(Mc 6,45-52)
Le comunità romane del tempo di Mc [anno dei quattro Cesari] erano in alto mare e i discepoli sembravano soli: il Maestro aveva ormai guadagnato la Terraferma (vv.46-47).
Al buio, pur volendo avanzare, le minuscole fraternità erano confuse dalla guerra civile in corso, emarginate dall’ideologia di potere, flagellate da vento contrario.
Usando parafrasi del libro dell’Esodo e di Isaia [nuovo Esodo], Mc cerca di aiutare le sue comunità a comprendere il Mistero della Persona di Gesù.
In particolare, la presenza del Padre in Lui, e quel ‘Qualcuno dentro qualcosa’: nelle vicende della loro esperienza di vita, lacerata anche da polemiche interne.
In tale crescita, ecco sorgere la consapevolezza essenziale del ‘Dio-con-noi’.
Solo il Risorto vince lo spavento degli sconvolgimenti, ma lo fa senza precipitarsi.
E vuole addirittura andare oltre le bufere in cui i discepoli sembrano incartarsi e smarrire (v.48).
Egli è privo di schemi assodati che lo inquadrino per sempre: sarebbe come renderlo evasivo e farlo perire. Infatti - come i discepoli di Emmaus - non lo riconoscono (vv.49-50).
Ma se tutti lo ospitassimo in modo semplice e schietto nella «barchetta» (v.51), sbalorditi in noi stessi [cf. testo greco] ci renderemmo conto che esiste un altro Regno, dove ogni elemento è in suo potere.
L’Amico invisibile guida e realizza infallibilmente, e fa giungere a «riva» (v.53) - ‘condizione definitiva’ che la forza delle onde non può intaccare, neanche quando avessimo la sensazione di essere trascinati altrove dai flutti.
Proprio nella condizione di pellegrini sballottati, nell’accostarsi alla sua Persona faremmo esperienza di una strana e ‘diversa stabilità’: il perdurare controcorrente.
Una traversata verso la libertà che ‘viene’… dall’aggrapparsi al solo ‘Gesù dentro’. Nel caos delle sicurezze, senza garanzie - perché il Signore non toglie da gorghi e situazioni oscillanti, per farci morire nelle norme, o nei conformismi attesi.
La nostra è una discorde permanenza, fluttuante; e attuante, ma nei rovesci.
La fatica di mettersi in discussione e la sofferenza che l’avventura della Fede riservano, sfumeranno anche tra i fastidi del mare mosso.
Basta sganciarsi da idee fisse di stabilità, anche religiosa, e ascoltare la vita così com’è, abbracciandola, perfino nella sua folla di urti, amarezze, speranze di armonia infrante, dispiaceri - intrattenendosi con questa fiumana di nuove emergenze, e incontrando la propria natura profonda.
Il miglior vaccino contro gli affanni dell’avventura insieme a Cristo sulle onde mutevoli dell’inatteso sarà proprio di non evitare a monte le preoccupazioni - anzi, andare loro incontro e accoglierle; riconoscersi, lasciarle fare.
Anche nel tempo della crisi globale, le apprensioni che sembra vogliano nuovamente devastarci, vengono a noi come energie preparatorie di altre gioie che desiderano irrompere - per nuove sintonie cosmiche; per lo stupore a partire da noi stessi. E guida dell’aldilà.
La nostra barchetta è in una stabilità invertita, capovolta, non pareggiabile; incerta, sconveniente - eppure energica, pungente, capace di reinventarsi.
Sarà perfino eccessiva, ma dai dissesti.
Feria propria del 9 gennaio