XV Domenica del tempo Ordinario - anno B (14.07.2024)
1. ”Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due” . Ogni evangelista racconta la scelta e la missione degli apostoli: questa domenica è San Marco a narrare l’inizio del mandato missionario dei Dodici scelti fra i discepoli (Luca ne enumera 72) e formati da Gesù tenendoli accanto a sé. Ora però è il tempo di andare in missione, ma per essere apostoli occorre imparare a restare discepoli e il discepolo è colui che non si stanca di apprendere dal maestro Gesù l'arte di evangelizzare. Non si impara in poco tempo e la prima condizione che poi diventerà permanente è proprio quella di non staccarsi mai da Gesù, l’unico vero Maestro. In effetti soltanto restando discepolo di Gesù, l’apostolo può svolgere la missione di annunciarne e testimoniarne il vangelo. Missionari non sono solo gli apostoli, bensì ogni battezzato secondo la propria specifica vocazione e carisma e la ricchezza del cristianesimo è la molteplicità delle vocazioni al servizio dell’unica causa: il Regno di Dio. Il rischio è quello di voler essere apostoli senza restare discepoli. La Chiesa primitiva ha conosciuto una rapida diffusione a macchia d'olio grazie al fatto che i dodici apostoli non hanno dimenticato che Gesù li aveva scelti perché stessero con lui e per poi andare a proclamare il vangelo con il potere di scacciare i demoni: “dava loro il potere sugli spiriti impuri”. Tre soltanto le consegne che affida loro: andare insieme due a due, trattenere per sé lo stretto necessario e non lasciarsi spaventare da inevitabili persecuzioni. Li invia due a due perché nella cultura ebraica e nella mentalità del tempo per essere accettabile una testimonianza doveva essere di almeno due persone (cf. Dt 19,15) e siccome evangelizzare è rendere testimonianza a quanto Gesù ha detto e fatto, non può essere il compito d’un solo individuo. Dopo la Pentecoste gli apostoli proseguiranno con questo stile: Pietro e Giovanni insieme predicano nel tempio di Gerusalemme (At.1); Paolo e Barnaba saranno insieme in Siria e in Asia Minore (At 13-15) e pure dopo la loro separazione Paolo continuerà la sua missione con Silla (At 16-17) mentre Barnaba prenderà con sé Marco. In secondo luogo chiede loro di accontentarsi dello stretto necessario: solo un bastone, niente cibo, né sacca, né denaro, un paio di sandali e nessuna tunica di ricambio. Inizia così il lungo cammino della Chiesa e per proseguirlo fedelmente occorre agilità di movimento, disponibilità assoluta al servizio del vangelo e distacco da tutto: ecco condizioni valide, anzi indispensabili per ogni evangelizzatore per né cedere ai compromessi con il mondo, né lasciarsi impressionare dalle persecuzioni che incontreranno. Gli apostoli erano stati testimoni del fallimento di Gesù a Nazaret (Mc.6,1-6) e avranno modo di ricordarsene quando dovranno affrontare la stessa sorte a causa dell’ostinata opposizione degli scribi e dei farisei e poi nelle persecuzioni che seguiranno.
2. E’ proprio vero: l’opposizione e persino la persecuzione sono il destino dei discepoli di Cristo come lo fu dei profeti nell’Antico Testamento. Nella prima lettura oggi incontriamo il profeta Amos rigettato da Amasias, sacerdote di Betel, dopo qualche mese di predicazione: ”Vattene, veggente” (7, 12) e pur ostacolato, continuerà instancabile nella sua contrariata missione. Come lui tutti i profeti subirono la medesima sorte e Gesù l’ha provata come domenica scorsa raccontava l’evangelista Marco: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. Chiunque decide di convertirsi a Cristo e intende essere suo apostolo occorre che si prepari a sperimentare le stesse opposizioni e perfino il rigetto totale. Una domanda sorge allora spontanea: “Perché la predicazione dell’amore e del perdono di Dio aperto a tutti, che sintetizza l’annuncio del vangelo, incontra sempre incomprensioni e opposizioni?”. Non si dimentichi che Gesù “da agli apostoli potere sugli spiriti impuri”: quando si annuncia l’amore gratuito di Dio si scatena l’odio di satana che in modi diversi confonde l’animo umano. Annebbia la mente e la inquina con le idee più diverse su Dio, come leggiamo ad esempio nel libro dell’Esodo: “Il Signore disse a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice” (Es.32,7-14), ma soprattutto indurisce il cuore. Per non cedere allo scoraggiamento è utile avere sempre davanti agli occhi l’immagine di Gesù crocifisso e pensare ai tanti martiri che ne hanno seguito le orme, mentre a tutti il Signore continua a ricordare: “Chi non prende la propria croce e non mi segue non è degno di me (Mt 10,37-42).
3. Accanto a molti che aprono il cuore al vangelo ci sono altri che rifiutano e Gesù in proposito non invita a reagire con violenza e disprezzo, ma a rispettare la libertà non forzando nessuno. Dice infatti: “Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. Scuotere la polvere dai piedi: come interpretare questo gesto che deve diventare per la gente una testimonianza? Così spiega Benedetto XVI: “Gesù avverte i Dodici che potrà accadere che in qualche località vengano rifiutati. In tal caso dovranno andarsene altrove, dopo aver compiuto davanti alla gente il gesto di scuotere la polvere sotto i piedi, segno che esprime il distacco in due sensi: distacco morale – come dire: l’annuncio vi è stato dato, siete voi a rifiutarlo – e distacco materiale – non abbiamo voluto e non vogliamo nulla per noi (cfr Mc 6,11)” (Santa messa Frascati 15 luglio 2012). Insomma, Gesù invita a non cedere allo scoraggiamento davanti alle sconfitte, ma a ricominciare camminando sempre con i piedi liberati persino dalla polvere. Se è vero che si incontrano cuori induriti e ostili, le spirituali soddisfazioni sono molte di più e la crescita delle comunità cristiane è prova della potenza di Cristo risorto. Già dall’inizio, negli Atti degli Apostoli, si narra di persone che ovunque hanno aperto la casa e il cuore ai predicatori del vangelo e il flusso dell’evangelizzazione ha proseguito inarrestabile nel corso dei secoli. Scrive il cardinale Carlo Maria Martini: “Appoggiatevi al Vangelo, affidatevi al Vangelo. La parola «fede», nella sua lunga storia – nell’Antico Testamento, nella Bibbia, nella versione ebraica della Scrittura – rappresenta la situazione di chi si affida, di chi appoggia su una roccia, di chi si sente saldo perché è appoggiato a qualcuno molto più forte di lui.” (6° incontro della scuola della Parola, 6,11,1980)
+ Giovanni D’Ercole
P.S. Dinanzi a chi preconizza in ogni tempo la morte della Chiesa, san John Henry Newman, cardinale inglese convertito al cattolicesimo e canonizzato da Papa Francesco, scrive: “La Chiesa possiede questo privilegio speciale, che nessun’altra religione ha: quello di sapere che, essendo stata fondata nella prima venuta di Cristo, non scomparirà prima del suo ritorno. In ogni generazione, però, sembra che soccomba e che i suoi nemici trionfino. La lotta tra la Chiesa e il mondo ha questo di particolare: il mondo sembra sempre vincere, ma di fatto è lei che vince. I suoi nemici trionfano costantemente, dicendola vinta; i suoi membri perdono spesso la speranza. Ma la Chiesa resta!” (Cf. Sermoni sui temi del giorno, nº 6, Fede ed Esperienza, 2.4)