Porta stretta: non perché oppressiva
(Lc 13,22-30)
Il senso della prima domanda è: «La Salvezza è esclusiva?» (v.23). Certo che no - e neppure dispotica. Ma non basta dichiararsi “Amici”.
A mezzo secolo dalla crocifissione di Gesù, nelle comunità iniziano a manifestarsi i primi segni di rilassamento.
I privilegiati sono già fuori Casa [vv.25ss].
La loro vicenda mette in guardia dall’illusione di sentirsi “eletti”. E interroga i credenti. Come fare per collocarsi sulla strada giusta?
Occasione per capire se siamo sui passi che davvero ci appartengono è la revisione costante del rapporto con la Persona “inadeguata” del Cristo [la «Porta stretta»: v.24].
Secondo il Maestro non si diventa “migliori” ricalcando cliché abitudinari ostentati, scarsamente convinti e adempiuti per tran tran.
Insomma, chi opera molte cose per Dio (v.26) e non per i fratelli - o neppure si accorge che esistono - in realtà non rende onore al Padre.
Coloro che non si “sgonfiano”, non solo mancano di umiltà per farsi servitori, ma neppure attraversano gli interstizi dei muri in cui s’incunea lo Spirito.
Ci chiediamo però ancora sorpresi come può il Padre trascurare proprio i suoi che hanno tanto creduto in Lui, e prediligere addirittura i lontani, provenienti non si sa bene da dove.
Forse hanno amato come Lui. Non hanno avuto una “corretta” relazione con Dio, ma una giusta relazione con gli altri, sì.
È nel loro intimo che hanno conosciuto il Signore. Personalmente. E trasmigrando, hanno compiuto il loro Esodo.
Andando direttamente all’obiettivo, si sono interessati del frutto: ascolto, compassione, condivisione generosa dei beni - invece delle molte foglie.
Con gli occhi dell’anima, in queste persone del tutto prive di supponenza spirituale, la percezione degli orientamenti interiori ha vinto i pensieri e gl’idoli del costume a portata di mano.
Essi sono coloro che non si sono mai considerati troppo grandi.
Vale per noi: non sentirsi eccellenti e non avere pretese è dal Cristo valutato assai più delle carte in regola.
Egli definisce costoro «facitori di cose vane, facitori di cose morte» [Lc 13,27; il testo greco ha un sottofondo semita del genere: Sal 6,9 testo ebraico].
Si riferisce ai ‘tiepidi’ che vanno avanti per inerzia e ancora oggi partecipano alle manifestazioni esteriori con estrema superficialità.
Fanno corpo, ma personalmente non mettono in moto nulla. Non sono passati per la «Porta stretta» che è Gesù stesso.
Costringendolo a dire: «Non so ‘da’ dove voi siete» (vv.25-27).
I veri discepoli partecipano del Banchetto senza finzioni: non hanno fuggito il mondo, hanno lottato (v. 24) per farsi capaci di amare. Si sono compromessi.
In tal modo hanno saputo incontrare gli stati profondi di se stessi e accompagnare le eccentricità altrui, recuperandone gli opposti (v.30).
«Porta stretta»: non perché oppressiva.
[Mercoledì 30.a sett. T.O. 30 ottobre 2024]