Apr 14, 2025 Scritto da 

PASQUA (1Cor 5,6b-8)

(1Cor 5,6b-8)

 

1Corinzi 5:6 Non sapete che un pò di lievito fa fermentare tutta la pasta?

1Corinzi 5:7 Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!

1Corinzi 5:8 Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

 

Attenzione perché un po' di lievito, cioè aprire uno spiraglio al male, è come aprire una diga e si viene travolti: un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta! Il peccato è come il lievito. Una volta che lo si mette nella pasta santa della comunità, a poco a poco riesce a fermentarla tutta, cioè a trasformarla in pasta di peccato e non più di santità e di verità. Questa è la vera potenza del peccato. Non solo riesce a rovinare un’anima, ma un’anima rovinata riesce a rovinare altre anime in un processo contagioso.

Bisogna togliere il lievito vecchio perché noi siamo una pasta nuova, una pasta che non deve essere lievitata, siamo pasta azzima. Il riferimento è alla celebrazione pasquale con l’immolazione dell’agnello a ricordo dell’Esodo, e dei pani azzimi che venivano mangiati in quella circostanza. L’agnello poteva essere mangiato solo con pane azzimo. In quella notte tutto ciò che apparteneva al passato, al vecchio mondo, doveva scomparire dalla casa. Bisognava iniziare una vita nuova, verso un futuro nuovo, verso un paese nuovo.

Dice Paolo: Togliete via il lievito vecchio, cioè via quella logica sbagliata che vi fa diventare appartenenti al mondo e non più appartenenti a Cristo. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Voi siete azzimi. Nel senso che non avete un vostro lievito e nel caso l’aveste fa parte del mondo, perché nel battesimo il vecchio lievito è stato tolto di mezzo, siamo stati rigenerati in Gesù Cristo e in lui siamo stati fatti una nuova pasta, azzima, senza il lievito del peccato. Questa è ora la nostra realtà.

Bisogna mangiare l’agnello pasquale, e il nostro Agnello pasquale è Gesù Cristo che è stato già immolato, è giù sulla tavola. Come lo si mangia? Con la pasta nuova, ma la pasta nuova siamo noi, allora dobbiamo mangiarlo da pasta nuova, non lo possiamo mangiare da pasta lievitata dal peccato. Questo è il motivo per cui bisogna togliere il peccato, cioè il vecchio lievito, dal nostro cuore. Praticamente Paolo fa notare che Cristo, la nostra Pasqua, è già stato sacrificato: la festa è cominciata, eppure il vecchio lievito è ancora nella casa – che contraddizione!

Per difendersi dal pericolo di essere corrotta, la chiesa deve fare quello che si faceva in ogni casa israelita alla vigilia della Pasqua. Si faceva scomparire con molta scrupolosità tutto il pane con lievito. Il vecchio lievito di cui si deve purificare la chiesa è il principio corruttore dell’uomo vecchio. Ricordiamoci che il nostro agnello pasquale, Gesù Cristo, è già stato immolato una volta, e la sua immolazione non si ripete, e quindi la Pasqua che celebriamo dura sempre, e quindi sempre dobbiamo essere senza lievito. La vita cristiana può paragonarsi ad una festa pasquale continua (il «celebriamo» del v. 8 è presente, indica un’azione continua nel tempo). Se la vita cristiana è paragonata a una continua Pasqua; allora i credenti devono continuamente eliminare il lievito dalla propria vita e dalla comunità.

Se non mangiamo Cristo, non possiamo lasciare la terra di schiavitù. Rimaniamo prigionieri del nostro peccato. Se non possiamo mangiare Lui, Cristo non serve alla nostra vita. Se Cristo non ci serve, a che serve che noi siamo cristiani? A nulla.

Per Paolo ci sono tre modi di mangiare Cristo, di celebrare la nostra cena pasquale con Lui. Il primo modo è quello di celebrarla con il lievito vecchio, cioè in uno stato di peccato. Questo modo non è secondo Dio. Questo modo non ci consente di mangiare la Pasqua. Se la mangiamo diviene per noi motivo di condanna. È peccato grave mangiare Cristo, nostra Pasqua, con il lievito vecchio, cioè con il peccato grave nel cuore, senza pentimento, senza volontà di abbandonare questo lievito, senza aver deciso di liberarci di esso.

Il secondo modo è di celebrarla con lievito di malizia e di malvagità. La malizia e la malvagità sono malattie del cuore che non cerca Dio, che non lo desidera, e tuttavia convive con il Vangelo. La malizia toglie il bene dal cuore e vi mette il male, la persona pensa, vuole, e giudica tutto secondo questo criterio di male con il quale convive. Anche questo modo non è secondo Dio.

Il terzo modo di celebrarla, quello giusto, è con gli azzimi della sincerità e della verità. Con la sincerità e la verità nel cuore si inizia quel cammino che deve portarci al conseguimento della nostra meta spirituale che è il raggiungimento del regno dei cieli, in attesa della risurrezione gloriosa del nostro corpo in Cristo, con Cristo e per Cristo.

Per molti, la sincerità significa semplicemente avere sulle labbra ciò che c’è nel cuore, e secondo questi sentimenti agire. Questa sincerità spesso convive con il peccato; la persona sincera commette il peccato apertamente, senza neanche quel pudore che è il segno che ancora vive in noi un poco di timor di Dio. Questa sincerità è deplorevole, perché è una sincerità che scusa il male e chi lo commette. La sincerità che raccomanda Paolo, invece, è la purezza delle motivazioni, la purezza di un cuore sincero senza l’aggiunta di sostanze estranee, intese qui come il peccato, che adulterano le motivazioni pure e le opere dei santi. La vita sincera è una vita che può sostenere l’esame più accurato, una vita le cui caratteristiche sono l’onestà intellettuale e la sincerità morale.

La Pasqua antica era soltanto l’immagine di una festa di molto superiore per significato e per importanza. Il sacrificio dell’agnello che inaugurava la Pasqua era l’ombra dell’unico sacrificio veramente efficace ed eterno dell’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. La liberazione dall’Egitto ricordata dalla Pasqua ebraica, era la figura della liberazione dalla servitù del peccato e della morte eterna, liberazione procurata da Cristo per tutti i credenti, che per la fede in lui ora sono costituiti in popolo di Dio. Il modo di celebrazione della Pasqua (senza azzimi) era l’emblema della vita di riconoscenza e santità che deve condurre la chiesa.

Celebriamo dunque la festa, dice Paolo, la festa del vero passaggio, del vero esodo, con azzimi di sincerità e di verità.

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The Church keeps watch. And the world keeps watch. The hour of Christ's victory over death is the greatest hour in history (John Paul II)
Veglia la Chiesa. E veglia il mondo. L’ora della vittoria di Cristo sulla morte è l’ora più grande della storia (Giovanni Paolo II)
Before the Cross of Jesus, we apprehend in a way that we can almost touch with our hands how much we are eternally loved; before the Cross we feel that we are “children” and not “things” or “objects” [Pope Francis, via Crucis at the Colosseum 2014]
Di fronte alla Croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati eternamente; di fronte alla Croce ci sentiamo “figli” e non “cose” o “oggetti” [Papa Francesco, via Crucis al Colosseo 2014]
The devotional and external purifications purify man ritually but leave him as he is replaced by a new bathing (Pope Benedict)
Al posto delle purificazioni cultuali ed esterne, che purificano l’uomo ritualmente, lasciandolo tuttavia così com’è, subentra il bagno nuovo (Papa Benedetto)
If, on the one hand, the liturgy of these days makes us offer a hymn of thanksgiving to the Lord, conqueror of death, at the same time it asks us to eliminate from our lives all that prevents us from conforming ourselves to him (John Paul II)
La liturgia di questi giorni, se da un lato ci fa elevare al Signore, vincitore della morte, un inno di ringraziamento, ci chiede, al tempo stesso, di eliminare dalla nostra vita tutto ciò che ci impedisce di conformarci a lui (Giovanni Paolo II)
The school of faith is not a triumphal march but a journey marked daily by suffering and love, trials and faithfulness. Peter, who promised absolute fidelity, knew the bitterness and humiliation of denial:  the arrogant man learns the costly lesson of humility (Pope Benedict)
La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno. Pietro che aveva promesso fedeltà assoluta, conosce l’amarezza e l’umiliazione del rinnegamento: lo spavaldo apprende a sue spese l’umiltà (Papa Benedetto)
We are here touching the heart of the problem. In Holy Scripture and according to the evangelical categories, "alms" means in the first place an interior gift. It means the attitude of opening "to the other" (John Paul II)
Qui tocchiamo il nucleo centrale del problema. Nella Sacra Scrittura e secondo le categorie evangeliche, “elemosina” significa anzitutto dono interiore. Significa l’atteggiamento di apertura “verso l’altro” (Giovanni Paolo II)
Jesus shows us how to face moments of difficulty and the most insidious of temptations by preserving in our hearts a peace that is neither detachment nor superhuman impassivity (Pope Francis)
Gesù ci mostra come affrontare i momenti difficili e le tentazioni più insidiose, custodendo nel cuore una pace che non è distacco, non è impassibilità o superomismo (Papa Francesco)
If, in his prophecy about the shepherd, Ezekiel was aiming to restore unity among the dispersed tribes of Israel (cf. Ez 34: 22-24), here it is a question not only of the unification of a dispersed Israel but of the unification of all the children of God, of humanity - of the Church of Jews and of pagans [Pope Benedict]
Se Ezechiele nella sua profezia sul pastore aveva di mira il ripristino dell'unità tra le tribù disperse d'Israele (cfr Ez 34, 22-24), si tratta ora non solo più dell'unificazione dell'Israele disperso, ma dell'unificazione di tutti i figli di Dio, dell'umanità - della Chiesa di giudei e di pagani [Papa Benedetto]

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