Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Lunedì, 07 Aprile 2025 03:31

Passione e compassione

Il turbamento di Gesù per l’imminente tradimento-consegna di Giuda aveva provocato interrogativi, dolore e tristezza nel discepolo che Lui amava e in tutti i suoi intimi.

Francesco (come Giovanni) era fattivamente «quello che Gesù amava», poiché viveva con il capo reclinato sul cuore di Cristo, avvertendo tutte le pulsazioni e i contraccolpi del suo essere consegnato agli aguzzini.

Il boccone intinto e dato a Giuda Iscariota aveva indotto Francesco a collocarsi davanti alla Croce, contemplandola.

Guardando ad essa amava autodefinirsi «un novello pazzo», riferendosi a S. Paolo, alla follia della Croce (cfr. 1Cor 1,18-25).

La pazzia del Poverello consisteva nel voler vivere secondo il Vangelo, così come Cristo lo aveva delineato.

Secondo alcuni racconti soleva ripetere: «l’Amore non è amato». Questo il grido che risuonava nel cuore e sulle labbra di lui.

"Una volta andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della

Porziuncola, piangendo e lamentandosi a voce alta.

Un uomo pio, udendolo, suppose ch’egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione, gli chiese perché piangeva così.

Disse Francesco:

«Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo».

Allora anche l’uomo devoto si unì ai lamenti di Francesco.

Spesso, alzandosi dall’orazione, aveva gli occhi che parevano pieni di sangue, tanto erano arrossati a forza di piangere.

E non si limitava alle lacrime, ma, in memoria delle sofferenze di Cristo, si asteneva dal mangiare e dal bere" (FF 1413).

Nell’anima di Francesco, quel boccone intinto e dato a Giuda era sufficiente per astenersi da ogni cibo, tanto era il dolore e l’amarezza in Cristo, consegnato dal tornaconto umano.

Chiara d’Assisi, anche lei compresa della Passione di Gesù, meditava continuamente i misteri della Croce.

"Il Crocifisso amato ricambia l’amante e colei che tanto è infiammata d’amore per il mistero della Croce, è per virtù della Croce resa luminosa da segni e miracoli.

Quando infatti traccia il segno della vivificante Croce sui malati, allontana prodigiosamente da loro le malattie" (FF 3218).

 

«Intinto dunque il boccone, lo prende e dà a Giuda, di Simone Iscariota» (Gv 13,26)

 

 

Martedì santo  (Gv 13,21-33.36-38)

Domenica, 06 Aprile 2025 04:05

I «piedi» da raggiungere

La cena di Betania è uno dei passi più belli e commoventi del Vangelo di Giovanni.

Maria cosparge i piedi di Gesù con una libbra di olio di nardo molto profumato, che Gesù accoglie come prefigurazione della sua sepoltura. Gli astanti si scandalizzano per lo "spreco".

Francesco d’Assisi, pensando alla Passione e morte di Gesù, piangeva per ogni via l’Amore non amato; in ogni luogo e persona.

Lo riconosceva specialmente nei poveri e derelitti, nei lebbrosi tenuti ai margini della società - e presso di loro effondeva il profumo della Carità senza la quale siamo solo cembali che tintinnano.

Le Fonti ci aiutano a cercare e avvistare episodi che tratteggiano questo suo lavare i piedi a Gesù e profumarli negli abbandonati e respinti.

"Amante di ogni forma d’umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.

Lavava loro i piedi, fasciava le piaghe, toglieva dalle piaghe la marcia e le ripuliva dalla purulenza.

Baciava anche, spinto da ammirevole devozione, le loro piaghe incancrenite, lui che sarebbe ben presto diventato il buon samaritano del Vangelo" (FF 1045).

Il Minimo cospargeva di compassione e amore i piedi dei feriti dalla vita e li ungeva con l’olio della consolazione.

La sua premurosa umiltà era evidenziata da come si poneva ai piedi di tutti.

"Un giorno montato su un asinello, perché debole e infermo non poteva andare a piedi, attraversava il campo di un contadino, che stava lavorando.

Questi gli corse incontro e gli chiese premuroso se fosse frate Francesco. Avendogli risposto umilmente che era proprio lui quello che cercava:

«Guarda - disse il contadino - di essere tanto buono quanto tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera».

Francesco, a queste parole, scese dall’asino e, prostratosi davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo che si era degnato di ammonirlo" (FF 726).

Stando ai piedi di ogni creatura, il Poverello esalava "lo spreco" di quella carità, preveniente e guaritrice di ogni male.

Così come anche Chiara, cospargeva l’unguento speciale dell’Amore che mira a sanare e far risorgere quanti giacciono nella dimenticanza umana.

I «piedi» nel cammino francescano, sono luogo d’incontro, di scambio amorevole, di nudità che tutto attende da ogni creatura di buona volontà.

I piedi degli umili, dei poveri, dei malati erano per Francesco e Chiara quelli crocifissi del Figlio di Dio, confitti sulla croce perché tutti potessimo camminare gli uni verso gli altri.

 

«Maria allora presa una libbra di profumo di nardo genuino di gran valore, unse i piedi di Gesù e asciugò con i suoi capelli i piedi di lui. Ora, la Casa fu ripiena della fragranza del profumo» (Gv 12,3)

 

 

Lunedì santo  (Gv 12,1-11)

Gesù è venduto da Giuda ai capi dei sacerdoti, abbandonato dai discepoli, e rinnegato da Pietro.

In questo contesto Cristo celebra la Pasqua.

In precedenza il Figlio di Dio, subendo già il tradimento e l’abbandono di cui molti si sarebbero macchiati, aveva pianto sulla Città che lapida i profeti ad essa inviati.

 

Una notte Francesco fece un sogno che quasi richiamava il lamento di Gesù su Gerusalemme.

Cristo aveva pianto sulla città santa, mandante dell’uccisione di profeti (e di avere lapidato quanti sono ad essa inviati) il cui prezzo sarebbe stata una casa lasciata deserta.

L’Unità  tradita e vilipesa avrebbe generato squallore e abbandono: «Gerusalemme Gerusalemme che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli, nel modo con cui una gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali, e non avete voluto […]» (Mt 23,37).

Il Santo dunque "Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume.

Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali.

Quando si svegliò, l’uomo di Dio riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione.

«La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo.

I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne»" (FF 610).

Per questo motivo Il Minimo pose l’Ordine sotto la protezione della Chiesa, poiché per lui seguire Cristo significava camminare sulle tracce della Sposa del Signore.

Il Poverello ebbe sollecitudine speciale per i suoi fratelli, studiandosi di mantenerli nel vincolo dell’unità, per la quale Cristo si fece Agnello sacrificale, immolato per la salvezza di tutto il popolo.

Infatti, nella Lettera ai Fedeli, così si esprime:

«La volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme» (FF 184).

Innamorato di Cristo in tutto, pure nelle infermità che lo colpivano, Francesco volle seguire la povertà e l’esempio del Signore.

"Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa ad un asinello.

Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il  suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo" (FF 490).

Così si serviva di «fratello asino», preso in prestito per il viaggio alla Verna e  il suo ritorno attraverso Borgo San Sepolcro, uniti nella mitezza che li accomunava.

 

«Prendete, mangiate; questo, il mio corpo» (Mt 26,26c)

 

 

[Domenica delle Palme. Passione del Signore]

Venerdì, 04 Aprile 2025 02:34

Uno per tutti, nel nascondimento

Il brano giovanneo di oggi sottolinea la frase del sacerdote Caifa rivolta ai Giudei e pronunciata a riguardo dell’imminente morte di Gesù:

«Voi non capite nulla né considerate che conviene a voi che un solo uomo muoia per il popolo e non perisca l’intera nazione!» (Gv 11,49-50).

Alludendo così al sacrificio di Cristo in riscatto per molti.

Atto d’amore che il passo di Vangelo lega alla motivazione che Gesù stesso traeva dal bel clima di fraternità vissuto nel focolare di Betania.

Francesco ebbe sempre a cuore L’Unità e per essa si consumò, considerandola appunto motore e stimolo di salvezza dell’umanità tutta, della Chiesa e, nel suo piccolo, delle comunità dei suoi frati.

Curò molto lo spirito di sinergia e comprensione reciproca, proprio per questo: da essa doveva uscire il profumo e lo slancio della comunione.

Per tale motivo non sopportava la detrazione, nemica della concordia.

Nelle Fonti, il Celano sottolinea l’avvedutezza dei frati nello stabilire fra loro un patto, al fine di evitare tutto ciò che potesse nuocere all’onore degli altri. Inoltre aggiunge:

"Cos’è infatti il detrattore se non il fiele degli uomini, fermento di malvagità, disonore del mondo? Cos’è l’uomo doppio di lingua, se non lo scandalo dell’Ordine, il veleno del chiostro religioso, la disgregazione dell’unità?

Ahimé, la terra abbonda di animali velenosi ed è impossibile che una persona onesta sfugga i morsi degli invidiosi!

Si promettono premi ai delatori e distrutta l’innocenza, si dà a volte la palma alla falsità.

Ecco, quando uno non riesce a vivere della sua onestà, guadagna vitto e vesti devastando l’onestà altrui" (FF 769).

Poiché la sua prole cresceva, Francesco rifletteva, preoccupato, su come la giovane pianta potesse conservarsi e progredire stretta nel vincolo dell’unità.

"Vedeva, già allora, che molti, come lupi, infierivano contro il piccolo gregge - vecchi incalliti nel male - spinti a nuocere alla novità.

Prevedeva pure che tra gli stessi figli potevano sorgere difficoltà a danno della pace e dell’unità, e lo turbava il pensiero che, come spesso avviene tra gli eletti, vi sarebbero stati alcuni inorgogliti nella loro mentalità carnale, pronti alle contese e facili allo scandalo" (FF 609).

L’inerme assisano, sulle orme di Gesù, si preoccupò di donare tutto se stesso per la causa dell’unità cara a Cristo, nell’Ordine e nella Chiesa tutta.

Tutto, nel senso della Croce vissuta nel più sacro e personale nascondimento.

 

 

Sabato 5a sett. Quaresima  (Gv 11,45-56)

Giovedì, 03 Aprile 2025 04:04

L’armonia nelle opere di Dio

Nel brano di Vangelo odierno Gesù, ai Giudei che non credevano in Lui e volevano lapidarlo, dice: «anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in me e io nel Padre» (Gv 10,38).

Francesco, rinnovato dall’incontro con il Signore, aveva seminato un modo nuovo di vivere e comprendere le opere di Dio.

Aveva uno sguardo a più dimensioni, che coglieva in prospettiva la grandezza di ogni evento.

Il Celano, nella Vita prima, sottolinea:

"Tramite Francesco si sono rinnovati gli antichi miracoli, quando nel deserto di questo mondo è stata piantata una vite feconda, che produce, mediante un modo di vita nuovo, ma fedele agli antichi, fiori profumati di sante virtù e stende ovunque i tralci della santa religione" (FF 476).

"Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da quello spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere.

Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto.

Di tutte le cose si faceva una scala per salire e afferrare Colui che è tutto desiderabile.

Con il fervore di una devozione inaudita, in ciascuna delle creature, come in un ruscello, delibava quella Bontà fontale, e le esortava dolcemente, al modo di Davide profeta, alla lode di Dio, perché avvertiva come un concerto celeste nella consonanza delle varie doti e attitudini che Dio ha loro conferito" (FF 1162).

La sua fede pura e semplice gli consentiva di andare oltre le apparenze e di intravvedere sempre la Bontà di Colui che è presente in ogni cosa.

Pur essendo sempre unito in ogni sua fibra a Cristo, mai smetteva di credere nella rivelazione delle opere di Lui, abbracciandole con il suo sguardo tenero.

Le Fonti ci aiutano a comprendere:

"Quando mirava il sole, la luna, le stelle del firmamento, il suo animo s’inondava di gaudio.

O pietà semplice e semplicità pia!  Perfino per i vermi sentiva grandissimo affetto, perché la Scrittura ha detto del Signore:

«Io sono verme e non uomo»; perciò si preoccupava di toglierli dalla strada e di metterli in un posto sicuro, perché non fossero schiacciati dai passanti.

E che dire delle altre creature inferiori, quando sappiamo che, durante l’inverno, si preoccupava addirittura di far preparare per le api miele e vino perché non morissero di freddo?

Magnificava con splendida lode la  laboriosità e la finezza d’istinto che Dio aveva loro elargito, gli accadeva di trascorrere un giorno intero a lodarle, quelle e tutte le altre creature" (FF 458).

Già, un cuore di carne e non di pietra possiede quel fiuto interiore che fa riconoscere e credere che il Figlio di Dio compie le opere del Padre e con il Padre, sempre.

Chi invece chiude la propria interiorità scambia le opere di Dio per una bestemmia, offendendo lo Spirito Santo.

Francesco si guardava bene da tutto questo, e tanto cercava di trasmettere ai suoi.

 

 

Venerdì 5a sett. Quaresima  (Gv 10,31-42)

Mercoledì, 02 Aprile 2025 04:13

Parola, Spirito, Vita

Gesù rivendica la divina figliolanza, affermando di avere Dio per Padre, di onorarlo ed essere da Lui glorificato.

I capi, invece, che non conoscono il Padre, scambiano il Signore per un presuntuoso.

 

Francesco credeva profondamente nella Parola di Dio e sin dagli inizi della sua conversione s’impegnò a viverla alla lettera: "sine glossa".

Portava scritto sul cuore la  frase di Gesù: «se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno» (Gv 8,51).

Infatti nella Leggenda perugina si legge:

"I ministri, pur sapendo che secondo la Regola erano obbligati a osservare il Vangelo, fecero togliere da essa quel capitolo dove si legge: «non porterete nulla nel vostro cammino»; illudendosi di non essere tenuti a osservare la perfezione evangelica.

Francesco, conoscendo questa soppressione in virtù dello Spirito Santo, disse in presenza di alcuni frati:

«Credono i frati ministri d’ingannare Dio e me. Ebbene, affinché tutti i frati sappiano e conoscano di essere obbligati a osservare la perfezione del santo Vangelo, voglio che al principio e alla fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo.

E affinché siano inescusabili dinanzi a Dio, voglio con l’aiuto del Signore osservare sempre e realizzare nel mio comportamento l’ideale che Dio mi ha rivelato per la salvezza dell’anima mia e per il bene dei fratelli».

E davvero egli osservò il Vangelo alla lettera, dal tempo che cominciò ad avere dei fratelli fino al giorno della sua morte" (FF 1622).

E ancora nella Leggenda maggiore:

"Vedendo che il numero dei frati a poco a poco cresceva, il servitore di Cristo scrisse per sé e per i suoi frati, con parole semplici, una formula di vita, nella quale, posta come fondamento imprescindibile l’osservanza del santo Vangelo, inserì poche altre cose, che sembravano necessarie per vivere in modo uniforme" (FF 1061).

E nella conclusione della Lettera ai Fedeli:

«Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare.

E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita» (FF 206).

Il Povero d’Assisi, innamorato della Parola di Dio, dimorò in essa insegnando a fare altrettanto ai suoi frati, poiché costituiva caparra di vita eterna.

E in uno scritto [collocabile al massimo all’inizio del 1213] rivolto a Chiara, Francesco così si esprime:

«Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale» (FF 139).

 

«È il Padre mio che mi glorifica, del quale voi dite: ‘È nostro Dio’, e non lo conoscete» (Gv 8,54b-55)

 

 

Giovedì 5a sett. Quaresima  (Gv 8,51-59)

Martedì, 01 Aprile 2025 04:31

Discepoli nella Verità

Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia che se rimaniamo nella sua Parola, saremo discepoli e conosceremo la Verità che ci farà liberi.

Francesco, insieme ai suoi frati, fece sua questa affermazione e s’impegnò a dimorare nella Scrittura.

Sapeva che il Figlio ci ha redenti per rimanere liberi nei suoi comandamenti.

Il Poverello ben comprendeva che il sunto di essi era l’amore scambievole, fraterno, da esercitare sempre, e per il quale Cristo donò la vita in riscatto per le moltitudini.

Questa icona evangelica accompagnò il Santo durante tutta la sua breve esistenza e regolò ogni suo gesto.

La verità dell’uomo s’incontrava con la Verità di Cristo che, sulla croce, rigenerò Francesco.

Lo trasse dalla sua vita allegra e senza remore a quella delle Beatitudini, strutturate sull’identikit di Gesù.

Il Minimo aveva compreso che in esse si nascondeva la Verità che affranca.

Una su tutte: la povertà degli umili che sganciati da se stessi contavano solo sulla misericordia di Dio.

Tutto questo ferveva a Santa Maria degli Angeli.

Le Fonti sono una raccolta unica delle esperienze dei primordi. Nulla più di loro può aiutarci a capire la ragion d’essere di Francesco e della sua fraternità.

Dice il Celano nella Vita prima:

"E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio.

Ed ora in cielo ti loda con gli angeli, o Signore, colui che sulla terra ti predicava degno di infinito amore a tutte le creature" (FF 461).

Nella Leggenda perugina:

«Dovunque i frati trovassero degli scritti con le parole e i nomi del Signore non dignitosamente conservati o giacenti dispersi in luoghi impropri, li raccogliessero e mettessero da parte, per onorare il Signore nelle parole da Lui pronunciate. Molte cose infatti sono santificate per mezzo della Parola di Dio, e in virtù delle parole di Cristo viene attuato il sacramento dell’altare» (FF 1635).

Francesco aveva a cuore che i suoi frati fossero veri discepoli della Parola. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:

«Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità. Così non disgiungeranno la semplicità della colomba dalla prudenza del serpente, che il Maestro insuperabile ha congiunti con la sua parola benedetta» (FF 1188).

Ma la mitezza e la fedeltà del Poverello alla Parola di Dio fecero discepoli perfino fra gli uccelli:

"Nella città di Parma, uno studente universitario di buona indole, mentre era impegnato nello studio con alcuni compagni, infastidito dal chiacchiericcio importuno di una rondine, si mise a dire:

«Questa rondine deve essere una di quelle che disturbavano l’uomo di Dio Francesco, mentre una volta stava predicando, e che lui fece tacere». Poi, volgendosi alla rondine, disse con fede:

«In nome del servo di Dio Francesco, ti comando di venire da me e di tacere immediatamente!».

E quella, udito il nome di Francesco, da brava discepola dell’uomo di Dio, tacque sull’istante e andò a rifugiarsi, con tutta sicurezza, nelle mani dello studente.

Stupefatto, egli la restituì immediatamente alla libertà: e non sentì più i suoi garriti" (FF 1208).

Anche le rondini, molto amate da Francesco, dinanzi al Povero fattosi discepolo della Parola, sentivano il profumo della verità e si conformavano.

 

«Se voi rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi libererà» (Gv 8,31)

 

 

Mercoledì 5a sett. Quaresima (Gv 8,31-42)

Lunedì, 31 Marzo 2025 12:23

Lapidare o Misericordiare

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The school of faith is not a triumphal march but a journey marked daily by suffering and love, trials and faithfulness. Peter, who promised absolute fidelity, knew the bitterness and humiliation of denial:  the arrogant man learns the costly lesson of humility (Pope Benedict)
La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno. Pietro che aveva promesso fedeltà assoluta, conosce l’amarezza e l’umiliazione del rinnegamento: lo spavaldo apprende a sue spese l’umiltà (Papa Benedetto)
We are here touching the heart of the problem. In Holy Scripture and according to the evangelical categories, "alms" means in the first place an interior gift. It means the attitude of opening "to the other" (John Paul II)
Qui tocchiamo il nucleo centrale del problema. Nella Sacra Scrittura e secondo le categorie evangeliche, “elemosina” significa anzitutto dono interiore. Significa l’atteggiamento di apertura “verso l’altro” (Giovanni Paolo II)
Jesus shows us how to face moments of difficulty and the most insidious of temptations by preserving in our hearts a peace that is neither detachment nor superhuman impassivity (Pope Francis)
Gesù ci mostra come affrontare i momenti difficili e le tentazioni più insidiose, custodendo nel cuore una pace che non è distacco, non è impassibilità o superomismo (Papa Francesco)
If, in his prophecy about the shepherd, Ezekiel was aiming to restore unity among the dispersed tribes of Israel (cf. Ez 34: 22-24), here it is a question not only of the unification of a dispersed Israel but of the unification of all the children of God, of humanity - of the Church of Jews and of pagans [Pope Benedict]
Se Ezechiele nella sua profezia sul pastore aveva di mira il ripristino dell'unità tra le tribù disperse d'Israele (cfr Ez 34, 22-24), si tratta ora non solo più dell'unificazione dell'Israele disperso, ma dell'unificazione di tutti i figli di Dio, dell'umanità - della Chiesa di giudei e di pagani [Papa Benedetto]
St Teresa of Avila wrote: «the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ» (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7). Therefore, only by believing in Christ, by remaining united to him, may the disciples, among whom we too are, continue their permanent action in history [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6). Quindi solo credendo in Cristo, rimanendo uniti a Lui, i discepoli, tra i quali siamo anche noi, possono continuare la sua azione permanente nella storia [Papa Benedetto]
Just as he did during his earthly existence, so today the risen Jesus walks along the streets of our life and sees us immersed in our activities, with all our desires and our needs. In the midst of our everyday circumstances he continues to speak to us; he calls us to live our life with him, for only he is capable of satisfying our thirst for hope (Pope Benedict)
Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza (Papa Benedetto)

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