Lug 26, 2024 Scritto da 

Il mistero del dono e i miracoli del dono

XVII Domenica del tempo Ordinario B (28 luglio 2024)

1. Siamo chiamati a costruire l’unità: ma come? Già domenica scorsa l’apostolo Paolo nella seconda lettura tratta dalla lettera agli Efesini (Ef 2,13-18) accennava ai problemi che turbavano la pace della comunità di Efeso, a causa delle discordie sorte soprattutto tra ebrei e pagani convertiti. Prigioniero a Roma, sa bene che un po’ ovunque sorgono diatribe e ci sono rischi di eresie per cui la sua preoccupazione è di ribadire la necessità dell’unità dei cristiani sia nei comportamenti che nella dottrina. Ricorda loro che esiste “un solo corpo e un solo spirito… una sola speranza… un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo… un solo Dio e Padre di tutti”.  Per sette volte ripete “un solo” e alla fine della catena, fatta di sette anelli, c’è il Padre celeste al di sopra di tutti, che si serve di ognuno per far giungere il suo amore a tutti. Conoscendo bene l’umana fragilità, san Paolo afferma che l’unità è opera, anzi dono di Dio, ed è il “disegno di amore della volontà di Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo” con cui ci ha scelti prima della creazione del mondo, come la liturgia ci ha fatto meditare nella seconda lettura della Messa due domeniche fa (Ef 1,1-13). Dono e progetto di salvezza che si realizzerà pienamente quando saranno ricondotte “al Cristo unico capo tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra” nella pienezza dei tempi. A noi è chiesto di contribuire con il “supportarci e sopportarci a vicenda nell’amore”. L’unità è quindi dono di Dio e cammino degli uomini per cercare di attivare questo dono. Ma come? Gesù l’ha indicato agli apostoli durante l’ultima cena quando ha insistito sull’urgenza di “rimanere” con lui e in lui per ben 7 volte, che nel linguaggio biblico significa “sempre”.  Solo uniti a Gesù possiamo contribuire a “edificare il corpo di Cristo”. Immergendoci in Cristo riusciremo a tendere “tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto per raggiungere la pienezza di Cristo” (Ef, 4,13). E l’intera umanità diventerà un solo corpo con Gesù: “il corpo totale di Cristo”.  Con il battesimo abbiamo accolto l’invito a lavorare in questo cantiere che è il mondo, sotto la guida dello Spirito Santo. La parola Chiesa (in greco ecclesia) ha nella sua radice il significato di “chiamata”: con il battesimo siamo chiamati a seguire Gesù “mite e umile di cuore”, il quale porterà a termine il disegno del Padre celeste con la nostra cooperazione se ci lasciamo trasformare dal suo Spirito. Agli apostoli nel cenacolo raccomandò: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35). Dio solamente può renderci capaci di amare e di amarci, essendo impossibile alle sole nostre forze. L’invito dell’apostolo è a vivere nell’umiltà, nella mitezza e nella pazienza, in modo che gli altri possano riconoscere che Dio esiste ed è lui che fa tutto in noi. Apparirà allora Il meglio della vita che è il gratuito libero intervento di Dio Trinità “koinonia-comunione di amore” che ci rende capaci “di conservare l’unità dello spirito, per mezzo del vincolo della Pace”. E sta in questo la nostra realizzazione.

2. Come la Bibbia insegna, il credente è colui che vive interamente e sempre nell’ottica del dono, essendo l’esistenza stessa avvolta dal mistero del dono e i suoi miracoli. In questa luce leggiamo oggi la prima lettura, tratta dal secondo Libro dei Re, il salmo responsoriale: “Tu apri la tua mano, Signore e sazi il desiderio di ogni uomo” (salmo 144/145), la seconda lettura dalla Lettera agli Efesini e il vangelo di Giovanni che è l’inizio del capitolo sesto, carico di messaggi legati al mistero dell’Eucarestia, definito “il Miracolo che è Dono” per eccellenza. San Giovanni non parla, come gli altri evangelisti, dell’istituzione dell’Eucaristia durante l’ultima cena; racconta invece la lavanda dei piedi, trasmettendoci il segreto dell’amore evangelico . Ci prepara però all’Eucarestia con il capitolo VI, che cominciamo a meditare oggi e proseguiremo per ben cinque domeniche. Interiorizzare un testo di san Giovanni chiede sempre di lasciarci attrarre da simboli che a prima vista non sono facili da comprendere e che dicono sempre più di quanto possiamo comprendere. Gesù ha scelto i suoi discepoli e ha già compiuti miracoli attirando il favore della folla che lo segue. Attraversato il lago di Tiberiade, leggiamo oggi nel vangelo, passa all’altra riva di Galilea, la sua patria dove non fu ben accolto dai suoi ed è proprio in questo contesto che svolge uno dei sei miracoli che il quarto evangelo chiama definisce sempre come “segni”. E’ la moltiplicazione dei pani che tutti gli evangelisti riportano, ma san Giovanni ne sottolinea Il contesto storico che è la preparazione della Pasqua imminente. Gesù sale sul monte (non essendoci nella zona monti si capisce che questo assume un tono simbolico: sta per compiere con autorevolezza qualcosa di molto alto e importante). Si rende conto che la gente ha fame ed è lui stesso, il Signore, a prendere l’iniziativa di dare loro da mangiare. Ma come? Non c’è pane, non ci sono soldi e la folla è numerosa – replicano gli apostoli, solo un ragazzetto ha con sé cinque pani d’orzo e due pesci. E da questo piccolo dono di uno sconosciuto si compie il miracolo che fornirà pani da mangiare a cinquemila uomini avanzando ben 12 sporte di pani sufficienti per nutrirne tanti altri ancora. Tutto scaturisce dal dono di un ragazzo che mai avrebbe potuto pensare che con i suoi pochi pani si sarebbero accontentate così tante persone.  Ma proprio qui sta il miracolo del dono, dove il poco arricchisce tutti. Pure nella prima lettura si narra di un tale che offre 20 pani d’orzo al profeta Eliseo ed egli non li prende per sé, ma chiede di darli alla gente “poiché dice il Signore: Ne mangeranno e ne faranno avanzare”. E così avvenne: venti pani offerti e cento uomini sfamati, anche qui è evidente la sproporzione tra mezzi impiegati e risultato ottenuto. Ancora una volta torna il miracolo del dono. E non è tutto.

3. La reazione della folla dopo la moltiplicazione dei pani: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo” lascia capire che era forte l’attesa del Messia e l’effervescenza appariva più marcata perché ci si preparava alla Pasqua, festa- memoria della liberazione dalla schiavitù dall’Egitto e prefigura della liberazione totale che avrebbe recato al popolo d’Israele il Messia. Il fatto che san Giovanni precisi che era vicina la Pasqua, “la festa dei Giudei” è un elemento indispensabile per capire questo miracolo/segno. Nelle prossime domeniche continueremo a leggere questo capitolo e comprenderemo meglio quanto il mistero pasquale sia presente nel lungo discorso che Gesù farà sul pane della vita. Per ora egli conduce la gente che lo segue sulla “montagna”, e il pensiero va subito al banchetto messianico che il profeta Isaia aveva profetizzato a consolazione del popolo schiavo: il Signore darà su questa montagna una festa per tutti i popoli, una festa ricca di carni grasse e succulenti e di vini prelibati (Cf. Is 25,6). Alla folla affamata che attente il Messia Gesù offre il segno che il giorno tanto atteso è giunto: è lui il Messia. E’ lui che prendendo l’iniziativa mette alla prova gli apostoli per suscitare in loro la fede. Filippo non ha compreso subito che Gesù stava provando la sua fede e risponde in maniera comprensibile dal punto di vista umano, dicendo cioè che neppure duecento denari di pane non sono sufficienti per darne un pezzetto a tutti i presenti e l’apostolo Andrea fa notare la presenza di un ragazzetto con cinque pani e due pesci, ma che si può fare con questo?  E’ il buon senso con cui tutti avremmo reagito, ma Gesù con i suoi gesti ci provoca alla fiducia in lui. Nella prima lettura Eliseo mostra di essere un profeta ricco di fede e Gesù stupisce gli apostoli chiedendo loro di far sedere la gente. Fidarsi di Dio sempre: ecco il messaggio che giunge a ciascuno di noi in qualsiasi situazione ci troviamo, specialmente se stiamo soffrendo la vita perché la precisazione che “c’era molta erba in quel luogo è un chiaro riferimento a Gesù buon pastore, che, sfamando la folla, si prende cura di tutte le pecore, di ciascuno di noi.  Giovanni però a questo punto cambia tono e scrive che Gesù prese i pani e dopo aver reso grazie li diede alla folla.  Facile intravedere nel miracolo e nelle parole di Gesù un anticipo del banchetto dell’Eucaristia, imbandito per tutti nell’ultima cena: ecco il dono dei doni! Il suo corpo e il suo sangue, vero pane della vita. 

+ Giovanni D’Ercole buona domenica.

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)
Deus dilexit mundum! Iddio osserva le profondità del cuore umano, che, anche sotto la superficie del peccato e del disordine, possiede ancora una ricchezza meravigliosa di amore; Gesù col suo sguardo la trae fuori, la fa straripare dall’anima oppressa. A Gesù, dunque, nulla sfugge di quanto è negli uomini, della loro totale realtà, in cui sono il bene e il male (Papa Paolo VI)
People dragged by chaotic thrusts can also be wrong, but the man of Faith perceives external turmoil as opportunities
Un popolo trascinato da spinte caotiche può anche sbagliare, ma l’uomo di Fede percepisce gli scompigli esterni quali opportunità
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)

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