Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù pone attenzione sull’affidarsi alla Provvidenza:
«Guardate gli uccelli del cielo: poiché non seminano né mietono né raccolgono nei granai, e il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,26).
Francesco e Chiara d’Assisi furono realmente gli ‘affidati alla Provvidenza’, proprio come stile di vita evangelica, poiché la fede li aveva resi ‘mani aperte alle benedizioni del Signore’ - senza preoccuparsi del domani, che avrebbe avuto cura di se stesso.
Nelle Fonti ci sono passi degni di riflessione in merito.
Nella Leggenda maggiore:
"Quando, con l’andare del tempo, i frati erano ormai diventati molto numerosi, il premuroso pastore incominciò a radunarli nel luogo di Santa Maria della Porziuncola per il Capitolo generale, in cui poteva assegnare a ciascuno di loro una porzione di obbedienza nel regno dei poveri, secondo la misura voluta da Dio.
Alla Porziuncola vi era penuria d’ogni cosa; ma, benché qualche volta vi convenisse una moltitudine di oltre cinquemila frati, non mancò mai l’aiuto della Bontà divina, che procurava il sufficiente per tutti e a tutti concedeva la salute del corpo e sovrabbondante gioia di spirito" (FF1080).
E ancora, nella Leggenda Perugina:
"Noi che siamo vissuti con lui, lo abbiamo udito dire a più riprese quella parola del Vangelo: le volpi hanno la tana e gli uccelli del cielo il nido, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo.
E seguitava:
«Il Signore, quando stava in disparte a pregare e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, non si fece apprestare una cella o una casa, ma si riparò sotto le rocce della montagna».
Così, sull’esempio del Signore, non volle avere in questo mondo né casa né cella, e neanche voleva gli fossero edificate.
Anzi, se gli sfuggiva la raccomandazione:
«Preparatemi questa cella così», dopo non ci voleva dimorare, in ossequio alla Parola del Vangelo: non vi preoccupate" (FF 1559).
Chiara stessa nella necessità si affidava alla Provvidenza, pregando.
"Un giorno era venuto a mancare completamente l’olio alle ancelle di Cristo, al punto che non ve n’era neppure come condimento per le ammalate.
Donna Chiara prende un vasello e, maestra d’umiltà, lo lava lei stessa con le sue mani; poi mette il vaso vuoto da parte, perché lo venga a prendere il frate questuante […]
Si affretta il devoto fratello a soccorrere tanto grande indigenza e corre a prendere il vasello.
Ma non dipende dalla volontà dell’uomo né dagli sforzi di Colui che corre, ma da Dio che usa misericordia.
Infatti, per solo intervento di Dio, quel vaso si ritrova colmo d’olio: la preghiera di Santa Chiara ha prevenuto, a sollievo delle povere figlie, il servizio del frate.
Veramente, quel frate, credendo di essere stato chiamato per nulla, mormorando tra sé e sé disse:
«Per burlarsi di me mi hanno chiamato queste Donne! Perché ecco che il vaso è pieno» (FF 3190 - Leggenda).
Dio precede sempre con la sua misericordia!
Fidandosi di Dio, i Santi di Assisi acquisirono la consapevolezza della loro chiamata affidata al Signore.
Sabato dell’11.a sett. T.O. (Mt 6,24-34)
Gesù esorta a non accumulare tesori sulla terra, presto consumati, ma in Dio perché eterni.
Nelle Fonti il tema del non accumulare è di casa, visto che Francesco, per tutta la sua vita, non pensò che a restituire quanto aveva ricevuto, a partire da suo padre a cui "restituì" persino gli abiti, seguendo ‘nudo’ la via della povertà, sua ambita ricchezza.
Il Minimo aveva mente e cuore rivolti a Dio e cercava solo il Regno dei cieli, in semplicità e purezza di cuore. Testimonianza di questo ci è data da uno dei vari passi delle Fonti Francescane.
Leggiamo:
"Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà. Conducendo un suo compagno, che aveva molto amato, in località fuori mano, gli diceva di aver scoperto un grande e prezioso tesoro.
Quello ne fu tutto felice e volentieri si univa a Francesco, quando era invitato.
Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi; ci entrava da solo, lasciando fuori l’amico, impaziente di impadronirsi del tesoro […]
Animato da un nuovo straordinario spirito, pregava in segreto il Padre […]
Pativa nell’intimo sofferenza indicibile e angoscia, poiché non riusciva ad essere sereno fino a tanto che non avesse realizzato la sua vocazione" (FF 1409).
Nel suo cammino, in pieno inverno, a Celano, il Poverello donò ad una vecchierella il suo mantello.
Le disse:
«Va’, fatti un vestito, che ne hai veramente bisogno» (FF 673).
E Chiara, nelle sue lettere, scrivendo alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, attesta:
«Voi che avete preferito la povertà alle ricchezze temporali, e avete affidato i vostri tesori, piuttosto che alla terra, al cielo, ove non li corrode ruggine, non li consuma il tarlo, non li scoprono né rubano i ladri, voi riceverete abbondantissima ricompensa nei cieli […]» (FF 2866).
Il tema della ricchezza da condividere, del ‘non trattenere’ e del ‘restituire’ a Dio e ai fratelli, era molto sentito da Francesco d’Assisi; uno dei motivi conduttori del suo cammino di fede.
Nelle Fonti leggiamo:
"Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco a causa della malattia, avesse indosso sopra l’abito un mantello.
Mirando con gli occhi misericordiosi la miseria di quell’uomo, disse al compagno:
«Bisogna che restituiamo il mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi».
Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all’altro.
Ma il santo:
«Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto indosso a chi è più bisognoso» " (FF 1143).
«Non accumulatevi tesori sulla terra» (Mt 6,19).
Venerdì dell’11.a sett. T.O. (Mt 6,19-23)
Gesù invita i suoi ad una preghiera non prolissa, ma scarna, essenziale; da figli.
Sebbene in paradigmi diversi, Chiara e Francesco d’Assisi avevano consapevolezza che nel profondo del proprio essere si annidava un segreto da rinvenire per rinascere e guarire.
Al punto che, prendendo le distanze dal padre terreno, dinanzi al vescovo del luogo, così il Poverello si espresse:
«Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: PADRE NOSTRO, CHE SEI NEI CIELI, perché in Lui ho riposto ogni mio Tesoro e ho collocato tutta la mia Fiducia e la mia Speranza» (FF 1043).
Ai suoi frati che gli chiedevano d’insegnar loro a pregare, rispose:
«Quando pregate, dite: Padre nostro, e […] Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa Croce, hai redento il mondo» (FF 1068).
E nella parafrasi del ‘Padre nostro’:
«Sia santificato il tuo Nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di Te, affinché possiamo conoscere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi» (FF 268).
Una preghiera, dunque, attestata dalla vita, dalla capacità di perdono, in Ascolto.
Tutto nella cella del proprio corpo, sosteneva Francesco - come ci ricorda la Leggenda Perugina:
«Dovunque siamo o ci muoviamo, portiamo con noi la nostra cella: fratello corpo; l’anima è l’eremita che vi abita dentro a pregare Dio e meditare.
E se l’anima non vive serena e solitaria nella sua cella, ben poco giova al religioso una cella eretta da mano d’uomo» (FF 1636).
E nella Leggenda, Chiara stessa:
"Quanta forza e sostegno riceveva nella fornace della preghiera ardente […] riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle" (FF 3199).
Un’orazione non segnata dal moltiplicarsi delle parole, ma dalla relazione autentica e di spessore con Dio, che conosce ogni cosa.
«Pregando, non blaterate come i pagani, infatti essi credono di venire esauditi per la loro verbosità» (Mt 6,7)
Giovedì dell’11.a sett. T.O. (Mt 6,7-15)
Gesù suggerisce di evitare l’ipocrisia nella preghiera, la teatralità dell’apparire, amando e orando nel segreto conosciuto dal Padre.
Francesco e Chiara amarono in modo speciale la preghiera, la contemplazione nascosta.
Nella Vita seconda, stilata dal Celano, troviamo un brano che la dice lunga sulla Relazione discreta di Francesco con Dio, sempre pronto a nascondere scrupolosamente i segreti del Re.
"Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra, al suo Dio.
E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello.
E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta.
Sempre frapponeva fra sé e gli astanti qualcosa, perché non si accorgessero del contatto dello sposo; così poteva pregare non visto anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave.
Infine, se non gli era possibile niente di tutto questo, faceva un tempio del suo petto.
Assorto in Dio e dimentico di se stesso, non gemeva né tossiva, era senz’affanno il suo respiro e scompariva ogni altro segno esteriore" (FF 681).
Meravigliosa discrezione, amante del nascondimento.
Francesco e Chiara furono gli innamorati della santa orazione, del digiuno e dell’elemosina, aderendo a tali pratiche nel senso profondo ed elevato.
Le Fonti sono illuminanti a riguardo del cammino evangelico di questi due Giganti della vita contemplativa e apostolica.
Leggiamo nella Regola di Chiara:
«Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino, dopo l’ora terza, applicandosi a lavori decorosi e di comune utilità, con fedeltà e devozione, in modo tale che, bandito l’ozio, nemico dell’anima, non estinguano lo Spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire» (FF 2792).
E ancora nel suo Testamento:
«Prego colei che sarà al governo delle sorelle […] si studi di provvedere a ciascuna nelle sue necessità con quelle elemosine che il Signore manderà» (FF 2848).
Francesco stesso mostrava attenzione discreta a tutto questo:
«Non sono mai stato ladro. Voglio dire che delle elemosine, le quali sono l’eredità dei poveri, ho preso sempre meno di quanto mi bisognasse, allo scopo di non intaccare la parte dovuta ad altri poveri. Fare diversamente sarebbe rubare» (FF 1670).
Inoltre in altre circostanze sappiamo che "guidato dallo Spirito Santo, salì su un monte con due compagni e là, digiunando a pane e acqua, dettò la Regola, secondo quando gli suggeriva lo Spirito divino durante la preghiera" (FF 1084).
«Ma tu quando preghi, entra nella tua camera e chiusa la tua porta [Is 26,20; 2Re 4,33] prega il Padre tuo che è nel segreto» (Mt 6,6)
Mercoledì dell’11.a sett. T.O. (Mt 6,1-6.16-18)
Nel brano odierno Matteo presenta Gesù intento ad evidenziare la vera perfezione secondo il Vangelo.
Nostro prossimo non sono solo i connazionali - come gli Ebrei tendevano, allora, a considerare - ma ogni fratello incontrato.
Il Signore esorta ad amare e pregare per chi ci perseguita. Qui riposa l’autentica santità.
In Chiara d’Assisi l’avventura della fede estrema conduceva alla Bellezza che ferisce.
Aveva occhi attenti a tutte le cose, scoprendo in ogni vicenda la Presenza di Cristo, cui voleva conformarsi.
Sì, la vita di Chiara è testimonianza che grida oltre le mura del Monastero.
Dicono le Fonti:
“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore.
Molto spesso lavava i piedi delle servigiali che tornavano da fuori e, lavatili, li baciava.
Una volta lavava i piedi di una di queste servigiali: mentre stava per baciarli, quella, non sopportando un’umiliazione così grande, ritrasse il piede e nel gesto colpì col piede in viso la sua signora.
Ma ella riprese con dolcezza il piede della servigiale e vi impresse, sotto la pianta, ben aderente un bacio” (FF 3181-3182)
Francesco e Chiara sapevano che i veri Perfetti nel Regno di Dio sono coloro che non demordono e vanno sino in fondo.
Come le stesse Fonti trasmettono, in una Ammonizione ai suoi frati, Francesco sottolinea:
«Sono dunque nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze […] li dobbiamo amare molto perché a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna» (FF 56).
Ma Chiara stessa vinceva il male con il bene della sua orazione umile, come fece dinanzi all’invasione di Vitale d’Aversa, al servizio dell’imperatore Federico II. Infatti guidava l’esercito contro Assisi.
Ma secondo le Fonti:
“Quando lo venne a sapere Chiara, serva di Cristo, fu scossa da profondo dolore, chiamate a sé le sorelle disse:
«Da questa città riceviamo ogni giorno molti beni […] sarebbe grande empietà non portarle soccorso, come possiamo, ora che è il momento opportuno.
Andate dal Signore nostro e domandategli con tutto il cuore la liberazione della città» (FF 3203).
Il mattino seguente quell’uomo superbo fu costretto ad andarsene, contrariamente ai suoi disegni - e l’esercito disperso.
«Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché diventiate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44a)
Martedì 11.a sett. T.O. (Mt 5,43-48)
Nel Vangelo di oggi Gesù lancia un messaggio ben preciso: donare a chi ha bisogno:
«A chi ti chiede, dà, e a chi vuole avere un prestito da te non voltare le spalle» (Mt 5,42).
Francesco era uomo semplice e vero; sussultava al solo nominare l’amore di Dio e faceva di tutto per aiutare chi si trovasse in necessità.
Innumerevoli passi delle Fonti descrivono la sua incredibile carità verso chiunque gli chiedesse aiuto in nome di Dio, rimanendo nudo pur di sfamare l’esigenza altrui.
La Vita seconda del Celano c’informa nel merito:
"Una volta un povero gli chiese la carità per amore di Dio. Siccome non aveva nulla, il Santo prese di nascosto le forbici e si preparò a spartire la sua misera tonaca.
E l’avrebbe certamente fatto se non fosse stato scoperto dai frati, ai quali però ordinò di provvedere con altro compenso al povero" (FF 784).
E un giorno, incontrando due frati francesi, accadde quanto segue:
"Capitò a due frati della Francia, uomini di grande santità, d’incontrare Francesco; ne provarono una gioia incredibile, tanto più che da lungo tempo erano tormentati da questo desiderio.
Dopo tenere effusioni di affetto ed uno scambio soave di parole, furono spinti dalla loro ardente devozione a chiedere a Francesco la tonaca.
Il Santo se ne spogliò subito, rimanendo seminudo e gliela diede devotissimamente; poi indossò, con pio scambio, quella più povera di uno di loro.
Era pronto a dare non soltanto simili cose, ma a dare tutto se stesso, e quanto gli veniva chiesto, lo donava con la massima gioia" (FF 767).
Anche Chiara d’Assisi, serafica pianta di Francesco, fu sempre generosa con le sorelle e con i poveri.
In lei l’avventura della fede estrema conduceva alla Bellezza che ferisce. Aveva occhi attenti a tutte le cose, scoprendo in ogni vicenda la Presenza di Cristo, cui voleva conformarsi. Sì, la vita di Chiara è testimonianza che grida oltre le mura del Monastero.
La Leggenda narra che, ancor giovanetta, donava a chi aveva bisogno di tutto, senza esitazione.
"Stendeva volentieri la mano ai poveri e dall’abbondanza della sua casa traeva di che supplire all’indigenza di moltissimi […]
Così crescendo con lei, fin dall’infanzia, la misericordia, aveva un animo sensibile alla sofferenza altrui, e si piegava compassionevole sulle miserie degli infelici" (FF 3158).
Il donare se stessi e ciò di cui il prossimo necessitava era inscritto nel loro DNA spirituale, esaltato dalla potenza dello Spirito di Dio in modo mirabile.
Alla mentalità dell’avere i Due Poveri contrapposero quella evangelica del ‘dare senza contare’, gratuitamente.
Lunedì dell’11.a sett. T.O. (Mt 5,38-42)
Nella solennità Trinitaria il pensiero corre a come Francesco e Chiara vissero tale Mistero di Unità e Condivisione.
Scorrendo le Fonti, ci accorgiamo che le esperienze delle origini erano circondate dalla benedizione del Mistero grande.
Per esempio, il Testamento di Francesco si conclude così:
" «E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’Altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi.
Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. Amen» " (FF 131).
In Regola non bollata, nello specifico: Ammonizione ai frati - così li esorta:
" «E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo… E adoriamolo con cuore puro» " (FF 61).
Nella medesima Regola, più avanti:
" «E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’Altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui e amano lui; che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen» " (FF 71).
Il Mistero trinitario è illustrato dagli attributi usati dal Poverello.
E nella Leggenda dei Tre compagni c’è un passo che evidenzia come Francesco, riguardo alla forma di vita da seguire (lui e i suoi compagni) interpellasse le Sacre Scritture.
"Vero adoratore della Trinità, volle l’appoggio di tre testimoni; per cui aprì il libro una seconda e una terza volta.
Ad ogni apertura del libro, Francesco rendeva grazie a Dio, che approvava l’ideale da lui lungamente vagheggiato" (FF 1431).
E Chiara stessa, all’inizio del suo Testamento spirituale, così esordisce:
" «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Il Signore vi benedica e vi custodisca.
Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia» " (FF 2854).
I due Poveri assisani fecero della Trinità la loro dimora, il Tesoro inesauribile cui attingere Luce e Amore, Comunione e poliedricità.
«Tutto quanto ha il Padre è mio; per questo ho detto che riceve dal mio e ve [lo] annunzierà» (Gv 16,15)
Domenica della SS. Trinità C (Gv 16,12-15)
Il lungo brano di questa domenica, tratto dal Vangelo di Matteo, affronta vari temi.
Fra questi l’urgenza di superare il legalismo degli scribi e farisei, compiendo la volontà di Dio con cura.
Quasi senza accorgersene, Francesco fu un grande maestro spirituale.
Per Grazia, era convinto che la giustizia va sempre a braccetto con la misericordia.
Una giustizia lontana dal rigidismo bieco, desiderosa di esprimersi nel compimento della volontà di Dio, nel rispetto del fratello sempre.
Le Fonti francescane insegnano molto in merito.
"Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca.
Se quel fratello si rifiutava di compiere quel gesto, quando l’offensore era il suo superiore, gli comandava di mettergli il piede sulla bocca; quando era un suddito, glielo faceva ordinare dal responsabile.
In questo modo i frati s’impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l’amore scambievole.
Facevano il possibile per sostituire a ogni vizio la virtù corrispondente, ispirati e coadiuvati in questo dalla Grazia di Gesù Cristo" (FF 1449).
Giustizia e Misericordia da cercare, da chiedere a Dio innanzitutto nella preghiera e nel silenzio, poiché un cuore nuovo è dono del Signore, di un esodo continuo.
Nella Regola degli eremi, scritta da Francesco, infatti, leggiamo:
«E questi [i frati] abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire […] e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giustizia» (FF 137).
Nelle stesse Lodi di Dio Altissimo, Francesco evidenzia che Dio è Giustizia:
«[…] Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza,
Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza» (FF 261).
Il Poverello, sapendo che il Signore-Giustizia chiamava ad averne superiore a quella di maniera, s’impegnò senza tregua per il Regno dei cieli, e cercò di insegnare ai suoi frati a fare altrettanto.
Mai dimenticò che la misericordia ha sempre la meglio, nel giudizio dinanzi a Dio.
«Vi dico infatti che se la vostra giustizia non abbonderà di più [quella] degli scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20).
The Second Vatican Council's Constitution on the Sacred Liturgy refers precisely to this Gospel passage to indicate one of the ways that Christ is present: "He is present when the Church prays and sings, for he has promised "where two or three are gathered together in my name there am I in the midst of them' (Mt 18: 20)" [Sacrosanctum Concilium, n. 7]
La Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II si riferisce proprio a questo passo del Vangelo per indicare uno dei modi della presenza di Cristo: "Quando la Chiesa prega e canta i Salmi, è presente Lui che ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20)" [Sacrosanctum Concilium, 7]
This was well known to the primitive Christian community, which considered itself "alien" here below and called its populated nucleuses in the cities "parishes", which means, precisely, colonies of foreigners [in Greek, pároikoi] (cf. I Pt 2: 11). In this way, the first Christians expressed the most important characteristic of the Church, which is precisely the tension of living in this life in light of Heaven (Pope Benedict)
Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo (Papa Benedetto)
A few days before her deportation, the woman religious had dismissed the question about a possible rescue: “Do not do it! Why should I be spared? Is it not right that I should gain no advantage from my Baptism? If I cannot share the lot of my brothers and sisters, my life, in a certain sense, is destroyed” (Pope John Paul II)
Pochi giorni prima della sua deportazione la religiosa, a chi le offriva di fare qualcosa per salvarle la vita, aveva risposto: "Non lo fate! Perché io dovrei essere esclusa? La giustizia non sta forse nel fatto che io non tragga vantaggio dal mio battesimo? Se non posso condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è in un certo senso distrutta" (Papa Giovanni Paolo II)
By willingly accepting death, Jesus carries the cross of all human beings and becomes a source of salvation for the whole of humanity. St Cyril of Jerusalem commented: “The glory of the Cross led those who were blind through ignorance into light, loosed all who were held fast by sin and brought redemption to the whole world of mankind” (Catechesis Illuminandorum XIII, 1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Pope Benedict]
Accettando volontariamente la morte, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità. San Cirillo di Gerusalemme commenta: «La croce vittoriosa ha illuminato chi era accecato dall’ignoranza, ha liberato chi era prigioniero del peccato, ha portato la redenzione all’intera umanità» (Catechesis Illuminandorum XIII,1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Papa Benedetto]
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
don Giuseppe Nespeca
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