Nov 2, 2024 Scritto da 

Prossimità di Dio, corporeità della Fede

Gloria straniera, o religiosità che partorisce modelli e schiavi

(Lc 17,11-19)

 

L’impuro doveva stare fuori dai piedi: tutto ciò che era diverso dal pensiero dominante veniva scalzato.

Secondo lo schema religioso antico, i luoghi degli “infetti” erano considerati pari a cimiteri.

Le malattie erano immaginate come castighi per le inadempienze.

Ma la lebbra - morbo che corrode dentro - era il simbolo stesso del peccato [tuttavia qui sembrano proprio gli osservanti l’immagine ambulante della morte].

L’eventuale guarigione era valutata al pari d’una miracolosa risuscitazione.

E prima d’essere riammessi in società bisognava espiare tutte le colpe (supposte).

Gesù sostituisce la globalità snervante di queste trafile arcano-superstiziose con un semplicissimo percorso in uscita.

Così distrugge la devozione idolatrica arcaica, scaramantica, soppiantandola con una proposta di vita reale.

 

Il passo è esclusivo di Lc ma in tutti i Vangeli il termine «villaggio» ha connotati fortemente negativi.

«Villaggi» sono i luoghi in cui il Signore non viene accolto. Lì non c’è posto per il nuovo, e se attecchisce diventa tradizione obbligante.

Sono territori e paludi della riduzione, della conferma cocciuta, del voler riprodurre pensieri consolidati e imporre costumi più o meno serafici a chicchessia. Li conosciamo.

Nella Chiesa la mentalità del «villaggio» è quella della certezza a tutti i costi.

Convinzione ipica di chi si ritiene sacralmente corretto e abilitato a emarginare, scacciare, rifiutare, tenere lontano, non prendere in considerazione.

 

Il brano ha diversi livelli di lettura.

Il Maestro cammina con gli Apostoli e si rivolge loro (Lc 17,1-11) ma d’improvviso sembra trovarsi solo (v.12). Come se i “lebbrosi del villaggio” non fossero che i suoi [a quel tempo nessun affetto dalla malattia poteva dimorare in luoghi residenziali].

L’impurità contratta dai discepoli conclamati e anche da noi oggi dipende proprio dalla condizione guasta, di scadimento e corruzione dell’ambiente ridotto e infetto.

Quest’ultimo rende impossibile la rigenerazione - perché in esso gli stessi seguaci (che paiono intimi) talora si chiudono, tutti raggruppati.

I dieci lebbrosi ci rappresentano.

Lo stesso numero indica una totalità (come le dita).

Ma proprio qui, se veniamo almeno resi coscienti della separazione dalla realizzazione del nostro volto, ecco il primo passo per un coinvolgimento personale col Signore.

 

Tutti abbiamo segni di non-vita.

Chi si ritiene arrivato e indenne da patologie alza steccati per proteggere sé e il proprio mondo, ma resta lì, impacciato.

Quando viceversa tocca con mano che lo sviluppo non è ancora fiorito, scatta un senso di tolleranza verso il prossimo, e la molla personale che sorvola adesioni vuote, intimiste, o coartate.

Anche nelle prime assemblee dei chiamati a essere figli e fratelli, talora si manifestava una mentalità autocompiaciuta e isolazionista nei confronti dei pagani che si presentavano alla soglia delle comunità.

I nuovi - passati ai raggi x dai veterani che non sopportavano differenti specificità - gridavano appellandosi direttamente al Cristo stesso.

Scattava la domanda - tutta attuale:

«Tu che stai a capo [v.13 testo greco], Tu che comandi la chiesa, cosa pensi dei tuoi? Cosa dici di questa mentalità da villaggio?»

«I primi che si credono in diritto di scansare gli altri, davvero hanno titolo per farlo?»

«Il Padre che annunciavi è ridiventato esattamente come il Dio arcigno delle religioni?».

 

Infatti i “lebbrosi” non chiedono guarigione, bensì compassione.

Insomma, il Richiamo è “interno”.

Ciò significa che sono proprio i fenomeni del ruolo o ministero acquisito - forse colonialista - che dovrebbero farsi sanare.

Condizionati da false guide, non di rado anche noi approcciamo Cristo in modo astruso, sbagliato: chiedendogli «Pietà».

All’Amico o a un Padre non si chiede «Pietà».

Per questo Gesù è netto. Chi si ritiene immondo o vuol essere commiserato deve andare altrove, rivolgersi alla religione ufficiale.

Ognuno è completo, e lo si vede nella scelta dello straniero che da solo capisce e torna a Cristo.

Nessuno ha bisogno di mettersi in castigo, sottomettendosi a protocolli conformisti.

Ma allora erano i sacerdoti del Tempio a verificare e decidere se il già guarito (!) potesse venire riammesso in società.

 

Insomma, tutti noi peccatori siamo resi puri non da miracoli che scendono come fulmini, ma nell’Esodo.

Tragitto che smuove dall’ambiente putrido e ammalorato - ben prima che qualcuno controlli, faccia raccomandazioni banali, e detti il ritmo di praticucce a postilla.

È solo il «villaggio» che ci fa - e considera - impuri… perché non gli assomigliamo!

Basta uscire da pensieri e costumanze ghettizzanti per acquistare serenità e motivazioni: non ci sentiremo più dei rifiutati e additati.

Scopriremo noi stessi e il Dio-con.

Egli ci ha fatti così per una Missione speciale; non ricalcata su prototipi da copiare come fossimo idioti: bensì figli sommamente amabili.

Il Padre ci vede perfetti, e a suo tempo farà sorgere perle sbalorditive proprio dalle nostre supposte o intruse indegnità.

Inadeguatezze al “villaggio”, che compongono e completano il bagaglio della nostra preziosa personalità, e irripetibile Vocazione.

 

Guarda caso, ci realizziamo spiritualmente solo valicando gli steccati “culturali” locali.

Anche non obbedendo a ordini, ma trasgredendoli (vv.14ss.)!

In tal guisa, Gesù non contempla inquisitori.

Dobbiamo lasciarci controllare unicamente dallo Spirito, che già ci anima.

È questione risolutiva. Infatti: il senso del testo non riguarda i ringraziamenti da fare!

Gesù non si rattrista perché verifica una mancanza di riconoscenza e buone maniere, bensì per il fatto che solo uno straniero dà «gloria a Dio» (v.15).

Ossia: lo riconosce suo Signore personale - in un rapporto, appunto, senza mediazioni.

Quel personale «fare-Eucaristia» […] «e cadde sulla faccia presso i suoi piedi» (v.16 testo greco) ha un significato forte, sponsale, di perfetta reciprocità nel Cammino.

Tutto nell’orizzonte di una scelta cruciale - non paciosa, né pacata e buonista, ma dirimente - fra vita di qualità esclusiva, o morte.

 

Pur emarginati dai “recinti sacri” del Tempio nella Città Santa - proprio i lontani e rifiutati (considerati bastardi e nemici) capiscono immediatamente ciò che non sfigura il volto della loro umanità.

Qui Lc cita il termine alloghenès (v.18) scolpito a caratteri cubitali nelle tavolette affisse sul primo dei parapetti interni del Santuario di Gerusalemme [quello che sotto pena di morte impediva la partecipazione dei pagani al sacrificio cultuale ebraico].

Ma a ben guardare, nel terzo Vangelo i modelli della Fede sono tutti “estranei”: centurione, prostituta, emorroissa, cieco, così via.

Essi percepiscono subito i segni della Vita, segni di Dio!

Altri più insediati o attratti dalle normalità si accontentano di farsi reintegrare nella pratica religiosa vetusta e comune, tornando alle solite cose impersonali, e al culto di massa.

 

Eppure, chi si riadatta all’andazzo di tutti, si fa asservire; perde traccia di sé e del Cristo (v.17).

Costui ridiventa schiavo della mentalità allineata, convenzionalista; non vagliata - e succube della ‘permanenza’.

Secondo l’enciclica Fratelli Tutti la custodia delle differenze è il criterio della vera fraternità, che non annienta i picchi estroversi.

Infatti perfino in un rapporto d’amore profondo e coesistenza «c’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali» [Amoris Laetitia, n.139].

Ancora Papa Francesco:

«Mentre la Solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la Fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse» [Messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 24/04/2017].

 

Insomma, percorrendo con ottimismo e speranza la nostra personalissima Via, giungiamo incontro al Cristo vivo; non al vociare del Tempio [antico o alla moda].

Esso non manda più messaggi preziosi; solo annota. Batte in testa, ma non tocca dentro.

C’intrappolerà in una rete di pensieri prevedibili, sorveglianze nemiche, costumi indotti; così via.

Domesticazioni prive d’affinità con vicende di peso specifico - senza il passo alleato delle persone d’una cultura e sensibilità particolari.

Coloro che stanno sanando il mondo.

 

Malgrado l’appartenenza esibita, dietro sacre quinte ufficiali, i rapporti spesso si allentano; non rigenerano.

In quei territori spesso vengono partoriti modelli e prototipi, codici e brevetti, ottusità di meschini primattori - figurini della ristrettezza.

Invece, se riconosciuta [come ad es. nel caso del samaritano] una Presenza a nostro favore ci fa ritrovare, scoprire, e capire.

Essa procede impareggiabile attraversando tutti i nostri stati d’animo - senza più rimorsi verso i doveri che non ci appartengono.

Tale Amicizia fa recuperare i punti fermi dei codici umani davvero intimi, potenziando - fuori le righe - sia il sistema di riconoscimento di noi stessi che il modo autentico e irripetibile di onorare Dio nei fratelli.

Non più privilegio esclusivo di eletti e migliori… tutti non decisivi.

 

Circa l’essenziale disponibilità divina a cogliere le differenze come ricchezza, ricordiamo l’insegnamento del maestro sufi Ibn Ata Allah, che sosteneva l’immediatezza senza eguali del Colloquio personale - dove sapienza dell’analisi ed esperienza dell’ebbrezza si congiungono:

«Egli fa giungere su di te l’illuminazione perché per mezzo di essa tu giunga a Lui; la fa giungere su di te per toglierti dalla mano degli altri; la fa giungere su di te per liberarti dalla schiavitù delle creature; la fa giungere su di te per farti uscire dalla prigione della tua esistenza verso il cielo della contemplazione di Lui».

 

Vita nuova, piena, definitiva.

Le persone di Fede staccano dall’identità religiosa esterna: sognano, amano e inventano strade; deviano e non seguono un percorso già tracciato.

49 Ultima modifica il Sabato, 02 Novembre 2024 03:33
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2).
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2).
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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