Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Domenica, 20 Aprile 2025 03:06

Luce o tenebre

Il Vangelo odierno proclama che Dio ha mandato il suo Figlio per salvare gli uomini, non per umiliare.

Il discrimine è: chi crede ha la stessa vita dell’Eterno, ma chi preferisce le tenebre alla Luce si esclude dalla Relazione fondante e felice.

Francesco, nella Lettera ai Fedeli, si esprime così:

«Coloro che non vogliono gustare quanto sia soave il Signore e preferiscono le tenebre alla luce, rifiutando di osservare i comandamenti di Dio, sono maledetti» (FF 186).

La vita del Povero d’Assisi, illuminata da Cristo, era luce nella Luce:

"Era questo il modo in cui egli prevedeva infallibilmente anche la caduta di molti, che sembravano star dritti, come pure la conversione a Cristo di molti peccatori.

Perciò sembrava che egli contemplasse ormai da vicino lo specchio della luce eterna, nel cui mirabile splendore l’occhio del suo spirito poteva vedere le cose fisicamente lontane come se fossero presenti" (FF 1198).

L’uomo nuovo, reso tale dalla Grazia, faceva la ‘verità’ riflessa nelle sue stesse opere.

"In questo modo molti incominciarono a riconoscere la verità della dottrina, che l’uomo di Dio con semplicità predicava, e della sua vita. Alcuni incominciarono a sentirsi invitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui, nell’abito e nella vita, lasciando ogni cosa.

Il primo di loro fu il «venerabile Bernardo», che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e nella santità" (FF 1053).

Sulle orme del Signore, la vita del Poverello divenne luce per il tempo tenebroso in cui visse.

"Il suo intelletto, libero dalla nebbia densa delle cose terrene […] saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce.

Irradiato in tal modo dallo splendore della luce eterna, attingeva alla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole.

Oh, quanto siamo diversi oggi, noi che avvolti dalle tenebre ignoriamo anche le cose necessarie!” (FF 640).

Francesco trasformato dalla Luce, se ne era innamorato: le sue opere lo attestavano.

I bagliori del Verbo giunsero a conformarlo alla sua specifica connotazione: comunicare agli altri la Verità confitta in croce, perché il mondo fosse redento e si accorgesse del Dono ricevuto.

"Con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nell’ombra della morte, come l’arcobaleno che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il Vangelo della Pace e della salvezza" (FF 1021).

 

«Ma chi fa la verità viene verso la luce, perché siano manifeste le sue opere, poiché sono state operate in Dio» (Gv 3,21)

 

 

Mercoledì 2.a sett. di Pasqua  (Gv 3,16-21)

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, poiché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate agli infanti» (Mt 11,25).

Gesù è l’unico che può veramente chiamare Padre il Signore del cielo e della terra, ma in questa familiarità egli introduce tutti.

Chiara, pianticella del beato padre Francesco, con la sua speciale caratura di semplicità e piccolezza aveva raggiunto, per Grazia, una familiarità così grande con il Signore, da muoversi in totale sintonia con Lui.

Consultando le Fonti, nella Leggenda leggiamo del grado di unione intima della Santa con lo Sposo divino.

"Quanta forza e sostegno riceveva nella fornace della preghiera ardente, quanto le sia dolce la bontà divina in quella fruizione, lo testimoniano comprovati indizi.

Allorché infatti ritornava nella gioia della santa orazione, riportava dal fuoco dell’altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle.

Esse constatavano infatti con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua faccia pareva più luminosa del solito" (FF 3199).

In una lettera ad Ermentrude di Bruges* raccomanda:

«Sii sempre attenta e vigile nella preghiera. Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi il mistero che hai abbracciato in santa povertà ed umiltà sincera» (FF 2916).

Tale era Chiara, creatura semplice e piccola, capace di gioire di ogni dono ricevuto, di ogni minuscola realtà che le parlava dell’Eterno.

"Accoglieva con grande letizia i frammenti di elemosina, i tozzi di pane che i questuanti riportavano e, quasi triste per i pani interi, era felice invece per quei pezzetti" (FF 3188).

Donna conformata a Cristo in tutto, si riteneva un nulla davanti a Dio.

Nel suo Testamento esortava alla mitezza ed umiltà del cuore, quale Madre amorevole:

«Ancora prego colei che sarà al governo delle sorelle, che si studi di presiedere alle altre più con le virtù e la santità della vita che per la dignità, affinché, animate dal suo esempio, le sorelle le prestino obbedienza, non tanto per l’ufficio che occupa, ma per amore.

Sia essa, inoltre, provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie […]

Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fiducia le loro necessità e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza […]» (FF 2848).

Mansuetudine ed umiltà: statura dei piccoli, a cui sono rivelati i Misteri del Regno, trovando consolazione nell’amare con i sentimenti di Cristo.

 

*Ermentrude di Bruges: a lei si deve la diffusione dell’Ordine delle Clarisse nelle Fiandre.

 

 

S. Caterina da Siena, 29 aprile  (Mt 11,25-30)

Venerdì, 18 Aprile 2025 10:48

Da acqua e da Spirito

Nei versetti d’esordio di Gv 3 Gesù sottolinea al fariseo Nicodemo, che lo interrogava, l’urgenza di rinascere dall’alto per opera dello Spirito Santo.

 

Nelle Fonti Francesco dimostra una speciale affezione allo Spirito di Dio, lasciando che sia Lui ad agire nella sua vita. Il Dito di Dio lo ricambia con frequenti visite e la sua santa operazione in ogni vicissitudine.

Esplorando i documenti francescani, sono molti gli episodi che attestano l’azione sorprendente dello Spirito nel Poverello. Essi evidenziando Francesco quale creatura nuova, rinata dall’acqua e dal Datore dei doni, seminati nel suo percorso di trasformazione.

Le Fonti attestano:

"Francesco voleva un giorno recarsi ad un eremo* per dedicarsi più liberamente alla contemplazione; ma, poiché era assai debole, ottenne da un povero contadino di poter usare del suo asino.

Si era d’estate, e il campagnuolo che seguiva il Santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era stanco morto per l’asprezza e la lunghezza del viaggio.

Ad un tratto, prima di giungere all’eremo, si sentì venir meno riarso dalla sete. Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere misericordia di lui, perché senza il conforto di un po’ d’acqua sarebbe certamente morto.

Il Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall’asino, e inginocchiato a terra alzò le mani al cielo e non cessò di pregare fino a quando si sentì esaudito.

«Su, in fretta - gridò al contadino - là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti».

Mirabile compiacenza di Dio, che si piega così facilmente ai suoi servi! 

L’uomo bevve l’acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava e si dissetò alla durissima selce. Non vi era mai stato in quel luogo un corso d’acqua, né si trovò dopo, per quante ricerche siano state fatte.

Quale meraviglia, se un uomo ripieno di Spirito Santo riunisce in sé le opere mirabili di tutti i giusti? Non è certo cosa straordinaria, se ripete azioni simili a quelle di altri Santi chi ha il dono di essere unito a Cristo per una grazia particolare" (FF 632).

Chi crede diventa lui stesso Acqua viva che zampilla a beneficio di tutti, perché rinato dall’alto.

 

«In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5)

 

 

Lunedì 2a sett. di Pasqua  (Gv 3,1-8)

Venerdì, 18 Aprile 2025 03:53

Nella ricerca, l’Incontro

Nel primo giorno della settimana Gesù entrò a porte chiuse nel luogo dove i discepoli erano riuniti.

Affidò loro il mandato di annunciare la Buona Novella, «alitando» su di essi perché ricevessero lo Spirito Santo.

Tommaso, assente, faticò a credere e ricevette un richiamo da Gesù per aver preteso di vedere e toccare, senza accogliere la testimonianza degli altri discepoli.

Eppure Tommaso cercava l’esperienza in prima persona del Risorto.

 

Il Povero d’Assisi e i suoi frati crebbero nella fede anche mediante l’incontro fattivo con il Signore nella povertà vissuta, nella solitudine ed orazione sperimentata nel quotidiano.

La fede in Gesù, morto sulla croce come un malfattore per assicurarci la Vita senza fine, traboccava nella nuda esistenza minoritica di Francesco e dei suoi.

Certamente era dono divino, ma anche frutto di una relazione non formale, sviluppatasi nell’itinerario intrapreso.

Giova ricordare quanto le Fonti attestano:

"[Francesco] insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede […]

Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata" (FF 1069).

La stessa Chiara, nella Lettera a Ermentrude di Bruges, in merito alla vita di Fede, suggerisce:

«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita.

Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna.

Non ti abbaglino gli splendori del mondo che passa come ombra.

Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni.

Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono» (FF 2914).

L’esperienza di Dio nella loro vita era stata così forte, incisiva e misericordiosa da poter parlare come nessuno aveva fatto mai.

 

‘Gli rispose Tommaso e gli disse: «Il mio Signore e il mio Dio!»’ (Gv 20,28).

 

 

2a Domenica di Pasqua  (Gv 20,19-31)

Giovedì, 17 Aprile 2025 19:29

Credendo e proclamando

Gesù Risorto si manifestò più volte ai discepoli e, nonostante la loro incredulità e durezza di cuore, li mandò per il mondo a proclamare il Vangelo a ogni creatura.

Francesco fu annunciatore in ogni occasione opportuna e non opportuna del Cristo crocifisso e Risorto. L’esperienza interiore assaporata lo aveva reso Araldo della Parola.

Consultando le Fonti, nella Vita prima del Celano, si legge:

"Nel tempo in cui […] predicò agli uccelli, il venerabile padre Francesco, percorrendo città e villaggi per spargere ovunque la semente della benedizione, arrivò anche ad Ascoli Piceno.

In questa città annunciò la Parola di Dio con tanto fervore, che tutti, pieni di devozione, per Grazia del Signore, accorrevano a lui, desiderosi di vederlo e ascoltarlo.

La ressa della folla era straordinaria, e ben trenta, tra chierici e laici, si fecero suoi discepoli, ricevendo dalle sue stesse mani l’abito religioso.

Uomini e donne lo veneravano con tanta fede, che chiunque poteva toccargli la veste si considerava sommamente fortunato" (FF 430).

"Quand’egli entrava in una città, il clero gioiva, si suonavano le campane, gli uomini esultavano, si congratulavano le donne, i fanciulli applaudivano, e spesso gli andavano incontro con ramoscelli in mano e cantando dei salmi.

L’eresia era coperta di confusione, la fede della Chiesa trionfava; mentre i fedeli erano ripieni di giubilo, gli eretici si rendevano latitanti.

I segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui, mentre tutta la folla gli obbediva" (FF 431).

Nel suo itinerario evangelico, andare e proclamare la Parola ad ogni creatura sotto il cielo era dimensione vitale della sequela sine glossa sulle orme del Risorto.

Ma pure incontrare il Poverello era per la gente esperienza di forte impatto e risurrezione, perché il Santo era testimone eloquente di novità di vita.

 

«Andando in tutto il mondo, predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

 

 

Sabato dell’ottava di Pasqua  (Mc 16,9-15)

Mercoledì, 16 Aprile 2025 03:47

Missione in espansione, senza squarci

Gesù Risorto tornò a manifestarsi ai suoi sul lago di Tiberiade, invitandoli a pescare.

I discepoli credettero e sperimentarono immediatamente la fecondità dei gesti compiuti in unità con Cristo.

Il discepolo prediletto, quello dal cuore dilatato e dallo sguardo acuto, dinanzi all’abbondanza della pesca, disse: «È il Signore!» (Gv 21,7).

 

Nel tempo in cui visse, Francesco si rivelò davvero come ‘il minore’ amato da Gesù.

Con capacità introspettiva unita alla Grazia, divenne missionario fecondo, che operava prodigi con la forza del Risorto, gettando la rete dalla parte giusta.

Le Fonti narrano un episodio significativo, avvenuto presso un eremo, vicino Rieti (Fonte Colombo).

Visitato dal medico per la cura degli occhi, Francesco chiese ai  suoi compagni di accoglierlo a pranzo, preparando qualcosa di buono per lui.

"«Padre - rispose il guardiano - te lo diciamo con rossore, ci vergogniamo ad invitare, tanto siamo poveri in questo momento».

«Volete forse che ve lo ripeta?» insistette il Santo.

Il medico era presente e intervenne: «Io, fratelli carissimi, stimerò delizia la vostra penuria».

I frati in tutta fretta dispongono sulla tavola quanto c’è in dispensa: un po’ di pane, non molto vino e per rendere più sontuoso il pranzo, la cucina manda un po’ di legumi.

Ma la mensa del Signore nel frattempo si muove a compassione della mensa dei servi.

Bussano alla porta e corrono ad aprire: c’è una donna che porge un canestro pieno zeppo di bel pane, di pesci e pasticci di gamberi, e sopra abbondanza di miele e uva.

A tale vista i poveri commensali sfavillarono di gioia, e messa da parte per il giorno dopo quella miseria, mangiarono di quei cibi prelibati.

Il medico commosso esclamò:

«Né noi secolari e neppure voi frati conoscete veramente la santità di questo uomo».

E si sarebbero di certo pienamente sfamati, ma più che il cibo li aveva saziati il miracolo.

Così l’occhio amoroso del Padre non disprezza mai i suoi, anzi assiste con più generosa provvidenza chi è più bisognoso.

Il povero si pasce ad una mensa più ricca di quella del re, quanto Dio supera in generosità l’uomo" (FF 629).

 

Il discepolo prediletto credette e fece cose pari al Maestro.

Francesco, pieno dello Spirito del Risorto, lo riconobbe negli eventi della vita e ripeté con i fatti:

«È il Signore!».

In verità ogni giorno egli attestava la Presenza del Risorto, che affiancava i suoi, ammaestrandoli e compiendo prodigi.

 

 

Venerdì fra l’ottava di Pasqua  (Gv 21,1-14)

Martedì, 15 Aprile 2025 03:51

Scritture che aprono, Missione che attesta

Il Risorto, prima di ascendere al Padre, apparve agli Undici e agli altri discepoli, facendo le sue grandi consegne: essere testimoni di vita nuova, predicando il Vangelo a tutti i popoli.

Il Povero d’Assisi, sempre assorto nella contemplazione dei misteri di Cristo, aveva compreso che nel nome del Signore crocifisso e risorto sarebbero stati predicati a tutti gli uomini la conversione e il perdono dei peccati.

La sua mente aperta gli consentiva di scrutare e penetrare acutamente le Scritture, considerandole di somma importanza.

Infatti le Fonti illustrano:

"«Il predicatore - diceva - deve prima attingere nel segreto della preghiera ciò che poi riverserà nei discorsi.

Prima deve riscaldarsi interiormente, per non proferire all’esterno fredde parole».

È un ufficio, sottolineava, degno di riverenza, e tutti devono venerare quelli che lo esercitano: 

Essi sono la vita del corpo, gli avversari dei demoni, essi sono la lampada del mondo […]

Una volta fece scrivere come norma generale:

«Dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e quanti ci dispensano la parola di Dio come quelli che ci somministrano spirito e vita»" (FF 747).

E ancora la Leggenda maggiore ammaestra:

"Cercava la salvezza delle anime con pietà appassionata, con zelo e fervida gelosia e, perciò, diceva che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, col profumo soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via.

All’udire simili notizie esultava nello spirito e ricolmava di invidiabilissime benedizioni quei frati che, con la parola e con le opere, trascinavano i peccatori all’amore di Cristo" (FF 1138).

Il compimento delle Scritture su Gesù diventa per Francesco l’entrata del Kerigma nel suo cammino spirituale, con la conseguente trasformazione del Poverello in Servo della Parola annunciata con fede e testimoniata dalle opere.

La Pasqua del Signore crocifisso e risorto sfociava nella predicazione indefessa della salvezza a prezzo del suo sangue versato per tutti in remissione dei peccati del mondo intero.

Il Minimo fece sua la missione affidata da Cristo ai discepoli, sospinto dalla potenza dello Spirito, incontro al Regno di Dio.

 

«Così sta scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che sarebbe stata predicata nel suo nome la conversione in remissione dei peccati a tutte le nazioni, cominciando da Gerusalemme» (Lc 24,46-47)

 

 

Giovedì dell’ottava di Pasqua  (Lc 24,35-48)

Lunedì, 14 Aprile 2025 04:01

Vedere e credere pellegrinando

Gesù Risorto si affiancò ai discepoli di Emmaus che conversavano di Lui su quanto era accaduto in Gerusalemme. Egli li mise alla prova.

Il corpo di Cristo era ormai in una condizione nuova, gloriosa, pur conservando la sua identità. Per riconoscerlo era necessaria la fede e la libertà dei figli di Dio.

 

Per Francesco la povertà e la libertà di spirito unite alla fede erano l’ossatura fondamentale della sua parabola esistenziale di «minore».

Chiedere l’elemosina, ad esempio, anche nel tempo di Pasqua, vivendo la condizione di viandante in cammino, era per lui esercizio mirabile dei valori anzidetti.

Sfogliando le Fonti, nella Leggenda maggiore, si legge:

"Una volta, nel giorno santo di Pasqua, siccome si trovava in un romitorio molto lontano dall’abitato e non c’era possibilità di andare a mendicare, memore di Colui che in quello stesso giorno apparve ai discepoli in cammino verso Emmaus, in figura di pellegrino, chiese l’elemosina, come pellegrino e povero, ai suoi stessi frati.

Come l’ebbe ricevuta, li ammaestrò con santi discorsi a celebrare continuamente la Pasqua del Signore, passando per il deserto del mondo in povertà di spirito e come pellegrini e forestieri e come veri Ebrei.

Poiché, nel chiedere le elemosine egli non era spinto dalla brama del guadagno, ma dalla libertà dello Spirito. Dio, padre dei poveri, mostrava per lui una speciale sollecitudine" (FF 1129).

E fu quella libertà interiore insieme alla fede che si trasformarono in porta di riconoscimento del Cristo Risorto allo spezzare del pane, come ad Emmaus.

Francesco aveva occhi tridimensionali, che gli consentivano di andare oltre le apparenze, cogliendo la sostanza del messaggio che aveva dinanzi.

Infatti, nelle Ammonizioni, così si esprime:

«Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile […]

E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato.

E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo il pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero» (FF 144).

Il Poverello aveva acquisito, per grazia, la capacità interiore di decifrare le orme del Signore nell’ordinario dei giorni, con vera concretezza.

 

«E avvenne che essendosi egli messo a tavola con loro, preso il pane, pronunziò la benedizione e spezzato porgeva loro. Ora, si aprirono i loro occhi e lo riconobbero» (Lc 24,30-31)

 

 

Mercoledì fra l’ottava di Pasqua  (Lc 24,13-35)

Pagina 1 di 11
God loves the world and will love it to the end. The Heart of the Son of God pierced on the Cross and opened is a profound and definitive witness to God’s love. Saint Bonaventure writes: “It was a divine decree that permitted one of the soldiers to open his sacred wide with a lance… The blood and water which poured out at that moment was the price of our salvation” (John Paul II)
Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio. Scriverà San Bonaventura: “Per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza” (Giovanni Paolo II))
[Nicodemus] felt the fascination of this Rabbi, so different from the others, but could not manage to rid himself of the conditioning of his environment that was hostile to Jesus, and stood irresolute on the threshold of faith (Pope Benedict)
[Nicodemo] avverte il fascino di questo Rabbì così diverso dagli altri, ma non riesce a sottrarsi ai condizionamenti dell’ambiente contrario a Gesù e resta titubante sulla soglia della fede (Papa Benedetto)
Those wounds that, in the beginning were an obstacle for Thomas’s faith, being a sign of Jesus’ apparent failure, those same wounds have become in his encounter with the Risen One, signs of a victorious love. These wounds that Christ has received for love of us help us to understand who God is and to repeat: “My Lord and my God!” Only a God who loves us to the extent of taking upon himself our wounds and our pain, especially innocent suffering, is worthy of faith (Pope Benedict)
Quelle piaghe, che per Tommaso erano dapprima un ostacolo alla fede, perché segni dell’apparente fallimento di Gesù; quelle stesse piaghe sono diventate, nell’incontro con il Risorto, prove di un amore vittorioso. Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: “Mio Signore e mio Dio”. Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede (Papa Benedetto)
We see that the disciples are still closed in their thinking […] How does Jesus answer? He answers by broadening their horizons […] and he confers upon them the task of bearing witness to him all over the world, transcending the cultural and religious confines within which they were accustomed to think and live (Pope Benedict)
Vediamo che i discepoli sono ancora chiusi nella loro visione […] E come risponde Gesù? Risponde aprendo i loro orizzonti […] e conferisce loro l’incarico di testimoniarlo in tutto il mondo oltrepassando i confini culturali e religiosi entro cui erano abituati a pensare e a vivere (Papa Benedetto)
The Fathers made a very significant commentary on this singular task. This is what they say: for a fish, created for water, it is fatal to be taken out of the sea, to be removed from its vital element to serve as human food. But in the mission of a fisher of men, the reverse is true. We are living in alienation, in the salt waters of suffering and death; in a sea of darkness without light. The net of the Gospel pulls us out of the waters of death and brings us into the splendour of God’s light, into true life (Pope Benedict)
I Padri […] dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita (Papa Benedetto)

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