Lug 5, 2024 Scritto da 

La fede e la lotta contro i pregiudizi

XIV Domenica del Tempo Ordinario B (7 luglio 2024)

1. In queste domeniche con l’evangelista Marco abbiamo seguito Gesù che, lasciata Nazaret, ha percorso villaggi e città, dopo essere stato battezzato da Giovanni Battista al fiume Giordano.  Predicando per tutta la Galilea, accompagnato già dai discepoli, si spinge oltre il lago di Tiberiade nelle città della Decapoli per venire poi a Cafarnao che diventerà la sua città preferita. Nel vangelo odierno lo vediamo tornare per la prima volta a Nazaret dove entra subito nella sinagoga preceduto dalla fama che andava rapidamente diffondendosi al punto che ci si interrogava donde gli venissero tanta saggezza e capacità di compiere prodigi. L’accoglienza che riceve è a dir poco negativa da parte di alcuni suoi parenti, che addirittura lo ritengono un pazzo, eppure molta gente resta affascinata dalla sua predicazione e dai miracoli che compie. I farisei e gli scribi a più riprese manifestano una crescente ostilità e qualcuno medita addirittura come eliminarlo. Qual è il suo crimine? Guarire i malati, rimettere i peccati e compire miracoli persino nel giorno di sabato. Così forte è l’opposizione che potremmo ritenere un vero fallimento il fatto che a Nazaret non può compiere nemmeno un miracolo. San Marco si sofferma sulla reazione dei suoi conoscenti scettici e ostili che riconoscevano Gesù semplicemente come il figlio di Maria e del falegname Giuseppe. Se fosse un profeta – dicevano - l’avremmo saputo e poi quando si proclama il Messia bestemmia perché è inconcepibile che Dio possa avere origini umane e per di più così modeste. E Gesù commenta: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.   Quest’espressione, che troviamo in tutti i vangeli (Marco 6, 4; Luca 4, 24; Matteo 13, 57, Giovanni 4, 44) è diventata comune per sottolineare che raramente vengono riconosciuti i meriti di una persona nel proprio ambiente dove l’invidia, la gelosia costringe chi merita a cercare il successo lontano dal proprio paese.

2. La reazione degli abitanti di Nazaret fa pensare a coloro che anche in questo nostro tempo fanno fatica ad accettare Gesù e i suoi veri profeti, perché fissati sulle proprie idee e pregiudizi, sono incapaci di cogliere la novità d’un Dio dal volto umano ed accessibile a tutti. E così l’ammirazione di tanti per Gesù vero Dio e vero uomo diventa per altri una fake news o addirittura uno scandalo. San Marco utilizza di proposito il termine greco “skandalon”, che evoca la pietra d’inciampo di cui scrive il profeta Isaia. Quando nel cuore sparisce l’umile ricerca della verità, la meraviglia lascia il posto all’incredulità e Gesù vero Dio e vero uomo diventa uno scandalo, un ostacolo che impedisce persino a persone che si dicono credenti di riconoscerlo e amarlo. Questo avvenne a Nazaret dove la gente non immaginava un Messia così e davanti al pregiudizio resta poco da fare perché si è troppo sicuri di sé e delle proprie convinzioni. Il rischio di chiudersi alla grazia di Dio è sempre possibile per tutti. Oggi il vangelo ci aiuta a comprendere che l’impedimento sta nell’attitudine con cui ci rapportiamo ai pregiudizi. Soltanto se guardiamo la realtà e le persone con l’animo libero riusciamo a vedere la ricchezza che abita il cuore di tutti, anche di coloro che sottovalutiamo perché siamo convinti di conoscerli già sufficientemente.  Nella vita possiamo stupirci per realtà positive, per esperienze che cambiano il modo di pensare e di agire, ma possiamo scandalizzarci per alcuni incontri ed eventi che riteniamo negativi quando a dominare in noi sono i preconcetti. Gesù c’invita a cogliere sempre il positivo in tutti piuttosto che concentrarci sul negativo che esiste e che fa purtroppo sempre più notizia del bene.

3. Se cerchiamo di vivere coerenti agli insegnamenti di Cristo e senza compromessi, attiriamo l’ammirazione di alcuni, e insieme l’ostilità di altri perché diventiamo “pietra di scandalo” cioè una provocazione per chi crede di credere e per chi non vuole credere. Chi resta fedele a Cristo deve prepararsi a subire incomprensioni e ostilità perché il Vangelo è salvezza per chi l’accoglie e lo segue, ma scandalo per chi non lo vuole accettare. E attenzione!  Capita spesso che sono proprio i più vicini a chiudere gli occhi e il cuore alla parola e ai prodigi che Cristo continua a compiere in questo nostro tempo. A diventare immagine di Gesù, si rischia l’incomprensione e l’isolamento. Capitava nell’Antico Testamento dove spesso i profeti erano incompresi, rigettati e persino tentavano di ucciderli, mentre i falsi profeti avevano facile presa sul popolo. Certamente Gesù non si aspettava un simile comportamento da parte dei suoi e Marco annota la sua meraviglia per la mancanza di fede e l’indurimento del cuore dei suoi concittadini. Come Gesù può capitare a ogni suo discepolo anche oggi di essere incomprenso all’interno del proprio ambiente. Ci si deve confrontare non tanto con l’ostilità manifesta dei nemici, quanto piuttosto con l’indifferenza e la contrarietà di coloro che riteniamo amici. Malgrado l’ostilità, Gesù non si ferma, e anche a Nazaret ha compiuto qualche guarigione. Ci aiuta così a capire che mai dobbiamo cedere allo scoraggiamento e alla tentazione dell’abbandono, ma dalla fiducia in Dio traiamo la forza per proseguire nella vocazione profetica e missionaria. Questa è la testimonianza del profeta Ezechiele di cui leggiamo nella prima lettura e pure dell’apostolo Paolo che egli stesso racconta nella seconda lettura. Ezechiele conoscerà ogni tipo di ostilità e dovrà affrontare persino l’esilio in Babilonia con il re e quasi tutti gli abitanti di Gerusalemme. Persevererà nella sua difficile missione scontrandosi con la durezza del popolo, ma senza scoraggiarsi, perché aveva compreso che quando Dio affida una missione dona anche la forza necessaria per portarla a compimento. Piena di contrasti è l’esperienza di san Paolo.  Come Ezechiele ha avuto visioni e rivelazioni straordinarie insieme a numerosi insuccessi che lo hanno fatto maturare nell’umiltà e nella fiducia in Dio. Ha portato sempre, come lui stesso comunica, nella sua carne una ”spina”, costante richiamo alla sua fragilità - come egli scrive: “Affinché io non montassi in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di satana per percuotermi” ed aggiunge che nonostante abbia ripetutamente implorato Dio di liberarlo, si è sentito rispondere: ”Ti basta la mia grazia , la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Nessuno ha capito cosa sia questa “spina nella carne” che lo martirizzava, né san Paolo lo precisa; anche se sono state avanzate tante ipotesi. Una cosa è certa: Paolo si gloria persino delle proprie sofferenze e il suo esempio diventa per noi un incoraggiamento: le nostre fragilità e persino i peccati non costituiscono un ostacolo all’evangelizzazione, anzi possono aiutarci a compiere meglio la nostra missione perché ci rendono consapevoli che la nostra fragile umanità è sorretta dalla potenza di Cristo, se lo lasciamo agire in noi. 

+ Giovanni D’Ercole 

Per proseguire la riflessione:

“La fede non è un fiore delicato, destinato ad appassire al minimo accenno di brutto tempo. La fede è come le montagne dell’Himalaya, che non possono modificarsi in alcun modo. Non c’è tempesta che possa smuovere le montagne dell’Himalaya dalle proprie fondamenta”.

(Mahatma Gandhi)

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]
Who is freer than the One who is the Almighty? He did not, however, live his freedom as an arbitrary power or as domination (Pope Benedict)
Chi è libero più di Lui che è l'Onnipotente? Egli però non ha vissuto la sua libertà come arbitrio o come dominio (Papa Benedetto)
The Church with her permanent contradiction: between the ideal and reality, the more annoying contradiction, the more the ideal is affirmed sublime, evangelical, sacred, divine, and the reality is often petty, narrow, defective, sometimes even selfish (Pope Paul VI)
La Chiesa con la sua permanente contraddizione: tra l’ideale e la realtà, tanto più fastidiosa contraddizione, quanto più l’ideale è affermato sublime, evangelico, sacro, divino, e la realtà si presenta spesso meschina, angusta, difettosa, alcune volte perfino egoista (Papa Paolo VI)
St Augustine wrote in this regard: “as, therefore, there is in the Catholic — meaning the Church — something which is not Catholic, so there may be something which is Catholic outside the Catholic Church” [Pope Benedict]
Sant’Agostino scrive a proposito: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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