Gesù sconvolge gli schemi mentali dei Giudei che si chiedono come può dar loro da mangiare il suo corpo e bere il sangue.
Francesco, dotato per Grazia di carismi straordinari, aveva ben compreso tutto questo.
Nella sua semplicità fu un grande innamorato dell’Eucaristia, cui dedicò una lettera speciale: «Lettera a tutti i chierici sulla riverenza del Corpo
del Signore».
Francesco amò talmente il Crocifisso e per Lui e in Lui la Croce su cui fu confitto per la salvezza del mondo, da ricevere il dono delle stigmate.
Fatto simile a Cristo, dunque Alter Christus. Aveva sempre fisso nella mente il Dono del Padre all’umanità, nel Figlio.
Le Fonti ci illuminano in proposito:
“E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il Santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima Santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluto redimere dalla schiavitù” (FF 64).
E ancora: “Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime […]
Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (FF 758).
“Una mattina, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infuocate, discendere dalla sublimità cieli […]
Giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce […]
Comprese per divina rivelazione lo scopo per cui la divina Provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui […] stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso […] mediante l’incendio dello Spirito” (FF 1225).
Le Fonti, scrigno francescano, attestano, con maestrìa, la bellezza sacrificale di tale esperienza:
"Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi […]
Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande" (FF 485).
Anche a San Damiano c’era grande riverenza e amore per la Carne e il Sangue di Cristo.
Infatti anche Chiara anelava a ricevere il Pane vivo disceso dal cielo con grande devozione e raccoglimento.
La vita di questi due Poveri fu un incessante sacrificio eucaristico a beneficio dell’umanità, in unità con Gesù.
Ogni loro gesto fu Pane spezzato e Sangue versato per ogni creatura bisognosa di tutto.
Vivendo in povertà e semplicità nel quotidiano divennero Alimento e Bevanda per le moltitudini.
«Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha la Vita dell’Eterno» (Gv 6,54)
20.a Domenica T.O. B (Gv 6,51-58)