Per non affievolire l’Incontro personale
(Gv 20,2-8)
In Gv il discepolo amato ai piedi della Croce insieme alla Madre è figura di ciascuno, e della nuova comunità che nasce attorno a Gesù.
Sorge la Chiesa; non sulla base d’una successione prevista, bensì per adesione piena e spontanea.
Nell’Asia Minore gli amici del Signore, ellenisti meno legati alle consuetudini, intendevano contrapporsi all’atteggiamento incerto e compromissorio dei giudaizzanti.
Buona parte dei fedeli delle chiese giovannee pensavano di abbandonare sinagoga e Primo Testamento, che li attardavano.
In alternativa, essi desideravano abbracciare esclusivamente il Nuovo, mediante la Fede personale nel Cristo vivo, senza incertezze.
Il quarto Vangelo tenta di riequilibrare le posizioni estremiste.
“Figlio” e Madre - ossia il popolo del Patto antico [in ebraico «Israèl» è di genere femminile] - devono rimanere uniti (Gv 19,26-27).
Insomma, Fede e opere di legge vanno di pari passo.
La Fede è una relazione progressiva che si accende in una ricerca colma di tensione e passione [«correre»].
Essa trasmette percezioni progressive, le quali fanno accedere a un mondo nuovo [«entrare»], dove ‘vediamo’ cose che non sappiamo.
Era già stata questa in parte la reazione costernata della Maddalena, che in Gv accorre sola alla tomba - non accompagnata da altre “donne” come narrano i sinottici.
Uno sgomento che però spinge all’Annuncio: il sepolcro (la condizione dello Sheôl, anfratto di tenebre) non era più nell’assetto in cui era stato lasciato dopo la sepoltura del Cristo.
E appunto, quel lenzuolo «ravvolto [con cura] a parte» dice che non avrà mai bisogno di alcun sudario. La morte non ha più potere su di Lui.
Così, sebbene il giovane sia più veloce del veterano e arrivi primo ad avvistare i segni della verità e del mondo nuovo, cede il passo.
Al pari d’un profeta che coglie tutto anzitempo, il discepolo schietto e la comunità genuina aspettano che anche gli attardati giungano alla medesima esperienza, all’identico acume delle cose; al credere nel misterioso processo che porta guadagno nella perdita e vita dalla morte.
L’occhio dell’innamorato percepisce immediatamente; ha lo sguardo intimo e acuto che afferra e fa propria la Novità del Risorto.
Prima dei semplici ammiratori, il fratello empatico e verace coglie Vita fra segni di morte.
Come se per relazione di Fede che ci anima, nell’attenzione degli accadimenti, fossimo già introdotti in una realtà che comunica ‘sensi nuovi’. E il distinguere-udire del cuore.
Un Ascolto che fa acuto l’occhio - proiettando l’Annuncio.
Sorge in tal guisa un nuovo Popolo, che “vede dentro”, che avverte l’Infinito affacciarsi nella finitezza, e vita completa che si svela nella fragilità dell’evento (persino oscuro).
Forse non pochi restano ancora sorpresi dalla «tomba vuota»: ossia un Gesù Risorto solo ‘personale’, vissuto nell’amore, nel gratis normale, nel dono di sé che vince la morte. Ma senza ‘mausoleo’ alcuno.
Il Discepolo Amato - sgorgato dal Cuore del Trafitto e che porta in vetta anche la Tradizione - nella sua sensibilità ‘avverte’ il Signore vivente ben prima di quello commemorato.
Ne viene rapito, e nella sua esperienza ‘si accorge’ all’istante della potenza della Vita su qualsiasi legaccio.
Condizione divina, illuminante, dispiegata nella storia.
[San Giovanni Apostolo ed Evangelista, 27 dicembre]