Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Domenica, 04 Maggio 2025 04:46

Pastore e Porta

Gesù nel capitolo dieci del Vangelo giovanneo si definisce la ‘Porta delle pecore’ entrando per la quale s’incontra la salvezza. Lui solo è il vero Pastore che ha cura di esse e le difende dai pericoli.

 

Un giorno Francesco, vicino al traguardo della sua chiamata, ricevette da un frate una domanda circa la figura che avrebbe guidato l’Ordine dopo di lui.

Il passo, tratto dalla vita seconda del Celano, recita così:

«Padre tu passerai da questa vita, e la famiglia che ti ha seguito rimane abbandonata in questa valle di lacrime. Indica uno, se conosci che esista nell’Ordine, che soddisfi il tuo spirito e al quale si possa addossare con tranquillità il peso di ministro generale».

Francesco, accompagnando le singole parole con sospiri, rispose:

«Non conosco alcuno capace di essere guida di un esercito così vario e pastore di un gregge tanto numeroso. Ma voglio dipingervi e, come si dice, modellare la figura, nella quale si veda chiaramente quale deve essere il padre di questa famiglia».

«Deve essere - proseguì - un uomo di vita quanto mai austera, di grande discrezione e lodevole fama […] si applichi con zelo alla preghiera e sappia distribuire determinate ore alla sua anima e altre al gregge, che gli è affidato […] Dopo l’orazione poi, si metta a disposizione dei religiosi, disposto a lasciarsi importunare da tutti, pronto a rispondere e a provvedere a tutti con affabilità […] Anche ammettendo che emerga per cultura, tuttavia ancor più nella sua condotta sia il ritratto della virtuosa semplicità e coltivi la virtù […]».

E continuò:

«Consoli gli afflitti, essendo l’ultimo rifugio per i tribolati, perché non avvenga che, non trovando presso di lui rimedi salutari, gli infermi si sentano sopraffatti dal morbo della disperazione. Umili se stesso, per piegare i protervi alla mitezza, e lasci cadere parte del suo diritto, per conquistare un’anima a Cristo. Quanto ai disertori dell’Ordine, come a pecorelle smarrite, non chiuda loro le viscere della sua misericordia, ben sapendo che sono violentissime le tentazioni, che possono spingere a tanto […] È suo compito soprattutto indagare nel segreto delle coscienze per estrarre la verità dalle vene più occulte, ma non presti orecchio a chi fa pettegolezzi […]» (FF 771-772).

Tutto questo indica il valore dell’essere "Porta" per Francesco tra i suoi frati, che amò con fermezza e tenerezza; con discrezione e comprensione, per amore di Cristo.

 

«Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; ed entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9)

 

 

Lunedì della 4.a sett. di Pasqua  (Gv 10,1-10)

Sabato, 03 Maggio 2025 03:47

Francesco pastore, umile e premuroso

Gesù, il vero Pastore, discutendo con i capi Giudei sotto il portico di Salomone fa loro presente che essi non sono sue pecore. Queste, infatti, ascoltano la sua voce e lo seguono. Le autorità invece non credono neppure all’evidenza delle sue  opere.

 

Francesco fu un pastore dal cuore tenero, ma fermo, nel cammino da seguire sulle orme di Cristo.

In tal senso vari passi delle Fonti illuminano circa il suo itinerario. Nelle sue Ammonizioni il Poverello scrive:

«Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.

Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre cose simili; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna» (FF 155).

Ancora, la Leggenda maggiore di San Bonaventura c’informa:

"Un giorno, trovandosi in cammino nei pressi di Siena, incontrò un grande gregge di pecore al pascolo. Secondo il suo solito, le salutò benevolmente, e quelle, smettendo di brucare, corsero tutte insieme da lui, sollevando il muso e fissandolo con gli occhi alzati.

Gli fecero tanta festa che i frati e i pastori ne rimasero stupefatti, vedendo gli agnelli e perfino gli arieti saltellargli intorno in modo così meraviglioso" (FF 1147).

E trovandosi S. Francesco insieme a  S. Domenico a Roma, in casa del cardinale d’Ostia, dinanzi a questi così parlò dei suoi frati, con grande umiltà:

«Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori.

Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi.

Se volete - continuò -  che portino frutto nella Chiesa, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà.

Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettete in nessun modo che ottengano cariche» (FF 732).

Sì, Francesco pregava il Padre celeste perché conservasse le sue pecore nell’umiltà e non fossero strappate dalla sua mano.

Il Povero d’Assisi portò in sé tutti i tratti dell’autentico pastore.

 

«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco e mi seguono» (Gv 10,27).

 

 

Domenica 4.a di Pasqua C  (Gv 10,27-30)

Venerdì, 02 Maggio 2025 04:15

La Santa Operazione

Nel capitolo sesto del Vangelo  di Giovanni, Gesù parlando ai suoi discepoli dice loro che solo lo Spirito di Dio può far rinascere l’uomo e aprirlo a nuovi orizzonti.

Francesco d’Assisi, dopo la sua giovinezza spensierata, allorché incontra il Signore riceve una grande effusione di Spirito Santo che, stravolgendogli la vita, lo conduce ad uno stile esistenziale completamente nuovo, rovesciato dalla rinascita evangelica.

Lui si considerava un pazzo per Cristo, «simplex et idiota»; congiunto a Madonna Povertà, perché assunta da Gesù dall’inizio alla fine della sua vita e fonte di ricchezza divina.

Per opera dello Spirito era un uomo nuovo, davanti al quale vigevano prospettive nude e vitali.

Il mondo, con le sue fisionomie ingannevoli, non lo interessava più ed era attratto unicamente dall’Amore non amato.

Anche lui come Pietro, se non con le parole con i fatti, ebbe a ripetere al Salvatore nostro:

«Gesù da chi andrò, da chi andremo?! Tu solo hai parole che non passano!».

Ma a tutto questo fungono da supporto alcuni passaggi delle Fonti francescane.

"Un’altra volta, trovandosi a Roma in casa di un cardinale, fu interrogato su alcuni passi oscuri, ed espose con tanta chiarezza quei concetti profondi, da far pensare che fosse sempre vissuto in mezzo alle Scritture.

Perciò il signor cardinale gli disse:

«Io non ti interrogo come letterato, ma come uomo che ha lo Spirito di Dio.

E per questo accetto volentieri il senso della tua risposta, perché so che proviene da Dio solo» (FF 691).

E ancora il Celano, nella Vita prima:

“Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo.

Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo.

A motivo della presenza o anche della sola fama di San Francesco, sembrava davvero che una nuova luce fosse stata mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre, che avevano invaso la terra» (FF 383).

Lo stesso Francesco, nella Regola Bollata (1223), esorta i suoi così:

«Ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità» (FF 104).

 

«È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla. Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,63)

 

 

Sabato della 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,60-69)

Giovedì, 01 Maggio 2025 03:56

Carne e Sangue: cibo della Vita

Nel brano di oggi Gesù sconvolge gli schemi mentali dei Giudei che si chiedono come può dar loro da mangiare il suo corpo e bere il sangue.

 

Francesco, dotato per Grazia di carismi straordinari, aveva ben compreso  tutto questo.

Nella sua semplicità fu un grande innamorato dell’Eucaristia, cui dedicò una lettera speciale: «Lettera a tutti i chierici sulla riverenza del Corpo del Signore».

In essa, fra l’altro, leggiamo:

"«Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita»" (FF 207a).

E ancora le Fonti informano sulla devozione di Francesco al Corpo e Sangue del Signore.

"Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità […] essendo colmo di riverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’Agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore […]

Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro" (FF 789).

Anche Chiara anelava a ricevere il Pane vivo disceso dal cielo con grande devozione e raccoglimento:

"Quando poi stava per ricevere il Corpo del Signore, versava prima calde lacrime e, accostandosi quindi con tremore, temeva Colui che si nasconde nel Sacramento non meno che il Sovrano del cielo e della terra" (FF 3210).

E ancora, durante la sua lunga degenza si dedicò ancor più devotamente all’Eucaristia.

Secondo la Leggenda:

"In quella grave malattia che la confinò al giaciglio, si faceva sollevare e sorreggere dietro con sostegni; e, stando seduta, filava tessuti delicatissimi.

Da questi tessuti ricavò più di cinquanta paia di corporali e, racchiusili in buste di seta o di porpora, li destinava a varie chiese per la piana e per i monti d’Assisi" (FF 3209).

La vita di questi due Poveri fu un incessante sacrificio eucaristico a beneficio dell’umanità, in unità con Gesù.

Ogni loro gesto fu pane spezzato e sangue versato per ogni creatura bisognosa di tutto.

Vivendo in povertà e semplicità nel quotidiano divennero pane per tutti.

 

«Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha la Vita dell’Eterno» (Gv 6,54)

 

 

Venerdì della 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,52-59)

Mercoledì, 30 Aprile 2025 05:29

Il Padre attira e invia

 

In questa parte del capitolo 6 del Vangelo giovanneo viene messo in evidenza da Gesù che nessuno può andare a Lui se il Padre non lo attira.

Chi ascolta e impara dal Padre va a Gesù.

 

Francesco, sempre in ascolto della Parola e istruito dallo Spirito, un giorno ebbe a dire ai suoi frati quanto segue:

"«L’Ordine e la vita dei frati minori si assomiglia a un piccolo gregge, che il Figlio di Dio, in quest’ultima ora, ha chiesto al suo Padre celeste, dicendo:

«Padre vorrei che tu suscitassi e donassi a me in quest’ultima ora un nuovo umile popolo, diverso per la sua umiltà e povertà da tutti gli altri che lo hanno preceduto, e fosse felice di non possedere che me solo». E il Padre rispose al suo Figlio diletto:

«Figlio, ciò che hai chiesto, è fatto».

Aggiungeva quindi Francesco che il Signore ha voluto che i frati si chiamassero ‘Minori’, perché appunto questo è il popolo chiesto dal Figlio di Dio al Padre suo, e di esso si dice nel Vangelo: non vogliate temere, o piccolo gregge, poiché è piaciuto al Padre vostro di concedere a voi il Regno; e ancora: quello che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli (minori), lo avete fatto a me.

Sebbene qui il Signore parli di tutti quelli che sono poveri in spirito, tuttavia egli intendeva riferirsi in modo particolare all’Ordine dei frati minori, che sarebbe fiorito nella sua Chiesa" (FF 1617).

E Chiara, nel chiuso delle pareti damianite, scrivendo alla sua figlia spirituale Agnese di Praga:

"«Riempitevi di coraggio nel santo servizio che avete iniziato per l’ardente desiderio del Crocifisso povero. Lui per tutti noi sostenne il supplizio della croce, strappandoci dal potere del Principe delle tenebre, che ci tratteneva avvinti con catene in conseguenza del peccato del primo uomo, e riconciliandoci con Dio Padre»" (FF 2863).

Questi due santi attestano con la vita che per loro il Pane che viene da Dio è la Parola di Gesù e l’Atto donativo estremo di Lui, trasformato in salvezza perenne per tutti noi.

La preghiera cara a Francesco, e spesso ripetuta da lui dinanzi al Crocifisso, è esternazione di ascolto e fede insieme, di orme dirette alla comunione con il Padre e il Figlio suo Gesù nello Spirito.

"«Altissimo glorioso Dio, / illumina le tenebre de lo core mio. / Et dame fede dricta, / speranza certa e carità perfecta,/ senno e cognoscemento, / Signore, /che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen»" (FF 276).

 

«Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira» (Gv 6,44)

«Chi crede ha la Vita dell’Eterno» (Gv 6,47)

 

 

Giovedì della 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,44-51)

Martedì, 29 Aprile 2025 21:29

Nella tua volontà è la mia pace

Nel Vangelo della liturgia odierna Gesù si autorivela come il Pane della vita: salvezza che ogni uomo cerca.

Afferma che è disceso dal cielo per fare la volontà di Colui che lo ha mandato, non la propria.

Francesco si distinse sempre per quella ricerca continua della volontà di Dio in ogni cosa.

Nelle Fonti troviamo da parte del Poverello una valorizzazione della volontà del Padre su Gesù:

«E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto» (Lettera ai Fedeli. FF 184).

E nella Parafrasi del «Padre nostro» aggiunge:

«Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno»

(FF 270).

Nella preghiera chiedeva sempre a Dio la conoscenza della sua volontà:

"Francesco, il servo di Cristo, non confidando nell’esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per cercare con insistenza quale fosse […] la disposizione della volontà divina.

Venne così illuminato con una risposta dal cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime, che il diavolo tentava di rapire.

E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall’esempio di Colui che si degnò di morire, Lui solo, per tutti gli uomini" (FF 1066).

Chiara d’Assisi fin da giovanetta cercò sempre la volontà del Padre e, in monastero, nella sua Regola, scrive:

«Le sorelle […] ricordino che hanno rinunciato alla propria volontà per amore di Dio» (FF 2807).

Sull’esempio di Cristo venuto ad adempiere il progetto del Padre, anche Francesco e Chiara furono dei cercatori instancabili del disegno divino su di loro.

 

«Poiché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38)

 

 

Mercoledì 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,35-40)

Il brano del Vangelo giovanneo di oggi attesta come la folla non avesse ancora compreso la valenza eterna del Pane che Gesù voleva dare ad essa. La gente pensa alla manna mangiata nel deserto dai loro padri, ma Cristo ferma l’attenzione sul Padre suo che assicura un cibo che non perisce: la sua stessa Persona.

Richiamo all’abbondanza inimmaginabile dell’Eucaristia, Pane di vita per tutti.

 

Francesco, che si definiva «semplice e idiota», aveva un cuore speciale, che gli permetteva di percepire le profondità del Mistero di totale donazione del Cristo.

Sottolinea il Celano nella Vita Prima:

”Amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di «Francesco», a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro” (FF 529).

La sua compassione verso la gente bisognosa e povera era viscerale:

“Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità, nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso” (FF 1142).

Infatti, dinanzi a Gesù, Pane disceso dal Cielo, così si esprime nelle sue Ammonizioni:

”Ecco, ogni giorno egli si umilia […] ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote […] e come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne […] e come essi con gli occhi del corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.

E in tal maniera il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo» " (FF 144-145).

E nelle sue lettere:

«O umiltà sublime! O sublimità umile […] Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. NULLA, DUNQUE, DI VOI TRATTENETE PER VOI, AFFINCHÉ TOTALMENTE VI ACCOLGA COLUI CHE TOTALMENTE A VOI SI OFFRE» (FF 221).

Ma un esempio di ‘Pane donato’ ci viene non meno da Chiara d’Assisi:

“C’era un solo pane, in monastero, e già incalzavano l’ora del desinare e la fame. Chiamata la dispensiera, la Santa le comanda di dividere il pane e di mandarne una parte ai frati, di trattenere l’altra dentro, per le sorelle.

Da questa seconda metà serbata, ordina di tagliare cinquanta fette, quale era il numero delle Donne, e di presentarle loro sulla mensa della povertà.

E alla devota figlia, che le rispondeva: «Occorrerebbero gli antichi miracoli di Cristo, per poter tagliare così poco pane in cinquanta fette», la Madre replicò, dicendole:

«Fa’ sicura quello che ti dico figlia!».

Si affretta dunque la figlia ad eseguire il comando della Madre; e si affretta la Madre a rivolgere più sospiri al suo Cristo, per le sue figlie.

E per grazia divina quella scarsa materia cresce tra le mani di colei che la spezza, così che risulta una porzione abbondante per ciascun membro della comunità" (FF 3189).

 

«Il Pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv 6,33).

 

 

Martedì 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,30-35)

Domenica, 27 Aprile 2025 04:16

Alimento dell’Eterno e Fede

Nel brano di oggi, dopo la condivisione dei pani, la folla insegue Gesù giunto all’altra riva, verso Cafarnao.

E subito il Signore mette il dito nella piaga sottolineando ch’esso Lo cerca non per i segni visti, bensì perché saziata.

Una ricerca spinta non dalla fede, ma forse dal bisogno.

E, a chi chiede cosa adempiere per fare le opere di Dio, il Signore sollecita all’opera per eccellenza: credere.

Gesù si smarca e sposta lo sguardo dalla legge alla Fede.

Meraviglioso contesto che ai tempi di Francesco e Chiara induceva i Poveri assisani a evolvere il loro cammino di fiducia e abbandono in Dio.

Nelle straordinarie Fonti francescane troviamo lo stesso Francesco chiamato dal Signore ad un balzo nella fede.

"Il Santo trovava grandissima consolazione nelle visite del Signore e da esse veniva assicurato che le fondamenta del suo Ordine sarebbero rimaste sempre stabili […]

Essendo turbato per i cattivi esempi, e avendo fatto ricorso un giorno, così amareggiato, alla preghiera, si sentì apostrofato a questo modo dal Signore:

«Perché tu, omiciattolo, ti turbi? Forse io ti ho stabilito pastore del mio Ordine in modo tale che tu dimenticassi che io ne rimango il patrono principale?

Per questo io ho scelto te, uomo semplice, perché quelli che vorranno, seguano le opere che compirò in te e che devono essere imitate da tutti gli altri.

Io vi ho chiamati: vi conserverò e pascolerò, supplirò con nuovi religiosi il vuoto lasciato dagli altri, al punto di farli nascere se non fossero già nati.

Non turbarti dunque, ma attendi alla tua salvezza, perché se l’Ordine si riducesse anche a soli tre frati, rimarrà il mio aiuto sempre stabile».

Da quel giorno era solito affermare che la virtù di un solo frate santo supera una quantità, sia pur grande, di imperfetti, come un solo raggio di luce dissipa le tenebre più fitte" (FF 742).

A chi crede in Colui che rende giusti, è la sua fede che gli viene calcolata a giustizia (cf. Rm 4,4-5).

S. Chiara, poi, visse alla lettera quanto Gesù suggerisce in questo brano evangelico: preoccupatevi del cibo che dura in eterno.

Infatti, papa Gregorio con la Bolla «Quo elongati» [Fino a che punto] del 28 settembre 1230, proibiva ai frati minori di accedere ai monasteri senza una speciale licenza della Santa Sede - e che potevano occuparsi delle Clarisse solo i frati a ciò deputati.

In tale contesto, ecco cosa attestano le Fonti:

"Una volta, avendo il signor Papa Gregorio proibito che qualsiasi frate si recasse ai monasteri delle Donne senza sua autorizzazione, la pia Madre si rammaricò che le sorelle avrebbero avuto più raramente il cibo della sacra dottrina e gemendo disse:

«Ce li tolga tutti, ormai, i frati, dopo che ci ha tolto quelli che ci davano il nutrimento di vita!».

E immediatamente rimandò tutti i frati al ministro, non volendo avere a disposizione i questuanti per provvedere il pane materiale, quando non avevano più chi provvedeva loro il pane dello spirito.

Ma quando lo venne a sapere papa Gregorio, subito rimise il divieto in potere del ministro generale" (FF 3232).

Solerzia di un’anima innamorata del cibo eterno e che per Esso è disposta a rinunciare a tutto.

 

«Operate non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per la vita dell’Eterno […]» (Gv 6,27).

«Questa è l’Opera di Dio: che crediate in colui che Egli ha mandato» (Gv 6,29).

 

 

Lunedì della 3.a sett. di Pasqua  (Gv 6,22-29)

Pagina 1 di 11
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition […] we see that Jesus’ work is explained in several actions: Jesus speaks; Jesus knows; Jesus gives eternal life; Jesus safeguards (Pope Francis)
Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 10,27-30) Gesù si presenta come il vero Pastore del popolo di Dio. Egli parla del rapporto che lo lega alle pecore del gregge, cioè ai suoi discepoli, e insiste sul fatto che è un rapporto di conoscenza reciproca […] vediamo che l’opera di Gesù si esplica in alcune azioni: Gesù parla, Gesù conosce, Gesù dà la vita eterna, Gesù custodisce (Papa Francesco)
To enter into communion with God, before observing the laws or satisfying religious precepts, it is necessary to live out a real and concrete relationship with him […] And this “scandalousness” is well represented by the sacrament of the Eucharist: what sense can there be, in the eyes of the world, in kneeling before a piece of bread? Why on earth should someone be nourished assiduously with this bread? The world is scandalized (Pope Francis)
Per entrare in comunione con Dio, prima di osservare delle leggi o soddisfare dei precetti religiosi, occorre vivere una relazione reale e concreta con Lui […] E questa “scandalosità” è ben rappresentata dal sacramento dell’Eucaristia: che senso può avere, agli occhi del mondo, inginocchiarsi davanti a un pezzo di pane? Perché mai nutrirsi assiduamente di questo pane? Il mondo si scandalizza (Papa Francesco)
What is meant by “eat the flesh and drink the blood” of Jesus? Is it just an image, a figure of speech, a symbol, or does it indicate something real? (Pope Francis)
Che significa “mangiare la carne e bere il sangue” di Gesù?, è solo un’immagine, un modo di dire, un simbolo, o indica qualcosa di reale? (Papa Francesco)
What does bread of life mean? We need bread to live. Those who are hungry do not ask for refined and expensive food, they ask for bread. Those who are unemployed do not ask for enormous wages, but the “bread” of employment. Jesus reveals himself as bread, that is, the essential, what is necessary for everyday life; without Him it does not work (Pope Francis)
Che cosa significa pane della vita? Per vivere c’è bisogno di pane. Chi ha fame non chiede cibi raffinati e costosi, chiede pane. Chi è senza lavoro non chiede stipendi enormi, ma il “pane” di un impiego. Gesù si rivela come il pane, cioè l’essenziale, il necessario per la vita di ogni giorno, senza di Lui la cosa non funziona (Papa Francesco)
In addition to physical hunger man carries within him another hunger — all of us have this hunger — a more important hunger, which cannot be satisfied with ordinary food. It is a hunger for life, a hunger for eternity which He alone can satisfy, as he is «the bread of life» (Pope Francis)
Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé un’altra fame – tutti noi abbiamo questa fame – una fame più importante, che non può essere saziata con un cibo ordinario. Si tratta di fame di vita, di fame di eternità che Lui solo può appagare, in quanto è «il pane della vita» (Papa Francesco)

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