Al centro del Vangelo di questa domenica (cfr Mc 12,28b-34), c’è il comandamento dell’amore: amore di Dio e amore del prossimo. Uno scriba chiede a Gesù: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» (v. 28). Egli risponde citando quella professione di fede con cui ogni israelita apre e chiude la sua giornata e che comincia con le parole «Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore» (Dt 6,4). In questo modo Israele custodisce la sua fede nella realtà fondamentale di tutto il suo credo: esiste un solo Signore e quel Signore è “nostro” nel senso che si è legato a noi con un patto indissolubile, ci ha amato, ci ama e ci amerà per sempre. È da questa sorgente, questo amore di Dio, che deriva per noi il duplice comandamento: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutta la tua forza. […] Amerai il tuo prossimo come te stesso» (vv. 30-31).
Scegliendo queste due Parole rivolte da Dio al suo popolo e mettendole insieme, Gesù ha insegnato una volta per sempre che l’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono inseparabili, anzi, di più, si sostengono l’un l’altro. Pur se posti in sequenza, essi sono le due facce di un’unica medaglia: vissuti insieme sono la vera forza del credente! Amare Dio è vivere di Lui e per Lui, per quello che Lui è e per quello che Lui fa. E il nostro Dio è donazione senza riserve, è perdono senza limiti, è relazione che promuove e fa crescere. Perciò, amare Dio vuol dire investire ogni giorno le proprie energie per essere suoi collaboratori nel servire senza riserve il nostro prossimo, nel cercare di perdonare senza limiti e nel coltivare relazioni di comunione e di fraternità.
L’evangelista Marco non si preoccupa di specificare chi è il prossimo, perché il prossimo è la persona che io incontro nel cammino, nelle mie giornate. Non si tratta di pre-selezionare il mio prossimo: questo non è cristiano. Io penso che il mio prossimo sia quello che io ho preselezionato: no, questo non è cristiano, è pagano; ma si tratta di avere occhi per vederlo e cuore per volere il suo bene. Se ci esercitiamo a vedere con lo sguardo di Gesù, ci porremo sempre in ascolto e accanto a chi ha bisogno. I bisogni del prossimo richiedono certamente risposte efficaci, ma prima ancora domandano condivisione. Con un’immagine possiamo dire che l’affamato ha bisogno non solo di un piatto di minestra, ma anche di un sorriso, di essere ascoltato e anche di una preghiera, magari fatta insieme. Il Vangelo di oggi invita tutti noi ad essere proiettati non solo verso le urgenze dei fratelli più poveri, ma soprattutto ad essere attenti alla loro necessità di vicinanza fraterna, di senso della vita, di tenerezza. Questo interpella le nostre comunità cristiane: si tratta di evitare il rischio di essere comunità che vivono di molte iniziative ma di poche relazioni; il rischio di comunità “stazioni di servizio” ma di poca compagnia, nel senso pieno e cristiano di questo termine.
Dio, che è amore, ci ha creati per amore e perché possiamo amare gli altri restando uniti a Lui. Sarebbe illusorio pretendere di amare il prossimo senza amare Dio; e sarebbe altrettanto illusorio pretendere di amare Dio senza amare il prossimo. Le due dimensioni dell’amore, per Dio e per il prossimo, nella loro unità caratterizzano il discepolo di Cristo. La Vergine Maria ci aiuti ad accogliere e testimoniare nella vita di ogni giorno questo luminoso insegnamento.
[Papa Francesco, Angelus 4 novembre 2018]