come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita, riscatto per molti» (Mt 20,28).

 

E la stessa Chiara, chiusa fra le mura damianite, offriva in semplicità alle sorelle la testimonianza di un servizio a tutto campo.

"Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano.

Malvolentieri imparte appena qualche ordine: ma fa da sé spontaneamente, preferendo eseguire lei stessa piuttosto che comandare alle sorelle" (FF 3180).

"Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore" (FF 3181).

Il Minimo e la Povera di San Damiano avevano ricevuto in dono un cuore puro, infiammato dalla Carità, al servizio del Regno.

Guardando Gesù, Autore e Perfezionatore della legge, avevano acquisito la Sua fisionomia di servitori fraterni, per riscattare le moltitudini.

 

 

San Giacomo apostolo  (Mt 20,20-28)

Mercoledì, 16 Luglio 2025 04:22

A chi ha cuore aperto sarà dato!

Il brano di Matteo, che la liturgia propone oggi, mette in rilievo un Gesù che sottolinea l’ascolto della Parola e l’apertura del cuore.

Le parabole da Lui illustrate non vengono comprese perché mancano queste due dimensioni esistenziali.

I Poveri assisani si distinsero per la loro grande capacità introspettiva e di accoglienza del messaggio del Regno.

Nello specifico, di Chiara così parla la  Bolla papale di canonizzazione «Clara Claris praeclara»:

" «Questo fu l’albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti […] e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti» " (FF 3294).

Il Regno di Dio trova sviluppo in queste singolari metafore di cui il Minimo d’Assisi e Chiara reclusa sono testimonianze plastiche e concrete.

Ma pure Francesco, come Gesù, parlava ai suoi frati in parabole. Le Fonti lo attestano in vari passi.

Quando voleva fare intendere loro il cammino che li attendeva per accogliere il Regno di Dio, richiamava alla mente varie parabole, attraversate dal tessuto evangelico.

Ne ricordiamo una fra le tante, con le quali annunciava la Parola che il Signore gli affidava.

Presentandosi al Papa, Gesù gli aveva fatto comprendere come doveva esprimersi.

"Egli, infatti, raccontò al Pontefice come Dio gliel’aveva suggerita, la parabola di un ricco re che con gran gioia aveva sposato una donna bella e povera e ne aveva avuto dei figli che avevano la stessa fisionomia del re, loro padre e che, perciò, vennero allevati alla mensa stessa del re.

Diede, poi, l’interpretazione della parabola, giungendo a questa conclusione:

«Non c’è da temere che muoiano di fame i figli ed eredi dell’eterno Re; perché essi, a somiglianza di Cristo, sono nati da una madre povera, per virtù dello Spirito Santo e sono stati generati, per virtù dello spirito di povertà, in una religione poverella.

Se, infatti, il Re del cielo promette ai suoi imitatori il Regno eterno, quanto più provvederà per loro quelle cose che elargisce senza distinzione ai buoni e ai cattivi».

Il Vicario di Cristo ascoltò attentamente questa parabola e la sua interpretazione e, pieno di meraviglia, riconobbe senza ombra di dubbio che, in quell’uomo, aveva parlato Cristo.

Ma si sentì rassicurato anche da una visione, da lui avuta in quella circostanza, nella quale lo Spirito di Dio gli aveva mostrato la missione a cui Francesco era destinato.

Infatti, come egli raccontò, in sogno vedeva che la Basilica del Laterano ormai stava per rovinare e che, un uomo poverello, piccolo e di aspetto spregevole, la sosteneva, mettendoci sotto le spalle, perché non cadesse.

«Veramente - concluse il Pontefice - questi è colui che con la sua opera e la sua dottrina sosterrà la Chiesa di Cristo»" (FF1064).

"Contando sulla grazia divina e sull’autorità papale, Francesco, pieno di fiducia, si diresse verso la valle Spoletana, pronto a praticare e insegnare il Vangelo" (FF 1065).

Anche queste parabole sono la narrazione dell’avvento del Regno di Dio, la sua espansione su un terreno disponibile come quello di Francesco e Chiara e i loro incredibili sviluppi.

Loro compresero le parabole narrate da Gesù, poiché non avevano chiuso occhi ed orecchi, ma offerto a Dio un cuore in ascolto.

 

 

Giovedì della 16.a sett. T.O.  (Mt 13,10-17)

Martedì, 15 Luglio 2025 04:44

Vera vite e veri tralci

Nella festa di S. Brigida patrona d’Europa la liturgia ci offre un brano tratto dal Vangelo giovanneo.

In esso Gesù ci ricorda che Lui è la vera vite e il Padre suo l’agricoltore. Solo chi rimane unito a Gesù porterà molto frutto.

Francesco, da quando aveva incontrato il Signore, si era convinto che solo dimorando nel suo amore sarebbe andato lontano, insieme ai suoi.

Nelle Fonti c’è un brano che illustra quanto detto.

"Francesco pastore del piccolo gregge, ispirato dalla Grazia divina, condusse i suoi dodici frati a Santa Maria della Porziuncola, perché voleva che l’Ordine dei minori crescesse e si sviluppasse, sotto la protezione della Madre di Dio, là dove, per i meriti di lei, aveva avuto inizio.

Là, inoltre, divenne araldo del Vangelo. Incominciò, infatti, a percorrere città e villaggi e ad annunziarvi il regno di Dio, non basandosi su discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla dimostrazione di spirito e di potenza.

A chi lo vedeva, sembrava un uomo dell’altro mondo: uno che, la mente e il volto sempre rivolti al cielo, si sforzava di attirare tutti verso l’alto.

Da allora la vigna di Cristo incominciò a produrre germogli profumati del buon odore del Signore, e frutti abbondanti con fiori soavi di grazia e di santità" (FF 1072).

Francesco s’impegnò a far sì che la sua fraternità rimanesse ben unita a Gesù, vera Vite, affinché in Santa Maria della Porziuncola echeggiasse stabilmente la linfa dello Spirito e la Trinità dimorasse in loro e fra loro.

Sapeva bene che senza l’aiuto di Dio non sarebbe stato possibile fare nulla, neppure perseverare nella chiamata-missione ricevuta.

Durante tutta la sua vita si adoperò perché la vigna estesa dei frati minori rendesse a Dio frutti saporosi e mai si allontanasse dal Vangelo, Custodia divina.

Chiara altresì fu Madre prudente, consumatasi perché le sue figlie e sorelle s’impegnassero a rimanere nella Parola di Dio e nella comunione.

L’austerità di vita abbracciata era mitigata dall’amore profondo con cui entrambi furono tralci tenacemente avvinti alla Vite di Cristo.

 

«Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, questi porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5)

 

 

S. Brigida di Svezia  (Gv 15,1-8)

Nella festa di S.Maria Maddalena la Liturgia ci propone il brano di Giovanni che la riguarda più da vicino, come pure interpella ogni anima nel suo percorso di ricerca del Maestro.

«Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).

Maria di Magdala piangeva il suo Signore, vicino al sepolcro. Smarrita e addolorata, si affliggeva non sapendo dove fosse, fin quando Gesù si fece presente.

Anche Chiara, nel chiuso di San Damiano, piangeva durante l’orazione per il suo Cristo, unendosi alla sua Passione, nell’attesa della Risurrezione.

Nella Leggenda leggiamo:

"Aveva ormai fissato nella Luce lo sguardo ardentissimo del desiderio interiore e, trascesa la sfera delle vicissitudini umane, spalancava in tutta la sua ampiezza il campo del suo spirito alla pioggia della Grazia.

[…]

Spessissimo, prostrata in orazione col volto a terra, bagna il suolo di lacrime e lo sfiora con baci: così che pare avere sempre tra le braccia il suo Gesù, i cui piedi inondare di lacrime, su cui imprimere baci" (FF 3197).

Chiara cercava interiormente il Signore, anche per coloro che non lo desideravano.

Si guardava dal trattenere Cristo che saliva al Padre, vivendo l’annuncio della Resurrezione con volto di luce, attestante la visione attuale di Lui ai fratelli che l’avvicinavano.

Visse il perenne Esodo terreno in vista della Terra promessa, che già assaporava a piccole dosi.

Francesco, dal canto suo, giullare della Risurrezione, piangeva la Passione d’Amore, corroborata dalla rinascita esistenziale.

Ancora, nella Leggenda maggiore di San Bonaventura:

"A chi lo vedeva, sembrava un uomo dell’altro mondo: uno che, la mente e il volto sempre rivolti al cielo, si sforzava di attirare tutti verso l’alto" (FF 1072).

Come Maria di Magdala ebbe a fare il passaggio dall’esterno [vicina al sepolcro] all’interno della propria anima e vicenda - per riconoscere Gesù Risorto.

Così Francesco, dopo essere vissuto all’esterno, fra allegre brigate assisane, aveva incontrato il «Rabbuni» all’interno del suo  cuore. Riconoscendo e decifrando il Maestro della sua vita, in orazione dinanzi al Crocifisso di San Damiano.

Lì ritrovando Dio, ritrovava se stesso; in mezzo al pianto e alla gioia perfetta.

Gesù rivolse pure a lui la domanda: «Perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).

Il Crocifisso damianita divenne il luogo della sua risurrezione, dove il pianto di una vita mancata, passata nei sollazzi, cedette il passo alla Chiamata per nome, in vista d’una rigenerazione personale e comunitaria.

A San Damiano, quando dal Crocifisso venne a lui una Voce divina che lo invitò a cambiare vita, il Povero pronunciò questa preghiera:

«Rapisca, ti prego, o Signore,

l’ardente e dolce forza del tuo amore

la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,

perché io muoia per amore dell’amore tuo,

come tu ti sei degnato morire

per amore dell’amore mio» (FF 277).

 

 

S. Maria Maddalena  (Gv 20,1-2.11-18)

Domenica, 13 Luglio 2025 02:30

Segno convincente

Nel Vangelo odierno scribi e farisei pretendono da Gesù un segno, dopo che Cristo ne aveva già dati tanti.

Ma l’unico segno salvifico dato al popolo dei credenti dal Padre è Cristo morto e Risorto.

Francesco, dopo la sua conversione, lo aveva ben compreso ed era divenuto lui stesso segno per quanti lo incontravano.

Le Fonti, infatti, parlano del servo di Dio così:

“Egli ebbe dal Cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono. Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo” (FF 1022).

Già, Francesco, trasformato in “Alter Christus” diventa il segno di Giona per tutti coloro che incontra. Persino per i briganti di Monte Casale che si convertono a Dio attraverso la sua testimonianza.

Infatti nelle Fonti leggiamo:

“In un eremitaggio situato sopra Borgo San Sepolcro, venivano di tanto in tanto certi ladroni a domandare del pane […] Ed ecco giungere in quel romitorio Francesco. I frati gli esposero il loro dilemma: dovevano oppure no donare il pane a quei malviventi?

Rispose il Santo: «Se farete quello che vi suggerisco ho fiducia nel Signore che riuscirete a conquistare quelle anime»” (FF 1646).

Così Francesco consigliò i suoi frati di comprare buon pane e vino, di andare nella selva e apparecchiare la tavola per loro.

«Questi contenti accorreranno a mangiare. Trattateli con rispetto e alla fine parlate loro della Parola di Dio, e che promettano di non trattare più male le persone».

I frati fecero come Francesco aveva loro detto e “i ladroni, per la misericordia e grazia che Dio fece scendere su di loro, ascoltarono ed eseguirono punto per punto le richieste espresse loro dai frati […] Finalmente, per la bontà di Dio e la cortesia e amicizia dei frati, alcuni di quei briganti entrarono nell’Ordine, altri si convertirono a penitenza, promettendo […] che da allora in poi non avrebbero più perpetrato quei mali e sarebbero vissuti con il lavoro delle loro mani” (FF 1646).

I veri testimoni del Vangelo sono sempre un segno eloquente per tutti.

 

«Una generazione malvagia e adultera ricerca un segno, e non le sarà dato un segno, se non il segno di Giona il profeta» (Mt 12,39)

 

 

Lunedì della 16.a sett. T.O.  (Mt 12,38-42)

Sabato, 12 Luglio 2025 04:37

Servire i fratelli, e sosta negli eremi

Francesco d’Assisi, il Sapiente e il Minimo di Dio, ebbe sempre chiara nella sua coscienza l’importanza e la necessità della vita contemplativa, temperata dal lavoro che tiene lontano l’ozio e che conforma a Cristo. Lo esigeva per sé e per i suoi frati. Arrivò a dire che servire i fratelli vale più di ogni sosta negli eremi, dove lui stesso amava recarsi, quando poteva.

Leggiamo nei suoi scritti: “Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio” (FF 119).

Inoltre: “Siamo convinti che […] siano stati rimproverati assai quelli che negli eremitori vivono in modo diverso. Molti infatti trasformano il luogo della contemplazione in ozio e il modo di vivere eremitico, istituito per consentire alle anime la perfezione, lo riducono ad un luogo di piacere […] Certo questo rimprovero non è per tutti. Sappiamo che vi sono dei Santi […] che nell’eremo seguono ottime leggi” (FF 765).

Anche tra i frati si discuteva se vivere di contemplazione o azione, infatti nella Leggenda Maggiore è scritto:

”Mentre, saldi nel santo proposito, affrontavano la valle Spoletana, si misero a discutere se dovevano passare la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari. 

Ma Francesco, il servo di Cristo, non confidando nell’esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina.

Venne così illuminato con una risposta dal Cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime […] E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini” (FF1066).

Ma l’amore per l’orazione e l’ascolto della Parola accompagnò sempre il suo agire e quello dei suoi frati.

“La dedizione instancabile alla preghiera […] aveva fatto pervenire l’uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che […] scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto. Leggeva i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF1187).

 

Trasformato in preghiera, senza venir meno ai servizi:

Francesco aveva una predilezione speciale per la Parola di Dio e in lui, senza venir meno ai servizi da rendere al prossimo, primeggiava sempre l’ascolto di quanto il Signore chiedeva o insegnava, fissandolo bene nella sua mente.

Aveva scelto la parte migliore, quella che nessuno avrebbe potuto togliergli. 

Infatti le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore La sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.

E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione […]

Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra al suo Dio” (FF 681).

“Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tal modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).

Aveva compreso l’essenza del Vangelo.

Quando era infermo e pieno di dolori, a un frate che da Francesco aveva appreso a rifugiarsi nelle Scritture e che ora lo invitava a farsela leggere per averne sollievo, il Santo rispose:

«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho bisogno di più, Figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).

 

 

16a Domenica T.O. anno C  (Lc 10,38-42)

Venerdì, 11 Luglio 2025 03:55

Servitore del Regno, non del rigidismo

Mt ci pone dinanzi la malizia dei leaders che vogliono eliminare Gesù, contrapposta alla Santità del Servo di Dio, il quale guarisce ogni malattia.

Sul Figlio è presente lo Spirito di Dio, Potenza grazie alla quale anche i suoi intimi annunzieranno la giustizia alle genti.

Francesco d’Assisi era davvero il figlio su cui era sceso lo Spirito del Signore, prediletto del Padre che per la sua umiltà e nascondimento risplendeva agli occhi dei frati e del mondo.

I frati, che lo avevano visto pregare, non avevano dubbi che su Francesco si fosse posato “lo Spirito del Signore […] in tutta la sua pienezza […] perciò la cosa più sicura per loro era seguire la sua dottrina e la sua vita" (FF 1071).

“Lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse, lo assisteva Cristo stesso […]

Era la sua parola, come un fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore […] Aveva il profumo e l’afflato della rivelazione divina”

(FF 1210).

E le Fonti mettono al corrente di un episodio che trasuda Spirito e servizio da tutte le parti; un Povero disposto ad essere davvero il Servo di Dio, come Gesù gli aveva insegnato.

"Mentre dimorava in una cella a Siena, una notte chiamò a sé i compagni che dormivano:

«Ho invocato il Signore - spiegò loro - perché si degnasse indicarmi quando sono suo servo e quando no. Perché non vorrei essere altro che suo servo. E il Signore, nella sua immensa benevolenza e degnazione, mi ha risposto ora:

«Riconosciti mio servo veramente, quando pensi, dici, agisci santamente».

«Per questo vi ho chiamati, fratelli, perché voglio arrossire davanti a voi, se a volte avrò mancato di queste tre cose» " (FF 743).

Per questo Francesco, sulle orme del Cristo in cui il Padre si compiacque, fu altresì il servitore e testimone inviato a guarire e annunciare il Regno.

Anche il Minimo, informato dall’amore e non dal legalismo farisaico, poté operare prodigi a servizio della salvezza.

 

«Ecco il mio servo, che ho scelto, il mio diletto» (Mt 12,18)

 

 

Sabato della 15.a sett. T.O.  (Mt 12,14-21)

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Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them (“Commentary on Matthew”, 65, 4: PG 58, 619-622) [Pope Benedict]
San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622) [Papa Benedetto]
St John Chrysostom explained: “And this he [Jesus] says to draw them unto him, and to provoke them and to signify that if they would covert he would heal them” (cf. Homily on the Gospel of Matthew, 45, 1-2). Basically, God's true “Parable” is Jesus himself, his Person who, in the sign of humanity, hides and at the same time reveals his divinity. In this manner God does not force us to believe in him but attracts us to him with the truth and goodness of his incarnate Son [Pope Benedict]
Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà” (Comm. al Vang. di Matt., 45,1-2). In fondo, la vera “Parabola” di Dio è Gesù stesso, la sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità. In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del suo Figlio incarnato [Papa Benedetto]
This belonging to each other and to him is not some ideal, imaginary, symbolic relationship, but – I would almost want to say – a biological, life-transmitting state of belonging to Jesus Christ (Pope Benedict)
Questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale (Papa Benedetto)
She is finally called by her name: “Mary!” (v. 16). How nice it is to think that the first apparition of the Risen One — according to the Gospels — took place in such a personal way! [Pope Francis]
Viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16). Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i Vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! [Papa Francesco]
Jesus invites us to discern the words and deeds which bear witness to the imminent coming of the Father’s kingdom. Indeed, he indicates and concentrates all the signs in the enigmatic “sign of Jonah”. By doing so, he overturns the worldly logic aimed at seeking signs that would confirm the human desire for self-affirmation and power (Pope John Paul II)
Gesù invita al discernimento in rapporto alle parole ed opere, che testimoniano l'imminente avvento del Regno del Padre. Anzi, Egli indirizza e concentra tutti i segni nell'enigmatico "segno di Giona". E con ciò rovescia la logica mondana tesa a cercare segni che confermino il desiderio di autoaffermazione e di potenza dell'uomo (Papa Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore, e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato (Papa Benedetto)
In reality, an abstract, distant god is more comfortable, one that doesn’t get himself involved in situations and who accepts a faith that is far from life, from problems, from society. Or we would even like to believe in a ‘special effects’ god (Pope Francis)

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