Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù rivendica la divina figliolanza, affermando di avere Dio per Padre, di onorarlo ed essere da Lui glorificato.
I capi, invece, che non conoscono il Padre, scambiano il Signore per un presuntuoso.
Francesco credeva profondamente nella Parola di Dio e sin dagli inizi della sua conversione s’impegnò a viverla alla lettera: "sine glossa".
Portava scritto sul cuore la frase di Gesù: «se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno» (Gv 8,51).
Infatti nella Leggenda perugina si legge:
"I ministri, pur sapendo che secondo la Regola erano obbligati a osservare il Vangelo, fecero togliere da essa quel capitolo dove si legge: «non porterete nulla nel vostro cammino»; illudendosi di non essere tenuti a osservare la perfezione evangelica.
Francesco, conoscendo questa soppressione in virtù dello Spirito Santo, disse in presenza di alcuni frati:
«Credono i frati ministri d’ingannare Dio e me. Ebbene, affinché tutti i frati sappiano e conoscano di essere obbligati a osservare la perfezione del santo Vangelo, voglio che al principio e alla fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo.
E affinché siano inescusabili dinanzi a Dio, voglio con l’aiuto del Signore osservare sempre e realizzare nel mio comportamento l’ideale che Dio mi ha rivelato per la salvezza dell’anima mia e per il bene dei fratelli».
E davvero egli osservò il Vangelo alla lettera, dal tempo che cominciò ad avere dei fratelli fino al giorno della sua morte" (FF 1622).
E ancora nella Leggenda maggiore:
"Vedendo che il numero dei frati a poco a poco cresceva, il servitore di Cristo scrisse per sé e per i suoi frati, con parole semplici, una formula di vita, nella quale, posta come fondamento imprescindibile l’osservanza del santo Vangelo, inserì poche altre cose, che sembravano necessarie per vivere in modo uniforme" (FF 1061).
E nella conclusione della Lettera ai Fedeli:
«Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare.
E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita» (FF 206).
Il Povero d’Assisi, innamorato della Parola di Dio, dimorò in essa insegnando a fare altrettanto ai suoi frati, poiché costituiva caparra di vita eterna.
E in uno scritto [collocabile al massimo all’inizio del 1213] rivolto a Chiara, Francesco così si esprime:
«Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale» (FF 139).
«È il Padre mio che mi glorifica, del quale voi dite: ‘È nostro Dio’, e non lo conoscete» (Gv 8,54b-55)
Giovedì 5a sett. Quaresima (Gv 8,51-59)
Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia che se rimaniamo nella sua Parola, saremo discepoli e conosceremo la Verità che ci farà liberi.
Francesco, insieme ai suoi frati, fece sua questa affermazione e s’impegnò a dimorare nella Scrittura.
Sapeva che il Figlio ci ha redenti per rimanere liberi nei suoi comandamenti.
Il Poverello ben comprendeva che il sunto di essi era l’amore scambievole, fraterno, da esercitare sempre, e per il quale Cristo donò la vita in riscatto per le moltitudini.
Questa icona evangelica accompagnò il Santo durante tutta la sua breve esistenza e regolò ogni suo gesto.
La verità dell’uomo s’incontrava con la Verità di Cristo che, sulla croce, rigenerò Francesco.
Lo trasse dalla sua vita allegra e senza remore a quella delle Beatitudini, strutturate sull’identikit di Gesù.
Il Minimo aveva compreso che in esse si nascondeva la Verità che affranca.
Una su tutte: la povertà degli umili che sganciati da se stessi contavano solo sulla misericordia di Dio.
Tutto questo ferveva a Santa Maria degli Angeli.
Le Fonti sono una raccolta unica delle esperienze dei primordi. Nulla più di loro può aiutarci a capire la ragion d’essere di Francesco e della sua fraternità.
Dice il Celano nella Vita prima:
"E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio.
Ed ora in cielo ti loda con gli angeli, o Signore, colui che sulla terra ti predicava degno di infinito amore a tutte le creature" (FF 461).
Nella Leggenda perugina:
«Dovunque i frati trovassero degli scritti con le parole e i nomi del Signore non dignitosamente conservati o giacenti dispersi in luoghi impropri, li raccogliessero e mettessero da parte, per onorare il Signore nelle parole da Lui pronunciate. Molte cose infatti sono santificate per mezzo della Parola di Dio, e in virtù delle parole di Cristo viene attuato il sacramento dell’altare» (FF 1635).
Francesco aveva a cuore che i suoi frati fossero veri discepoli della Parola. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:
«Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità. Così non disgiungeranno la semplicità della colomba dalla prudenza del serpente, che il Maestro insuperabile ha congiunti con la sua parola benedetta» (FF 1188).
Ma la mitezza e la fedeltà del Poverello alla Parola di Dio fecero discepoli perfino fra gli uccelli:
"Nella città di Parma, uno studente universitario di buona indole, mentre era impegnato nello studio con alcuni compagni, infastidito dal chiacchiericcio importuno di una rondine, si mise a dire:
«Questa rondine deve essere una di quelle che disturbavano l’uomo di Dio Francesco, mentre una volta stava predicando, e che lui fece tacere». Poi, volgendosi alla rondine, disse con fede:
«In nome del servo di Dio Francesco, ti comando di venire da me e di tacere immediatamente!».
E quella, udito il nome di Francesco, da brava discepola dell’uomo di Dio, tacque sull’istante e andò a rifugiarsi, con tutta sicurezza, nelle mani dello studente.
Stupefatto, egli la restituì immediatamente alla libertà: e non sentì più i suoi garriti" (FF 1208).
Anche le rondini, molto amate da Francesco, dinanzi al Povero fattosi discepolo della Parola, sentivano il profumo della verità e si conformavano.
«Se voi rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi libererà» (Gv 8,31)
Mercoledì 5a sett. Quaresima (Gv 8,31-42)
Giovanni presenta la croce come l’esaltazione di Gesù e in tal modo evidenzia che la crocifissione - in apparenza solo morte e sconfitta - in realtà è rivelazione gloriosa dell’amore di Dio e l’ascendere di Gesù al Padre.
In Francesco d’Assisi il Cristo innalzato [crocifisso] fu oggetto continuo della sua meditazione e conformazione.
Il Poverello, nel tempo, fu visitato da tante infermità e dolori portati con dignità e letizia, tenendo lo sguardo fisso sul Figlio di Dio.
Le Fonti non mancano di ricordarcelo:
"Francesco era infermo e pieno di dolori da ogni parte. Vedendolo così, un giorno gli disse un suo compagno:
«Padre, tu hai sempre trovato un rifugio nelle Scritture; sempre ti hanno offerto un rimedio ai tuoi dolori. Ti prego, anche ora fatti leggere qualche cosa dai profeti: forse il tuo spirito esulterà nel Signore».
Rispose il Santo:
«È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio.
Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione.
Non ho bisogno di più, figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (FF 692).
Francesco custodì sempre vivo nella coscienza l’incontro con il Crocifisso di San Damiano.
Entrato in quel luogo a pregare, condottovi dallo Spirito, quell’esperienza segnò radicalmente la sua esistenza.
"Entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla Grazia divina, si ritrova totalmente cambiato.
Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso - cosa da sempre inaudita! - l’immagine di Cristo Crocifisso, dal dipinto* gli parla, muovendo le labbra.
«Francesco, - gli dice chiamandolo per nome - va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito" (FF 593).
È il Crocifisso che poi lo conforma pienamente a Sè sul monte della Verna, rivivendo nelle membra del Minimo la sua Passione.
Tutta la parabola della vita del Povero d’Assisi è intrisa della Presenza del Cristo innalzato.
Diventa così un’icona di riferimento nel cammino della fede per attirare a Gesù ogni uomo in ricerca.
La missione affidatagli dal Crocifisso di San Damiano stimmatizza la sua vita, lo innalza e lo rende amico di Dio, luogo d’incontro con il Divino.
Abbracciato a Cristo, Francesco cominciò col fare ciò che era necessario, poi ciò che era possibile e all’improvviso, sorprendentemente, si ritrovò a fare l’impossibile, creando novità e operando le cose a Dio gradite.
Così lasciò che l’Amore si rivelasse in lui e attraverso di lui.
«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora riconoscerete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come il Padre mi ha insegnato, di queste cose parlo» (Gv 8,28)
*È una tavola a tempera di stile bizantino, ancora visibile nella basilica di Santa Chiara in Assisi.
Martedì 5a sett. Quaresima (Gv 8,21-30)
La festa delle Capanne era famosa per le luminarie in ricordo della nube luminosa che aveva guidato gli Ebrei nell’esodo.
Gesù, prendendo spunto da questa usanza, si proclama la vera Luce del mondo, quella che non tramonta.
Francesco, che aveva uno speciale riguardo per la luce, per ogni lampada che vedeva accesa (in quanto gli richiamava Cristo), nella vita dell’Ordine e della Chiesa verrà considerato punto di riferimento e luce per tutti, sulle orme di Gesù.
Era luce per la sua carità e sapienza; era luce perché non giudicava secondo la carne; era luce perché si faceva samaritano di ogni creatura.
C’è un passo nella Vita Prima del Celano che, splendidamente, dice:
«Quanto glorioso è questo Santo, di cui un discepolo contemplò l’anima ascendere in cielo. Bella come la luna, splendente come il sole, mentre ascendeva raggiava di gloria in mezzo ad una nube candida.
O vera luce del mondo, che rifulgi più del sole nella Chiesa di Cristo, già ci hai nascosto i tuoi raggi e, ritirandoti nella splendida patria celeste, hai scambiato la nostra compagnia di miseri mortali con quella degli angeli e dei beati!
O gloriosa bellezza di così insigne araldo, non deporre con la tua carne mortale la cura dei tuoi figli» (FF 514).
Nelle sue Ammonizioni, Francesco scrive:
«Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è Spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla.
Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo» (FF 141).
Nella Luce di Cristo il Poverello diventa lui stesso fiaccola per i fratelli. Accogliendo il paradigma di Gesù, viene trasformato in ‘Alter Christus’.
La giovane Chiara, quando ancora dimorava nel seno materno, fu annunziata a sua madre Ortolana da una voce che le disse (mentre pregava davanti al Crocifisso per essere salvata dai pericoli del parto):
«Non temere, donna, perché sana e salva darai al mondo una luce, che aggiungerà chiarore alla luce stessa» (FF 3156).
Da qui il nome di Chiara "sperando che si realizzasse in qualche modo in seguito la chiarezza di luce promessa" (FF 3156).
"Dunque Chiara, mentre era in vita, rifulgeva per la luce dei suoi meriti: e ora, che è inabissata nella chiarità senza fine, non di meno risplende tuttora, per la meravigliosa luce dei miracoli, fino alle estremità della terra" (FF 3262).
Seguendo Gesù, Francesco e Chiara sono divenuti luce nella Luce mai offuscata dall’egoismo umano e tutta protesa a rendere testimonianza alla Verità.
«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12)
Lunedì 5a sett. Quaresima - anno C - (Gv 8,12-20)
La donna sorpresa in adulterio e condotta dagli scribi e farisei presso Gesù è "la foglia di fico" pretestuosa che essi usano per coprire i loro peccati.
Il Signore sa che è così, tanto da dire agli astanti:
«Chi di voi è senza peccato getti per primo una pietra contro di lei» (Gv 8,7).
Egli condanna la mancanza di misericordia, mostrata in modo arrogante e maldestro.
Francesco è stato davvero l’araldo della Compassione - colui che ha fatto prevalere sempre questa, insieme alla pazienza, davanti al peccatore, dando tempo per cambiare vita.
Nella Lettera a un Ministro scrive:
«Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano.
E tutti i frati che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati» (FF 237).
Tale atteggiamento era stato trasmesso in modo profondo pure ai suoi, tanto che:
"Un giorno che due frati camminavano insieme, si imbatterono in un pazzo, che si mise a lanciare delle pietre contro di loro.
Uno di essi, vedendo che le pietre erano dirette contro il compagno, subito gli si mise davanti, preferendo essere colpito lui al posto del fratello.
Tale era l’amore reciproco che li infiammava, e così sinceramente erano pronti a dare la vita l’uno per l’altro" (FF 1447 - Leggenda dei tre compagni).
Prendere su di sé le pietre dirette all’altro: grande cuore misericordioso che vuole la salvezza del prossimo.
D’altro canto il Povero d’Assisi, pur odiando il peccato, accoglieva con grande pietà chi era caduto nell’errore.
Dio si era ricordato di lui, quand’era nei peccati, ed ora si sentiva chiamato a fare altrettanto con gli altri.
Nella sua memoria si era fissata la frase evangelica sperimentata:
«Va’, anche tu fa’ ugualmente» (Lc 10,37).
Nel Testamento di Francesco (1226) leggiamo:
«Quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia» (FF 110).
Nella Leggenda maggiore, il biografo San Bonaventura narra:
«Non c’è da meravigliarsi: come la pietà del cuore lo aveva reso fratello di tutte le creature, così la carità di Cristo lo rendeva ancor più intensamente fratello di coloro che portano in sé l’immagine del Creatore e sono stati redenti dal sangue del Redentore.
Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da Lui redente.
Niente, diceva, si deve anteporre alla salvezza delle anime, e confermava l’affermazione soprattutto con quest’argomento: che l’Unigenito di Dio, per le anime, si era degnato di salire sulla croce" (FF 1168).
La coscienza nitida della salvezza ricevuta gratuitamente aveva fatto di Francesco l’alfiere della Misericordia, che volge lo sguardo sul misero bisognoso d’essere sanato e ridestato.
«Chi di voi è senza peccato getti per primo una pietra contro di lei» (Gv 8,7)
5a Domenica di Quaresima C (Gv 8,1-11)
Nel brano del Vangelo di oggi a Gesù che si era proposto come la Fonte della vera Acqua, risponde gente del popolo, che asserisce:
«Costui è davvero il profeta!» (Gv 7,40) - e farisei che controbattono:
«dalla Galilea non sorge profeta!» (Gv 7,52).
Due tesi contrapposte, ma verificate e scardinate dai fatti nel momento in cui, sulla croce, il centurione dirà che colui che era stato crocifisso era davvero il Figlio di Dio.
Gli eventi reali mettono a nudo la verità.
Così è avvenuto nella vita di Francesco d’Assisi: le vicende hanno dimostrato l’autentica ed eloquente caratura del suo nudo vivere.
Consultando le Fonti francescane, incontriamo passi che sottolineano davvero il suo carisma di profeta.
"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.
Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di ogni venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio" (FF 1221).
Se per il cambiamento totale di vita c’era chi lo definiva un pazzo, gli eventi di cui si fece latore lo confermano nel suo carisma profetico.
Nel Testamento di Chiara, compilato sulla traccia di quello del Poverello, troviamo qualcosa che avvalora quanto sopra è stato detto.
"Mentre infatti, lo stesso Santo, che non aveva ancora né frati né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, era intento a riparare la chiesa di San Damiano, dove, ricevendo quella visita del Signore nella quale fu inebriato di celeste consolazione, sentì la spinta decisiva ad abbandonare del tutto il mondo, in un trasporto di grande letizia e illuminato dallo Spirito Santo, profetò a nostro riguardo ciò che in seguito il Signore ha realizzato" (FF 2826).
E ancora:
"Salito sopra il muro di detta chiesa, così infatti allora gridava, a voce spiegata e in lingua francese, rivolto ad alcuni poverelli che stavano lì appresso:
«Venite ed aiutatemi in quest’opera del monastero di San Damiano, perché tra poco verranno ad abitarlo delle donne, e per la fama e santità della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua Santa Chiesa» (FF 2827).
Da Assisi poteva sorgere un profeta?
Si, un grande profeta, se ancora oggi tutti lo riconoscono e lo seguono con stupore per l’umiltà straordinaria fiorita in molteplici doni evangelici, a lode di Dio.
«Quelli della folla dicevano: Costui è davvero il profeta!» (Gv 7,40) […]
«Studia, e vedi che dalla Galilea non sorge profeta!» (Gv 7,52)
Sabato 4a sett. Quaresima (Gv 7,40-53)
Il brano del Vangelo odierno ritrae Gesù che va, quasi nascostamente, alla festa delle Capanne, in un clima persecutorio.
Egli non va nel momento che ai parenti sembrava opportuno, né intendeva manifestarsi nel modo da essi voluto.
Vi sale invece dopo, e in modo diverso: per compiere la propria missione come stabilito da Dio, non per cercare la propria gloria.
Anche Francesco non ha ricalcato la strada voluta dal padre, ma la missione affidatagli dal Signore, secondo il "canovaccio" della volontà divina.
Infatti, consultando le Fonti, comprendiamo molte cose, al riguardo.
Per esempio, ci accorgiamo della ostinata persecuzione del padre, che non sopportava il ripudio di Francesco della vita precedente, trascorsa in allegre brigate.
Desiderava che il figlio vivesse in altro modo, lontano com’era dai disegni di Dio.
"Mentre il servo di Dio dimorava in compagnia di questo sacerdote, suo padre lo venne a sapere e corse là con l’animo sconvolto.
Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciare tempo all’ira e si nascose in una fossa segreta.
Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore i pii propositi che gli aveva ispirato" (FF 1040).
Il Poverello non si preoccupava di accontentare le prerogative parentali, ma il progetto e la missione preparati da Dio, pur nel vituperio della città assisana.
"I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.
Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo.
Quando suo padre sentì quello strano baccano, accorse immediatamente, non per liberare il figlio, ma piuttosto per rovinarlo: messo da parte ogni sentimento di pietà, lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, poi mettendolo in catene.
Però quest’esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l’impresa incominciata, perché gli richiamava quel detto del Vangelo:
«Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli»” (FF 1041).
Anche così il Minimo d’Assisi, alla stregua di Gesù, non volle servire quanto l’opinione comune riteneva opportuno e conveniente fare.
Preferì seguire, per altra via, ciò che la Provvidenza gli aveva rivelato e con una modalità sconcertante per la mentalità del mondo in cui viveva.
La sua famiglia, i suoi concittadini conoscevano Francesco, ma non comprendevano che era figlio prediletto del Padre celeste.
Creatura cui era stata affidata una inequivocabile missione di rinnovamento nel cammino cristiano.
«[Certo] e mi conoscete e conoscete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma è veritiero colui che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perché sono da lui ed egli mi ha mandato» (Gv 7,28-29)
Venerdì 4a sett. Quaresima (Gv 7,1-2.10.25-30)
Il passo di Gv evidenzia come Gesù riceva testimonianza non dagli uomini, ma dalle opere compiute.
La gente non crede in Lui perché il Figlio ascolta la voce del Padre che lo ha inviato, e la sua Parola non dimora nel cuore di ciascuno.
Francesco innamorato della Parola attingeva da essa la forza della testimonianza. Come Gesù, le opere compiute attestavano il mandato del Padre.
La Parola dell’Onnipotente rimaneva in lui e l’amore del Signore lo abitava.
Il Poverello non cercava gloria che viene da uomini, anzi, la fuggiva per ricercare solo quella che viene da Dio - di altro sapore.
L’umiltà era la misura del suo vivere.
Nelle Fonti troviamo importanti riferimenti al riguardo.
Ad esempio, nella Lettera a tutto l’Ordine leggiamo:
«Inclinate l’orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio.
Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
Lodatelo poiché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché per questo vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui!» (FF 216).
La Leggenda maggiore c’informa:
"Come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell’amore divino.
Al sentir nominare l’amore del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore.
«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità, e stoltissimi sono coloro che lo stimano meno del denaro, poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amore divino è capace di comprare il regno dei cieli.
E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).
La testimonianza delle opere del Creatore faceva presa su di lui:
"Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da questo spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere.
Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto.
Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile" (FF 1162).
E ai suoi frati ripeteva spesso:
«Nessuno deve lusingarsi con ingiusto vanto per quelle azioni, che anche il peccatore potrebbe compiere.
Il peccatore - spiegava - può digiunare, pregare, piangere, macerare il proprio corpo.
Ma una sola cosa non gli è possibile: rimanere fedele al suo Signore.
Proprio di questo dobbiamo gloriarci, se diamo a Dio la gloria che gli spetta, se da servitori fedeli attribuiamo a Lui tutto il bene che ci dona» (FF 718).
«Io non ricevo gloria da uomini. Ma so che non avete l’amore di Dio in voi stessi» (Gv 5,41-42)
Giovedì 4a sett. Quaresima (Gv 5,31-47)
Just as he did during his earthly existence, so today the risen Jesus walks along the streets of our life and sees us immersed in our activities, with all our desires and our needs. In the midst of our everyday circumstances he continues to speak to us; he calls us to live our life with him, for only he is capable of satisfying our thirst for hope (Pope Benedict)
Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza (Papa Benedetto)
Truth involves our whole life. In the Bible, it carries with it the sense of support, solidity, and trust, as implied by the root 'aman, the source of our liturgical expression Amen. Truth is something you can lean on, so as not to fall. In this relational sense, the only truly reliable and trustworthy One – the One on whom we can count – is the living God. Hence, Jesus can say: "I am the truth" (Jn 14:6). We discover and rediscover the truth when we experience it within ourselves in the loyalty and trustworthiness of the One who loves us. This alone can liberate us: "The truth will set you free" (Jn 8:32) [Pope Francis]
La verità ha a che fare con la vita intera. Nella Bibbia, porta con sé i significati di sostegno, solidità, fiducia, come dà a intendere la radice ‘aman, dalla quale proviene anche l’Amen liturgico. La verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: «Io sono la verità» (Gv 14,6). L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32) [Papa Francesco]
God approached man in love, even to the total gift, crossing the threshold of our ultimate solitude, throwing himself into the abyss of our extreme abandonment, going beyond the door of death (Pope Benedict)
Dio si è avvicinato all’uomo nell’amore, fino al dono totale, a varcare la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi nell’abisso del nostro estremo abbandono, oltrepassando la porta della morte (Papa Benedetto)
And our passage too, which we received sacramentally in Baptism: for this reason Baptism was called, in the first centuries, the Illumination (cf. Saint Justin, Apology I, 61, 12), because it gave you the light, it “let it enter” you. For this reason, in the ceremony of Baptism we give a lit blessed candle, a lit candle to the mother and father, because the little boy or the little girl is enlightened (Pope Francis)
È anche il nostro passaggio, che sacramentalmente abbiamo ricevuto nel Battesimo: per questo il Battesimo si chiamava, nei primi secoli, la Illuminazione (cfr San Giustino, Apologia I, 61, 12), perché ti dava la luce, ti “faceva entrare”. Per questo nella cerimonia del Battesimo diamo un cero acceso, una candela accesa al papà e alla mamma, perché il bambino, la bambina è illuminato, è illuminata (Papa Francesco)
Jesus seems to say to the accusers: Is not this woman, for all her sin, above all a confirmation of your own transgressions, of your "male" injustice, your misdeeds? (John Paul II, Mulieris Dignitatem n.14)
Gesù sembra dire agli accusatori: questa donna con tutto il suo peccato non è forse anche, e prima di tutto, una conferma delle vostre trasgressioni, della vostra ingiustizia «maschile», dei vostri abusi?
don Giuseppe Nespeca
Tel. 333-1329741
Disclaimer
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.