Servire se stessi e “il pubblico”
(Lc 11,42-46)
Il conflitto tra Gesù e le autorità religiose assume tratti violentissimi.
La scelta ideologica o devota può perdersi nel formalismo di chi discute senza fine di minuzie e dimentica le mète dell’impegno interiore, in favore di una sorta di spettacolo circense (v.43).
Quando i notabili disdegnano il servizio e scelgono gli onori, il semplice passar loro accanto fa contrarre la medesima impurità dell’anima: vita media e normale, corruzione interna.
Insomma, la Legge divina è stata talmente appesantita da rendere la prassi devota asfissiante, preoccupata di quisquillie.
Per chi ce la fa a sopportare le trafile, poi, la perfezione nelle cose esteriori può nutrire la superbia anche nelle relazioni interumane. E la Grazia che arricchisce non detterà più la condotta.
La disponibilità a edificare Chiesa in Cristo impone di essere autentici e semplici, non disumanizzati; segno di Alleanza, non odiosi.
C’è una contro-testimonianza che soffoca il crescere della vita e coarta la libertà di chi è animato dallo Spirito di Dio.
Fra l’altro, proprio i leaders e i giuristi lasciano ben volentieri la loro privacy fuori dalle disposizioni che impongono agli altri (v.46).
Insomma, la cura di dettagli e inezie è buona e propulsiva (v.42) solo se si unisce all’intima scoperta della propria Missione e Chiamata, carattere promotore di crescita e nostro avvenire.
Mentre Mt 23,27 parla di tombe imbiancate, Lc parla di sepolcri nascosti, che non si vedono (v.44).
Le persone semplici, ingenue, pure, le quali vi si accostano, non si rendono conto d’insistere su idoli morti.
Nella mentalità semitica, toccare o calpestare un sepolcro significava contrarre impurità.
Gesù vuol dire che bisogna stare molto molto attenti a queste persone pericolosissime, che ghermiscono e plagiano le anime, allontanandole da Dio in nome di Dio.
Guide manipolatrici, che distolgono dal senso della Lieta Notizia a nostro favore, inoculando una mentalità che annienta la crescita.
In ogni tempo la recita della santità disincarnata, schematica, fuori scala o confusionaria e vuota conserva apparenze devianti.
Ma i propugnatori della morte dell’anima si riconoscono immediatamente: son coloro che insistono su visioni del mondo sofisticate, su idee astratte; sulle quisquillie dei vezzi, o di apparenze disciplinari - e dimenticano gli obbiettivi del Regno.
Il tema è cruciale:
«Vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione» (FT n.276).
Opera decisiva, ottenuta in modo laborioso e «artigianale» (n.217).
Al pari delle mode, l’attenzione al troppo grande o ai nonnulla disincarnati avvicina la gente agli scheletri.
Aiutiamoci dunque a riportare il Verbo dentro, affinché diventi il nostro volto fattivo, senza doppiezze, dalla speranza larga, separato dalla scena presente e da qualsiasi bottega narcisistica.
[Mercoledì 28.a sett. T.O. 16 ottobre 2024]