Apr 29, 2025 Scritto da 

3a Domenica di Pasqua  (Ap 5,11-14)

3a Domenica di Pasqua (anno C)

(Ap 5,11-14)

Apocalisse 5:11 Durante la visione poi intesi voci di molti angeli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia

Apocalisse 5:12 e dicevano a gran voce: «L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». 

Apocalisse 5:13 Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli».

Apocalisse 5:14 E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E i vegliardi si prostrarono in adorazione.

 

Questo brano rivela la grandezza del nostro Dio. Il nostro Dio è il Creatore di una moltitudine immensa di angeli (v. 11). Questi angeli proclamano la grandezza, la gloria del loro Dio e Signore, testimoni di un'opera di redenzione che non riguarda loro ma l'umanità. Gli angeli del cielo sono preposti per la nostra salvezza. Essi sono a servizio del sacerdozio di ogni fedele discepolo di Gesù. Questo è il loro ministero. Gli angeli proclamano il sacerdozio di Cristo in cielo, aiutano a vivere il nostro sacerdozio sulla terra. Questi angeli, che sono l'esercito celeste di Dio, le sue schiere, potrebbero annientare tutto l'universo in un solo istante, se solo Dio lo volesse.

«L'Agnello che fu immolato» (= Gesù Cristo crocifisso e risorto) è collocato sullo stesso piano di Dio: «Potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione», sono sette qualità che appartengono a Dio. Dagli angeli, Gesù Cristo è proclamato degno di ricevere gli stessi titoli di Dio, degno di essere rivestito della sua stessa gloria, senza alcuna differenza. Le creature angeliche, nella loro moltitudine incalcolabile, proclamano la divinità dell'Agnello. Gli abitanti del cielo proclamano chi è Gesù in cielo: è l'Agnello immolato che viene posto accanto a Dio, è l'Agnello immolato che viene proclamato Dio. Cristo è nostro Dio, questa è la verità da affermare.

L'adorazione nel v. 13 si estende a tutte le creature del cielo e della terra. Tutto il creato è chiamato all'adorazione, è una lode cosmica. Non solo gli angeli, innumerevoli, proclamano la verità di Cristo, ma tutte le creature, dalle più piccole alle più grandi, fanno la stessa confessione di fede: l'Agnello è uguale a Dio. L'inno di gloria già cantato in onore di Dio, è cantato in onore dell'Agnello. Dio e l'Agnello sono accomunati. Se qualcuno nega questa verità commette un gravissimo peccato.

Questa verità è confermata dai quattro esseri viventi (v. 14). Il loro "Amen", il loro "sì", attesta che l'universo intero dice la verità su Dio e su Cristo. Essi sono i rappresentanti delle creature dotate di vita. Sono quattro, è l'universalità che dice "amen". I «vegliardi», simbolo dell'antico e del nuovo popolo di Dio, prostrandosi in adorazione dinanzi all'Agnello riconoscono la sua divinità. Nei vegliardi, il popolo di Dio fa silenzio e contempla in adorazione il Dio vivente.

Cielo e terra, antica e nuova alleanza, tempo ed eternità, sono concordi nella professione di una sola fede: Gesù, l'Agnello immolato, è Dio. Giovanni in questa visione contempla la posizione e la dignità immensa di Cristo, ottenute mediante la sua morte e risurrezione. L'Apocalisse contempla il significato profondo di tutta la storia, riconducendola a due misteri: quello della creazione e quello della redenzione. Ciò che viene preannunciato nel capitolo 4 e appare come realizzato nel capitolo 5 è la ricapitolazione di tutta la creazione in Cristo, fine e senso di tutta la storia, attraverso l'opera di redenzione da Lui stesso compiuta con il suo sacrificio.

Attraverso un cambiamento di prospettiva, l'Apocalisse opera una trasposizione: quello che sulla terra si attua nei segni, in cielo – presso Dio – si attua nella realtà; in altre parole, quello che in terra si contempla mediante la fede e i segni sacramentali, in cielo si contempla mediante la visione, la partecipazione, nella realtà. In particolare:

• Se in terra il luogo della celebrazione è un edificio, con al centro un altare, in cielo il luogo della liturgia è lo stesso cielo, con al centro il trono di Dio. 

• Se in terra l'assemblea liturgica è costituita dai (soli) fedeli, in cielo essa è costituita da ogni essere che esiste (vivente), la cui lode coinvolge progressivamente tutto l'universo. 

• Se in terra il mistero dell'Agnello si percepisce, si celebra, e si comunica attraverso i segni sacramentali, in cielo esso si percepisce e si celebra in se stesso, ossia nella realtà della visione e della comunione. L'Apocalisse dunque ‘trasferisce’ in cielo la liturgia terrena; questo, conseguentemente, non fa altro che rendere presente e autenticare la stessa liturgia celeste sulla terra, conferendo significato e contenuto a quanto in quest'ultima si celebra. In terra, cioè, si compie, attraverso i segni liturgici e sacramentali, ciò che in cielo si celebra nella realtà. Allo stesso tempo, mediante i segni sacramentali e liturgici, la liturgia celeste si trasmette e coinvolge la terra.

Celebrando la liturgia terrena il lettore, così come ogni credente, contempla la liturgia celeste e, mediante questa contemplazione è in grado di cogliere il senso e il contenuto della prima. Secondo la prospettiva dell'Apocalisse, dunque, l'evento di salvezza, storicamente avvenuto in terra e perciò passato, permane perennemente in cielo, raggiungendo e operando sulla terra mediante i segni sacramentali e i gesti liturgici.

Va da sé che la liturgia terrena che meglio si identifica con la liturgia celeste, è quella della Messa solenne “Vetus Ordo”: il decoro degli abiti e del portamento dei sacerdoti, la presenza invasiva dei profumi d'incenso, il silenzio composto dei fedeli, la musica spianata dell'organo, le voci dei cantori che intonano il gregoriano, uomini e donne inginocchiati e silenti; austerità, fila ai confessionali, ecc. ecc. 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata
  •  Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede
  •  La Chiesa e Israele secondo San Paolo – Romani 9-11

 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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Praying, celebrating, imitating Jesus: these are the three "doors" - to be opened to find «the way, to go to truth and to life» (Pope Francis)
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» (Papa Francesco)
In recounting the "sign" of bread, the Evangelist emphasizes that Christ, before distributing the food, blessed it with a prayer of thanksgiving (cf. v. 11). The Greek term used is eucharistein and it refers directly to the Last Supper, though, in fact, John refers here not to the institution of the Eucharist but to the washing of the feet. The Eucharist is mentioned here in anticipation of the great symbol of the Bread of Life [Pope Benedict]
Narrando il “segno” dei pani, l’Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (cfr v. 11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell’Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L’Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita [Papa Benedetto]
Work is part of God’s loving plan, we are called to cultivate and care for all the goods of creation and in this way share in the work of creation! Work is fundamental to the dignity of a person. Work, to use a metaphor, “anoints” us with dignity, fills us with dignity, makes us similar to God, who has worked and still works, who always acts (cf. Jn 5:17); it gives one the ability to maintain oneself, one’s family, to contribute to the growth of one’s own nation [Pope Francis]
Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione [Papa Francesco]
God loves the world and will love it to the end. The Heart of the Son of God pierced on the Cross and opened is a profound and definitive witness to God’s love. Saint Bonaventure writes: “It was a divine decree that permitted one of the soldiers to open his sacred wide with a lance… The blood and water which poured out at that moment was the price of our salvation” (John Paul II)
Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio. Scriverà San Bonaventura: “Per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza” (Giovanni Paolo II))
[Nicodemus] felt the fascination of this Rabbi, so different from the others, but could not manage to rid himself of the conditioning of his environment that was hostile to Jesus, and stood irresolute on the threshold of faith (Pope Benedict)
[Nicodemo] avverte il fascino di questo Rabbì così diverso dagli altri, ma non riesce a sottrarsi ai condizionamenti dell’ambiente contrario a Gesù e resta titubante sulla soglia della fede (Papa Benedetto)
Those wounds that, in the beginning were an obstacle for Thomas’s faith, being a sign of Jesus’ apparent failure, those same wounds have become in his encounter with the Risen One, signs of a victorious love. These wounds that Christ has received for love of us help us to understand who God is and to repeat: “My Lord and my God!” (Pope Benedict)

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