Due realtà di fedeli: Ascoltatori o distratti in giro
(Lc 10,38-42)
Betania è a pochi km dalla città santa di Gerusalemme: una comunità ideale di soli fratelli e sorelle, coordinata da una donna [Marta: “signora”].
Proprio a ridosso dell’ambiente ostile dei dotti e puri, il Signore non si lascia sequestrare da recinti sacri.
Tratto di un Padre che non rimane seduto in trono - ma sta alla porta e bussa.
Non si compiace d’intrallazzi: il suo Volto amabile trapela nei contesti che possono condividere scelte difficili.
Sorprende che il Figlio di Dio sia l’unico a entrare nel «villaggio», sebbene attorniato dai suoi (v.38).
Intimi, eppure incapaci d’insegnare e discernere, perché dipendenti.
A differenza degli Apostoli, solo Lui è in grado di liberarci - ed emancipare ancora - perché libero e affrancato.
In quella cultura era sommamente sconveniente accettare l’ospitalità di donne [di Lazzaro parla solo Gv].
Ma dove arriva Gesù i retaggi che discriminano le persone vengono sorvolati.
Tuttavia, anche nei focolari in cui il Messia è capito, ci sono due modi diversi di accogliere il Signore.
Alcuni mancano di qualcosa, «assorbiti per grande servizio» (v.40); altri fanno la scelta «buona».
«Parte buona» (v.42 testo greco) è la Libertà personale, che nessuna intimidazione o fretta altrui potrà togliere via e opprimere.
Infatti Maria «addirittura» (v.39 testo greco) stava seduta presso i piedi di Gesù e ascoltava.
La posizione è significativa, perché era quella del discepolo nei confronti del maestro.
Maria non ha un atteggiamento intimista, astruso e devoto, ma sorprendente e gravemente trasgressivo (opportuno con Dio).
L’ospite infatti era accolto da soli uomini; le donne dovevano stare appartate e non comparire.
Nessuna guida spirituale avrebbe mai accettato una donna fra i suoi discepoli.
Ma qui si parla di accoglienza di Gesù e della sua Parola: quel recepire che qualifica le cose che stanno in fondo alla lista, invece che in cima.
«Marta era distratta in giro per il molto servizio...» (v.40).
Servire non è lo stesso che fare Comunione.
Ella resta nell’affanno, nel turbamento; divisa nel cuore (v.41 testo greco), attratta fra scelte opposte, quasi buttata per aria.
Profilo che anche oggi riconosciamo: di titolati con un’agenda fittissima d’impegni; che appena svegli cominciano ad agitarsi e punzecchiare.
Sembra loro importante non far sentire se stessi e gli altri già ricchi, “perfetti” per la loro missione; colmi di risorse.
Sempre inquieti e dispersi su cose materiali - che poi li travolgono - si fanno «sopra» Gesù (v.40 testo greco).
E arrivano a sera senza aver mai trovato un cardine ideale che dia senso, nutra lo spirito, plachi l’anima, unisca gli sforzi al dialogo personale con Dio - almeno in linea d’ideali.
Ogni giorno agitati e insoddisfatti, questi tormentati faccendieri non ascolteranno i malfermi e insignificanti: mai distrarsi dal “grande” e rimandare.
Così purtroppo nessun muro o alcuna delle fatiche potrà sfumare.
Né concederanno ad alcuno di notare altre vie di Esodo personale, e occasioni che su due piedi non si vedono nell’immediato.
Presi dalla tensione, come Marta non capiscono che ogni autentico rapporto nasce dall’Ascolto.
Non colgono l’essenziale: il poco importante che fa star bene non è da trascurare - anzi è il fondamento del nostro essere e della gioia di vivere.
I sempre inquieti e praticoni restano purtroppo all’esterno, talora come opportunisti. E fanno rimanere (tutti) in trappola.
Così bisogna sottomettersi a mete affannose o stare fuori dai piedi, per evitare d’intralciare programmi agitati e indigesti - i quali ovviamente sopravanzano il Vangelo, così esiguo e inapparente.
Richiamo e Sintonia che viceversa dovrebbe precedere e accompagnare l’idea e l’azione.
Ciò che non sanno e non li riguarda diventa tutto banale.
Viceversa è l’attenzione, la preghiera, il desiderio (o il luogo e il tempo) che davvero potrebbero contribuire alla comprensione, all’innamoramento, all’equilibrio, e alla stessa efficace incisività delle opere.
Invece delle «molte cose» (v.41) abbiamo bisogno di «Una soltanto» (v.42 testo greco): essere nel proprio centro e ospitare la Voce di carattere dimesso che si fa Regno pieno nell’intimo.
Quindi, come traboccando di pienezza effusa in semplicità, poi ciascuno ha grandiose capacità di crescita e trasformazione.
I primi della classe non hanno mai voglia, né testa - e ormai neppure tempo - per curare gli inizi e non subito i loro termini.
Quindi non ascoltano la Parola nella Novità dello Spirito. (Chissà se la crisi globale sarà richiamo eloquente).
I leaders tuttofare sono appunto desiderosi di stabilire il maggior numero di appariscenze, legami, cordate e alleanze, troppe: nessuno di esse davvero importante - e forse solo per impressionare.
Il disagio sulla formazione, la vita e la pastorale è enorme, perché l’attaccamento ai ruoli taglia l’apporto degli stupori. Momenti felici, annidati nelle possibilità di ricambio, e - come vediamo - lasciando ovunque un senso di vuoto.
Allora sovviene una Chiamata («Marta, Marta...»: v.41) ulteriore, che tintinna.
Appello dell’essere profondo, che incessantemente recupera dalla trascuratezza dell’essenziale.
La Vocazione nel Nome consente di fermarsi per incontrare noi stessi e gli altri, i nostri stati profondi e le motivazioni; onde capire e godere quanto già fatto o si fa, senza disumanizzare anzitempo.
Tutto ciò affinché ci riappropriamo del respiro dell’anima, del suo carattere - e non perdiamo la testa, mettendo sempre in piedi una gran confusione che fa arrabbiare tutti.
Giungerà a tessere sorprese persino una migliore performance:
«Due boscaioli lavoravano nella stessa foresta ad abbattere alberi. I tronchi erano imponenti, solidi e tenaci. I due boscaioli usavano le loro asce con identica bravura, ma con una diversa tecnica: i primo colpiva il suo albero con incredibile costanza, un colpo dietro l’altro, senza fermarsi se non per riprendere fiato rari secondi. Il secondo boscaiolo faceva una discreta sosta ogni ora di lavoro. Al tramonto, il primo boscaiolo era a metà del suo albero. Aveva sudato sangue e lacrime e non avrebbe resistito cinque minuti di più. Il secondo era incredibilmente al termine del suo tronco. Avevano cominciato insieme e i due alberi erano uguali! Il primo boscaiolo non credeva ai suoi occhi. ‘Non ci capisco niente! Come hai fatto ad andare così veloce se ti fermavi tutte le ore?’. L’altro sorrise: ‘Hai visto che mi fermavo ogni ora. Ma quello che non hai visto è che approfittavo della sosta per affilare la mia ascia’. Il nostro spirito è come l’ascia, non bisogna lasciarlo arrugginire: ogni giorno va affilato un poco». (B. FERRERO, Il segreto dei pesci rossi, p.64).
L’Ascolto soppianterà lamenti, disistima, calcoli opportunistici ed esteriori; ragionamenti, rimpianti, e l’opinione attorno - anche su di noi - tutti nemici della Rinascita, quella che non blocca le energie intime.
Ci riconosciamo.
Le cose “nostre”, da regno dell’uomo, s’insediano e si riconoscono subito, perché tutte estranee - e tolgono il fiato.
Solo una differente Percezione trasmetterà pazienza, nervi saldi, lucidità per attendere i tempi maturi, determinazione anche nelle afflizioni; possibilità di ritrovare capacità innate.
Il Messaggio del Signore comunicherà il Giudizio del Crocifisso, e un ritmo opportuno.
Il suo Insegnamento donerà equilibrio, buona disposizione, facoltà di superare le opposizioni d’un mondo ambiguo che si agita per perpetuare se stesso (e non molla l’osso di bocca).
L’istinto del Verbo dentro e la realtà provvidente costruiranno un binario tutto nostro anche attraverso perdite e cicatrici.
Anzi, quando i nostri minuti occupati diverranno vuoti e le ore lente si faranno incanto, miglioreremo persino tenuta e rendimento.
Resi sapienti e incisivi secondo il nostro Seme, non accuseremo Gesù di essere «lasciati soli a servire» (v.40).
Non gireremo più a vuoto, e i nostri gesti diverranno pregevoli: nitidi.
Assorbiti, o Sorpresi
«Anche in questa domenica continua la lettura del decimo capitolo dell’evangelista Luca. Il brano di oggi è quello di Marta e Maria. Chi sono queste due donne? Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, sono parenti e fedeli discepole del Signore, che abitavano a Betania. San Luca le descrive in questo modo: Maria, ai piedi di Gesù, «ascoltava la sua parola», mentre Marta era impegnata in molti servizi (cfr Lc 10, 39-40). Entrambe offrono accoglienza al Signore di passaggio, ma lo fanno in modo diverso. Maria si pone ai piedi di Gesù, in ascolto, Marta invece si lascia assorbire dalle cose da preparare, ed è così occupata da rivolgersi a Gesù dicendo: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti» (v. 40). E Gesù le risponde rimproverandola con dolcezza: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una … sola c’è bisogno» (v. 41).
Che cosa vuole dire Gesù? Qual è questa cosa sola di cui abbiamo bisogno? Anzitutto è importante capire che non si tratta della contrapposizione tra due atteggiamenti: l’ascolto della parola del Signore, la contemplazione, e il servizio concreto al prossimo. Non sono due atteggiamenti contrapposti, ma, al contrario, sono due aspetti entrambi essenziali per la nostra vita cristiana; aspetti che non vanno mai separati, ma vissuti in profonda unità e armonia. Ma allora perché Marta riceve il rimprovero, anche se fatto con dolcezza? Perché ha ritenuto essenziale solo quello che stava facendo, era cioè troppo assorbita e preoccupata dalle cose da “fare”. In un cristiano, le opere di servizio e di carità non sono mai staccate dalla fonte principale di ogni nostra azione: cioè l’ascolto della Parola del Signore, lo stare - come Maria - ai piedi di Gesù, nell’atteggiamento del discepolo. E per questo Marta viene rimproverata.
Anche nella nostra vita cristiana preghiera e azione siano sempre profondamente unite. Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso. San Benedetto riassumeva lo stile di vita che indicava ai suoi monaci in due parole: “ora et labora”, prega e opera. E’ dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi.
Chiediamo alla Vergine Maria, Madre dell’ascolto e del servizio, che ci insegni a meditare nel nostro cuore la Parola del suo Figlio, a pregare con fedeltà, per essere sempre di più attenti concretamente alle necessità dei fratelli».
[Papa Francesco, Angelus 21 luglio 2013]
«Nel brano di questa domenica, l’evangelista Luca narra la visita di Gesù a casa di Marta e di Maria, le sorelle di Lazzaro (cfr Lc 10,38-42). Esse lo accolgono, e Maria si siede ai suoi piedi ad ascoltarlo; lascia quello che stava facendo per stare vicina a Gesù: non vuole perdere nessuna delle sue parole. Tutto va messo da parte perché, quando Lui viene a visitarci nella nostra vita, la sua presenza e la sua parola vengono prima di ogni cosa. Il Signore ci sorprende sempre: quando ci mettiamo ad ascoltarlo veramente, le nubi svaniscono, i dubbi cedono il posto alla verità, le paure alla serenità, e le diverse situazioni della vita trovano la giusta collocazione. Il Signore sempre, quando viene, sistema le cose, anche a noi.
In questa scena di Maria di Betania ai piedi di Gesù, san Luca mostra l’atteggiamento orante del credente, che sa stare alla presenza del Maestro per ascoltarlo e mettersi in sintonia con Lui. Si tratta di fare una sosta durante la giornata, di raccogliersi in silenzio, qualche minuto, per fare spazio al Signore che “passa” e trovare il coraggio di rimanere un po’ “in disparte” con Lui, per ritornare poi, con serenità ed efficacia, alle cose di tutti i giorni. Lodando il comportamento di Maria, che «ha scelto la parte migliore» (v. 42), Gesù sembra ripetere a ciascuno di noi: “Non lasciarti travolgere dalle cose da fare, ma ascolta prima di tutto la voce del Signore, per svolgere bene i compiti che la vita ti assegna”.
C’è poi l’altra sorella, Marta. San Luca dice che fu lei a ospitare Gesù (cfr v. 38). Forse Marta era la più grande delle due sorelle, non sappiamo, ma certamente questa donna aveva il carisma dell’ospitalità. Infatti, mentre Maria sta ad ascoltare Gesù, lei è tutta presa dai molti servizi. Perciò Gesù le dice: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose» (v. 41). Con queste parole Egli non intende certo condannare l’atteggiamento del servizio, ma piuttosto l’affanno con cui a volte lo si vive. Anche noi condividiamo la preoccupazione di Santa Marta e, sul suo esempio, ci proponiamo di far sì che, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità, si viva il senso dell’accoglienza, della fraternità, perché ciascuno possa sentirsi “a casa”, specialmente i piccoli e i poveri quando bussano alla porta.
Dunque, il Vangelo di oggi ci ricorda che la sapienza del cuore sta proprio nel saper coniugare questi due elementi: la contemplazione e l’azione. Marta e Maria ci indicano la strada. Se vogliamo assaporare la vita con gioia, dobbiamo associare questi due atteggiamenti: da una parte, lo “stare ai piedi” di Gesù, per ascoltarlo mentre ci svela il segreto di ogni cosa; dall’altra, essere premurosi e pronti nell’ospitalità, quando Lui passa e bussa alla nostra porta, con il volto dell’amico che ha bisogno di un momento di ristoro e di fraternità. Ci vuole questa ospitalità.
Maria Santissima, Madre della Chiesa, ci doni la grazia di amare e servire Dio e i fratelli con le mani di Marta e il cuore di Maria, perché rimanendo sempre in ascolto di Cristo possiamo essere artigiani di pace e di speranza. E questo è interessante: con questi due atteggiamenti saremo artigiani di pace e di speranza».
[Papa Francesco, Angelus 21 luglio 2019]