Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.
Sal 18 (19)
Salmi 18:1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
Salmi 18:2 I cieli narrano la gloria di Dio, e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Salmi 18:3 Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Salmi 18:4 Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono.
Salmi 18:5 Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola.
Salmi 18:6 Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la via.
Salmi 18:7 Egli sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l'altro estremo: nulla si sottrae al suo calore.
Salmi 18:8 La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice.
Salmi 18:9 Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi.
Salmi 18:10 Il timore del Signore è puro, dura sempre; i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
Salmi 18:11 più preziosi dell'oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante.
Salmi 18:12 Anche il tuo servo in essi è istruito, per chi li osserva è grande il profitto.
Salmi 18:13 Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dalle colpe che non vedo.
Salmi 18:14 Anche dall'orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato.
Salmi 18:15 Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore. Signore, mia rupe e mio redentore.
Nella prima parte del Salmo (vv. 2-7) c’è il canto al Creatore dell'universo. Nella seconda (vv. 8-15) c’è un inno alla Torah, cioè alla legge divina, alla parola del Signore. Le due parti del salmo trattano di come l'uomo può attingere la conoscenza di Dio; prima, per deduzione osservando i cieli visibili e poi mediante l'insegnamento della parola di Dio. Sono rispettivamente la sfera materiale e quella spirituale. L’unità tra le due parti è fatta attraverso il simbolismo del sole: senza la luce fisica del sole e la luce spirituale della parola di Dio, non vi sarebbe vita sulla terra. Dio si rivela a tutti illuminando l’universo con il fulgore del sole e illumina il fedele con lo sfolgorare della sua parola contenuta nella sua legge rivelata. È significativo, infatti, che la legge, nella seconda parte del salmo, sia tratteggiata con attributi solari: come il sole dà la luce fisica alla terra (vv. 6-7), così la legge è la lampada che dà luce spirituale all’uomo (vv. 8-9).
Scendendo nei particolari, vediamo come l’ordine, la bellezza e l’armonia dell’universo narrano la gloria di Dio. Il firmamento grida che esso viene da Dio. Si autoproclama opera delle sue mani. L’esistenza dei cieli è un canto alla gloria di Dio. Chi guarda il firmamento non può non confessare che esso è opera della mani del Signore. La maestà della creazione fornisce la prova di un Dio creatore ancora più maestoso del creato. Chi dalla bellezza del creato non vede la bellezza infinita del suo creatore è uno stolto.
È una narrazione della gloria di Dio ininterrotta, senza fine (v. 3). Il giorno che va trasmette la notizia che esiste un creatore al giorno che viene, gliela affida perché la trasmetta a sua volta. Anche la notte che va ne trasmette notizia alla notte che viene, perché anch’essa gridi questa verità e la consegni a sua volta alla notte che le succederà. Nessun giorno vuole che l’altro giorno si dimentichi del suo Signore e così nessuna notte vuole che l’altra notte smetta di narrare le meraviglie di Dio. La verità di Dio deve rimanere stabile per sempre.
Giorno e notte si trasmettono la notizia in modo silenzioso (v. 4). Nessuno li ode parlare. Basta che la notte si alzi e il cielo stellato brilla in tutto il suo splendore e subito inizia l’inno di lode per il suo Creatore e Signore. Basta che il giorno spunti e la contemplazione delle opere di Dio diviene un canto di lode e di benedizione per il suo Autore. Questa verità dovrebbe valere anche per l’uomo. Basta che un uomo venga alla luce perché si canti un inno di ringraziamento al suo Autore e Dio. Non vi è prodigio più grande della nascita di una nuova vita umana. Eppure l’uomo è l’unico essere che non sempre trasmette questa notizia.
Nel cielo Dio ha posta la tenda per il sole (v. 6). Il sole è paragonato ad uno sposo che esce dal suo talamo. È l’immagine dello sposo che ama la sua sposa e che dalla sua sposa è amato. Il sole esce per dare gioia, calore, a tutta la terra. Esce per risvegliarla dal suo torpore della notte. Esce per rimetterla in vita. Il sole è la vita materiale della terra. Esso è simbolo di Dio. È Dio la luce eterna che dona vita e calore. Il sole è simbolo di Dio, ma soprattutto è simbolo della Parola di Dio. È la Parola di Dio la vera luce che illumina ogni uomo.
Infatti, nella seconda parte del Salmo (vv. 8-15), si parla della Torah, della “legge”, che comprende sia i primi cinque libri della Bibbia, sia la parola di Dio in generale. Mentre la creazione visibile testimonia del potere di Dio, Dio si rivela personalmente a Israele nella Torah. Questa distinzione si rileva nel testo con la sostituzione di Dio, cioè Elohim (vv. 1-7) con il “Signore”, cioè Yahweh (vv. 8-15).
La prima cosa che viene detta è che la legge del Signore è perfetta (v. 8), cioè non contiene errori. Perché ogni uomo si disponga ad assorbire la Parola di Dio è giusto che si convinca della sua perfezione e verità. C’è cosa più dolce del miele? Vi è qualcosa di più prezioso dell’oro? (v. 11) Ebbene, nulla è paragonabile alla preziosità e alla dolcezza della Parola di Dio. Cantare la bellezza della Parola di Dio è evangelizzazione. Oggi a noi questo canto manca. È questa la nostra più grande povertà. Non cantiamo più la bellezza della Parola.
Dopo aver contemplato la bellezza della creazione che è una pallida immagine della bellezza che è nella legge del Signore, il salmista guarda per un attimo la sua vita. “Le inavvertenze, chi le discerne? Assolvimi dai peccati nascosti” (v. 13). Il suo cuore è veramente tutto nella Parola? La sua anima è veramente tutta nella Legge? Lui vorrebbe che fosse così. Ma è veramente così? Non c'è forse una inadeguatezza tra la Parola e la sua osservanza?
Quante inavvertenze nella vita, quanti peccati nascosti! Quante leggi non osservate pienamente per ignoranza, superficialità! Il salmista chiede al Signore che anche da questi peccati sia perdonato il suo servo. Questo pensiero circa la non osservanza della Legge del Signore per la sua troppa grandezza è sublime. Esso ci fa sempre umili dinanzi al Signore. Pecchiamo anche per inavvertenza.
Il peggiore orgoglio è sentirsi perfetti nell’osservanza della Legge. Nulla è più pericoloso di quest’orgoglio. Da questo orgoglio il salmista vuole essere salvato. Questo orgoglio non deve avere potere sopra di lui. Se lui sarà salvato dall'orgoglio, allora sarà “irreprensibile, sarà puro dal grande peccato” (v. 14), e il grande peccato è quello di ritenersi perfetti dinanzi a Dio.
“Ti siano gradite le parole della mia bocca” (v. 15). Il salmista vuole che le sue parole siano gradite al Signore. Anche questa sua umiltà dovrebbe essere di ogni credente. Sarebbe sufficiente chiedersi: Sono le mie parole gradite al Signore? Sarebbe sufficiente rispondere con umiltà a questa domanda.
Questo Salmo va meditato. È un canto stupendo sul sole di Dio che è la sua Parola.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
autore dei libri
- Apocalisse – commento esegetico
- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?
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(Mc 9,30-37)
Marco 9:30 Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Marco 9:31 Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà».
Marco 9:32 Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Marco 9:33 Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?».
Marco 9:34 Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
Marco 9:35 Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti».
Marco 9:36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
Marco 9:37 «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Questa sezione si apre con una nota geografica: “attraversavano la Galilea”. Gesù va a Cafarnao. Da qui ripartirà, con direzione Gerusalemme, ma il significato vero e profondo del cammino che egli sta compiendo verso Gerusalemme, doveva essere per il momento oscurato alla gente. Soltanto la risurrezione getterà luce sulla sua passione e morte, svelandone il senso e rivelando la vera natura di Gesù, quale Cristo e Figlio di Dio, evitando in tal modo fraintendimenti sugli eventi che si compiranno a Gerusalemme. Da qui quel “non voleva che alcuno lo sapesse” (v. 30). Quello che Gesù “non voleva” era che il senso di quel suo viaggio verso Gerusalemme fosse svelato ora. E che così sia lo lascia intravvedere quel “infatti” posto all'inizio del v. 31, che in qualche modo spiega il perché di tale silenzio.
Gesù “istruiva… e diceva”: “il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini“. Il verbo “consegnato” in greco è espresso con un verbo passivo, e questo significa che l'azione è rimandata a Dio stesso. Il destino di Gesù fa parte di un disegno salvifico di Dio, cui Gesù si conforma. Nello stesso tempo, questa “consegna” dipende da una libera decisione di Gesù, che non si contrappone al disegno del Padre, in quanto egli ne è attuazione e rivelazione. Quindi Gesù non subisce la passione e la morte, ma vi si consegna in attuazione del piano salvifico del Padre.
Il fatto che Gesù è consegnato “nelle mani degli uomini”, dà una valenza universale al suo morire e risorgere. L'intera umanità, quindi, è coinvolta nella sua passione, così che il suo consegnarsi nelle mani degli uomini diventa un dono di amore di se stesso per tutta l'umanità.
Il v. 32 conclude questo annuncio con l'immancabile nota sull'incapacità di comprendere dei Dodici: “Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni”. Il verbo all'imperfetto indicativo, tempo durativo, indica la persistenza di questa incomprensione. Ma nel contempo essi non vogliono approfondire la questione; hanno paura di chiedere spiegazioni. È come se in loro ci fosse qualcosa che li tenesse chiusi nel loro mondo fatto di molti pensieri umani e di pochi pensieri di Dio.
La piccola comitiva di Gesù con i Dodici giunge a Cafarnao, dove Gesù aveva stabilito la sua dimora. “E quando fu in casa chiese loro”. Il termine “casa”, preceduto qui dall'articolo determinativo (“en tē” = nella), non indica una casa qualsiasi, ma nel linguaggio degli evangelisti è metafora di una casa particolare: la chiesa. Quanto segue, pertanto, ha a che vedere con la comunità credente ed è una riflessione di natura ecclesiologica.
Gesù chiede, dunque, ai suoi di che cosa stessero discutendo “lungo la via”. La via di cui qui si parla è quella che da Cesarea di Filippo, attraverso la Galilea, è giunta a Cafarnao. Ma è sempre quella stessa strada sulla quale Gesù ha annunciato la sua morte. Ebbene, su questa strada che sta portando Gesù verso il dono di se stesso per gli uomini, i discepoli avevano discusso chi fosse il più grande tra loro.
La risposta di Gesù: “Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti”. In altri termini, i primi posti sono in funzione degli altri e non di se stessi, e chi li occupa deve porsi nel giusto atteggiamento di servizio a favore dell'intera comunità credente, poiché chi occupa posti autorevoli è chiamato a far crescere i credenti e non dominarli. Questo è il vero senso dell'autorità: dedicarsi al bene degli altri e a farli crescere spiritualmente, confermandoli nel loro cammino verso Dio. Un'autorità che è servizio per il bene dell'altro. Gesù rovescia completamente il modo di ragionare degli uomini, dove la grandezza della carne vuole che il primo sia servito da tutti., mentre la grandezza di Gesù vuole che il primo sia il servo di tutti e l'ultimo di tutti. È un vero capovolgimento della realtà. Così si dovrà vivere nel suo regno.
Gesù, allora, pone in mezzo a loro un bambino e poi lo abbraccia. Il porlo “in mezzo” significa porlo alla loro attenzione, ma nel contempo quel bambino deve diventare il parametro di raffronto sul quale misurare il loro modo di ragionare. Riguardo all'abbracciarlo, questo esprime non solo la predilezione di Gesù nei confronti di questa categoria di persone, ma pure che in essi egli si identifica e si fa un tutt'uno con loro, al punto tale che “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. L'accogliere il bambino significa farne proprio il suo modo di essere, fatto di semplicità, privo di una mentalità doppiogiochista e al di fuori degli intrallazzi di palazzo, ma nella sua purezza di spirito si rende disponibile a tutti, perché di tutti egli ha bisogno e proprio per questa sua fragilità era tra gli ultimi nella scala sociale di quel tempo. Accogliere questo bambino significa, quindi, accogliere la linea di pensiero e di comportamento dello stesso Gesù, che riflette in sé quella del Padre.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
autore dei libri
- Apocalisse – commento esegetico
- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?
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(Mc 8,27-35)
Marco 8:27 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?».
Marco 8:28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti».
Marco 8:29 Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo».
Marco 8:30 E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
Marco 8:31 E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.
Marco 8:32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo.
Marco 8:33 Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Il v. 27 crea il contesto geografico entro cui viene collocato il racconto della scoperta dell'identità di Gesù. È sulla strada che porta a Cesarea di Filippo che Gesù stimola i suoi discepoli spingendoli ad interrogarsi su chi egli sia. La comprensione di chi è Gesù, pertanto, è qui raffigurata dalla «via» dove si sta compiendo un cammino di approfondimento e di conoscenza. Cioè inizio di un percorso di conoscenza della vera identità e natura di Gesù.
Il metodo che Gesù adotta per stimolare i suoi alla risposta, richiama da vicino quello della maieutica, in cui il maestro in dialogo con i suoi discepoli, attraverso opportune domande li stimola ad interrogarsi e a trovare loro stessi la risposta. Gesù qui dapprima spinge i suoi a fare mente locale, sintetizzando quanto avevano sentito su di lui da parte della gente. Ma poi la domanda di Gesù si fa più stringente e interpella direttamente i suoi: che cosa essi pensavano di lui? La risposta è semplice, quasi lapidaria: “Tu sei il Cristo”.
Dopo questo riconoscimento si apre una nuova fase nel rapporto tra Gesù e i suoi discepoli, quella di un serrato insegnamento circa i suoi destini di morte e risurrezione. Due realtà che destano sconcerto e incomprensione. Da qui quel “cominciò a insegnare” (v. 31), che lascia intendere che da qui è intrapreso un nuovo cammino di catechesi, che avrà come fulcro centrale il tema della passione-morte-risurrezione. Si è sempre sulla strada verso Cesarea di Filippo, metafora di un cammino d'insegnamento e di scoperta.
Se, dunque, Pietro scopre l'identità di Gesù quale Cristo, cioè l'Unto di Dio, consacrato e inviato dal Padre per compiere una missione salvifica, Gesù con l'annuncio della sua passione rivela la natura di questo suo messianismo, fondato sulla sofferenza e sulla morte, riscattate dalla sua risurrezione. Una cosa scioccante per il giudaismo che sognava un Messia rivoluzionario e vincente, così che Pietro compie un contro-insegnamento nei confronti di Gesù: “Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo”.
Qui Pietro assume il ruolo di maestro e guida nei confronti di Gesù, che, secondo le sue logiche sembra essere completamente smarrito o, quanto meno, non a conoscenza del suo ruolo di Messia. Il verbo che qui è stato tradotto morbidamente con “lo prese”, in realtà significa attirare verso di sé, condurre con sé, impadronirsi. Quindi l'atteggiamento di Pietro è alquanto determinato, non senza una punta di violenza o quanto meno di aggressione nei confronti di Gesù per questa sua uscita, che distrugge i suoi sogni e quegli degli altri. Una determinazione che viene accentuata da quel “si mise a rimproverarlo” che si contrappone al “cominciò a insegnare” di Gesù. Non si tratta, dunque, di un momentaneo scatto d'ira, ma di un deciso dissentire suo nei confronti di Gesù. Il verbo “epitiman”, infatti, non significa solo rimproverare, ma anche biasimare. Vi è, quindi, tra Gesù e Pietro una netta contrapposizione di vedute; un netto rifiuto del messianismo che Gesù ha prospettato.
La risposta di Gesù è alquanto dura e al limite della rottura con il suo gruppo dei Dodici. Il v. 33 si apre in modo insolito: “Ma egli, voltatosi”. “Egli” è Gesù, che qui viene chiamato solo con il pronome, per indicare l'estraneità di Gesù nei confronti dei Dodici. Se il nome esprimeva per gli antichi l'essenza stessa della persona, l'oscurare il suo nome significava in qualche modo cancellare quella persona, divenuta estranea. Il voltarsi, poi, di Gesù, non va letto soltanto come un semplice rivolgersi verso qualcuno, in questo caso gli altri discepoli. Il verbo “epistrapheìs” (voltatosi), se indubbiamente significa girarsi verso qualcuno, esso ha assunto proprio nel linguaggio neotestamentario anche il senso di ritornare sui propri passi, di pentirsi. Gesù, dunque, sulla strada verso Cesarea di Filippo, arresta il suo cammino e si gira indietro “guardando” i suoi discepoli, quasi a tornare sui suoi passi, rifiutando di andare avanti ancora con loro, coinvolgendo in tal modo i Dodici nel duro rimprovero rivolto a Pietro: “Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Il rimprovero si apre con uno sferzante “Ipage opísō mou” (vai dietro di me), che nel linguaggio degli evangelisti indica la sequela. Ma quel “ipage” dice molto di più di un semplice “vai”: significa anche “sottoporsi a qualcuno; mettersi in potere di qualcuno”. Gesù, dunque, ordina a Pietro e con lui ai suoi, di rientrare nei ranghi e di sottostare al suo insegnamento. Ma se pensiamo che Pietro è qui apostrofato da Gesù come “satana”, questo richiama da vicino in qualche modo gli ordini che Gesù impartiva ai demoni durante gli esorcismi. Una sorta di esorcismo, dunque, che Gesù compie contro Pietro, il suo satana, la cui radice ebraica “śtn” significa avversare, accusare. Che cosa significhi tutto questo viene spiegato nella seconda parte del richiamo a Pietro: “perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Il motivo, dunque, si fonda sulla contrapposizione Dio-uomini, sui progetti di Dio che non combaciano con quelli degli uomini. Quindi, seguire Gesù significa passare dalla prospettiva degli uomini a quella di Dio. Un cammino che non è facile, pacifico e scontato, poiché esso deve passare attraverso la Croce.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
autore dei libri
- Apocalisse – commento esegetico
- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?
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(Gv 6,60-69)
Giovanni 6:60 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
Giovanni 6:61 Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?
Giovanni 6:62 E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?
“Questo linguaggio (logos) è duro; chi può intenderlo?”. Si tratta di un giudizio che i discepoli emettono sul discorso di Gesù e ne sottolineano tutta la durezza che ne rende loro impossibile non soltanto la comprensione, ma anche ogni altra possibilità di dialogo con Gesù. Il loro parlare non è una richiesta di chiarimento, ma un giudizio senza appello, che fa finire il rapporto con il loro Maestro. Non è più possibile continuare ad ascoltare.
La religione ebraica è per eccellenza la religione della parola, che sta alla base del rapporto tra Israele e Yahweh. L'ascolto aveva il suo precetto fondativo in Dt 6,4: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo”. Il rifiuto dell'ascoltare indica una decisa rottura con il Logos incarnato, che proprio attraverso la parola si rendeva manifesto al suo popolo. Ciò che i discepoli definiscono duro e rifiutano infatti, non è soltanto “il linguaggio” (logos) di Gesù, ma anche la presenza di un altro Logos, che Giovanni contempla in apertura del suo Vangelo e di cui attesta che “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto” (Gv 1,11).
“Dopo aver ascoltato”, tempo verbale aoristo (“akousantes”), si passa all'indicativo presente, che lascia intendere l'evoluzione negativa di una parte del discepolato di Gesù, che dall'ascolto accogliente iniziale (aoristo) è passata al rifiuto dell'ascolto (indicativo presente). I discepoli infatti sono definiti gli “akousantes”, cioè “coloro che ascoltarono”. Sono proprio questi “akousantes” che ora mettono in discussione la continuità del loro ascolto: “chi può intenderlo?”. La domanda, chiaramente retorica, sottende una risposta negativa. Di fronte al duro manifestarsi del Logos, che chiede il superamento degli schemi ragionativi e cognitivi umani, l'iniziale disponibilità accogliente non c'è più.
I vv. 61-62 danno una prima inquadratura al problema dei discepoli, la cui protesta non doveva essere né clamorosa, né aperta, ma doveva serpeggiare nei loro animi. Gesù infatti viene a sapere della cosa “dentro di sé”. Una sottolineatura, quest'ultima, che pone in evidenza la conoscenza superiore di Gesù, da cui traspare la sua messianicità e ancor prima la sua divinità. Ne esce un'immagine di Gesù come dominatore e non vittima degli eventi. È lui infatti che prende l'iniziativa e pone i suoi discepoli con le spalle al muro: “Questo vi scandalizza?”. La domanda che qui Gesù pone ai suoi è un “aut, aut” e che avrà come esito finale la loro defezione. Gesù chiede ai suoi discepoli se lui, la sua persona, la sua missione, la sua predicazione e la sua opera sono per loro motivo di scandalo.
Con il v. 62 Gesù spinge oltre la sua offensiva contro l'incredulità dei suoi discepoli: “E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?”. Una frase un po' oscura, una frase certamente inaspettata, ma che va compresa nel contesto in cui è posta. Gesù si trova di fronte a discepoli che lo stanno contestando per la durezza del suo discorso; essi sono disorientati, non vogliono abbandonare i propri schemi mentali per accedere a un mistero che va solo creduto e non ragionato, in quanto fuori dalla portata umana. Gesù, quindi, dice loro che se si scandalizzano per il discorso che aveva fatto sul pane, il suo corpo, come potrebbero reggere quando saranno chiamati a investigare su altri misteri più elevati, quali la sua divinità - significata in quel “salire là dov'era prima”, con cui si indica la sua coeternità con il Padre, da dove è uscito e disceso dal cielo, proponendosi quale Pane di vita per gli uomini. Diventa una impresa impossibile accedere a cose ardue se quelle più semplici li scandalizzano.
Un interrogativo che richiama da vicino il dialogo con Nicodemo, dove alle sue resistenze Gesù risponde: “Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?” (Gv 3,12). In altre parole, Gesù, là come qui, sta parlando agli uomini attraverso una simbologia umana (“cose della terra”), da loro facilmente comprensibile: acqua, vento, nascere, rinascere, nel racconto di Nicodemo; acqua viva in quello della Samaritana; pane, carne e sangue, mangiare e bere qui al cap. 6. Simboli a cui Gesù lega realtà divine diversamente non raggiungibili dagli uomini; realtà queste che vanno soltanto credute per poter superare la limitatezza umana. Ma Gesù nel contempo offre anche le sue credenziali attestando la sua divinità, e pertanto la sua credibilità. In Nicodemo afferma che “nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13); nel racconto della Samaritana si lascia cogliere come “il Messia” (Gv 4,25) e “salvatore del mondo” (Gv 4,42); mentre qui suggerisce la sua divinità fin dall'eternità (“là dov'era prima”). Soltanto la fede dunque consente di raggiungere il mistero che vive in Gesù, rivelatosi in lui e conoscibile soltanto attraverso la sua parola creduta ed accolta, poiché la carne è del tutto inadeguata.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
autore dei libri
- Apocalisse – commento esegetico
- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?
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(Pr 9,1-6)
Proverbi 9:1 La Sapienza si è costruita la casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
Proverbi 9:2 Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino
e ha imbandito la tavola.
Proverbi 9:3 Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti più alti della città:
Proverbi 9:4 «Chi è inesperto accorra qui!».
A chi è privo di senno essa dice:
Proverbi 9:5 «Venite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
Il capitolo 9 del Libro dei Proverbi descrive la casa della sapienza. Il termine ebraico per “sapienza” è «ḥoḵmāh», ma qui compare la forma plurale «ḥoḵmôṯ» (le sapienze), per indicare la pienezza della sapienza, la quale poggia su sette colonne.
Le colonne sono simbolo della stabilità, della sicurezza. Il fatto che queste colonne siano sette indica che la casa della sapienza è incrollabile, capace di garantire una stabilità assoluta. Le colonne, inoltre, non si riferiscono a una casa normale; esse caratterizzavano la struttura dei templi e dei palazzi dei re. La casa della sapienza è in realtà un tempio, una dimora solenne e regale. Con questa immagine si vuole sottolineare la preziosità del dono della sapienza, che comunica all'uomo un carattere regale, perché gli consente di attraversare anche le situazioni più difficili con uno spirito superiore, senza perdere mai il controllo di sé.
Si pensi anche ai sette sacramenti della salvezza, alle sette virtù che sono a fondamento della vita cristiana, ai sette doni dello Spirito Santo. L'apostolo Giacomo (Gc 3,17) descrive La Sapienza che viene dall’alto come: 1-pura; 2-pacifica; 3-mite; 4-arrendevole; 5-piena di misericordia e di buoni frutti; 6-senza parzialità; 7-senza ipocrisia. Nulla manca alla perfezione della casa della sapienza.
Nella casa della sapienza viene immaginato un banchetto ricco e abbondante (v. 2). La sapienza non ha costruito la casa per se stessa, ma per dare agli uomini un luogo di rifugio dagli smarrimenti della vita, a quelli naturalmente che sono disposti ad accettare il suo invito. Senza di lei, la mente umana si smarrirebbe, sarebbe travolta da una marea di idee, concetti, ipotesi, teorie, nessuna delle quali sarebbe capace di pacificare il bisogno di verità che ognuno si porta dentro. L’immagine del convito è anche particolarmente appropriata come descrizione della gioia, della comunione e della soddisfazione che essa procura ai suoi ospiti.
Il luogo scelto dalla sapienza per far risuonare la sua voce è un luogo aperto (v. 3), uno spazio nel quale si diffonde la sua voce ad ampio raggio. Nessuno è escluso dall’invito; esso è rivolto a tutti. Tutti devono poterlo ascoltare. Nessuno dovrà dire: a me non è giunto alcun invito. Dinanzi alla sapienza non possono esserci scusanti. L’incarico affidato alle «sue ancelle» dovrebbe ricordarci che abbiamo conosciuto la Sapienza di Dio, cioè il Signore Gesù, e che dobbiamo condividere questa Sapienza con gli altri, invitandoli a trarne beneficio.
Per mettersi alla scuola della sapienza è necessaria una sola fondamentale caratteristica: sentire il bisogno di essere istruiti (v. 4), non avere l’illusione di essere sufficienti a se stessi. Molti cadono in questa trappola, molti confidano nella propria capacità di barcamenarsi nella vita. La convinzione di non aver bisogno d’accrescere la propria sapienza causa il decadimento dello spirito, come accade a un atleta troppo sicuro della propria preparazione agonistica, che tende a prendersela comoda agli allenamenti, sperimentando solo nella prova della gara di essersi sopravvalutato. Al contrario, il dinamismo di crescita verso una vita piena, è dato dalla consapevolezza di non avere ancora imparato tutto, di essere ancora inesperti.
Ciò che la sapienza offre ai suoi invitati è pane e vino (v. 5), un cibo semplice. Questo sta a significare che la sapienza dona le ricchezze più preziose attraverso un'apparenza umile, al punto tale che sarà necessario superare la povertà delle apparenze, per giungere all’autentica sostanza donata dalla sapienza. La sapienza comunica all’uomo una qualità di vita piena di valori, ma attraverso doni che non attirano l’attenzione di coloro che vanno a caccia dello straordinario. Occorre avere uno sguardo penetrante, per cogliere la preziosità nascosta della sapienza. Spesso è molto più facile essere afferrati dalle proposte del mondo, da tutto ciò che è gradevole all’apparenza, ma privo di contenuto.
La sapienza ha voluto preparare un convito capovolgendo i termini delle proposte del mondo, offrendo le cose più preziose dietro un manto povero e semplice, che non attrae. Per questo sarà necessario mettere in moto tutte le forze della propria volontà, della propria perseveranza e della propria fede, per giungere a gustare quel cibo che risana e che comunica la vera vita. È questo lo stile di Dio. Se i suoi doni avessero un’apparenza esteriore attraente, non ci sarebbe alcun merito nella ricerca di essi. Il Signore ha voluto porre un banco di prova alla soglia della casa della sapienza, così che non possono entrare in essa coloro che sono soliti fermarsi alle apparenze, coloro che giudicano le cose in maniera sommaria, senza un’indagine profonda.
Il pane e il vino sono elementi che Cristo assumerà come cibi costitutivi del suo banchetto, donando sapienza sotto la specie eucaristica, che è presenza reale del Corpo. Anche il banchetto eucaristico, nella sua figura esterna, è apparentemente deludente; un rito sobrio ed essenziale. Se Dio si manifestasse in tutta la sua gloria, tutta l’umanità cadrebbe in ginocchio davanti alla sua Maestà; ma questo atto di adorazione non sarebbe libero. Ecco allora che la libertà umana può essere esercitata pienamente soltanto se le meraviglie di Dio si presentano all’uomo con apparenza umile e dimessa.
È infatti troppo facile schierarsi con il più forte, quando questi dimostra chiaramente di esserlo. Era troppo facile radunarsi intorno a Cristo che moltiplicava i pani e guariva gli infermi, era facile perfino volerlo eleggere re, visto che risolveva così a buon mercato i problemi secolari dell’uomo; ma quando viene arrestato e crocifisso, non c’è più nessuno con Lui. Tutti si mettono al riparo, fuggendo. Questo significa che finché il Signore manifesta in modo evidente la sua potenza, nessuno è veramente libero di cercarlo o di amarlo, perché attratto dalla seduzione della potenza e della gloria. Anche nell’esperienza della Chiesa, inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è un atto veramente libero e meritevole, perché in essa la Maestà di Cristo è perfettamente nascosta.
Questa è la ragione per cui la sapienza invita ad un banchetto dove si riceve il cibo sostanziale, l’unico che garantisce la vita, ma con un menù apparentemente deludente: perché di fronte a questo invito, gli uomini esercitando la loro libertà abbiano il merito di sedersi al banchetto della sapienza senza essere attratti dallo straordinario.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
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(Gv 6,41-51)
Giovanni 6:41 Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo».
Giovanni 6:42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
Giovanni 6:43 Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi.
Giovanni 6:44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Giovanni 6:45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
Il v. 41 termina con l'oggetto del contendere tra Giudei e Gesù: “io sono il pane disceso dal cielo”. Qui in gioco non c'è l'identità di Gesù come potrebbe suggerire l'espressione “io sono il pane”, bensì l'origine di Gesù, che afferma la sua provenienza divina (“dal cielo”); mentre i Giudei cercano la sua origine tra gli uomini, tradendo tutta la loro incapacità di trascendere l'apparire delle cose: «Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». L'uomo non può giungere alla divinità di Gesù indagando all'interno di parametri umani, con logiche che non gli consentono di trascendere la dimensione umana. La divinità di Gesù, così come il suo essere pane di vita eterna, sono raggiungibili solo attraverso il credere, che non è mai la conclusione di un bel ragionamento umano, ma solo un dono del Padre, che genera il credente. Sarà proprio la pericope seguente (vv. 44-47) che illustrerà la dinamica generativa del credente da parte del Padre.
Ma prima Gesù invita i Giudei ad abbassare i toni della polemica: “Non mormorate tra di voi” (v. 43), a cessare quindi la loro rivolta contro il mondo del divino che sta per manifestarsi loro e per loro del tutto incomprensibile. Soltanto attraverso la disponibilità interiore ad accogliere la rivelazione si può accedere al Mistero, diversamente non raggiungibile, poiché la strumentazione che l'uomo possiede è del tutto insufficiente e inadeguata.
I vv. 44-47, mettono in rilievo che il credere non dipende da sforzi o capacità umane, ma possiede una dinamica complessa, e trova la sua origine nel Padre: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno”. L'azione determinante del Padre che attira il credente verso Gesù è sottolineata dalla sentenza con cui si apre il v. 44: “Nessuno può”. In altri termini l'uomo non è dotato di un potere proprio che gli consenta di entrare nel Mistero di cui è compenetrato Gesù. La risurrezione finale, con cui il credente viene accorpato definitivamente alla vita stessa di Dio, dipende quindi dall'azione del Padre, che si compie qui e ora, quasi a dire che è l'orientamento esistenziale che si compie nel mio oggi che determina l'esito finale della mia salvezza, che non dipende dall'uomo (“Nessuno può”), ma dal progetto salvifico del Padre, che si manifesta e opera nel suo Figlio.
Si tratta ora di capire il significato di quel “attira”, e sarà compito del v. 45 a precisarne il senso, il quale si apre con un riferimento scritturistico, chiamando in causa l'autorità dei profeti: “e tutti saranno ammaestrati da Dio”. Si tratta quasi certamente di Is 54,13: “Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, grande sarà la prosperità dei tuoi figli”. Gesù dà alla profezia di Isaia una forte valenza universalistica, che caratterizza gli ultimi tempi, in cui Dio, secondo le attese, non parlerà più per il tramite di mediatori, ma ciascuno sarà un suo diretto interlocutore e un suo discepolo. Ora Dio ammaestra e istruisce il suo popolo direttamente nel suo Figlio: “Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me”. L'attirare del Padre verso Gesù non avviene attraverso miracoli o segni portentosi; non avviene attraverso incantesimi che ammaliano, ma attraverso la sua Parola. Si tratta di quella Parola eterna del Padre che Giovanni canta nel suo Prologo e di cui contempla la gloria di Figlio Unigenito incarnato del Padre. Ed è proprio l'ascolto accogliente di questa Parola che attrae il credente a Gesù. Tutto dunque nasce dall'ascolto accogliente della Parola, che Giovanni pone significativamente all'inizio del suo Vangelo, quale principio di tutto, da cui tutto discende e dipende.
Al di là di questi aspetti teologici, il v. 45 dà spazio anche ad una diversa interpretazione, che tuttavia non esclude la precedente. Esso si sta rivolgendo ad Israele, definito come colui che è stato istruito da Dio attraverso la Torah, l'Alleanza e i Profeti; all'autentico Israele, che ha saputo ascoltare, quale fedele discepolo di Yahweh, ponendosi in attesa della redenzione annunciata dalle Scritture, e che qui è definito come colui che “ha udito dal Padre e ha imparato”; per questo ha saputo “andare verso Gesù”. Ma questo elogio all'Israele fedele contiene in sé anche un'implicita accusa contro il giudaismo incredulo. Gesù infatti qui sta rivolgendosi ai Giudei, che ai vv. 41-42, con le loro mormorazioni e le loro considerazioni, hanno dato prova della loro incredulità invincibile. Ora con i vv. 44-47, si danno le motivazioni del loro essere così ostinatamente increduli di fronte al Mistero che si sta rivelando in Cristo; motivazioni che sono nel contempo un atto di accusa contro la loro incapacità di comprendere le Scritture e di credere correttamente in esse. Infatti se avessero compreso bene le Scritture, ora essi verrebbero da lui e non gli si opporrebbero in modo così tenace, proprio perché le Scritture attestano di lui.
Questo non è un lavoro fatto per antipatia verso il protestantesimo, o per rancori verso gli evangelici, ma per difendere la vera fede, senza aspirazioni belliche. Ho passato molto tempo della mia vita nel mondo protestante, e in tarda età ho scoperto che non conoscevo affatto quella Chiesa cattolica che criticavo, ed è questa ignoranza che porta molti cattolici a lasciarsi convincere o influenzare dai protestanti.
Questi sono divisi in una miriade di denominazioni, alcune delle quali non gradiscono essere chiamate "protestanti", ma vorrebbero essere indicate solamente come "cristiane". Sappiamo anche che per i protestanti, i cattolici non sono cristiani, ma idolatri e pagani; ne consegue che gli evangelici nel loro voler essere chiamati solamente "cristiani" aspirano all'implicito riconoscimento di essere i soli "veri cristiani".
Il problema è che solo pochissimi protestanti conosco la storia della Chiesa; moltissimi accusano solo per sentito dire, ma non hanno mai aperto un libro riguardante la storia cristiana nei secoli. È sufficiente quello che dice il pastore di turno, qualche opuscolo, e internet per formare la loro "cultura" anti-cattolica.
Moltissimi protestanti e/o evangelici, piuttosto che vergognarsi per la propria ignoranza sul cristianesimo, ne vanno fieri, dicendo la classica frase "a me interessa solo la Bibbia", frase che è già tutto un programma. L'ignoranza storico-biblica delle persone è fondamentale per poterle pilotare. Un protestante serio che si mettesse a studiare la storia del cristianesimo, avrebbe buone probabilità di smettere di essere protestante.
In tutto il protestantesimo vige una fede fai da te! Lo Spirito Santo ci guida a capire bene la Bibbia, è vero, ma nel mondo protestante si usa questo pretesto per coprire una presunzione senza freni e per certi versi arrogante, che porta ogni pastore a diventare una sorta di "papa" infallibile nel dare insegnamenti alle persone.
Presunzione e arroganza non si vedono subito - nessuno mostra questi difetti tanto facilmente. Sembrano tutti timorati di Dio, osservanti della Parola e pieni d'amore per il prossimo. Peccato che il loro prossimo nella maggior parte dei casi è chi ascolta passivamente e non contrasta i loro insegnamenti biblici. Chi si permette di dissentire, allora non viene più amato, spesso non viene più salutato, e alcune volte diffamato.
Per lungo tempo, grazie a Lutero, il papa è stato considerato l'anticristo, quindi odiato e accusato, e così tutti i vescovi e i preti cattolici. In questo clima rientrano anche i singoli cattolici osservanti.
I protestanti criticano l'infallibilità papale, ma di fatto si comportano come infallibili; ognuno nella propria comunità, liberi di inventarsi quello che vogliono, tirando la giacca allo Spirito Santo, a garanzia delle loro dottrine! Il risultato? Una miriade di denominazioni con dottrine che spesso si contrastano pesantemente tra loro.
Il problema sta nella grande ignoranza mista a presunzione, che moltissimi protestanti e/o evangelici hanno. I cattolici sono meno ignoranti? No, la maggior parte dei cattolici, purtroppo, è assai ignorante in materia biblica, ma almeno essi non si mettono a fare i maestri verso chiunque gli capiti a tiro. Il cattolico medio è cosciente della propria ignoranza, il protestante medio invece è assai presuntuoso in campo biblico.
Un protestante che amasse veramente, come dice, la verità, andrebbe a verificare di persona cosa scrivevano e come vivevano i primi cristiani, nostri antenati nella fede, per capire se e come la Chiesa cattolica sbaglia, oppure dove sbagliano i protestanti a interpretare la Bibbia.
Per logica, piuttosto che fidarsi di un pastore che spiega la Bibbia a 2000 anni di distanza, sarebbe meglio fidarsi dei primi padri, che appresero direttamente dalla voce degli apostoli l'insegnamento cristiano. Purtroppo molti protestanti non fanno uso della logica, ma solo di ideologie anti-cattoliche, coltivando un'antipatia viscerale verso tutto ciò che è cattolico, perché scartano a priori le prove di come vivevano i primissimi cristiani, vissuti dopo gli apostoli ma prima di Costantino.
La fede cristiana è una, perché lo Spirito di Dio è uno! Quindi molti sbagliano strada, e abbiamo il dovere di capire chi è in quella giusta e chi in quella sbagliata. L'unità è la coesione degli elementi, delle parti che compongono un ente (per esempio, la coesione tra le parti di un'automobile come la carrozzeria, le ruote, il motore, ecc.) come già diceva Plotino; se viene meno l'unità viene meno anche quell'ente e ne possono risultare altri, ma non più quello di prima [se viene meno la coesione della carrozzeria, ruote e motore, non c’è più l'ente auto, bensì gli enti carrozzeria, ruote, motore]. Ecco, il protestantesimo somiglia tanto al mucchio di lamiere che una volta era una macchina. Si critica tanto la Chiesa cattolica, ma quanti sanno, per esempio, che Bultmann, celebre teologo ed esegeta protestante luterano, ridusse la risurrezione a un simbolo teologico? Non riteneva infatti possibile che fisicamente Gesù fosse risorto. Per confrontare le diverse interpretazioni bibliche bisogna avere il più possibile la mente sgombra da ideologie e preconcetti. Bisogna essere aperti a qualsiasi ipotesi se correttamente motivata e dimostrata. Se ci basiamo su pregiudizi ideologici che ci legano alle nostre convinzioni dottrinali, possiamo fare a meno di leggere o ascoltare qualsiasi testo o persona; tanto è inutile. Il nostro orgoglio ci impedirà di apprendere verità diverse dalla "nostra". Spesso difendiamo il nostro errore biblico con un guscio impenetrabile, ci teniamo la nostra verità, rifiutando qualsiasi altra, che sbatte sul guscio e scivola via. Appena si tocca il piano religioso/spirituale, stranamente è come se molti staccassero l'interruttore dalla propria mente, o almeno ad una parte di essa. Quando i protestanti dialogano con un cattolico, per esempio, non ricevono alcuna informazione, solo suoni che scivolano sui loro timpani, ma non arrivano al cervello. Non ascoltano.
La storia del cristianesimo per loro non conta nulla, non riveste alcuna importanza, se non nelle vicende da rinfacciare - vedi crociate, inquisizioni ecc. - senza conoscere la vera storia di questi fatti, e senza sapere che anche i protestanti hanno avuto le loro guerre, e hanno pure fatto le loro inquisizioni, assai più sanguinose di quelle cattoliche.
Dicono di essere guidati dallo Spirito Santo, ma stranamente ci sono molti gruppi che ricevono informazioni diverse e contraddittorie dal medesimo Spirito Santo, perdendo inesorabilmente di credibilità.
Mi rendo conto che la Chiesa cattolica ha trascurato il problema del proselitismo protestante. Gli evangelici hanno riscosso successo non perché hanno ragione, ma semplicemente perché trovano il popolo cattolico molto ignorante in materia biblica, incapace di difendere in maniera opportuna la propria fede, rifugiandosi dietro al classico "non ho tempo da perdere"; magari poi perdono pure la fede… il tempo però non si tocca.
Molti cattolici dicono di aver fede in Gesù Cristo, ma questa loro fede si vede solo nei momenti di bisogno: quando tutto scorre liscio Gesù viene dimenticato, e la Bibbia non interessa a nessuno leggerla. In contesti come questi gli evangelici trovano un popolo che deve veramente essere evangelizzato, da loro. Molti cattolici non oppongono resistenza a questo proselitismo perché non hanno risposte bibliche da dare, ma solo ignoranza da nascondere. In terreni simili la conquista protestante è facile, ed è come se affrontassero un esercito disarmato.
Ma chi studia la Bibbia e si impegna ad approfondire il significato della parola di Dio, si rende conto che in realtà i protestanti non sono affatto quei maestri biblici che sembrano, ma sono dei profondi ignoranti storici e biblici, plagiati dalla loro setta di appartenenza. Chiamandoli ignoranti non voglio offenderli, perché altrimenti li chiamerei "falsi e bugiardi". Chiamandoli ignoranti gli riconosco la buona fede, credono in alcune dottrine sbagliate, non accorgendosi di sbagliare.
Il punto è che lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, e quindi certamente le interpretazioni contrastanti delle diverse denominazioni non possono essere tutte vere, né tutte ispirate. È evidente che non è possibile che lo stesso Spirito suggerisca a ciascuno dottrine diverse. In questo modo si creano dei compartimenti stagni, ogni gruppo protestante crede di essere nella verità più degli altri, isolandosi e predicando un vangelo personalizzato. Per esempio, secondo gli Avventisti tutte le altre chiese cristiane hanno abolito il comandamento del sabato, celebrando il culto alla domenica, e quindi tranne loro tutti sono destinati all'inferno se non aboliscono la domenica come giorno del Signore. Ovviamente essi motivano queste loro accuse con alcuni versetti biblici, interpretandoli a modo proprio. Ecco, è questo il punto che sfugge a tutti i protestanti, classici e moderni: la Bibbia non può essere interpretata soggettivamente, perché la Verità non è affatto soggettiva.
Ma essendo divisi in compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli altri, è difficile che qualcuno di loro si accorga delle differenze dottrinali con gli altri protestanti. Se qualcuno se ne accorge, fa finta di niente, o non gli dà il giusto peso, tanto, basta credere in Gesù come nostro personale salvatore. Le loro attenzioni vengono rivolte solo verso la Chiesa cattolica, il nemico da sconfiggere! È fin troppo comodo affermare orgogliosamente che "Io capisco quello che c'è scritto nella Bibbia perché lo Spirito Santo mi guida. Dio ha nascosto la verità ai sapienti e l'ha rivelata agli umili". Ecco, ogni buon protestante usa frasi del genere per rifiutare l'autorità interpretativa dei padri e dei dottori della Chiesa.
In questo contesto si assiste a scene nelle quali qualsiasi protestante, di qualsiasi grado di cultura, schernisce gli scritti di Ireneo, Agostino, Tommaso d'Aquino, e lo fa in maniera disinvolta, perché nell'interpretare la Bibbia si sente tanto umile da essere guidato direttamente da Dio, ma allo stesso tempo è abbastanza cieco da non accorgersi che troppi "umili" protestanti professano poi dottrine assai diverse tra loro. Disprezzano il cattolico ma eleggono un "fai-da-te" che inorgoglisce e dice: "Non ho bisogno di leggere gli scritti dei padri della Chiesa, mi basta la sola Bibbia", quindi i maestri di cui parla l'apostolo Paolo non servirebbero a nulla: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri" (Ef 4,11).
Basterebbe leggere la storia delle eresie che hanno colpito il cristianesimo lungo i secoli, per rendersi conto che gli eretici basavano e basano sempre le loro tesi sulla Bibbia, spiegandola a modo loro. Difficilmente le persone andranno a spulciare intrecciate questioni dottrinali e teologiche. È più facile trovare un prete che abbia commesso qualche errore umano e sceglierlo come bersaglio, al fine di avvalorare le tesi anticattoliche e considerare la Chiesa cattolica nemica del cristianesimo e della verità, alleata con satana per sviare le anime e portarle all'inferno. Nemmeno l'arcangelo Michele ostentava una tale sicurezza nel bollare o giudicare il diavolo, eppure si trattava del diavolo (Gd 1,9):
L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!
La verità è che l'accusatore per eccellenza è proprio Satana, i santi non accusano nessuno, non per rispetto, ma perché si rimettono al giudizio di Dio. Per un protestante invece è normale dire che i cattolici vanno all'inferno perché sono idolatri. Si ergono a giudici, credendo di conoscere i cuori, e fraintendono il concetto di adorazione. Qualsiasi cristiano si dovrebbe porre delle domande, a verifica di ciò in cui crede, e dovrebbe saper discernere se le proprie convinzioni in materia di fede sono solo frutto di autosuggestione, fantasie indotte, oppure se trovano conferma nella storia del cristianesimo e nella Bibbia.
Argentino Quintavalle
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1Ts 5,16-24
1Tessalonicesi 5:16 State sempre lieti,
1Tessalonicesi 5:17 pregate incessantemente,
1Tessalonicesi 5:18 in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
1Tessalonicesi 5:19 Non spegnete lo Spirito,
«State sempre lieti». Il tema della gioia è il clima spirituale della comunità cristiana. Il cristianesimo è gioia, letizia spirituale, gaudio del cuore, serenità della mente. «Sempre» significa in ogni circostanza. Da un punto di vista esteriore c’era ben poco per cui i credenti a quei tempi potessero rallegrarsi. Ma la gioia è un frutto dello Spirito, non è qualcosa che il cristiano possa procurarsi traendola fuori dalle proprie risorse.
Il cristiano è chiamato ad essere sempre lieto. Questa qualità del suo nuovo essere è possibile ad una sola condizione: che vi sia nel cuore una fede così forte da pensare in ogni momento che tutto ciò che avviene, avviene per un bene più grande per noi. Chi non possiede questa fede, si perde, perché la tribolazione, senza la fede, non genera speranza, ma delusione, tristezza, lacrime e ogni altra sorta di amarezza.
La letizia matura solo sull’albero della fede e chi cade dalla fede cade anche dalla letizia e precipita nella tristezza. Sapendo che il male fisico o morale permesso da Dio deve generare in noi la santificazione, il cristiano lo accoglie nella fede e lo vive nella preghiera.
Infatti l'apostolo aggiunge: «pregate incessantemente». In questa brevissima esortazione è nascosto il segreto della vita del cristiano. La preghiera deve scandire la vita della comunità e dei singoli; un’attitudine continua. Non è la preghierina fatta ogni tanto, ma è una preghiera regolare, fatta secondo un ritmo costante. Se si fa questo possiamo andare anche oltre, e cioè vivere in uno spirito di preghiera, consci della presenza di Dio con noi ovunque siamo.
È perso quel momento che è senza preghiera. È un momento affidato solo alla nostra volontà, razionalità, è un momento perso perché non fatto secondo la volontà di Dio ma secondo la nostra. È perso quell’attimo vissuto, ma non affidato a Dio nella preghiera. È perso quel momento fatto da noi stessi, ma non fatto come un dono di Dio per noi e per gli altri. Questa è la verità della nostra vita.
Poiché oggi non si prega più, o si prega solo per alcuni interessi personali, tanta parte della nostra vita viene sciupata, è persa, non è vissuta né per il nostro bene, né per il bene dei nostri fratelli. Imparare a pregare è la cosa più necessaria per un uomo. Insegnare a farlo è l’opera primaria del sacerdote, o di chi guida la comunità.
«In ogni cosa rendete grazie», è il modo di vivere in un clima gioioso e orante. Abbiamo il verbo eucharistein («rendere grazie»). In ogni situazione rendere grazie, perché anche nelle nostre difficoltà e nelle nostre prove Dio ci insegna lezioni preziose. Non è facile vedere il lato positivo di una prova, ma se Dio è sopra ogni cosa, allora è sovrano anche nella prova.
Perché di tutto si faccia un rendimento di grazie, occorre che il cuore si rivesta di umiltà. È proprio dell’umiltà riconoscere quanto il Signore ha fatto e fa per noi. Ma è proprio della preghiera innalzare al Signore l’inno per il rendimento di grazie, per la benedizione, per la glorificazione del suo nome che è potente sulla terra e nei cieli.
Chi non rende grazie è un idolatra. Pensa che tutto sia da lui, dalle sue capacità, e quindi si attribuisce ciò che è semplicemente e puramente un dono del Signore. Esempio di come si ringrazi il Signore, lo si benedica, lo si esalti e lo si magnifichi è la Vergine Maria. Il suo Magnificat è quotidianamente recitato dalla Chiesa. Bisogna che non solo venga recitato, quanto imitato, pregato, fatto propria vita.
A chiusura di questa triade di imperativi sulla vita spirituale, si dà una motivazione che abbraccia tutte e tre le esortazioni: «questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi». In questo contesto l’espressione «volontà di Dio» implica uno stile di vita corrispondente al progetto di salvezza rivelato in Gesù Cristo. La volontà di Dio viene fatta conoscere in Cristo, e in Cristo ci viene data la motivazione e la forza per cui ci è possibile fare quella volontà.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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Mc 1,1-8
Marco 1:1 Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Marco 1:2 Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Marco 1:3 Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
Il racconto di Marco inizia in un modo insolito e apparentemente banale, dicendo al lettore che quello che sta leggendo è l'inizio del vangelo di Gesù. Un'affermazione questa che lascia perplessi, dato che tutti i libri cominciano dal loro inizio e non è il caso che si sprechi un versetto per dirlo. Ma evidentemente quel “archē” (inizio) assume per l'evangelista un significato del tutto particolare. L'inizio di cui si parla non è soltanto l'inizio di un racconto, ma un "arché", cioè un principio da cui tutto discende. Il termine greco "arché" ci riporta alle origini della creazione: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen 1,1) e fu proprio in questo principio, assoluto e unico, che risuonò la parola creatrice. Marco, quindi, vede in Gesù l'inizio di una nuova creazione.
L'inizio di cui si parla è quello di un "vangelo", cioè l'inizio di un lieto annuncio, il cui contenuto è Gesù stesso: «di Gesù Cristo, Figlio di Dio», cioè appartiene a Gesù e si origina da lui. Marco fin da subito mette in chiaro chi è l'eroe del suo racconto e, quindi, come va letta e compresa la sua figura e, di conseguenza, la sua missione. Il suo personaggio è innanzitutto chiamato Gesù, dichiarandone, in tal modo, la dimensione storico-umana: egli è un vero uomo, che si muove ed opera in mezzo agli uomini. Gesù, dunque, non è una realtà metafisica, piovuta dal cielo chissà in quale modo, ma ha profonde radici umane ed è, grazie alla sua umanità, incardinato nella storia, che condivide con il resto degli uomini. In ciò Gesù dimostra tutta la sua solidarietà con il genere umano. In tale nome, poi, è racchiuso il senso più vero e profondo della sua missione. In ebraico, infatti, il nome Gesù (Yeshua) significa "Dio salva"; il lettore, pertanto, è invitato a cogliere in questo uomo l'azione salvifica di Dio stesso.
Ed ecco, quindi, che accanto al nome Gesù compare subito l'attributo "Cristo". Il profeta Natan aveva promesso a Davide una discendenza, che avrebbe reso stabile il suo regno. Da quel momento il popolo ebreo attendeva questa "discendenza", questo "Unto del Signore", a lui consacrato. Nell'immaginario del popolo le attese erano rivolte ad una sorta di super uomo, politico, militare e religioso, che avrebbe dato lustro, splendore e stabilità ad Israele sopra tutti gli altri popoli, e che avrebbe fondato sulla terra il regno di Dio. Marco vede in Gesù il realizzarsi di questa antica profezia, che supera, però, le ristrette visioni storiche e terrene del popolo. Certo, Gesù è il vero Messia atteso, ma la sua messianicità non è così come è sempre stata pensata dagli uomini, ma è posta al servizio di Dio e si rivelerà gradualmente nel doloroso cammino verso la croce, che lascerà sbigottiti, increduli e riluttanti i suoi stessi discepoli. Marco, quindi, vede in Gesù l'Unto di Dio, l'uomo che Dio aveva promesso a Davide e che aveva pensato da sempre per il suo popolo e per l'intera umanità.
Capire, quindi, che Gesù è il Cristo atteso è il primo passo per poter accedere all'altra incredibile realtà, presente in lui: egli è anche Figlio di Dio. L'essere "figlio di Dio" era uno dei titoli attribuiti al Messia; era anche il titolo riconosciuto ai re. Ma Gesù nel corso della sua vita ha dimostrato che il suo essere "Figlio di Dio" aveva radici molto profonde, sconosciute fino ad allora, testimoniando una relazione unica, privilegiata ed esclusiva con Dio, che chiamava "Padre" in senso reale e non metaforico, denunciando, in tal modo la sua vera origine e natura.
Il vangelo di Marco, quindi, diventa un cammino alla scoperta della vera natura e del vero essere di Gesù. Si parte dalla sua umanità, definita e contenuta nel nome Gesù, per accedere alla sua messianicità, condensata nel titolo di «Cristo», per giungere alla scoperta del titolo dei titoli: «Figlio di Dio» e, quindi, Dio lui stesso.
Il racconto di Marco continua poi con un solenne e autorevole “Come è scritto nel profeta Isaia...”. Alla base di tutto, dunque, ecco la Scrittura, la Parola creatrice di Dio, che trova nell'evento Gesù la sua incarnazione e la sua piena manifestazione. Gesù, dunque, è la Parola del Padre che si fa storia e diviene azione redentrice di Dio in mezzo agli uomini.
Il profeta Isaia esortava il popolo d'Israele, prigioniero a Babilonia, ad aprirsi alla speranza e a preparare la via del ritorno in patria come una sorta di secondo esodo, attraverso il deserto, dove il resto d'Israele, quello rimasto fedele a Dio, avrebbe visto la gloria del Signore.
Ed è proprio sulla spinta del profeta Isaia che il “maestro di Giustizia”, l'enigmatica figura della comunità di Qumran, creò la sua comunità in mezzo al deserto, in attesa della venuta del Messia. Una sorta di comunità monacale animata da forti tensioni escatologiche ed apocalittiche.
Il “deserto” è una parola emblematica e molto significativa nella storia di Israele, perché è da lì che è partita la sua storia della salvezza; lì ha ricevuto la sua identità diventando proprietà di Dio; ed è sempre lì, nel deserto, che Israele viene messo alla prova e trova il suo riscatto e la sua rigenerazione spirituale. In tal guisa, è ancora da qui, dal deserto, che parte ora la storia di un nuovo Israele, a cui Marco allude, richiamandosi ai testi profetici. Ecco perché Marco vede la sua opera come un “archē”, come un inizio.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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1Cor 1,3-9
1Corinzi 1:3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
1Corinzi 1:4 Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù,
Il saluto iniziale di Paolo non è semplice forma, ma un Annuncio, «grazia a voi e pace». Questo binomio è una novità assoluta, non ha precedenti, perché i greci salutavano con «charis» mentre gli ebrei salutavano con «shalom». Paolo mette insieme le due cose, unendo il saluto ebraico a quello greco.
La «grazia» è il dono gratuito della riconciliazione dell'uomo con Dio, con se stesso e con gli altri. La «pace» è quella messianica, portata da Gesù, con tutta la pienezza di vita che ci ha guadagnato attraverso la sua morte e risurrezione; è la calma profonda che riempie il cuore di chi sa e si sente riconciliato con Dio. Questi doni vengono dal Padre e dal Signore Gesù Cristo. Gesù viene considerato, unitamente al Padre, fonte di benedizioni.
Facilmente si dice che la grazia e la pace sono un dono di Dio; difficilmente invece si afferma che esse possono maturare solo nella volontà dell’uomo e nella sua perseveranza, e che sono date a noi sotto forma di granellino di senapa. Se mancano i frutti dell’uomo, il dono ricevuto diviene come un seme che cade sulla strada. Esso è mangiato dagli uccelli del cielo. Questo deve significare per tutti noi una cosa: Dio dona la sua grazia, dona il suo amore, ma è dovere di ogni uomo non solo accogliere questo dono gratuito della misericordia del Padre, quanto di farlo sviluppare nel suo cuore e nella sua vita.
Paolo dice: «rendo del continuo grazie». La comunità di Corinto ha tanti problemi, tanti peccati, tante difficoltà, ma ecco che l'apostolo non va a guardare subito queste cose, guarda per prima cosa il bene che questa comunità ha. È fatta di persone che hanno accettato che Dio è Padre. E Paolo ringrazia: in greco c'è la parola «eucharistō», fare eucarestia, ringraziare. L'atteggiamento fondamentale del credente è sempre un atteggiamento di rendimento di grazie. I numerosi difetti esistenti nella chiesa non nascondono all’occhio dell’apostolo quello che vi è di buono.
Di solito, questo non è il modo normale con il quale noi consideriamo le cose. Invece di star lì sempre nelle proprie angustie e nei patemi del misurarsi con l'altro continuamente, vedere cos'ha, cosa non ha e nell'invidiare quelle due che ha e nel criticarlo per le cinque che non ha, ma dico, perché stiamo al mondo? Per invidiare e criticare? L'atteggiamento costante della vita che c’insegna Paolo è l'eucarestia, cioè il rendere grazie e godere del dono di Dio.
Paolo non ha una concezione della vita ottimistica, ove tutto finisce bene - adesso piove ma dopo verrà sereno... No, Paolo concepisce la vita come un dono. Allora dice grazie! In genere noi abbiamo il carisma della lagna, vediamo sempre quello che manca.
Paolo non solo ringrazia Dio per quanto ha fatto per lui, ma ringrazia Dio continuamente anche per tutti coloro che sono stati arricchiti dalla sua grazia e dalla sua verità. Cristo e la Chiesa sono un corpo unico, non due corpi, non molti corpi. Lutero ha separato Cristo dalla sua Chiesa, Cristo dal suo corpo. Ma se avesse ragione non siamo più in Cristo. Non è veramente in Cristo chi non è veramente nella sua Chiesa; non è veramente nella sua Chiesa, chi non è veramente in Cristo Gesù e si è in Cristo Gesù se si è nella pienezza della sua grazia e della sua verità.
La ragione per cui Paolo ringrazia continuamente Dio si trova in questa unità perfetta tra Cristo e la sua Chiesa. Paolo è corpo di Cristo, e in quanto corpo di Cristo ringrazia Dio. Ringraziando Dio come corpo di Cristo, lo ringrazia per se stesso e per gli altri, ma lo ringrazia dal corpo di Cristo e nel corpo di Cristo, lo ringrazia cioè da santo.
Se noi riuscissimo a capire questa verità che Paolo trasforma in preghiera, faremmo fare alle nostre comunità un salto di qualità veramente notevole nella santità. Cesserebbero gelosie, invidie, dissensi, discrepanze ed ogni altro genere di divisione. Tutti sapremmo che c’è un solo Cristo, un solo corpo di Cristo, una sola Chiesa, e tutti noi siamo quest’unico Cristo, quest’unico corpo, quest’unica Chiesa… E i poteri forti di questo mondo tremerebbero.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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Mt 25,31-46
Matteo 25:31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
Matteo 25:32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,
Matteo 25:33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Il brano si apre con l'espressione hotan de elthē, "quando poi verrà", che proietta il lettore nel tempo ultimo, è il quando finale. È un tempo che non appartiene più agli uomini, ma a Dio, poiché riempito della sua onnipotenza e della sua gloria, ed è il contenitore entro il quale gli uomini saranno riuniti per subire il giudizio divino. Il vero problema non è il tempo, ma il significato della venuta del Figlio dell'uomo e la conseguente necessità di essere preparati, perché la sua venuta nella gloria significherà giudizio.
Qui il titolo Figlio dell'uomo perde il suo significato messianico, che lo definiva nella dimensione terrena come l'atteso Messia, per assumere il significato di uomo glorificato o, per meglio dire, di un Dio che si è ripresa la sua primordiale condizione di vita divina, assorbendo in essa anche la sua umanità. Gesù Cristo è ritornato alla gloria divina da cui era venuto; un ritorno che lo vede, tuttavia, rivestito ancora della sua inseparabile umanità, glorificata, ora, dalla potenza del Padre. Ed è proprio in questa ultima e definitiva condizione che Matteo presenta Gesù, il Figlio dell'uomo/Re seduto sul "trono della sua gloria", immagine questa che nel linguaggio veterotestamentario alludeva alla presenza di Dio nel Tempio di Gerusalemme, ma in Matteo, nel giorno del giudizio, tale privilegio è accordato al Figlio dell'uomo. È, dunque, quella che l'evangelista ci presenta, una visione escatologica ed apocalittica insieme, perché rivelativa della vera natura dell'uomo-Dio Gesù, il cui sedersi sul trono della sua gloria indica la definitiva acquisizione della sua onnipotenza divina, conseguita e riconquistata dopo la glorificazione per mezzo della risurrezione e ascesa al cielo.
La presenza degli angeli accompagna il suo irrompere improvviso, glorificato della stessa vita divina che gli è propria, e sottolinea la sua regalità e la sua onnipotenza. L'immagine che ci viene presentata è quella di una fastosa corte imperiale dove il Re siede onnipotente in mezzo ai suoi servi pronti per servirlo. Il Figlio dell'uomo siede sul trono della sua gloria mentre gli angeli rimangono in piedi. Questo evento prepara la grande scena del giudizio che segue, in cui Gesù funge da giudice, un ruolo che nell'Antico Testamento era ristretto a Yahweh.
Abbiamo, quindi, nel nostro testo, un intreccio tra Dio e il Figlio dell'uomo, i quali condividono la stessa autorità e potere sovrano. Inoltre, il fatto che il Figlio dell'uomo sia accompagnato dagli angeli nella sua venuta, si adatta perfettamente all'immagine del giudizio divino, poiché nella parabola del grano e della zizzania, gli angeli sono i "mietitori". Ammiriamo l'alta cristologia del Vangelo di Matteo: il Figlio dell'uomo viene con la stessa gloria e autorità del Padre.
Per ricapitolare, Gesù si insedia sul trono della sua maestà, che è il trono del giudizio, ed insieme a lui c'è tutta la corte celeste degli angeli. È finito ormai e concluso il tempo della storia e il Dio Salvatore si porrà nei confronti dell'uomo come il Dio che viene a giudicare i vivi e i morti. Nessuno potrà più sottrarsi al confronto con Lui, e coloro che non hanno voluto ascoltare la parola di salvezza saranno costretti ad ascoltare la parola di condanna.
È una raffigurazione grandiosa, al centro della quale c'è Gesù, il Signore. Dinanzi a Lui si presenterà ogni uomo: piccolo o grande, famoso o sconosciuto, libero o schiavo, nato prima della sua gloriosa risurrezione o dopo, credente o pagano, religioso o ateo, osservante della Legge o suo trasgressore, santo o peccatore, giusto o ingiusto, dotto o ignorante. Dinanzi a Gesù si presenterà ogni fondatore di religione, ogni teologo, ogni maestro e inventore di dottrine, ogni uomo di scienza e di tecnica, ogni filosofo e pensatore. Dinanzi a Gesù comparirà l'umanità intera.
Nel giudizio ci sarà una divisione all'interno dell'umanità. "Tutte le genti" vengono radunate davanti a Gesù presentato nei suoi attributi di re e pastore. Il giudizio implica una separazione tra i giusti e i malvagi di tutte le genti. Il pastore separa le persone le une dalle altre, categorizzandole come pecore e capri, dividendo tutta l'umanità in due categorie sulla base delle loro opere.
L'intera umanità è, dunque, sospinta da Dio davanti al trono di suo Figlio, "davanti a lui". Egli è qui colto come il punto di convergenza di tutta la storia umana, quello che lo scienziato e gesuita Teilhard de Chardin ha chiamato punto Omega, un termine da lui coniato per descrivere il massimo livello di complessità e di coscienza al quale sembra che l'universo tenda nella sua evoluzione. Appare dunque chiaro il disegno del Padre: "ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" (Ef 1,10).
Da Adamo fino all'ultimo uomo nato sulla terra, saranno tutti riuniti davanti a Lui. Tutti vivevano nello stesso campo, come il buon grano e la zizzania, ora invece c'è la separazione. Non c'è più alcuna possibilità di potersi confondere, nascondere, mimetizzare. Non ci sono più finzioni, né ipocrisie, né ambiguità. C'è separazione eterna. Questo è il giudizio: "egli separerà gli uni dagli altri".
Il Figlio dell'uomo non è un pastore che va alla ricerca della pecora perduta, non è un'azione salvifica; ma è l'azione di chi divide il suo gregge, poiché il tempo della misericordia si è compiuto, così come la porta delle dieci vergini fu definitivamente chiusa. Anche lì vi fu una separazione operata dallo sposo. Questa separazione comporta il mettere le pecore in una condizione di privilegio (alla destra), rispetto ai capri, posti alla sinistra, cioè in una posizione opposta. Le pecore sono figura di coloro che sono obbedienti alla parola del pastore; nei capri invece è raffigurato lo spirito di disobbedienza. Infatti, non parla di capre ma di capri, animali che cozzano con le corna.
In questa scena di giudizio non ci sono le bilance per pesare le azioni di coloro che sono giudicati, per scoprire chi è giusto e chi no. Piuttosto, il Giudice agisce in base alla sua stessa onniscienza. Egli mette le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. La destra è sempre il posto d'onore nelle culture semitiche, ma lo vediamo anche nella letteratura ellenistica, nella Repubblica di Platone i giudici nell'aldilà mandano i giusti "a destra e in alto nel cielo" mentre gli ingiusti sono mandati "in basso a sinistra". In tutta la Bibbia, comunque, la destra è sempre il posto d'onore, anche se non sempre "la sinistra" indica una posizione sfavorevole.
Si noti come il pastore si limita a separare le pecore dai capri, ma non stabilisce lui chi è pecora e chi è capro. Sono proprio gli stessi animali, ad essere definiti pecora e capro dalla loro stessa natura. Ognuno sa chi è pecora e chi è capro. Essi si presentano al pastore che sono già pecore e già capri. Al pastore non resta che separarli. È significativo questo particolare, poiché suggerisce come il giudizio divino non stabilisce chi è buono e chi cattivo, ma si limita a definire la destinazione di ciascuno in base al suo presentarsi come pecora o come capro. In altri termini, è il proprio orientamento esistenziale sviluppato nel corso della vita, che ci fa essere per Dio o contro Dio, e reso definitivo e assoluto nel momento in cui l'uomo, attraverso la morte, passa nella dimensione dove non c'è più tempo, dove non c'è più divenire, ma soltanto essere. È chiaro che non tutti quelli che sembrano far parte del regno sono veri cittadini del regno; quando Gesù tornerà separerà gli uni dagli altri, e con ciò non farà altro che suggellare per sempre quella divisione che già era in essere nel tempo della nostra vita.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
Starting from his simple experience, the centurion understands the "remote" value of the Word and the magnet effect of personal Faith. The divine Face is already within things, and the Beatitudes do not create exclusions: they advocate a deeper adhesion, and (at the same time) a less strong manifestation
Partendo dalla sua semplice esperienza, il centurione comprende il valore “a distanza” della Parola e l’effetto-calamita della Fede personale. Il Cospetto divino è già dentro le cose, e le Beatitudini non creano esclusioni: caldeggiano un’adesione più profonda, e (insieme) una manifestazione meno forte
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that "roar of the sea and the waves" Coming, where no wave resembles the others.
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «fragore del mare e dei flutti» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre.
The words of his call are entrusted to our apostolic ministry and we must make them heard, like the other words of the Gospel, "to the end of the earth" (Acts 1:8). It is Christ's will that we would make them heard. The People of God have a right to hear them from us [Pope John Paul II]
Queste parole di chiamata sono affidate al nostro ministero apostolico e noi dobbiamo farle ascoltare, come le altre parole del Vangelo, «fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). E' volontà di Cristo che le facciamo ascoltare. Il Popolo di Dio ha diritto di ascoltarle da noi [Papa Giovanni Paolo II]
"In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet". This refers to the solidity of the Word. It is solid, it is the true reality on which one must base one's life (Pope Benedict)
«In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet». Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita (Papa Benedetto)
don Giuseppe Nespeca
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