Ago 31, 2024 Scritto da 

Grande Nazione, piccolo Nucleo trascinante

XXII Domenica del Tempo Ordinario B (1 settembre 2024)

1. “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. L’affermazione si trova nella prima lettura tratta dal libro del Deuteronomio e si riferisce a ciò che tutti potrebbero dire di Israele, quando resta fedele all’Alleanza. Il progetto del Creatore è che, attratti dall’esempio di questo piccolo popolo che si è scelto come nucleo trascinante dell’umanità, venga il giorno in cui da ogni continente la gente chieda di far parte del popolo della nuova alleanza e possa gridare con gioia di aver trovato finalmente la gioia di vivere e di viver insieme con l’unico Dio, Dio di tutti i popoli.  I testi biblici di questa XXII Domenica del tempo ordinario ci aiutano a scoprire qual è l’inghippo, meglio l’ostacolo alla realizzazione di tale sogno divino.  La prima lettura tratta dal Deuteronomio (redatto tra l’VIII e VI secolo A.C.) attribuisce il discorso a Mosè, anche se in verità risale a molti anni dopo la sua morte, ma è come se si volesse ripetere quanto egli avrebbe detto in quel momento se fosse vivo. Qui si insiste che nulla si aggiunga e nulla si tolga alla Legge da Dio donata a Mosè sul Sinai perché purtroppo il popolo con il tempo si era allontanato ed urgeva ribadire l’essenziale della fede ebraica, l’osservanza cioè della Torah che tiene viva nei secoli l’Alleanza. L’Alleanza tra Yahweh e il suo popolo reca in sé due aspetti inscindibili. Da una parte Dio ha compiuto fedelmente quanto aveva promesso (una terra al suo popolo), mentre non si può dire altrettanto della risposta di Israele. Da quando infatti è entrato nella terra promessa, la terra di Canaan, non ha resistito alla tentazione di abbandonare l’unico Dio e i suoi precetti (mitzvot) per rivolgersi agli idoli di quelle popolazioni. Il Signore gli aveva donato la terra perché vi vivesse in modo santo e il termine “santo” (Kadosh) indica qualcuno o qualcosa che è distinto dal resto, nel bene o nel male, e potrebbe tradursi con “separato”. Parliamo di Terra santa, ma meglio sarebbe dire “Terra separata”, territorio donato a Israele perché vi viva in maniera diversa e questo significa almeno tre cose. In primo luogo, è una terra destinata ad essere la patria d’un popolo felice perché fedele al proprio Dio; in secondo luogo è una terra chiamata a diventare terra di giustizia e di pace perché il popolo ha appreso dalla bocca del suo Dio che non è il solo popolo al mondo e che quindi deve imparare a coabitare con altri. Da questo punto di vista la lunga storia biblica d’Israele può leggersi come un cammino di difficile conversione dalla violenza alla fraterna apertura agli altri. In terzo luogo, la Terra santa costituisce nel progetto divino lo spazio per imparare a vivere interamente secondo la Torah. Comprendiamo allora il comando del Signore: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”. Se questo testo risale all’epoca dell’esilio a Babilonia, si potrebbe interpretare così: Israele non avrebbe mai perso questa Terra se avesse seguito la Torah e i comandi del suo Dio, ma ora che sta per rientrarvi, cerchi almeno questa volta di essere fedele a quanto garantisce la sua felicità. Essere fedele per Israele però non appariva facile ed è per questo che l’autore sacro, per incoraggiarlo, inventa un nuovo argomento: “udendo parlare di tutte queste leggi”, cioè vedendo la vita e lo stile che lo anima, le altre popolazioni diranno : “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Qui si avverte l’eco del libro dei Proverbi che considera l’accoglienza della Sapienza (Pr 9, 1-6 che abbiamo ascoltato nella scorsa XX domenica del tempo ordinario) il modo migliore di imparare a vivere. Infine, un ultimo argomento: la dolcezza della vita secondo l’Alleanza è l’esperienza spirituale unica al mondo di cui Israele ha avuto il privilegio: .“Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?”.

2. A nostra volta, noi popolo di battezzati possiamo parafrasare e ripetere: “Quale grande nazione ha gli dei tanto vicino come il Signore lo è verso di noi ogni volta che lo invochiamo?”. Questa domanda ci provoca e per tentare una risposta occorre partire da un’altra parola di Gesù che troviamo oggi nel vangelo: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Siamo nel cuore di una controversia con i farisei che rimproverano i suoi discepoli di non osservare la Torah. Si fa cenno qui alla “tradizione degli antichi”: la parola tradizione ripetuta nel versetto 3 e  5 non va intesa in senso dispregiativo. Essa anzi costituisce la ricchezza di quanto gli antenati hanno cercato di insegnare circa la Legge divina e hanno codificato, sotto forma di precetti, i comportamenti graditi a Dio, che concernono ogni più piccolo dettaglio della vita quotidiana. Per tale motivo i farisei ritenevano l’osservanza di tale disciplina indispensabile per preservare l’identità del popolo ebreo. Israele si sentiva una nazione “separata” per appartenere a Dio e quindi ogni contatto con i pagani costitutiva un impedimento alla propria fedeltà all’Alleanza. Ecco perché i farisei s’indignano contro i discepoli di Cristo per il fatto che vanno contro la Legge mangiando senza essersi lavate le mani.  Citando il profeta Isaia Gesù li definisce “ipocriti” e questa sua severità sottintende un problema di fondo, che interpella la nostra vita. In verità anche Gesù cita le Scritture che sono per tutti il riferimento supremo d’ogni scelta e dice: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” . Qui sta il problema: l’osservanza fedele d’ogni norma della Legge diventa un culto inutile se le dottrine che s’insegnano si riducono a  precetti umani, come già i profeti avevano più volte dichiarato (Cf Is 29,13). Gesù afferma: Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Quale sia il comandamento di Dio a cui faccia riferimento, che farisei e scribi calpestano, Gesù non lo dice, ma rimprovera loro di “avere il cuore lontano da Dio”. Torna spesso nel Vangelo questo rimprovero del Signore - lottando contro ogni esclusione compiuta in nome di Dio e questa è la tela di fondo delle sue controversie con le autorità religiose. Si comprende in modo errato la legge divina se si crede che per avvicinarsi a Dio bisogna separarsi dagli altri uomini. Al contrario i profeti hanno dispiegato ogni energia per far scoprire che il vero culto gradito al Cielo comincia con il rispetto di ogni persona umana. Se nel Levitico leggiamo: “Siate santi, perché io, il SIGNORE vostro Dio, sono santo” (19,2), non dimentichiamo che lo stesso Dio è annunciato da Isaia come il Dio del perdono (Is 43) che non può mai condurre al disprezzo degli altri. E Gesù spiega poi in cosa consiste la vera “purità”, cioè il culto autentico reso a Dio. Se in senso biblico “purità” indica la maniera di avvicinarsi a Dio, la vera purità del cuore, come molti profeti hanno ripetuto,  è l’amore e il perdono, la tenerezza e l’accoglienza: in una parola la misericordia, mentre l’impurità che condanna nei suoi avversari è l’indurimento del cuore perché è ciò che fuoriesce dal cuore umano a renderci impuri.

3. Gesù infatti si rivolge poi ai discepoli e completa così il suo insegnamento: Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo. Bisogna riconoscere che si tratta di un insegnamento difficile da comprendere non solo per i farisei, ma anche per noi. E’ però una lezione di vita che riusciamo a comprendere ed accettare appieno solamente grazie al fatto che Dio è venuto ad abitare fra noi mostrando con il suo esempio di non aver paura del contatto con gli esseri impuri che noi siamo. E per incoraggiare i discepoli subito dopo Gesù se ne va in una regione abitata da pagani.  Come ai tempi di Cristo, esiste il rischio dei farisei che era il movimento religioso nato verso il 135 a.C. dal desiderio di sincera conversione. Il termine fariseo significa “separato” e si traduce nel rifiuto di ogni compromesso politico e di ogni lassismo nella pratica religiosa. Si tratta di due problemi molto sentiti e Gesù non attacca mai i farisei e non rifiuta di parlare con loro, come fa con Nicodemo (Gv 3) e con Simone ( Lc 7). Ma la pretesa di ogni più alto ideale spirituale e religioso può avere la sua trappola: il rigore dell’osservanza può generare una coscienza talmente centrata sulla ricerca dell’ottimo, da disprezzare chi non arriva a farlo. Più in profondità, quando si concepisce la perfezione nel vivere in maniera esclusiva e “separati” si dimentica che il progetto di Dio è di vedere tutti gli uomini riuniti nell’amore. Se Gesù usa talora parole dure non è contro la pratica dei farisei, ma condanna quelle deviazioni che riguardano ciò che si definisce “fariseismo” e di questo rischio non è esente nessun movimento religioso, compreso il cristianesimo.

Buona domenica e buon mese di settembre 

+Giovanni D’Ercole 

99 Ultima modifica il Sabato, 31 Agosto 2024 13:03
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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«And therefore, it is rightly stated that he [st Francis of Assisi] is symbolized in the figure of the angel who rises from the east and bears within him the seal of the living God» (FS 1022)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
This is where the challenge for your life lies! It is here that you can manifest your faith, your hope and your love! [John Paul II at the Tala Leprosarium, Manila]
È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! [Giovanni Paolo II al Lebbrosario di Tala, Manila]
The more we do for others, the more we understand and can appropriate the words of Christ: “We are useless servants” (Lk 17:10). We recognize that we are not acting on the basis of any superiority or greater personal efficiency, but because the Lord has graciously enabled us to do so [Pope Benedict, Deus Caritas est n.35]
Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono [Papa Benedetto, Deus Caritas est n.35]
A mustard seed is tiny, yet Jesus says that faith this size, small but true and sincere, suffices to achieve what is humanly impossible, unthinkable (Pope Francis)
Il seme della senape è piccolissimo, però Gesù dice che basta avere una fede così, piccola, ma vera, sincera, per fare cose umanamente impossibili, impensabili (Papa Francesco)
Hypocrisy: indeed, while they display great piety they are exploiting the poor, imposing obligations that they themselves do not observe (Pope Benedict)
Ipocrisia: essi, infatti, mentre ostentano grande religiosità, sfruttano la povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano (Papa Benedetto)
Each time we celebrate the dedication of a church, an essential truth is recalled: the physical temple made of brick and mortar is a sign of the living Church serving in history (Pope Francis)
Ogni volta che celebriamo la dedicazione di una chiesa, ci viene richiamata una verità essenziale: il tempio materiale fatto di mattoni è segno della Chiesa viva e operante nella storia (Papa Francesco)
As St. Ambrose put it: You are not making a gift of what is yours to the poor man, but you are giving him back what is his (Pope Paul VI, Populorum Progressio n.23)
Non è del tuo avere, afferma sant’Ambrogio, che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene (Papa Paolo VI, Populorum Progressio n.23)
Here is the entire Gospel! Here! The whole Gospel, all of Christianity, is here! But make sure that it is not sentiment, it is not being a “do-gooder”! (Pope Francis))
Qui c’è tutto il Vangelo! Qui! Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo! Ma guardate che non è sentimento, non è “buonismo”! (Papa Francesco)
Christianity cannot be, cannot be exempt from the cross; the Christian life cannot even suppose itself without the strong and great weight of duty [Pope Paul VI]
Il Cristianesimo non può essere, non può essere esonerato dalla croce; la vita cristiana non può nemmeno supporsi senza il peso forte e grande del dovere [Papa Paolo VI]
The horizon of friendship to which Jesus introduces us is the whole of humanity [Pope Benedict]
L’orizzonte dell’amicizia in cui Gesù ci introduce è l’umanità intera [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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