Già ribelle: Vocazione particolare
(Lc 2,41-52)
Il passo di Vangelo sconcerta, perché sembra ritrarre una famiglia distratta e un Gesù autentico, sorprendente, già scontroso e ribelle.
Lc scrive a più di mezzo secolo dalla morte e risurrezione del Signore, e vuol far trasparire la caratura di Fede e l’inclinazione delle sue comunità ancora in ricerca.
La storia cruenta del Maestro andava infatti compresa e interiorizzata come non era immediato intuire; neppure per i più intimi del Messia.
Sembra che la sacra Famiglia salisse a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua (v.41).
Prima che in Israele si diventasse adulti e tenuti all’osservanza della Torah [13 anni] già il nostro Adolescente mostra segni di vocazione particolare.
Dal tono della narrazione si nota un Gesù desideroso di abbeverarsi e immergersi nel Mistero ancora inespresso del Padre.
Sognando di scoprire la sua Volontà, si trattiene nella città santa per comprendere a fondo la Parola di Dio - senz’accontentarsi dei catechismi impersonali, abbreviati.
Le prime espressioni di Gesù nel terzo Vangelo segnano il carattere di tutta la sua vicenda.
Egli si distacca con decisione dalla religiosità dei ‘padri’ (v.49).
Inizia a prendere distanza dalle idee comuni anche alla sua famiglia di origine: non appartiene a un clan definito.
La sua sarà una proposta divina in favore di tutte le donne e gli uomini del mondo.
In tal senso, Gesù ha ancor più onorato la fedeltà a Dio dei suoi genitori (vv.51-52) accogliendo l’intero spirito dei loro insegnamenti, e scavando oltre - intuendone il significato ultimo.
Come dire: in Lui le sacre Scritture divengono accessibili, con la chiave di lettura dell’intera sua vicenda e Persona.
Vita per noi - anche prima del Battesimo e della vicenda pubblica.
Lc scrive per incoraggiare i credenti che ancora non comprendevano tutto della personalità [e l’esito drammatico] del nuovo Rabbi.
Come Giuseppe e Maria, essi dovevano rendersi conto che non è facile capire il Figlio di Dio e accettarne l’unicità di carattere, sino alla sconfitta terrena.
Nella figura della sacra Famiglia, anche noi siamo invitati a «tornare a Gerusalemme» (v.45).
Qui, osservando l’autonomia di Cristo, gradualmente sapremo aprirci alla vocazione inedita che portiamo dentro - perché ‘rinati’ in Lui.
E di fronte agli accadimenti sconcertanti, impareremo a custodire la Chiamata personale - come Maria.
Perché anche Lei non ha trovato facile introdursi nella sua Pasqua: il ‘passaggio’ dalla religione delle tradizioni e delle attese alla Fede nel Figlio.
Ma «conservava attraverso» Parola ed eventi (v.51b), senza fermarsi a metà.
Il movimento della Salvezza familiarizza tutti nelle dinamiche di smarrimento [dalle ristrettezze] e ritrovamento [di una Presenza dentro le difformi presenze] allo scopo di non restringere gli orizzonti.
[S. Famiglia di Nazaret (anno C)]
Sfumature e fermento dell’Amore
(Famiglia di Nazaret)
Come mai Gesù ha avuto parole così sublimi sull'Amore? E dove ha imparato il linguaggio dell'amore?
Dio ha voluto avere come icona di sé una Famiglia, affinché nell'esercizio delle virtù domestiche il cuore divenisse oasi di pace, e volgesse al dono.
Tra i tanti modi che aveva per venire ha scelto la fucina del focolare, perché esso resta la vera scuola dell'amorevolezza, il luogo in cui si manifesta completamente il progetto del Creatore.
La Famiglia è l’innesco e il sillabario dell'amore perché immagine della Trinità. Infatti lo scambio d'amore degli sposi col sostegno della fede e della preghiera diventa poesia che sorregge, e fa fiorire.
A meno che non faccia leva sulla fragilità dei sentimenti e su uno spirito di sopraffazione, la famiglia unita nella sottomissione reciproca acquista l'occhio di Dio e supera ogni prova.
Da tale intensità di relazione - così dotata di cifra soprannaturale - nasce poi la tenerezza, il sorriso dell'anima e un anticipo di Paradiso già sulla terra.
Amore sponsale: immagine della Trinità, che però non si chiude, non s'incarta, non ripiega. Il nucleo famigliare diviene trampolino di lancio per la missione, per l'ingresso in una famiglia senza steccati e barricate; ampia, universale.
Gesù ha fatto esperienza piena dell'amore materno, di un cuore di madre che batteva per il figlio; perché è sul cuore di madre che i figli riposano.
Ecco la caratteristica del genio femminile, nell'esperienza della gestazione, e nel poi della vita: è la sensibilità di chi ha concepito, fatto spazio dentro, lasciato crescere in grembo, generato al mondo, nutrito, educato-preparato e sostenuto... accogliendo, facendo maturare, rispettando l'identità dell'altro.
Cristo ha sperimentato l'amore paterno, più virile ed esigente, capace di custodia e protezione; ha fatto esperienza di un modello di laboriosità, di attenzione e presenza, così come di valigie sempre pronte (se necessario).
Come noi, anche il Maestro e Signore ha vissuto il diritto di ricevere amore, ma si è anche coinvolto nel saziare d'amore di figlio i suoi. Perché anche l'amore figliale fortifica la Famiglia e contribuisce a non sfaldarla.
Insomma, è in Famiglia che Gesù ha vissuto l'esperienza di tutte le sfumature dell'amore, in braccio a Maria e a fianco di Giuseppe. Questo il modello che oggi la liturgia propone perché anche noi attingiamo alle fonti perenni e non diventiamo pericolosi vasi di coccio, svuotati e vagabondi.
Ecco il segreto...
Nella Santa Famiglia di Nazaret non si trova opposizione o resistenza alla Parola di Dio. Non che i problemi fossero pochi o semplici, anzi; ma a differenza di ciò che accade in giro e forse anche nelle nostre case, i momenti di crisi, le difficoltà e persino le sventure non sono state motivo di allontanamento e disgregazione.
Gli ostacoli sono divenuti uno stimolo al dialogo, all'unione, al servizio verso il più debole e (al momento) più bisognoso di aiuto.
I due sposi si sono sempre mossi insieme, sono rimasti in sintonia, e con cuore e mente rivolti a Dio si sono trovati d'accordo nelle scelte. Non però per coltivare un egoismo da cerchia autosufficiente, ma per acquistare un calore che straripa.
Per il cristiano la Famiglia è nucleo della società e non può essere svalutata, ma essa non va considerata né vissuta come un idolo. Anche Gesù a un certo punto ha preso distanza da certe ristrettezze ambientali e si è aperto a orizzonti di più largo respiro.
È nato in una Famiglia, per diventare cittadino di ogni terra, perché ciascun figlio è dono di Dio a tutta l'umanità. Restringere le prospettive e compiacersi di un piccolo mondo di affetti e interessi che ignorano la fraternità universale significa svilire quella che resta una semplice tappa per balzare verso altre mète.
La Famiglia è sì una piccola Chiesa domestica voluta da Dio come abbecedario delle molte sfumature dell'amore [sponsale, materno, paterno, figliale] ma al pari di ‘fermento’.
Da piattaforma solida deve poi consentirci di spiccare arditamente il volo, con un balzo verso la vita.
Omelia ai giovani di Taizé, Roma 30.12.2012
[S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (29 dicembre 2024)]