Giu 29, 2024 Scritto da 

Morte biologica e morte spirituale

XIII Domenica del Tempo Ordinario B (30 giugno 2024)

1. Gesù è il Signore della vita e non della morte. Nel vangelo di questa XIII Domenica del Tempo Ordinario troviamo il racconto di due miracoli incastonati l’uno nell’altro nel vangelo di Marco, racconto presente anche nel vangelo di Matteo e di Luca. Si tratta della risurrezione della figlia di Giairo e la guarigione dell’emorroissa, donna che da dodici anni perde sangue: 12 gli anni della bambina, come 12 sono quelli della malattia della donna, per entrambe erano state tentate inutilmente tutte le possibilità della medicina. L’evangelista insiste sul fallimento dei medici per mettere in rilievo il potere di guarire che è proprio di Gesù, capace persino di risuscitare i morti. Tutto il vangelo di Marco ci aiuta a conoscere chi è Gesù e, se può dominare la violenza delle tempeste come abbiamo visto domenica scorsa, attraverso questi due prodigi ci assicura che tutto egli può essendo il Signore della vita. La rianimazione della figlia di Giairo fa pensare alla nostra risurrezione come pure al definitivo trionfo del regno di Dio che giungerà il giorno in cui egli dirà a tutta l’umanità, come alla fanciulla morta: “Talitha koum, alzati”. E tutto diventa possibile a chi crede. La salvezza, espressa in questi miracoli, abbraccia l’intera realtà umana e chiede come unica condizione che ci sia una fede liberamente proclamata, una fede possibile per tutti: sia per chi come Giairo, capo di sinagoga, è notabile e potente sia per chi è povero, come la donna condannata a soffrire e per di più considerata impura a causa della malattia. Altro messaggio importante è che, attraverso il racconto di questi miracoli, san Marco ci dice che Gesù è venuto a combattere ogni tipo di emarginazione fisica e spirituale. E ci chiede di fidarci di lui senza dubitare come coloro che lo deridevano perché aveva detto che la bambina non era morta ma dormiva.  L’opera di Dio è misteriosa e potente, e tutto diventa possibile a chi liberamente si abbandona nelle sue mani in ogni situazione anche drammatica. Chiamando poi come testimoni i discepoli a lui più vicini, Pietro Giacomo e Giovanni, che gli saranno accanto anche sul monte Tabor in occasione della Trasfigurazione e nell’orto del Getsemani nell’ora della passione, Gesù intende educarli a una fede salda che non poggia sulla ricerca di miracoli e di segni spettacolari, ma cerca di cogliere in ogni evento dell’esistenza l’intervento divino nell’umana fragilità.

2. Dio infatti non ci abbandona mai perché ci ama e ha creato l’uomo per l’incorruttibilità come leggiamo nella prima lettura. Si tratta d’un brano tratto dall’inizio del libro della Sapienza che fa pensare ai primi capitoli del libro della Genesi: entrambi iniziano con una lunga riflessione sul destino dell’essere umano. Scritti in epoche diverse e con stile differente abbordano però gli stessi problemi, quelli della vita e della morte. Essendo a contatto con popoli pagani, Israele, geloso custode della propria esperienza religiosa, intende salvaguardare la purezza della fede la cui prima caratteristica è proprio l’ottimismo che poggia sulla certezza dell’amore divino. L’affermazione che qui leggiamo: “Dio ha creato tutte le cose perché esistano, le creature del mondo sono poprtatrici di salvezza” può considerarsi una variante  di ciò che leggiamo nella Genesi: “Dio vide tutto ciò che aveva fatto: era cosa molto buona (Gn1,31).  E ancora, leggendo che “Dio ha creato l’uomo… lo ha fatto immagine della propria natura” non possiamo non pensare al libro della Genesi: “Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gn1,26). Ci ha voluto creare a sua immagine per la vita eterna, cioè per vivere eternamente con lui. Ma come giustificare la morte? E’ forse un fallimento di Dio? Assolutamente no! Ed é su questo tema che la parola di Dio oggi c’invita a riflettere. Occorre anzitutto distinguere tra la morte biologica che nella visione biblica e cristiana è come la trasformazione della crisalide in farfalla, cioè il passaggio da questa vita terrena all’eternità; ben altra cosa è la morte spirituale che consiste nel vivere separati da Dio e persino rigettandolo. Ed è proprio di questa morte che qui si tratta mettendo in evidenza che creando l’uomo Dio l’ha voluto per l’eternità, pur lasciandolo libero di scegliere di allontanarsi da lui. Questa morte, nota l’autore, è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo e “ne fanno l’esperienza coloro che le appartengono”. Lasciandosi trainare da satana l’uomo sperimenta la morte spirituale, terribile destino dei malvagi, annota il libro della Sapienza dove, nei primi cinque capitoli, viene presentata l’opposizione fra i giusti che vivono della vita di Dio già sulla terra e gli empi che al contrario scelgono la morte, in altre parole decidono di rifiutare Dio e si condannano al distacco da lui. Giusto è colui che vive dello spirito di Dio, empio è chi non si lascia condurre da lui. Nel secondo libro della Genesi si legge che creando l’uomo Dio ha soffiato nelle sue narici il soffio della sua vita e da quel momemto l’essere umano è diventato “vivente”. Siamo quindi nati per vivere animati dal soffio di Dio, ma se ci allontaniamo, se rifiutiamo Dio, entriamo nel regno della vita che muore. La differenza fra i giusti e gli empi è presente anche nel primo salmo spesso citato nella liturgia: “Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi…ma nella legge del Signore trova la sua gioia”. Ecco gente che gode della pace e della prosperità, come alberi piantati lungo corsi d’acqua, vigorosi e ricchi di foglie e poi di frutti. Non così i malvagi, che sono come la pula dispersa dal vento: una incisiva immagine della volatilità della vita senza Dio. Insomma la nostra esistenza ha in sé stessa il seme dell’eternità e solo chi lo rigetta sperimenta la morte spirituale che può diventare definitiva.

3. Il tema allora è duplice: come evitare la morte spirituale e come comportarsi davanti al destino della morte biologica che accomuna tutti gli esseri viventi essendo vero che tutto ciò che nasce è votato a morire.  L’odierna parola di Dio sottolinea due fondamentali attitudini possibili: quella dei pagani, di coloro cioè che professano di non voler credere, e assumono uno stile di comportamento riassunto nell’espressione “carpe diem”. Il significato di questo famoso detto latino è molteplice ma spesso viene interpretato come un invito a vivere profittando di ogni terrena opportunità per godere perché l’esistenza umana è breve: viviamo allora come possiamo e meglio ci piace perché tutto con la nostra morte prende fine e dopo la morte ci attende il nulla. Dinanzi al mistero della morte diversa è l’attitudine dei credenti definiti dalla parola di Dio “giusti”. Essi sanno di dover passare per la morte biologica ma sono stati creati per l’immortalità. Forse sulla terra non tutto va come piacerebbe e talora l’ingiustizia prevale: chi sembra godersi la vita facendo del male, agli occhi degli uomini appare appagato, mentre chi cerca di restare nella fedeltà di Dio passa per molte prove e può imbattersi in molte sofferenze sino a patire ingiustizie e cattiverie. Chi confida in Dio sa però che non tutto finisce con la morte biologica e se anche sulla terra non si riceve il compenso per il bene che si compie, non va mai dimenticato che Dio è infinitamente giusto e a suo tempo ristabilirà la giustizia. La virtù della speranza sostiene il nostro pellegrinaggio terreno e illumina il mistero della morte. Tutti dobbiamo morire e la morte è fase obbligata del nostro itinerario verso l’eternità anche se oggi ci si sforza di nasconderla per paura, e non se ne parla per non urtare la sensibilità delle persone che la ritengono un’inevitabile sventura. Quel che invece è da temere – ed è questo il messaggio della parola di Dio in questa liturgia domenicale – è la morte spirituale, l’eterna privazione di Dio. Ma quanti oggi si fermano a riflettere su questa realtà? Quanti passano i loro giorni sulla terra come se non dovessero mai morire? Quanti pur vivendo sono già morti spiritualmente? La parola di Dio ci aiuta a riconoscere e amare il Signore della vita e della morte,  c’invita ad affidarci senza timore fra le sue braccia di Padre misericordioso e fedele. E se qualche volta, dinanzi alle umane fragilità e ai peccati siamo tentati di scoraggiarci, prestiamo ascolto a quanto scrive san Giovanni: “Qualunque cosa esso (il cuore) ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv3, 20).

+ Giovanni D’Ercole

25
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.