Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Quando i popoli verranno radunati davanti al Signore, per loro parleranno le opere di benedizione compiute.
Saranno nella condizione divina quanti riconobbero nei bisognosi di ogni genere Cristo stesso, magari senza essersene resi conto.
Non saranno nella Luce eterna coloro che invece non servirono i piccoli e malfermi.
Francesco, creatura dal cuore nobile e sensibile, fin dalla sua giovane età, dinanzi ai poveri sentì nella coscienza la necessità di non girarsi dall’altra parte.
Questa tenera inclinazione aumentò notevolmente dopo aver incontrato il Signore.
Leggiamo nelle Fonti stupende documentazioni di vita reale.
"Dio, infatti, aveva infuso nell’animo del giovane Francesco un sentimento di generosa compassione, che, crescendo con lui dall’infanzia, gli aveva riempito il cuore di bontà; tanto che già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse, soprattutto se chiedeva per amor di Dio.
Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote, contro le sue abitudini, un povero che gli chiedeva l’elemosina per amor di Dio. Ma subito, rientrato in se stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa elemosina e promise al Signore Iddio che, d’allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amor di Dio.
E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà instancabile, meritandosi di crescere abbondantemente nell’amore di Dio e nella Grazia.
Diceva, infatti, più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito dei sentimenti di Cristo, che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l’amore di Dio, senza provare un intimo turbamento" (FF 1018).
«Venite, benedetti del Padre mio […] perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25,34)
Le Fonti, inoltre, raccontano di una donna venuta da Machilone a Rieti per farsi curare gli occhi.
Il medico, recatosi da Francesco, gli narrò di questa creatura povera, sostenendo che l’avrebbe curata gratuitamente, pagandone lui stesso le spese.
Il Poverello, allora, subito andò dal suo guardiano, affermando che si doveva restituire la roba d’altri.
Il superiore gli chiese a cosa si riferisse e Francesco replicò:
«Questo è il mantello che abbiamo preso in prestito da quella donna poverella e malata d’occhi: dobbiamo renderglielo» (FF 1602).
Il guardiano acconsentì.
Allora il Minimo chiamò un uomo spirituale, con cui era in intimità. Gli consegnò il mantello e dodici pani, esortandolo a recarsi dall’oculista e farsi indicare la donna povera a cui consegnare il tutto.
«Va’ e dirai a quella donna povera e inferma: ‘Il povero, al quale tu hai prestato questo mantello, ti ringrazia di cuore del prestito fatto. E adesso, prendi quello che ti appartiene’» (FF 1602).
L’amico fece come il Santo gli aveva suggerito. La donna, non riuscendo a raccapezzarsi e in preda a disagio e sospetto, rispose: «Lasciami in pace. Non so cosa stai dicendo» (FF1602).
Ma quello gli mise in mano il mantello e i dodici pani. Allora la povera si convinse che diceva sul serio, confusa tra preoccupazione e felicità. Temendo, poi, che le venisse tolto l’aiuto ricevuto, di notte se ne tornò a casa sua.
Francesco aveva incaricato il suo guardiano di pagare le spese della povera malata ogni giorno, finché fosse rimasta a Rieti.
Le Fonti sottolineano, inoltre, quanto attestato dai suoi frati:
«Noi che siamo vissuti con lui, possiamo testimoniare che Francesco, sano o infermo che fosse, traboccava di amore e tenerezza non solo per i suoi frati, ma verso tutti i poveri, tanto in buona salute che ammalati.
Si privava del necessario, che i fratelli gli procuravano con sollecitudine e affetto - non senza mostrarsi carezzevole con noi, affinché non ne rimanessimo male - per offrirlo con molta gioia agli altri, sottraendo al proprio corpo anche ciò che gli era indispensabile» (FF 1602).
La Carità parla da sola!
«Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno […] perché avevo fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25,34)
Lunedì 1a sett. in Quaresima (Mt 25,31-46)
Il nemico suggerisce al Figlio di Dio una via diversa dal Padre, ma Gesù si smarca da quel fetore.
La vita di Francesco aveva conosciuto un radicale cambiamento quando il Medico Gesù gli aveva parlato.
Il Poverello aveva compreso d’essere amato e che, seguendoLo, sarebbe guarito dall’adorazione di sé per renderla solo a Dio.
Il Crocifisso di S. Damiano e il lebbroso incontrato lo avevano cambiato interiormente.
Il Minimo d’Assisi si dedicava a frequenti digiuni e notti in preghiera, per periodi di quaranta giorni (in consonanza ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto).
Lo faceva spesso - oltre al periodo precedente la Pasqua.
In quei momenti sospendeva i suoi impegni apostolici, ritirandosi negli eremi: luoghi semplici e austeri, lontano dalle città.
Ivi, come ricorda il suo biografo Celano, costruiva il suo nido tra le fenditure della roccia*.
Le Fonti si fanno croniste dei suoi periodi quaresimali, dove spesso era messo alla prova.
"Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse in disparte e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresima in onore di S. Michele arcangelo, quando incominciò a sentirsi inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine […] teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto" (FF1223).
La Verna è stato per eccellenza "il deserto" di Francesco, dove, come accadde a Gesù in luoghi aridi, fu oggetto di tentazioni vessatorie.
Mentre il Santo era in orazione ecco "venire una grande moltitudine di demoni ferocissimi […] e cominciarono fortemente a dargli battaglia e noia" (FF 1901).
Ma egli cominciò a gridare ad alta voce:
"«O spiriti dannati, voi non potete niente se non quanto la mano di Dio vi permette […] E io sono apparecchiato a sostenere allegramente ogni pena e ogni avversità che tu, Iddio mio, mi vuoi mandare per li miei peccati».
Allora li demoni, confusi e vinti dalla sua costanza e pazienza, si partirono" (FF 1901).
Si nutriva più che del pane materiale di quello della Santa Parola e aveva insegnato ai suoi frati ad adorare Dio solo, ovunque si trovassero, confidando nella cura e sollecitudine divine.
Infatti, i suoi figli, fedeli all’esortazione di Francesco, quando passavano vicino ad una chiesa, si fermavano e proni, con il corpo e con lo spirito, adoravano l’Onnipotente, dicendo: «Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese» (FF 401).
La forza dello Spirito Santo li ponevano nell’atteggiamento giusto nel bisogno, dinanzi al potere o al successo, così come Cristo li aveva istruiti, senza lasciarsi ingabbiare da simili seduzioni.
«Sta scritto: il Signore Dio tuo adorerai e a lui solo renderai culto»
«E lo Spirito lo spinge nel deserto, ed era nel deserto tentato dal satana, ed era con le fiere»
*Famoso è l’eremo delle Carceri, vicino ad Assisi; in realtà Francesco ne creò venti nell’Italia centrale.
[1a Domenica di Quaresima]
La chiamata di Levi e il condividere la mensa con lui produce scandalo tra i farisei, ma Gesù insegna loro che sono i malati ad aver bisogno del medico!
Francesco e Chiara vedevano nella loro vocazione e in quella dei fratelli e sorelle che li seguivano un appuntamento attraente e fondamentale della loro esistenza.
Attraverso la Chiamata, Dio realizzava un dono segreto in loro, ben oltre le attese d’una vita di piccolo cabotaggio.
In merito a Francesco, nelle Fonti si legge:
Mentre passava vicino alla chiesa di S. Damiano, fu ispirato ad entrarci. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà:
«Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela».
Tremante e stupefatto, il giovane rispose:
«Lo farò volentieri, Signore».
Egli aveva però frainteso; pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina.
Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio.
Uscito dalla chiesa, trovò un sacerdote seduto lì accanto, e mettendo mano alla borsa, gli offrì del denaro dicendo:
«Messere, ti prego di comprare l’olio per fare ardere una lampada dinanzi a quel Crocifisso. Finiti questi soldi, te ne porterò degli altri, secondo il bisogno» (FF 1411).
Il Poverello, considerando la minorità come specifica vocazione del Frate, era preoccupato perché “vedeva che alcuni desideravano ardentemente le cariche dell’Ordine, delle quali si rendevano indegni, oltre al resto, anche per la sola ambizione di governare. E diceva che questi non erano frati minori, ma avevano dimenticato la loro vocazione ed erano decaduti dalla gloria” (FF 729).
Altresì Chiara, a riguardo della vocazione delle sorelle dimoranti in S. Damiano, così si esprimeva nel suo Testamento:
«Proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
«Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a conversione» (Lc 5,32)
Sabato dopo le Ceneri (Lc 5,27-32)
Gesù risponde ai discepoli di Giovanni, che digiunavano molto, sorprendendoli: finché lo Sposo è con i suoi chiamati a Nozze, costoro non possono digiunare.
Francesco sapeva ben discernere fra l’importanza del digiuno e l’esagerazione nel farlo. Infatti, nella sua vita, mai la forma prese il posto della sostanza.
Le Fonti c’illustrano:
“Francesco muoveva rimproveri ai suoi fratelli troppo duri verso se stessi, e che arrivavano allo sfinimento a forza di veglie, digiuni, orazioni e penitenze corporali […]
L’uomo di Dio vietava simili eccessi, ammonendo quei fratelli con amorevolezza e richiamandoli al buonsenso, curando le loro ferite con la medicina di sagge istruzioni […]
Parlava con loro immedesimandosi nella loro situazione, non come un giudice quindi, bensì come un padre comprensivo con i suoi figli e come un medico compassionevole con i propri malati. Sapeva essere infermo con gli infermi, afflitto con gli afflitti” (FF 1470).
Tutto questo pur essendo “uomo nuovo, [che] con nuove virtù rinnovava la via della perfezione ormai sparita dal mondo” (FF 3162).
«Possono forse gli invitati a Nozze essere afflitti fin tanto che lo Sposo è con loro?» (Mt 9,15).
Venerdì dopo le Ceneri (Mt 9,14-15)
Gesù sottolinea come il “perdere” la vita per la causa del Regno è, in verità, guadagnarla.
Francesco, all’inizio della Regola non bollata (1221), scrive che i frati desideravano vivere seguendo l’esempio del Signore Gesù.
Egli sottolinea varie espressioni del Vangelo, evidenziando l’importanza del rinnegare se stessi e del prendere la croce.
Il pio padre, spesso, raccoglieva intorno a sé i suoi figli e parlando a lungo del Regno di Dio "del disprezzo del mondo, della necessità di rinnegare la propria volontà" (FF 1058) li ammaestrava.
«Andate […] annunciate agli uomini la pace; predicate la penitenza per la remissione dei peccati. Siate pazienti nelle tribolazioni, vigilanti nell’orazione […]» (FF 1058).
Lasciare se stessi per abbracciare la chiamata in tutta la sua ampiezza, disposti a perdere la vita per ritrovarla nella Parola incarnata, costituiva il motivo conduttore del loro quotidiano.
Illuminante è un brano delle Fonti, tratto dalla Leggenda maggiore:
"Mentre un giorno pregava, così isolato dal mondo, ed era tutto assorto in Dio, nell’eccesso del suo fervore gli apparve Cristo Gesù, come uno confitto in croce.
Al vederlo, si sentì sciogliere l’anima. Il ricordo della passione di Cristo si impresse così vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, da quel momento, quando gli veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente, dalle lacrime e dai sospiri, come egli stesso riferì in confidenza più tardi, quando si stava avvicinando alla morte.
L’uomo di Dio comprese che, per mezzo di questa visione, Dio rivolgeva a lui quella massima del Vangelo: «Se vuoi venire dietro a me, rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi» (FF 1035).
Ma pure Chiara, prima pianticella del beato padre, sempre si studiò di rinnegare se stessa, spronando la propria anima e quella delle sorelle con la meditazione assidua della Passione di Cristo.
"Per nutrire poi ininterrottamente la sua anima con le gioie ineffabili del Crocifisso, meditava assai frequentemente l’orazione delle cinque piaghe del Signore. Imparò l’Ufficio della Croce, come l’aveva composto San Francesco, l’amante della croce, e fu solita recitarlo con pari amore" (FF 3216).
Nella stupenda lettera ad Ermentrude di Bruges*, Chiara si esprime così:
«Alza i tuoi occhi al cielo, o carissima, poiché è un invito per noi, e prendi la croce e segui Cristo che ci precede. Poiché dopo molte e varie tribolazioni, è Lui che ci introdurrà nella sua gloria.
Ama con tutto il cuore Dio, e Gesù, suo Figlio crocifisso per noi peccatori, e non cada mai dalla tua mente il ricordo di Lui.
Medita senza stancarti il mistero della croce e i dolori della Madre ritta ai piedi della croce» (FF 2915).
Chiara, sull’esempio di Francesco, visse la Parola Santa del Vangelo chiusa in S.Damiano, per amore dello Sposo, ripudiando ogni velleità mondana.
Nel tempo in cui visse, scelse di vivere reclusa per chi amava e da cui si sentiva amata.
La dimensione penitenziale e di rinnegamento non è più così aspra e sconcertante, quando è la Carità a far trasudare dalle mura la bellezza dell’esperienza sponsale e rigenerativa da lei fatta, per Grazia, come pure da tante sue sorelle.
«Chi infatti vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perde la sua vita per causa mia, costui la salverà» (Lc 9,24)
Giovedì dopo le Ceneri (Lc 9,22-25)
In questo mercoledì delle Ceneri la liturgia pone alla nostra riflessione tre punti cardini del periodo quaresimale che inizia.
L’indice è puntato sulla carità discreta, sulla preghiera nel nascondimento, sul digiuno dal peccato unito a quello corporale, attestato da un volto gioioso.
Il Povero di Assisi, dopo la sua iniziale conversione, non cessava mai di meditare i quaranta giorni di Gesù nel deserto, prima della sua vita pubblica e, costantemente, pensava alla Pasqua dell’Agnello immolato per la nostra redenzione.
Francesco visse tutta la sua esistenza secondo uno stile penitenziale, senza mai che la forma dominasse sulla sostanza; attuando la Parola in un saggio equilibrio umano e spirituale, sinonimo di statura interiore.
Era duro con se stesso, ma tenero e compassionevole con i frati che eccedevano in digiuni debilitanti.
Nelle Fonti leggiamo:
"Francesco muoveva rimproveri ai suoi fratelli troppi duri verso se stessi, e che arrivavano allo sfinimento a forza di veglie, digiuni, orazioni e penitenze corporali.
Certuni infatti, per reprimere l’ardore dei sensi, si infliggevano tormenti così crudeli, da sembrare animati da suicidio.
L’uomo di Dio vietava simili eccessi, ammonendo quei fratelli con amorevolezza e richiamandoli al buonsenso, curando le loro ferite con la medicina di sagge istruzioni" (FF 1470).
Continuamente portava nella memoria la Passione di Cristo e si richiamava a mortificazione.
"Se stava a mensa con persone del mondo e gli offrivano cibi di suo gusto, li assaggiava appena, adducendo qualche scusa, affinché non si accorgessero che se ne privava per penitenza.
E mangiando con i fratelli, metteva spesso cenere sugli alimenti, dicendo, per dissimulare la sua astinenza: «Sorella cenere è casta!»" (FF 1414).
Ma altresì, per amore verso i frati, sapeva farsi uno con le loro necessità e debolezze.
“Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quella severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa dei digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato come era dalla fame. Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po’ di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l’altro a mangiare" (FF 1095).
Così il fratello scacciò la vergogna e contento prese cibo.
La vigilanza e condiscendenza di Francesco avevano evitato il danno del corpo al frate, offrendogli motivo di grande edificazione.
Al mattino, spiegando l’accaduto ai suoi figli, disse loro:
«A voi fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità» (FF 1095).
Il Minimo era animato da un forte senso contemplativo.
Il Celano, nella Vita seconda, c’informa:
"Non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente" (FF 681).
Cercava sempre spazi appartati dove potersi unire a Cristo.
"E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello.
E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta" (FF 681).
«Quando preghi, entra nella tua camera, e chiusa la tua porta [Is 26,20; 2Re 4,33] prega il Padre tuo, che [è] nel segreto» (Mt 6,6).
Quella conversione, che iniziò per il Poverello quando smise di adorare se stesso (come dicono le Fonti), durò tutta la vita, stemperandosi nelle tre direzioni descritte e suggerite dal Vangelo.
«Ma quando tu fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, affinché la tua elemosina sia nel segreto, e il Padre tuo che guarda nel segreto te [lo] renderà» (Mt 6,3-4)
Mercoledì delle Ceneri (Mt 6,1-6.16-18)
Il Minimo di Assisi per seguire Gesù e vivere il suo Vangelo, dopo la conversione, rinunciò a tutto (alla lettera) per essere libero di seguire le orme del suo Signore.
Aveva compreso che i beni terreni sono un inciampo alla libertà evangelica di ‘farsi uno’ con il Maestro.
Per questo leggiamo nelle Fonti:
"Dietro consiglio del vescovo della città, uomo molto pio, che non riteneva giusto utilizzare per usi sacri denaro di male acquisto, l’uomo di Dio restituì al padre la somma, che voleva spendere per il restauro della chiesa. E davanti a molti che si erano lì riuniti e in ascolto:
«D’ora in poi - esclamò - potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone. Ecco, non solo gli restituisco il denaro, ma gli rendo pure tutte le vesti. Così, andrò nudo incontro al Signore».
O anima nobile di un uomo, al quale ormai basta solo Cristo!" (FF 597).
Quando incominciarono ad arrivare i primi compagni, che volevano vivere come lui, Francesco "insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri.
Perciò ammetteva all’Ordine solo chi aveva rinunciato alla proprietà e non aveva tenuto assolutamente nulla per sé.
Così faceva, in omaggio alla parola del Vangelo, ma anche per evitare lo scandalo delle borse private" (FF 1121).
«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva il centuplo adesso, in questo tempo, in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel secolo che viene, la vita dell’Eterno» (Mc 10,29-30)
Alla luce del Vangelo, nel tempo:
"parecchi uomini della cultura e celebri letterati, sia del laicato che del clero, rinunciando al fascino dei piaceri, al peccato e alle cupidità mondane, entrarono a loro volta nell’Ordine, impegnandosi a seguire, ognuno secondo la particolare grazia ricevuta da Dio, la povertà e gli esempi di Cristo e del suo servo Francesco" (FF 1487- leggenda dei tre compagni).
Nella sezione delle Fonti: «Cronache e altre testimonianze» scopriamo, a riguardo dei frati:
"Si adoperavano poi con tanta diligenza a rinnovare in sé la religione, la povertà e l’umiltà della Chiesa primitiva, attingendo con sete e ardore di spirito alle acque pure che sgorgano dalla sorgente del Vangelo […] rinunciando ad ogni proprietà, rinnegando se stessi e, prendendo la loro croce, nudi seguono Cristo nudo.
Come Giuseppe, depongono il mantello*; come la Samaritana, la loro anfora, e corrono liberi e leggeri, davanti al Volto del Signore, senza mai guardare indietro. Dimentichi delle cose passate, si protendono sempre in avanti […]" (FF 2218).
Il santo amore è contento del frutto dell’orazione ed è sua caratteristica non tener conto dei doni terreni, pensando unicamente a servire la Parola nei fratelli, con libertà di spirito.
*Giacomo da Vitry ha colto, in particolare, l’impegno apostolico dei frati minori.
Martedì 8a sett. T.O. (Mc 10,28-31)
Francesco d’Assisi era innamorato di Madonna Povertà; l’aveva sposata e stimata, perché scelta dal Figlio di Dio, che non aveva dove posare il capo.
Ne era così evangelicamente attratto da prendersi pena quando incontrava creature più povere di lui.
Le Fonti raccontano:
"Gli accadde, durante un viaggio, d’incontrare un poverello. Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento:
«La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi » (FF 1126).
E a Bernardo, un cittadino di Assisi, che divenne poi suo compagno nella sequela di Cristo, consigliò di lasciare i suoi beni, considerati un falso feudo.
Ma per essere certo, "venuto il mattino, entrarono in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.
Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Ripetono il gesto, e si presenta il passo: «Non prendete nulla per il viaggio». Ancora una terza volta, e leggono: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso».
Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera.
Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina" (FF 601).
La stessa Chiara aveva chiesto e ottenuto da papa Gregorio IX il Privilegio della povertà (17 settembre 1228) in forma scritta.
Documento che assicurava alle Povere sorelle di S. Damiano il diritto di vivere senza proprietà alcuna in questo mondo, seguendo le orme di Colui che, per noi, si è fatto povero e Via, Verità e Vita.
Nella stessa Regola, a riguardo di chi voleva entrare in Monastero per seguire Cristo, Chiara dice:
«E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà» (FF 2757).
E nella prima lettera alla beata Agnese di Praga sua figlia spirituale, scrive:
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne!
O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.
O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo […] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864).
«Uno ti manca: va’, vendi quanto hai e dà a poveri e avrai un tesoro in cielo e vieni, seguimi» (Mc 10,21)
Lunedì 8a sett. T.O. (Mc 10,17-27)
Lent is like a long "retreat" in which to re-enter oneself and listen to God's voice in order to overcome the temptations of the Evil One and to find the truth of our existence. It is a time, we may say, of spiritual "training" in order to live alongside Jesus not with pride and presumption but rather by using the weapons of faith: namely prayer, listening to the Word of God and penance (Pope Benedict)
La Quaresima è come un lungo “ritiro”, durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire, di “agonismo” spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza (Papa Benedetto)
Thus, in the figure of Matthew, the Gospels present to us a true and proper paradox: those who seem to be the farthest from holiness can even become a model of the acceptance of God's mercy and offer a glimpse of its marvellous effects in their own lives (Pope Benedict)
Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza (Papa Benedetto)
Man is involved in penance in his totality of body and spirit: the man who has a body in need of food and rest and the man who thinks, plans and prays; the man who appropriates and feeds on things and the man who makes a gift of them; the man who tends to the possession and enjoyment of goods and the man who feels the need for solidarity that binds him to all other men [CEI pastoral note]
Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini [nota pastorale CEI]
The Cross is the sign of the deepest humiliation of Christ. In the eyes of the people of that time it was the sign of an infamous death. Free men could not be punished with such a death, only slaves, Christ willingly accepts this death, death on the Cross. Yet this death becomes the beginning of the Resurrection. In the Resurrection the crucified Servant of Yahweh is lifted up: he is lifted up before the whole of creation (Pope John Paul II)
La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato (Papa Giovanni Paolo II)
In today’s Gospel passage, Jesus identifies himself not only with the king-shepherd, but also with the lost sheep, we can speak of a “double identity”: the king-shepherd, Jesus identifies also with the sheep: that is, with the least and most needy of his brothers and sisters […] And let us return home only with this phrase: “I was present there. Thank you!”. Or: “You forgot about me” (Pope Francis)
Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute. Potremmo parlare come di una “doppia identità”: il re-pastore, Gesù, si identifica anche con le pecore, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi […] E torniamo a casa soltanto con questa frase: “Io ero presente lì. Grazie!” oppure: “Ti sei scordato di me” (Papa Francesco)
don Giuseppe Nespeca
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