Ott 16, 2024 Scritto da 

Il Figlio dell’uomo e l’ambizione dei discepoli

XXIX Domenica Tempo ordinario (B) - 20 ottobre 2024

1. “Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Il Figlio dell’uomo di cui parla il vangelo è un chiaro riscontro della figura del “giusto mio servo” annunciata da Isaia nella prima lettura: è Gesù, il Cristo umiliato e per beffa coronato di spine che davanti a Pilato si proclama re non di questo mondo, è il Salvatore dell’umanità. Ma l’unico modo per incontrarlo e conoscerlo è piegare l’intelligenza all’incomprensibile perché è un Dio che ci sorprende e stupisce obbligandoci a entrare nella sua logica totalmente altra rispetto alla nostra: si fa servo e si umilia fino all’impossibile, subisce l’ingiusta passione e morte sulla croce, risorge però e si umilia ancora fino a farsi pane spezzato per nutrire la speranza e l’amore, vero nutrimento della vita che non muore. Se vuoi cercare di avvicinarti a Cristo, inginocchiati dinanzi al mistero dell’Eucaristia e ripeti con san Francesco: “Chi sei tu, Dio, e chi sono io”? Se vuoi seguirlo fino a lasciarti trasformare da lui, devi sapere che rischi l’incomprensione, l’isolamento e persino la persecuzione. Probabilmente l’episodio che oggi leggiamo nel vangelo e la risposta di Cristo ai discepoli trovava un’eco nella comunità per la quale Marco scrive il vangelo: una comunità già sotto persecuzione e consapevole che l’opera della liberazione da tutto ciò che impedisce di incontrare il vero volto del Dio di Gesù Cristo non era terminata, ma avrebbe richiesto il contributo di molti martiri, il che perdura nei secoli e nei millenni. Ciò che dovrebbe farci riflettere è che l’assoluta novità di Dio che si fa uomo e si carica dei peccati di tutta l’umanità, diventando lui “il colpevole” al posto nostro non è entrata nel nostro cuore e per questo non si converte il nostro modo di vivere.

2. Una domanda sorge spontanea: perché per salvarci Dio ha voluto passare per il dramma della morte?  Partiamo dalle ultime parole del testo evangelico: “Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti”. La parola “riscatto” nel corso dei secoli ha cambiato completamente il senso rispetto ai tempi di Gesù per cui nell’interpretarne il significato con la logica moderna rischiamo di uscire fuori strada. Se infatti qualcuno parla di riscatto oggi pensiamo subito a un ostaggio e quindi alla necessità di trattare con i rapitori e il riscatto è la somma da versare per liberare il sequestrato. Al tempo di Cristo la parola “riscatto” voleva dire altro, significava la liberazione e il termine greco tradotto con “riscatto” deriva da un verbo che indica sciogliere, liberare. Sarebbe pertanto un controsenso se, rispetto al testo greco del vangelo di Marco, pensassimo che Gesù debba pagare qualcosa al posto nostro per calmare l’ira di un Dio provocata dai nostri peccati. I discepoli di Gesù, che conoscevano l’Antico Testamento, sapevano bene che tutta la Bibbia parla di un Dio che vuole liberare il suo popolo e in seguito l’intera umanità da ogni forma di schiavitù. Il Dio della Bibbia è un Dio che libera e questo costituisce il primo articolo del credo di Israele. Inoltre tutti i profeti hanno lottato contro la pratica dei sacrifici umani definendoli un abominio.  Quindi quando Gesù afferma che deve dare la vita in riscatto per molti, a nessuno viene in mente che Dio poteva esigere la morte del suo Figlio unigenito per calmare l’ira di qualcuno. Anzi sapevano bene che Dio non ha risentimento e odio verso l’umanità e soprattutto non esige sacrifici, soprattutto sacrifici umani. Israele attendeva una liberazione, all’inizio sicuramente dall’occupazione dei Romani e questo malinteso è rimasto nella loro testa per molto tempo: in questa chiave possiamo ad esempio capire il comportamento di Giuda.  Il popolo ebraico era composto di credenti che, sostenuti dalla predicazione dei profeti, attendevano la liberazione dell’umanità da ogni forma del male, sia esso fisico, morale e spirituale. I discepoli, conoscendo le scritture e alla scuola di Gesù comprendono che lui deve consacrare la sua vita per questa liberazione dell’umanità e sanno che la vera liberazione passa attraverso la conversione del cuore che rende capaci di donare la vita fino alla morte. E, proprio per sostenerli su questa fede, il Signore per la terza volta annuncia la sua passione, morte e risurrezione anche se questo suo sforzo non sembra calmare la loro inquietudine e paura. Ce lo fa intendere l’evangelista quando, raccontando che Gesù va verso Gerusalemme in testa al gruppo dei dodici, essi lo seguono senza fretta, presi da un oscuro presentimento perché sanno ciò che li attende. E quando Giacomo e Giovanni, dopo che per la terza volta Gesù annuncia la sua passione e morte, sembrano esorcizzare la loro paura domandando se dopo aver affrontato la prova con lui fino alla fine, potranno anche loro aver parte alla sua gloria, Gesù ribadisce che non è evitabile nemmeno per loro il cammino della sofferenza e della morte.

3. Insiste invece nel ripetere di non essere venuto per farsi servire ma per servire. Non si presenta come un re trionfante, bensì come il “giusto servo” di Dio che giustificherà molti addossandosi le loro iniquità, richiamando la profezia di Isaia che nella prima lettura parla del “giusto servo di Dio”, titolo presente con insistenza nei quattro canti del “Servo del Signore” del cosiddetto Deutero-Isaia. Se i primi cristiani interpretarono subito che il giusto servo è Gesù, probabilmente il profeta indicava il piccolo gruppo del popolo ebreo in esilio fedele a Dio pur tra tante difficoltà. Ma come interiorizzare questa frase: “Al Signore è piaciuto prostralo con dolori?” Sarebbe un controsenso credere che Dio prenda piacere a far soffrire gli uomini e inoltre stride con l’affermazione più volte ribadita che Dio è amore. In nessun testo della Bibbia si dice che Dio ha preso gusto a prostrare il suo popolo con la sofferenza. Il verbo “è piaciuto”, utilizzato sempre per dire che Dio accettava i sacrifici e donava la sua assoluzione a tutto il popolo, mette in evidenza che il giusto servo sofferente imita Dio nel farsi carico della sofferenza come opera di riparazione potendola trasformare in sorgente di salvezza. L’espressione: “prostrarlo con dolori” richiama pertanto l’immagine del cuore spezzato di cui parla il profeta Ezechiele e il salmo 50/51: un cuore di pietra che attraverso il soffrire diventa cuore di carne, soprattutto quando a provocarlo sono i patimenti inferti dagli uomini. In ogni forma di prova dolorosa si reagisce o indurendo il cuore (con l’odio e la voglia di vendetta) oppure con il perdono e l’amore e in tal modo il soffrire del giusto servo diventa cammino di luce come annota Isaia: ”dopo il suo tormento vedrà la luce”.  Da ogni male Dio può trarre un bene ed è in questo mistero di odio e di perdono che traspare la potenza del suo amore. Ne consegue che il giusto servo sofferente contribuisce alla salvezza di tutti e dell’ingiustizia subita ne fa un percorso di luce. Il Signore accoglie l’intenzione del cuore e perdona tutti, anche i carnefici; accetta cioè l’attitudine del cuore che gli offre la sofferenza e il perdono come sacrificio di espiazione e nella sua misericordia è lui stesso a riparare e perdonare. Come annota Isaia, stritolato dall’odio degli uomini, il giusto risponde con il silenzio e il perdono che si trasforma in forza di salvezza per chi perseguita e può convertirne il cuore. Tuttavia il messaggio più importante Isaia lo sintetizza così: “si compirà per mezzo suo la volontà del Signore”. Attraverso il sacrificio del giusto, Dio salva l’umanità liberandola da ogni catena del male, dell’odio, della violenza e della gelosia che divorano il cuore. Se infatti il giusto servo fa della sua vita un sacrificio di riparazione, grazie proprio a questa sua donazione Dio realizzerà al sua volontà e i peccatori riconciliati possono iniziare una vita nuova. “Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità”. La salvezza dei carnefici è nelle mani delle vittime e solo il perdono dato dalle vittime può sciogliere la durezza del cuore di chi perseguita. Gesù profetizzerà: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”(Gv12,32) e il profeta Zaccaria: ”Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: Guarderanno a me, colui che hanno trafitto”(12,10; e “in quel giorno vi sarà per la casa  di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità”(13,1).  Consolante e impegnativo è il messaggio della parola di Dio: l’umanità si salva quando la nonviolenza, il perdono, il servizio, l’umiltà sono l’unico mezzo impiegato per cambiare il cuore dell’uomo e stimolante è il programma che Gesù propone ai suoi discepoli: “i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non sia così”. Voi tutti, miei discepoli, se siete il fermento e il seme della nuova umanità, seguite il mio esempio sacrificando la vita come me per il bene di tutti.

+ Giovanni D’Ercole

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita
People have a dream: to guess identity and mission. The feast is a sign that the Lord has come to the family
Il popolo ha un Sogno: cogliere la sua identità e missione. La festa è segno che il Signore è giunto in famiglia
“By the Holy Spirit was incarnate of the Virgin Mary”. At this sentence we kneel, for the veil that concealed God is lifted, as it were, and his unfathomable and inaccessible mystery touches us: God becomes the Emmanuel, “God-with-us” (Pope Benedict)
«Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi” (Papa Benedetto)
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situationsi
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2).
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2).
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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