Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù diceva alla folla e ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua […]» (Mc 8,34).
Francesco, dopo la sua profonda conversione, aveva colto per Grazia il significato più pieno del rinnegamento di sé.
Scorrendo le Fonti, gli episodi ivi contenuti lo evidenziano bene.
Agli inizi della parabola francescana, il Poverello incoraggiava i suoi frati a perseverare, rinunciando a tutto ciò che avversava la Parola di Dio.
"Sempre nello stesso periodo, entrò nella Religione un’altra persona dabbene e così i figli benedetti dell’uomo di Dio raggiunsero il numero di sette.
Allora il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del Regno di Dio, del disprezzo del mondo, della necessità di rinnegare la propria volontà e di mortificare il proprio corpo, e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo.
Ormai il padre santo, come la donna sterile, semplice e poverella della Bibbia, aveva partorito sette volte, e desiderava partorire a Cristo tutto quanto il popolo dei fedeli, chiamandolo al pianto e alla penitenza" (FF 1058).
Francesco aveva l’occhio vigile sulla capacità di rinnegamento di quanti volevano entrare in quella fraternità evangelica.
Infatti, nei documenti francescani, troviamo un episodio molto significativo.
Il Minimo d’Assisi, percorrendo la provincia della Marca per predicare, conobbe un uomo che gli chiese di entrare nella sua comunità.
Il padre si rivolse a lui così:
«Fratello, se vuoi entrare nella nostra famiglia, è necessario per prima cosa che tu distribuisca ai poveri tutti i tuoi beni, secondo la perfezione consigliata dal santo Vangelo, e poi che tu rinunzi completamente alla tua volontà» (FF 1567).
A queste parole l’uomo ispirato da amore carnale e non spirituale, donò tutti i suoi beni ai suoi consanguinei.
Poi andò da Francesco riferendo di essersi privato di quanto aveva.
Ma il padre gli chiese come aveva fatto.
E quello rispose: «Fratello, ho donato tutto il mio ad alcuni parenti, che erano nella necessità» (FF 1567).
Il brano continua: "Conobbe Francesco, per mezzo dello Spirito Santo, che quello era un uomo carnale, e subito lo accomiatò:
«Va’ per la tua strada, frate Mosca, poiché hai dato il tuo ai consanguinei, e ora vorresti vivere di elemosine tra i frati».
E colui se ne andò per la sua strada, ricusando di distribuire i suoi averi ad altri poveri (FF 1567).
Venerdì 6a sett. T.O. (Mc 8,34-9,1)
Gesù pone ai suoi una precisa domanda:
«Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27b).
Poi spiega che il Figlio dell’uomo non avrà trionfi mondani. Quindi rimprovera a Pietro - che ci rappresenta tutti - il suo modo di pensare banale, non secondo Dio.
Ma chi avvicinava Francesco capiva subito che era un uomo che pensava secondo Dio e non secondo gli uomini.
Infatti le sue parole, i suoi gesti erano così diversi dal corrivo pensare e agire della gente, da suscitare stupore.
Le Fonti, preziose testimonianze del tempo, ne danno conferma.
"Veramente, Francesco portava sempre nel cuore quel mazzetto di mirra*, sempre fissava il volto del suo Cristo, sempre rimaneva a contatto dell’Uomo dei dolori, che conosce tutte le sofferenze" (FF 672).
Nei patimenti dei poveri vedeva quelli del Povero per eccellenza: Cristo; adoperandosi ad alleviarle in ogni modo.
"Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco, a causa della malattia, avesse indosso sopra l’abito un mantello.
Mirando con occhi misericordiosi la miseria di quell’uomo, disse al compagno:
«Bisogna che restituiamo il mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi».
Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all’altro.
Ma il Santo:
«Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto indosso a chi è più bisognoso» (FF 1143).
Esempio del pensare secondo Dio e secondo gli uomini.
Due logiche lontane: l’amore che dona se stesso fino in fondo, senza badare alle sofferenze da portare fino allo sfinimento - e l’amor proprio che fugge o vuole fuggire da tutto ciò che è prova, sofferenza, disagio, sconvenienza.
Francesco aveva scelto Cristo e amava: pensava come Gesù, secondo la misura del Vangelo.
L’Araldo del Gran Re, in verità, ripeteva al Figlio di Dio, con la sua nuda esistenza e continuamente:
«Tu sei il Cristo».
In ciò che operava se ne udiva sempre l’eco.
«Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29)
Giovedì 6a sett. T.O. (Mc 8,27-33)
Mc narra la guarigione del cieco di Betsaida. Gesù lo sana fuori del villaggio, e gli chiede di non entrare in esso.
Francesco, il Povero assisano, guarì molti ciechi nel corpo e nello spirito, per dono dell’Altissimo.
Nel «Trattato dei miracoli» sono narrati numerosi episodi di guarigione agli occhi, casi di persone che, grazie al Minimo, riacquistarono la vista. Le Fonti c’informano al riguardo.
"A una bambina cieca di Bevagna restituì la vista desiderata, spalmandole gli occhi con lo sputo per tre volte, nel nome della Trinità.
Una donna della città di Narni, colpita da cecità, recuperò la vista appena egli l’ebbe benedetta.
Un bambino di Bologna aveva un occhio tutto coperto da una macchia e non vedeva assolutamente niente. Non si riusciva a trovare nessun rimedio per aiutarlo. Ma, dopo che il servo del Signore gli ebbe fatto il segno della croce, dalla testa ai piedi, riacquistò una vista limpidissima. In seguito entrò nell’Ordine dei frati minori e diceva di vederci molto più chiaro dall’occhio guarito che non dall’occhio rimasto sempre sano" (FF 1218).
Ma pure S. Maria della Porziuncola, luogo tanto caro a Francesco, fu scenario di salvezza per tante anime affette da cecità interiore.
"Riguardo a questo luogo, un frate, a Dio devoto, prima della sua conversione, ebbe una visione degna di essere riferita.
Gli sembrò di vedere innumerevoli uomini, colpiti da cecità, che stavano attorno a questa chiesa, in ginocchio e con la faccia rivolta al cielo.
Tutti protendevano le mani verso l’alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce.
Ed ecco, venne dal cielo uno splendore immenso, che, penetrando in loro tutti, portò a ciascuno la luce e la salvezza desiderate" (FF 1049).
Francesco, il Poverello, Araldo di Cristo, si preoccupava non solo della vista materiale, ma pure di quella interiore - per condurre al Signore tante anime.
Per questo la Porziuncola era considerata luogo di salvezza: chi la frequentava vedeva più chiaramente, perché sede di fulgori celestiali e umanizzanti.
«Poi di nuovo impose le mani sui suoi occhi e ci vide bene e fu ristabilito e scorgeva distintamente a distanza ogni cosa» (Mc 8,25)
Mercoledì 6a sett. T.O. (Mc 8,22-26)
Anche Francesco, quando ancora era nel mondo e dinanzi al dipanarsi della sua specifica chiamata da parte del Signore [e la conseguente conversione] ebbe da lottare contro il lievito di Erode: brama di potere e gloria.
Sarà Dio poi, a illuminarlo facendogli prendere le distanze da quanto lo portava fuori strada.
"Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo Conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere […]" (FF 1399).
Ma il Signore, sapendolo così bramoso di gloria e di potere lo visitò con una visione.
Mentre dormiva gli apparve uno che, chiamatolo per nome, lo condusse in un palazzo bellissimo dove si notavano, appese al muro, armi e oggetti da guerra.
Francesco chiese a chi appartenessero tutte quelle cose e il palazzo. Gli fu risposto che il tutto era proprietà sua e dei suoi cavalieri.
Si svegliò, tutto felice, interpretando il sogno secondo criteri mondani. Non avendo ancora gustato pienamente lo spirito di Dio, immaginava di divenire principe.
Così, interpretando la cosa come presagio di fortuna, volle partire per le Puglie, per essere creato cavaliere da quel Conte.
Arrivato a Spoleto incominciò a non star bene e nel dormiveglia udì una voce che lo interrogava su dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto.
"E quello: «Chi può esserti piuttosto utile: il padrone o il servo?». Rispose: «Il padrone».
Quello riprese: «Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?».
Allora Francesco interrogò: «Signore, che vuoi ch’io faccia?».
Concluse la voce: «Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt’altro senso».
[…] Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante" (FF 1401).
Così Francesco abbandonò il lievito di Erode per aderire a Cristo, divenendone il grande Araldo, coraggioso e tenace.
Martedì 6a sett. T.O. (Mc 8,14-21)
Nei versetti proposti dal Vangelo di Marco Gesù è disgustato dai farisei ipocriti, che iniziano a discutere con Lui chiedendo un segno dal cielo per metterlo alla prova, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Tutto questo provoca in Cristo una profonda delusione.
Francesco d’Assisi seguiva Gesù non per i prodigi che il Signore compiva ma per Fede; conquistato dal suo Vangelo, dalle Beatitudini enunciate su il Monte, dall’essere morto e risorto - per lui.
Questo l’aveva attratto e fatto innamorare della nuda parabola evangelica, senza ‘se’ e senza ‘ma’.
Le Fonti, gioiello del cammino francescano, aiutano a comprendere.
"Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati.
E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è L’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice:
«Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti], e ancora:
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna»" (FF 142).
Se non basta la Presenza del Figlio di Dio a far credere, quale altro segno si può dare a questa generazione?
La fede di Francesco è la migliore risposta all’insipienza mondana.
"E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo:
«Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono in tutto nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo» (FF 111 - Testamento di San Francesco).
Questo l’unico Segno!
«Ed Egli gemendo nel suo spirito dice: «Perché questa generazione cerca un segno?» (Mc 8,12a)
Lunedì 6.a sett. T.O. (Mc 8,11-13)
Per Francesco e Chiara d’Assisi l’umiltà del cuore, la povertà interiore ed esteriore costituiva la chiave di volta di tutte le altre beatitudini, identikit di Gesù e di ogni discepolo che vuole camminare sulle sue orme.
Incantevole è un passo del ‘Sacrum Commercium’ (operetta allegorica di autore ignoto) contenuto nelle Fonti e che qui riportiamo, a riguardo della povertà.
«Così, innamorato della tua bellezza, il Figlio dell’Altissimo Padre a te sola si unì strettamente nel mondo e ti conobbe per prova fedelissima in ogni cosa.
Prima ancora che dallo splendore della sua patria Egli venisse sulla terra, tu gli preparasti un’abitazione degna, un trono su cui assidersi e un talamo dove riposare, cioè la Vergine poverissima, dalla quale Egli nacque a risplendere su questo mondo.
A lui appena nato con sollecitudine corresti incontro, perché egli trovasse in te, e non nelle mollezze, un posto che gli fosse gradito.
Fu deposto, dice l’evangelista, in una mangiatoia, perché non c’era posto per lui nell’albergo.
Allo stesso modo, senza mai separarti da lui, l’hai sempre accompagnato, tanto che in tutta la sua vita, quando apparve sulla terra e visse fra gli uomini, mentre le volpi avevano le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, egli però non aveva dove posare il capo.
E in seguito quando egli, che un tempo aveva dischiuso la bocca dei profeti, aprì la sua bocca per insegnare, te per prima volle lodare, te per prima esaltò con le parole: Beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (FF 1977).
Francesco poi, nelle sue Ammonizioni, fra l’altro esalta il cuore puro, appunto povero, quando dice:
«Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere Il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro" (FF 165).
Gli fa eco Chiara, nel suo Testamento:
«Se vivremo secondo la predetta forma di vita, lasceremo alle altre un nobile esempio e, attraverso una fatica di brevissima durata, ci guadagneremo il palio della beatitudine eterna» (FF 2830).
«Beati i poveri, perché vostro è il Regno di Dio»
6a Domenica T.O. anno C (Lc 6,17.20-26)
Nella seconda distribuzione dei pani e dei pesci, Mc pone in evidenza la compassione di Gesù per la folla sfinita e affamata, che lo segue, cui dona Alimento.
Il Povero d’Assisi aveva ricevuto in dono un cuore tenero, con viscere di compassione per ogni creatura.
Un passo stupendo delle Fonti ci dice:
"La vera pietà, che, come dice l’Apostolo, è utile a tutto, aveva riempito il cuore di Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la personalità di quell’uomo di Dio.
La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandosi con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza primitiva.
Per essa sentiva grande attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera, che ogni giorno le partoriva, come una madre, in Cristo" (FF 1134).
È la stessa compassione che lo inondava e lo faceva fremere dinanzi al Pane della Parola e dell’Eucaristia.
Leggiamo:
"Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita»” (FF 207).
E nella parafrasi del Padre nostro:
«Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e riverenza dell’amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì» (FF 271).
Mirabile Tenerezza!
«Ho compassione per la folla, poiché [sono] già tre giorni che rimangono presso di me e non hanno qualcosa da mangiare, e se li licenzio digiuni alla loro casa, verranno meno nella via; e alcuni di loro sono venuti da lontano» (Mc 8,2-3)
Sabato 5a sett. T.O. (Mc 8,1-10)
«E mandò due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove egli stava per andare» (Lc 10,1).
Questo passo del Vangelo di Luca era ben impresso nella memoria di Francesco d’Assisi e, preparando i suoi frati alla missione, così si esprimeva:
«Nel nome del Signore, andate due a due per le strade, con dignità, mantenendo il silenzio dal mattino fino a dopo l’ora di terza, pregando nei vostri cuori il Signore.
Nessun discorso frivolo e vacuo tra di voi, giacché, sebbene siate in cammino, il vostro comportamento dev’essere raccolto come foste in un eremo o in cella.
Dovunque siamo o ci muoviamo, portiamo con noi la nostra cella: fratello corpo; l’anima è l’eremita che vi abita dentro a pregare Dio e meditare.
E se l’anima non vive serena e solitaria nella sua cella, ben poco giova al religioso una cella eretta da mano d’uomo» (FF 1636).
Così preparati, i frati andavano ad annunciare la Buona Novella.
Nelle Fonti leggiamo ancora:
"Insisteva perché i fratelli non giudicassero nessuno, e non guardassero con disprezzo quelli che vivono nel lusso […] poiché Dio è il Signore nostro e loro, e ha il potere di chiamarli a sé e di renderli giusti […]
E aggiungeva: «Tale deve essere il comportamento dei frati in mezzo alla gente, che chiunque li ascolti e li veda, sia indotto a glorificare e lodare il Padre celeste».
Era suo vivo desiderio che tanto lui quanto i frati abbondassero di opere buone, mediante le quali il Signore viene lodato. E diceva:
«La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori.
Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza.
Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti.
Molti, che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo» (FF 1469).
Il Povero di Assisi, prima di comunicare la Parola di Dio alla gente, augurava la pace, dicendo:
«Il Signore vi dia la Pace» (FF 359).
Questa egli annunciava sempre con tanta devozione a quanti venivano a lui.
E accadeva spesso che, con la grazia di Dio, i nemici della Pace e della propria salvezza, divenissero figli della Pace.
Predicando e sanando i malati che incontrava, diceva:
«É vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9).
Tanti erano in tal guisa spinti a ravvedersi e a seguire Cristo e il discepolo di Lui.
Ss. Cirillo e Metodio, 14 febbraio (Lc 10,1-9)
Love is indeed “ecstasy”, not in the sense of a moment of intoxication, but rather as a journey, an ongoing exodus out of the closed inward-looking self towards its liberation through self-giving, and thus towards authentic self-discovery and indeed the discovery of God (Deus Caritas est n.6)
Sì, amore è « estasi », ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio (Deus Caritas est n.6)
Before asking them, the Twelve, directly, Jesus wants to hear from them what the people think about him, and he is well aware that the disciples are very sensitive to the Teacher’s renown! Therefore, he asks: “Who do men say that I am?” (v. 27). It comes to light that Jesus is considered by the people as a great prophet. But, in reality, he is not interested in the opinions and gossip of the people (Pope Francis)
Prima di interpellare direttamente loro, i Dodici, Gesù vuole sentire da loro che cosa pensa di Lui la gente – e sa bene che i discepoli sono molto sensibili alla popolarità del Maestro! Perciò domanda: «La gente, chi dice che io sia?» (v. 27). Ne emerge che Gesù è considerato dal popolo un grande profeta. Ma, in realtà, a Lui non interessano i sondaggi e le chiacchiere della gente (Papa Francesco)
In the rite of Baptism, the presentation of the candle lit from the large Paschal candle, a symbol of the Risen Christ, is a sign that helps us to understand what happens in the Sacrament. When our lives are enlightened by the mystery of Christ, we experience the joy of being liberated from all that threatens the full realization (Pope Benedict)
Nel rito del Battesimo, la consegna della candela, accesa al grande cero pasquale simbolo di Cristo Risorto, è un segno che aiuta a cogliere ciò che avviene nel Sacramento. Quando la nostra vita si lascia illuminare dal mistero di Cristo, sperimenta la gioia di essere liberata da tutto ciò che ne minaccia la piena realizzazione (Papa Benedetto)
And he continues: «Think of salvation, of what God has done for us, and choose well!». But the disciples "did not understand why the heart was hardened by this passion, by this wickedness of arguing among themselves and seeing who was guilty of that forgetfulness of the bread" (Pope Francis)
E continua: «Pensate alla salvezza, a quello che anche Dio ha fatto per noi, e scegliete bene!». Ma i discepoli «non capivano perché il cuore era indurito per questa passione, per questa malvagità di discutere fra loro e vedere chi era il colpevole di quella dimenticanza del pane» (Papa Francesco)
[Faith] is the lifelong companion that makes it possible to perceive, ever anew, the marvels that God works for us. Intent on gathering the signs of the times in the present of history […] (Pope Benedict, Porta Fidei n.15)
[La Fede] è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia […] (Papa Benedetto, Porta Fidei n.15)
Jesus proclaims the poor, the hungry, the suffering and the persecuted blessed, and he admonishes those who are rich, satisfied, who laugh and are praised by the people. The reason behind this paradoxical beatitude lies in the fact that God is close to those who suffer, and intercedes to free them from their bondage. Jesus sees this; he already sees the beatitude beyond its negative reality. And likewise, the “woe to you” addressed to those who are doing well today (Pope Francis)
don Giuseppe Nespeca
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