Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Lunedì, 10 Novembre 2025 03:10

Scendere dal sicomòro

L’inizio del capitolo diciannove di Luca narra la conversione di Zaccheo. Un cambiamento di rotta che lo aveva indotto a restituire quattro volte di quanto rubato ai poveri.

Così, ricevendo il Signore, la salvezza aveva trovato dimora nella sua casa.

Anche Francesco, al pari di Zaccheo, era di piccola statura e voleva vedere Gesù.

Era salito sul sicomoro delle sue false sicurezze e Gesù gli dice di scendere dal mondo dei tornaconti e di salire sul colle della libertà evangelica, donando quanto aveva ai poveri.

Nel momento in cui incontra Cristo, si accorge che nella sua casa interiore era entrata la salvezza, la chiarità del vivere.

Le Fonti documentano queste vicende storiche interessanti:

“Siccome però, come dice tutta la Scrittura: «Quando un uomo ha finito, allora comincia, e quando sarà consumato, opererà» - si vide il suo spirito farsi più pronto nella carne inferma.

Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa a un asinello.

Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo” (FF 490).

E ancora: “Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime […]

Non si riteneva Amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (FF 758).

Salvato, cercava di salvare; guarito, voleva guarire!

 

«Zaccheo, affrettandoti scendi, perché oggi devo rimanere nella tua casa» (Lc 19,5b)

 

 

Martedì 33.a sett. T.O.  (Lc 19,1-10)

Domenica, 09 Novembre 2025 04:27

Cecità fisica e spirituale redenta

Gesù guarisce sulla strada di Gerico un cieco che crede in Lui e che, per la salvezza ricevuta, comincia a seguirLo glorificando Dio.

La cecità è tema rivisitato da Francesco in varie occasioni.

Il Minimo sapeva cosa fosse quella del corpo e dell’anima, avendola sperimentata spiritualmente e fisicamente.

Il Nome di Gesù sulle labbra del Poverello spesso aveva generato guarigioni, ridonando la vista.

Nelle Fonti troviamo:

“Nel convento dei frati minori di Napoli vi era un frate, di nome Roberto, cieco da molti anni.

Ad un certo punto sopra gli occhi gli si formò un’escrescenza carnosa, che gli impediva di muovere e sollevare le palpebre.

Un giorno si radunarono in quel convento molti frati forestieri, diretti in diverse parti del mondo.

Ebbene, il beato padre nostro Francesco, specchio di santa obbedienza, quasi per incuorarli al viaggio con la novità di un miracolo, volle guarire quel frate, alla loro presenza, nel modo che segue.

Questo frate Roberto era ammalato a morte, tanto che ormai gli era stata raccomandata l’anima; quand’ecco gli si presentò il beato Padre, in compagnia di tre frati, modelli d’ogni santità: sant’Antonio, frate Agostino e frate Giacomo d’Assisi, che ora, dopo la morte, lo accompagnavano premurosamente, così come lo avevano seguito perfettamente durante la vita.

Prendendo un coltello, San Francesco gli tagliò via la carne superflua, restituendogli la vista e strappandolo alle fauci della morte; poi gli disse:

«O figlio Roberto, la grazia che ti ho fatto è un segno per i frati che partono per lontane genti: è il segno che io li precederò e guiderò nel loro cammino. Partano con gioia e adempiano con animo pronto l’obbedienza ricevuta!» (FF 1299).

Il Cantico scritto da S. Francesco - Cantico di frate Sole - è un inno alla vita e alla luce nel momento in cui aveva perso la vista ed era stato guarito nel cuore.

Francesco, dopo la conversione, tornò a vederci di nuovo e divenne luce per tutti, faro nella notte dei tempi.

Cristo ridonava la vista attraverso di lui.

 

«E Gesù gli disse: "Solleva lo sguardo! La tua fede ti ha salvato"» (Lc 18,42)

 

 

Lunedì 33.a sett. T.O.  (Lc 18,35-43)

Sabato, 08 Novembre 2025 04:00

Denigrante folgorìo

In questo brano evangelico Gesù annuncia distruzioni e persecuzioni. Dinanzi a simili prove Egli sottolinea l’importanza della perseveranza.

Francesco e Chiara d’Assisi, con percorsi diversi, vissero avendo sempre dinanzi al loro sguardo l’orizzonte conclusivo della loro vita.

Per divina rivelazione e per indiscussa intuizione avevano compreso che i luccichii di questo mondo sarebbero stati i primi detrattori delle anime.

Sapevano che di tutto ciò che vedevano, alla fine dei giorni non sarebbe rimasto nulla.

E ogni giorno, alle prime luci dell’alba, tale pensiero li guidava nell’impostare la propria giornata.

Le Fonti, pozzo senza fondo delle vicende evangeliche vissute da questi Giganti del Vangelo, ci dicono, a cominciare dal Cantico di frate Sole:

«Laudato si’, mi Signore, per Sora nostra Morte corporale/ da la quale nullu homo vivente po’ skappare/ guai a quelli che morranno ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,/ ka la morte seconda no ‘l farrà male» (FF 263).

Nondimeno Chiara richiama al fine ultimo della vita le sorelle:

«Beati però quelli a cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine» (FF 2850).

Ancora in una delle sue lettere ad Agnese di Boemia, ricorda:

«Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo! Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura» (FF 2894).

 

Come annuncia Gesù nel Vangelo: «Queste cose che osservate, verranno giorni nei quali non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (Lc 21,6).

Loro hanno lanciato sempre il cuore oltre l’ostacolo, fidandosi di Dio.

 

 

Domenica 33.a T.O. anno C  (Lc 21,5-19)

Nel capitolo diociottesimo di Luca Gesù evidenzia l’importanza della preghiera continua, insistente e fatta con fede. Per essere più pratico racconta la parabola del giudice e della vedova importuna.

Chi conosce un poco il Povero di S. Maria della Porziuncola, sa bene che l’orazione continua per lui era come l’ossigeno per i polmoni.

Vari passi delle Fonti descrivono quanto Francesco l’amasse e cercasse luoghi in cui poter dare libero sfogo al suo grande cuore.

“Dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo.

E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno […] Dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (FF 682).

E nella Leggenda maggiore troviamo, a conferma della sua fede in Dio:

«Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare ho ricevuto la Grazia dell’orazione, più che quella della predicazione.

Nell’orazione, inoltre o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo […] Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo, e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).

La sua fede era cresciuta giorno per giorno, perché intrisa di Relazione divina, certa di essere ascoltata per Grazia e non per merito; divenendo così un Gigante della Parola.

 

«Ma Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano a lui giorno e notte?» (Lc 18,7)

 

 

Sabato 32.a sett. T.O.  (Lc 18,1-8)

Francesco aveva imparato dal Vangelo che lo stringere fra le mani la propria vita la fa perdere, ma chi si dispone a perderla per Cristo e con Cristo, in realtà la guadagna.

Quando incontrò i lebbrosi il Minimo era a un bivio: trattenere la propria vita o donarla?

Abbracciare gli emarginati o continuare a pensare alla propria esistenza?

Le Fonti attestano che scelta fece Francesco nel merito.

Il Signore gli aveva detto qualcosa di ben preciso:

«Francesco - gli disse Dio in spirito - preferisci

le cose amare alle dolci, disprezza te stesso, se vuoi conoscermi» (FF 591).

E ancora: “Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno né incontrò proprio proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi.

Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo.

E il lebbroso, che gli aveva steso una mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qua e là - la campagna era tutta aperta e libera tutt’attorno da ostacoli - ma non vide più il lebbroso.

Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca.

Così preferiva le cose amare alle dolci, e si prestava virilmente a mantenere gli altri propositi” (FF 592).

In tal modo il Poverello d’Assisi fece dell’amare e curare i lebbrosi il discrimine del perdere la propria vita per ritrovarla.

 

«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)

 

 

Venerdì 32.a sett. T.O.  (Lc 17,26-37)

Mercoledì, 05 Novembre 2025 02:52

Occhio agli accadimenti

Il Signore chiama a porre attenzione agli accadimenti. A non sprecare opportunità di vita.

Francesco d’Assisi era singolare profeta capace di leggere i segni incontrati nel cammino di fede.

Ma il grave errore poteva essere quello di non aver compreso che Francesco era lui un segno dei tempi, e che segno!

Donato dal Cielo per conquistare anime a Dio, sapendo che il tempo ormai s’e fatto breve.

Le Fonti, Maestre di francescanesimo, dicono perché il Santo era stato scelto come segno dei tempi.

In tal senso la Leggenda maggiore di S. Bonaventura si fa rivelazione:

“Su di lui veramente poverello e contrito di cuore, Dio posò il suo sguardo con grande accondiscendenza e bontà; non soltanto lo sollevò mendico dalla polvere della vita mondana, ma lo rese campione, guida e araldo della perfezione evangelica e lo scelse come luce per i credenti, affinché divenuto testimone della luce, preparasse per il Signore la via della luce e della pace nel cuore dei fedeli” (FF 1020).

Continua S. Bonaventura:

“Come la stella del mattino che appare in mezzo alle nubi, coi raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte; come arcobaleno, che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della Pace e della salvezza.

Angelo della vera pace, anch’egli, ad imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto dell’altissima povertà e a predicare la penitenza con l’esempio e con la parola […]

Fu ricolmo dello spirito profetico e, deputato all’ufficio degli Angeli, venne ricolmato dell’ardente amore dei serafini, finché, divenuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un carro di fuoco.

Resta così razionalmente dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia” (FF 1021).

“E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo” (FF 1022).

“Egli ebbe dal Cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce; il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono” (FF 1022).

 

«Perché come la folgore, folgoreggiando da un capo del cielo risplende fino all’altro capo del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo [nel suo giorno]» (Lc 17,24)

 

 

Giovedì 32.a sett. T.O.  (Lc 17,20-25)

Martedì, 04 Novembre 2025 03:13

Incontro coi lebbrosi, nel memoriale

La liturgia odierna ci visita con l’incontro di Gesù con i dieci lebbrosi. Vengono tutti guariti, ma uno solo torna da Lui per ringraziarlo, memore di quanto aveva ricevuto, e soprattutto per ‘dare gloria a Dio’ [riconoscendo Cristo, Signore].

Il Povero di Assisi, dopo la sua conversione, vide nell’incontro con i lebbrosi la strada maestra per trasformarsi in Parola incarnata.

Provava memoria grata verso il Signore per l’esperienza fatta tra questi.

E Gesù, per tutta risposta, lo usò per guarire anche i lebbrosi. Nelle Fonti leggiamo:

“A San Severino nella Marca d’Ancona, abitava un giovane di nome Atto. Era talmente coperto da ulcere che per giudizio dei medici era ritenuto da tutti un vero lebbroso. Le membra erano tutte tumefatte e ingrossate, a causa del rigonfiamento delle vene, tutto gli appariva deformato. Camminare gli era impossibile, e doveva starsene sempre inchiodato nel giaciglio del suo dolore, con disperata afflizione dei genitori. Specialmente il padre suo, straziato da quel diuturno eccessivo dolore, non sapeva più che cosa fare. Ma finalmente gli venne in mente di raccomandarlo e votarlo al beato Francesco, e gli fece questa proposta:

 ‘Figlio mio vuoi fare un voto al glorioso Francesco, che rifulge per molti miracoli, perché voglia liberarti dal tuo male?’. Rispose: ‘Sì babbo!’.

Il padre si fece subito portare un foglio di papiro, prese le misure dell’altezza e grossezza del figlio e poi gli disse:

‘Alzati, fai voto al beato Francesco che se guarirai, ogni anno e per tutta la tua vita, andrai pellegrino alla sua tomba, recandogli un cero alto come te’.

Il giovane obbedì alla richiesta paterna; si alzò come poté, e a mani giunte, incominciò a invocare la misericordia del Beato Francesco.

Presa la misura del papiro, si alzò appena finita la preghiera, ed era completamente guarito dalla lebbra. Cominciò a camminare, dando lode a Dio e al beato Francesco” (FF 563).

La memoria grata di quanto ricevuto rende testimonianza che a Dio piace che le sue creature non siano smemorate.

 

«Non sono stati mondati i dieci? Ma i nove dove [sono]? Non sono stati trovati che dessero gloria a Dio, se non questo straniero?» (Lc 17,17-18)

 

 

Mercoledì 32.a sett. T.O.  (Lc 17,-11-19)

Lunedì, 03 Novembre 2025 05:20

Il dovere di servire in umiltà

Nel Vangelo di oggi Gesù insegna ai suoi discepoli l’umiltà e la grandezza del servire: fare semplicemente quanto ci è stato ordinato.

Grazie alla luce ricevuta dallo Spirito, Francesco e Chiara avevano imparato ad incarnare la Parola di Dio quotidianamente.

Destinatario del loro agire era il Cristo da riconoscere e servire nei frati o nelle sorelle, ma pure da soccorrere in quanti bussavano alla porta o incontravano lungo la strada.

I figli del Regno dei cieli non dominano, bensì servono umilmente il prossimo.

I discepoli di Gesù non ambiscono a posizioni di prestigio, ma a conformarsi all’identikit delineato dalle Beatitudini.

Da qui la comprensione attiva di quanto le Fonti propongono.

"Occupavano [i frati] la giornata nell’orazione e lavorando con le loro mani, in maniera da evitare risolutamente l’ozio, nemico dell’anima […]

Si amavano l’un l’altro con un affetto profondo, e a vicenda si servivano e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo unico figlio teneramente amato.

Tale era l’affetto che ardeva loro in cuore, che erano pronti a consegnarsi alla morte senza esitare, non solo per amore di Cristo, ma anche per salvare l’anima o il corpo dei fratelli" (FF 1446).

 

«Quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite:

"Siamo servi di nessun conto. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare» (Lc 17,10).

 

E la stessa Chiara, chiusa fra le mura damianite, offriva in semplicità alle sorelle la testimonianza di un servizio a tutto campo.

"Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano.

Malvolentieri imparte appena qualche ordine: ma fa da sé spontaneamente, preferendo eseguire lei stessa piuttosto che comandare alle sorelle" (FF 3180).

Il Minimo e la Povera di San Damiano avevano ricevuto in dono un cuore puro, infiammato dalla Carità, al servizio del Regno.

Guardando Gesù, Autore e Perfezionatore della legge, avevano acquisito la Sua fisionomia di servitori fraterni, per riscattare le moltitudini.

 

 

Martedì 32.a sett. T.O. (Lc 17,7-10)

Sabato, 01 Novembre 2025 22:47

Dopo l’Incontro, perdonare infinitamente

Gesù sottolinea il doveroso perdono da offrire al fratello che ha sbagliato.

Francesco aveva di speciale tante qualità, ma eccelleva in una: la stabile e solida memoria della Misericordia divina china su di lui, al punto di condonargli tutti gli errori della vita passata.

Aveva fatto esperienza della paternità e maternità di Dio, assorbito da quelle viscere di misericordia che lo avevano visitato e guarito interiormente.

Per lui compatire e perdonare - come pure riprendere, dove fosse necessario - erano atteggiamenti basilari nel cammino fraterno.

Ormai portava scolpita nel cuore la risposta di Gesù alla domanda di Pietro: quante volte concedere il perdono.

Il Signore gli risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,22). Come a dire: "sempre".

Francesco d’Assisi al riguardo, in un passo della Lettera ad un Ministro, spiega bene la disponibilità continua a perdonare, e ricominciare senza stancarsi. Gli accenti sono commoventi.

«Io ti dico […] che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo […] tutto questo devi ritenere come una grazia […] E ama coloro che agiscono con te in questo modo […]» (FF 234).

Ancora: «E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto più è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli» (FF 235).

La lettera, vero gioiello, fra quelle scritte dal Poverello, continua:

«Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano. E tutti frati, che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati» (FF 237).

 

«Se tuo fratello pecca, rimproveralo; e se si pentirà, perdonagli» (Lc 17,3)

 

 

Lunedì 32.a sett. T.O.  (Lc 17,1-6)

Pagina 4 di 11
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus. Even within us, the life of Faith embraces all our sides and admits many things. Thus we become more complete and emancipate ourselves, reversing positions.
I Vangeli si fanno largo, avanzano e liberano, facendo comprendere l’enorme differenza tra credo qualsiasi e proposta di Gesù. Anche dentro di noi, la vita di Fede abbraccia tutti i nostri lati e ammette tante cose. Così diventiamo più completi e ci emancipiamo, ribaltando posizioni
We cannot draw energy from a severe setting, contrary to the flowering of our precious uniqueness. New eyes are transmitted only by the one who is Friend. And Christ does it not when we are well placed or when we equip ourselves strongly - remaining in a managerial attitude - but in total listening
Non possiamo trarre energia da un’impostazione severa, contraria alla fioritura della nostra preziosa unicità. Gli occhi nuovi sono trasmessi solo da colui che è Amico. E Cristo lo fa non quando ci collochiamo bene o attrezziamo forte - permanendo in atteggiamento dirigista - bensì nell’ascolto totale
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10,21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
The human race – every one of us – is the sheep lost in the desert which no longer knows the way. The Son of God will not let this happen; he cannot abandon humanity in so wretched a condition. He leaps to his feet and abandons the glory of heaven, in order to go in search of the sheep and pursue it, all the way to the Cross. He takes it upon his shoulders and carries our humanity (Pope Benedict)
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità (Papa Benedetto)
"Too bad! What a pity!" “Sin! What a shame!” - it is said of a missed opportunity: it is the bending of the unicum that we are inside, which every day surrenders its exceptionality to the normalizing and prim outline of common opinion. Divine Appeal of every moment directed Mary's dreams and her innate knowledge - antechamber of her trust, elsewhere
“Peccato!” - si dice di una occasione persa: è la flessione dell’unicum che siamo dentro, che tutti i giorni cede la sua eccezionalità al contorno normalizzante e affettato dell’opinione comune

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.