Incarnazione. La Sicurezza è nella insicurezza: Venuta, Preghiera e svolta, tra fragore di flutti.
(Lc 21,25-28.34-36)
Che tipo di Venuta è?
E per quale motivo vogliamo che il Signore si renda presente nella nostra vita?
Attendiamo una scorciatoia - un atto di potenza - che pareggi il mare grosso in tempesta?
Infatti non sembra nello stile d’una Buona Notizia parlare di «fragore del mare e dei flutti» o ribadire: «vegliate sui cuori appesantiti».
Ma c’è un modo sapiente per intendere queste espressioni, che non è quello già collocato nel paradigma morale delle culture religiose.
Nella tradizione osservante di tutti i popoli, l’insicurezza è percepita come uno svantaggio.
Secondo luoghi comuni, i maestri spirituali constatano il progresso quando un’anima dall’esistenza mescolata e disordinata supera i suoi parapiglia in favore dell’ordine e della tranquillità.
Ma l’esperienza nello Spirito è più intimamente inquieta che palese. Né è lo stesso di generica “vita spirituale” animata da un senso devoto che si distacca da istanze trasversali, per un ideale di “calma coerente”.
Così condizionati da un indottrinamento omologato al saper “stare in società”, attendiamo d’incontrare piamente nostro Signore nei momenti bui, ma affinché ridoni fortuna.
Lo aspettiamo nel tempo dei problemi economici, perché ci renda vantaggio con una vincita; nelle vicende umilianti, per farci risalire la china.
Nella solitudine, perché faccia incontrare la persona giusta.
Nei pericoli… desiderando che almeno Lui trasmetta forza per ribaltare la situazione.
E nella malattia immaginiamo ridoni vigore giovanile.
Così nella babele, che (infine, almeno) comunichi relax - meglio, trionfo.
Nei Vangeli Gesù cerca di far capire ai suoi dove e quando incontrare autenticamente Dio.
Ma nell’attesa delle sue «Promesse» - e che si manifesti addirittura come «nostra-Giustizia» [prima Lettura] - facciamo difficoltà a procedere oltre l’esteriore.
Proiettiamo le nostre idee anche in religione - però la Fede se ne distacca. Valuta con mentalità opposta.
Ad esempio, capita di non riuscire a incontrare un amico perché sbagliamo tempi e luoghi dell’appuntamento.
Succede anche con Dio.
L’insicurezza proclamata dai Vangeli somiglia proprio a un «fragore del mare e dei flutti» (v.25)… ma si tratta di Lieta Novella!
Sebbene tendiamo a dare un senso di permanenza a ciò che abbiamo vissuto e credevamo di “essere”, ripetutamente sperimentiamo che le nostre certezze mutano - proprio come i flutti.
Gesù insegna che la vera dubbiosità sorge paradossalmente da un qualche nostro identificativo che tenta (comicamente) di pareggiare le onde della vita.
Invece l’essenza di ciascuno sgorga da una Sorgente vivace, che tutti i giorni fa quel che deve.
Abitudini, visuali, modi di essere rassicuranti di stare con le persone e affrontare situazioni, tagliano fuori la ricchezza delle nostre sfumature preziose; buona parte dei nostri stessi volti.
E nascite e ringiovanimenti che ci appartengono.
L’impatto interiore delle molte sollecitazioni di questo Nucleo cosmico [e personale] insinua uno squilibrio inevitabile e fecondo, che rischiamo però d’interpretare in modo negativo; appunto, come fastidio.
Nella mente dell’uomo che schiva le oscillazioni, quel genere di «onda» che viene per farci ragionare sulle cose antiche è subito identificata come pericolo identitario.
La stessa Provvidenza - l’«onda» che vede avanti - è forse bollata d’inquietudine, anche da chi ci consiglia.
Nell’uomo ideale come cesellato dai moralismi normalizzanti, l’«acqua» paludosa delle pulsioni è quella che sporca e trascina a terra. E il Cielo sarebbe sempre limpido e netto “sopra” la terra.
Invece spesso è il pensiero, un’identificazione culturale a monte, che produce insicurezza e tormento.
Il pregiudizio ci vessa ben più della realtà oggettiva, che scende in campo per rinfrescare la nostra anima e renderla lieve come la «spuma del mare» crudamente incarnata.
Per una evoluzione verso il miglioramento, Gesù vuole un discepolo permeabile alle Novità che scuotono l’antico «status».
La mancanza di dubbio che il Signore intende trasmettere non fa rima con il meccanismo delle abitudini.
La certezza che desidera donarci non è quella falsa - dell’immutabilità pigra di cose sempre uguali.
Lo stato di difesa e “prevenzione” sarà forse caratteristica d’una vita trascorsa nel ripiegamento interessato, che dribbla gli scossoni - non cifra della Vita nello Spirito.
Il Vangelo di oggi augura ai credenti di essere fortemente critici, e pure insicuri: non dice «tu devi essere così», né «tu sei questo» - «noi ce l’abbiamo fatta, perché non tu?».
[L’identità di s. Benedetto non è quella di s. Francesco, sebbene siano entrambe figure radicate a fondo (come le circostanze) nella medesima Sorgente; Fonte originaria, però di Acqua zampillante].
Bisogna tuffarsi nei «flutti», bisogna conoscere queste «onde»; perché il nostro punto fermo non è nelle cose esterne o che lasciamo notare in vetrina, ma alla Scaturigine dell’Essere.
La scorza delle apparenze condanna alla peggiore fluttuazione, alla meno vantaggiosa delle insicurezze: credere che mantenendo (ad es.) i livelli economici o il prestigio, raggiungendo quel traguardo, scalando il tabellone dei titoli, così via, eviteremo frustrazioni, scanseremo angosce, saremo finalmente senza contrasti e persino felici.
Ma in tal guisa la nostra anima non si rafforza, né vola verso territori ancora sconosciuti; piuttosto, si posa nel recinto dell’aia più omologante.
Invece siamo vivi, e la giovinezza che conquista il Regno viene dal caos dei sommovimenti.
I missionari sono animati da questa sola sicurezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «fragore del mare e dei flutti» dove nessuna onda somiglia alle altre.
Insomma, sulla base della Parola di Dio, forse anche il colore liturgico viola dovrebbe assumere una reinterpretazione - assai più vitale, graffiante e profonda di quella che pensavamo di aver capito.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Avvento: per quale motivo vuoi che il Signore Venga e si renda Presente nella tua vita?