Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù esorta gli astanti a non invitare a pranzo o cena parenti e amici, ma quanti non possono ricambiare: i poveri!
Questa è vera beatitudine!
Il Poverello d’Assisi invitò con insistenza Madonna Povertà a prendere cibo con i frati [cf. Sacrum Commercium Beati Francisci cum Domina Paupertate]:
“Poi la condussero al luogo dove era preparata la mensa. Come fu arrivata ella si guardò attorno e, non vedendo nulla all’infuori di tre o quattro tozzi di pane d’orzo e di crusca posti sull’erba fu presa da grande ammirazione” (FF 2020).
Poi “ordinò loro di essere tutti insieme e rivolse ad essi parole di vita, dicendo:
«Siate Benedetti, figli miei, dal Signore Iddio che ha creato il cielo e la terra, perché mi avete accolta nella vostra casa con tale pienezza di carità, che oggi stando con voi mi è parso di stare nel paradiso del Signore […] Ecco quello che ho tanto cercato, ora lo contemplo […] perché in terra mi sono unita a uomini che sono per me immagine fedele di Colui che è mio sposo nel cielo. Benedica il Signore il vostro coraggio e gradisca il lavoro delle vostre mani» (FF 2024).
Chiamati/e ed eletti/e in compagnia di Madonna Povertà a ricalcare le orme del Figlio di Dio.
La stessa Chiara, nel suo Testamento spirituale, vera perla francescana, si rivolge alle figlie presenti e future invitandole a custodire il tesoro inestimabile dell’elezione. Leggiamo in esso:
”Tra gli altri benefici che abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle Misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate. Perciò l’Apostolo ammonisce: «Conosci bene la tua vocazione»” (FF 2823).
E ancora:
“Il Figlio di Dio si è fatto nostra Via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui” (FF 2824).
A questo punto Chiara ricorda quando il Santo, sotto ispirazione divina, profetò a loro riguardo.
“Salito sopra il muro di detta chiesa […] rivolto ad alcuni poverelli che stavano lì appresso: «Venite ed aiutatemi in quest’opera del monastero di S. Damiano, perché tra poco verranno ad abitarli delle donne, e per la fama della santità della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua santa Chiesa».
Possiamo, dunque, ammirare in questo fatto la grande bontà di Dio verso di noi: Egli si è degnato, nella sovrabbondante sua misericordia e carità, di ispirare tali parole al suo Santo a proposito della nostra vocazione ed elezione” (FF 2827-2828).
«Ma quando fai un banchetto invita poveri storpi zoppi ciechi, e sarai beato perché non hanno da contraccambiarti» (Lc 14,13-14).
Lunedì 31.a sett. T.O. (Lc 14,12-14)
Per il Povero d’Assisi amare Dio con tutto il cuore e la mente e le forze, come pure il prossimo era qualcosa che lo faceva sussultare ad ogni dove.
Le Fonti, sublime concatenazione di sorprendenti eventi, ce ne danno attestazione.
Leggiamo, infatti:
“Una volta che percorreva una regione predicando, accadde che due frati francesi gli si fecero incontro, traendone una profonda consolazione.
Al momento del commiato, gli chiesero, spinti da devozione, la sua tonaca per amor di Dio. E Francesco appena ebbe udito invocare l’amor di Dio, si tolse il saio, e rimase nudo per qualche ora.
Era infatti suo costume, quando gli si diceva: ‘Per amor di Dio, dammi la tonaca o la corda’ o altro che egli portava, di donarlo immediatamente per riverenza a quel Signore che è chiamato Carità.
Ma gli dispiaceva tanto, e ne faceva rimprovero ai frati allorché udiva nominare l’amor di Dio per ogni sciocchezza.
Diceva: «Così sublime è l’amor di Dio, che solo raramente e in caso di gran necessità deve essere nominato, e sempre con molta venerazione» (FF 1603).
“L’ incendio indomabile dell’amore per il buon Gesù erompeva in lui con vampe e fiamme di carità così forti, che le molte acque non potevano estinguerle” (FF 1224).
Ma pure la sua prima pianticella, Chiara, era tutta dedita all’amore di Cristo, come si evince dai suoi scritti.
Nella sua Benedizione leggiamo:
«Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore» (FF 2857).
In una Lettera ad Ermentrude di Bruges, sorella spirituale, dice:
«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita» (FF 2914).
E ad Agnese di Praga: «Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo» (FF 2906).
Già, amare Dio e i fratelli vale più di tanti olocausti!
Francesco ebbe sempre a cuore la salvezza delle anime e quanto Gesù aveva fatto per donare Vita eterna a tutti.
Nelle Fonti troviamo quanto egli dice ai suoi frati:
«L’Unigenito di Dio, Sapienza infinita, per la salvezza delle anime è disceso dal seno del Padre, ha rinnovato il mondo con il suo esempio, parlando agli uomini la Parola di salvezza e ha dato il suo sangue come prezzo per riscattarlo, lavacro per purificarli, bevanda per fortificarli, nulla assolutamente riservando per se stesso, ma tutto dispensando generosamente per la nostra salvezza» (FF 1204).
E di Francesco il Signore si servì per riportare a vita i morti più volte:
“Nel borgo di Monte Marano, presso Benevento, era morta una donna particolarmente devota di san Francesco.
La sera vennero i chierici per le esequie […] quando improvvisamente, alla vista di tutti, la donna si alzò sul letto e chiamò uno dei sacerdoti presenti […] e gli disse:
‘Padre, voglio confessarmi: ascolta il mio peccato. Quando sono morta, io dovevo essere gettata in una orrenda prigione, perché non avevo confessato il peccato che sto per dirti. Ma per me ha pregato San Francesco, che durante la vita ho sempre servito con devozione e così mi è stato concesso di ritornare ora nel corpo, per confessare quel peccato e meritarmi la vita eterna. Dopo che lo avrò confessato mi affretterò alla pace promessa’.
Tremando si confessò al sacerdote […] e, ricevuta l’assoluzione, si stese in pace sul suo letto e s’addormentò felicemente nel Signore” (FF 1263).
Nei Fioretti, poi, si racconta di un frate, Giovanni della Verna, che celebrando la Messa il giorno dei defunti vide molte anime liberate salire in cielo:
“In quella messa levando divinamente il corpo di Cristo e offerendolo a Dio Padre e pregandolo che per amore del suo benedetto figliuolo Gesù Cristo, il quale per ricomperare le anime era penduto in croce, gli piacesse liberare […] l’anime de’ morti da lui create e ricomperate; immantanente egli vide quasi infinite anime […] salire in cielo per li meriti della passione di Cristo, il quale ognindì è offerto per li vivi e per li morti in quella sacratissima ostia” (FF 1892).
«Ora, questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che tutto ciò che mi ha dato, non ne perda, ma lo risusciti l’ultimo giorno» (Gv 6,39).
Comm. di tutti i Fedeli Defunti. (Gv 6,37-40)
Nelle Beatitudini Gesù proclama l’amore di Dio per ogni uomo, in specie per il povero, oggetto della sua predilezione.
Francesco guardava le Beatitudini come il ritratto di Cristo che le ha vissute in pienezza e le seguiva in quanto innamorato di Lui.
Grande venerazione aveva non solo per la Vergine Maria, ma pure per tutti i Santi.
Infatti fra i suoi scritti vi è un’antifona recitata ogni ora:
«Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell’Altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro. Gloria al Padre. Come era.» (FF 281).
Le Fonti sottolineano che “i santi e il loro ricordo eran per lui come carboni ardenti, che ravvivavano in lui l’incendio deificante” (FF 1167).
Nelle Ammonizioni di Francesco:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli.
Ci sono molti che applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano.
Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso e ama quelli che li percuotono nella guancia» (FF 163).
«Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio.
«Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo» (FF 164).
E nello stesso Cantico di Frate Sole, quand’era ormai molto malato aggiunse la famosa strofa del perdono:
«Laudato si, mi Segnore/ per quilli ke perdonano per lo tuo amore/ e sustengu enfirmitate et tribulacione./
Beati quilgli kel sosteranno in pace,/ ka da te, Altissimo, sirano coronati» (FF 1593).
Nondimeno Chiara d’Assisi, nella sua stupenda Benedizione alle sorelle, volge lo sguardo a tutta l’assemblea dei Santi in cielo e in terra:
«Prego il Signore nostro Gesù Cristo per la sua misericordia e per l’Intercessione della sua santissima Madre Maria, del beato arcangelo Michele e di tutti i santi Angeli di Dio, [del beato Padre nostro Francesco] e di tutti i santi e le sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi confermi questa santissima benedizione in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi, con la sua Grazia e le sue virtù, fra i suoi servi e le sue serve nella sua Chiesa militante; in cielo, esaltandovi e glorificandosi nella sua Chiesa trionfante fra i suoi santi e le sue sante» (FF 2855).
Bellezza evidente di una comunione vissuta a tutto tondo con i santi che ancora camminano sulla terra e con quelli che agitano le loro palme davanti al trono dell’Agnello nella Gerusalemme celeste.
«Beati i poveri [per Amore], perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3).
Tutti i Santi (Mt 5,1-12a)
In questo brano evangelico di Luca, in cui è preannunciata la fine di Gesù e il compimento della sua opera, assistiamo al pianto di Lui su Gerusalemme, città proverbiale, che lapida e uccide i profeti.
Guardando nelle Fonti riportiamo un episodio particolare del Poverello.
Una notte Francesco fece un sogno che quasi richiamava il lamento di Gesù su Gerusalemme.
Cristo aveva pianto sulla città santa, mandante dell’uccisione di profeti (e di avere lapidato quanti sono ad essa inviati) il cui prezzo sarebbe stata una casa lasciata deserta.
L’Unità tradita e vilipesa avrebbe generato squallore e abbandono.
Il Santo dunque "Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume.
Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali.
Quando si svegliò, l’uomo di Dio riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione.
«La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo.
I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne»" (FF 610).
Per questo motivo Il Minimo pose l’Ordine sotto la protezione della Chiesa, poiché per lui seguire Cristo significava camminare sulle tracce della Sposa del Signore.
Il Poverello ebbe sollecitudine speciale per i suoi fratelli, studiandosi di mantenerli nel vincolo dell’unità, per la quale Cristo si fece Agnello sacrificale, immolato per la salvezza di tutto il popolo.
Infatti, nella Lettera ai Fedeli, così si esprime:
«La volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme» (FF 184).
Innamorato di Cristo in tutto, pure nelle infermità che lo colpivano Francesco volle seguire la povertà e l’esempio del Signore.
"Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa a un asinello.
Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo" (FF 490).
Così si serviva di «fratello asino», preso in prestito per il viaggio alla Verna e il suo ritorno attraverso Borgo San Sepolcro, uniti nella mitezza che li accomunava.
Giovedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,31-35)
Gesù invita a sforzarsi di entrare per la porta stretta, sapendo che le opere parlano da sole e che gli ultimi saranno primi.
Questi temi sono presenti in modo assiduo nelle Fonti francescane.
Dopo la conversione, il Figlio di Pietro Bernardone pone molta cura allo «sforzatevi di entrare per la porta stretta» raccomandato da Gesù.
Infatti, in quelli che denominiamo «Scritti di Francesco» [per lo più dettati a qualche frate che si faceva suo segretario] emerge con chiarezza la sua ferma adesione al Vangelo.
Nella Regola non bollata (1221) leggiamo tra le esortazioni rivolte ai suoi frati:
«E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano» (FF 37).
E ben consapevole dell’esigenza evangelica dell’umiltà e della minorità, così rispondeva ai suoi in merito a chi deve essere ritenuto un vero frate minore:
«Prendi un corpo morto - disse - e mettilo dove ti pare e piace. E vedrai che, se lo muovi, non si oppone: se lo lasci cadere, non protesta.
Se lo metti in cattedra, non guarderà in alto, ma in basso.
Se gli metti un vestito di porpora, sembrerà doppiamente pallido.
Questo è il vero obbediente: chi non giudica il perché lo spostano; non si cura del luogo a cui viene destinato; non insiste per essere trasferito; eletto in un ufficio, mantiene la solita umiltà; quanto più viene onorato, tanto più si ritiene indegno» (FF 1107).
E Chiara non era da meno!
Nel Testamento lasciato alle sorelle:
«Ma poiché stretta è la via e il sentiero, ed angusta la porta per la quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi sono quelli che la percorrono e vi entrano; e se pure vi sono quelli che per un poco di tempo vi camminano, pochissimi perseverano in essa.
Beati però quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).
E nella Leggenda:
“Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle, mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano” (FF 3180).
Già, quanti nella vita sono stati considerati ultimi o si sono fatti minimi per il Vangelo saranno i primi nel Regno di Dio!
«Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e sono primi che saranno ultimi» (Lc 13,30).
Mercoledì 30.a sett. T.O. (Lc 13,22-30)
Le due parabole illustrate nel brano di Luca mettono in rilievo le caratteristiche del Regno di Dio: nascondimento e piccolezza, in grado di far lievitare la Buona Novella.
Francesco aveva compreso che Gesù nel Vangelo chiama a divenire uomini e donne capaci di far regnare nella propria vita e in quella degli altri la Parola.
Il nascondimento è tema portante dell’odierno Vangelo e i due Poveri d’Assisi avevano intuito che la grandezza di Dio è contenere nel piccolo e nell’insignificante l’incontenibile che è Dio stesso.
Nelle Fonti ci sono descrizioni che mettono in evidenza tutto questo.
Ad esempio nella Bolla papale di canonizzazione di S. Chiara leggiamo:
«Invero questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi […]
Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori.
Chiara, infatti si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.
Chiara taceva: ma la sua fama gridava.
Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città si predicava di lei» (FF 3284).
«Questo fu l’albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati […] e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti» (FF 3294).
Lo stesso Francesco rifuggiva quando poteva dalla compagnia degli uomini, trovando dimora negli eremi, ben sapendo che nella solitudine e sepoltura il seme gettato produce germogli copiosi.
Le Fonti c’informano:
“Mentre Francesco, rifuggendo come era sua abitudine dalla vista e dalla compagnia degli uomini si trovava in un eremo, un falco che aveva lì il suo nido strinse con lui un solenne patto di amicizia” (FF 754).
In realtà il Regno dei cieli s’annida laddove risplende l’apparente piccolezza, dando sapore ad ogni cosa.
«A che cosa paragonerò il Regno di Dio? È simile a del lievito, che una donna avendo preso nascose in tre staia di farina, finché tutta fu lievitata» (Lc 13,20-21).
Martedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,18-21)
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù in preghiera per l’intera notte, prima di chiamare a sé i suoi discepoli.
La Relazione con il Padre anticipa ogni scelta importante nella vita di Cristo.
Francesco, sull’esempio di Gesù, passava intere notti a pregare in luoghi solitari e prima di assumere decisioni importanti.
Nella Vita seconda del suo biografo Celano si legge:
“Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa*, lontano dall’abitato.
Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno:
«Fratello, vorrei rimanere qui da solo questa notte. Tu va’ all’ospedale* e torna da me per tempo domattina».
Rimasto tutto solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere […]” (FF 707).
Questo intenso rapporto con Dio fece sì che in breve tempo accorressero a lui, stimolati dalla sua testimonianza, molti discepoli pronti a vivere il Vangelo allo stesso modo.
“Durante questo tempo si aggregarono a loro e si fecero discepoli di Francesco altri quattro uomini degni e virtuosi.
Perciò l’interesse per il movimento e la fama dell’uomo di Dio crescevano sempre più tra il popolo.
E veramente in quel tempo Francesco e i suoi compagni provavano una immensa allegrezza e una gioia inesplicabile quando qualcuno dei fedeli, chiunque e di qualunque condizione fosse, ricco, povero, nobile, popolano, spregevole, onorato […] guidato dallo Spirito di Dio veniva a prendere l’abito della loro Santa religione […]” (FF 371).
La sua santità era talmente evidente che tutti erano felici di poter toccare la sua povera tonaca e riceverne benefici.
Infatti tutti coloro che erano malati o posseduti, avvicinati dal Povero venivano guariti.
Ad esempio “a Città di Castello una donna era posseduta da uno spirito maligno e furioso: appena il Santo glielo ebbe ingiunto per obbedienza, il demonio fuggì pieno di sdegno, lasciando libera nell’anima e nel corpo la povera ossessa” (FF 1219).
L’umile discepolo di Gesù era divenuto, per Grazia, “Alter Christus”.
«Egli uscì verso il monte per pregare e passò la notte nella preghiera a Dio» (Lc 6,12).
• FF 707= il frate che lo accompagnava era frate Pacifico.
• La Chiesa presso cui si fermano a pregare è San Pietro in Bovara, presso le Fonti del Clitunno.
• L’ospedale a cui Francesco indirizza il suo compagno era un lebbrosario a pochi chilometri dalla chiesa.
Ss. Simone e Giuda (Lc 6,12-19)
Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses
don Giuseppe Nespeca
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