Feb 25, 2025 Scritto da 

L’io inferiore senza Fede, teatrante

Trombe, grancasse e recitanti, o strumenti perfetti

(Mt 6,1-6.16-18)

 

Le astuzie esterne non possiedono sapienza: diventano un boomerang.

Chi tenta di splendere, oscura la sua stessa luce. Chi si preoccupa dell’opinione delle folle, ne sarà prigioniero.

La vita nello Spirito si distacca dalla pratica delle cose (accidentali) da mostrare per mendicare riconoscimenti:

 

Le elemosine artificiali:

Pure agli uomini di spettacolo cui inizia a mancare lo spunto piace farsi considerare benefattori dell’umanità, ma il loro vero obbiettivo è andare in scena - non la diffusione d’uno spirito di disinteresse.

Intendono essere riconosciuti e di nuovo acclamati - per questo usano un modo assolutamente vistoso, esibizionista e pacchiano.

Raggiunta la mèta individualista, malgrado l’altruismo di facciata pianterebbero tutto lì.

Ben altro sarebbe se la sinistra non sapesse cosa fa la destra, ossia se ogni gesto fiorisse spontaneo e nel nascondimento invece che nel sovraccarico - ma figuriamoci che gusto, non farlo sapere.

 

Un medesimo orientamento vale per la Preghiera, molto meglio se inapparente. La vita interiore non è recita innaturale.

Nel Tempio i sacrifici erano accompagnati da pubbliche formule. A tale effetto, anche le sinagoghe erano considerate un prolungamento del Tempio. E nelle ore stabilite si faceva orazione anche per strada.

Chi era in grado di recitare lunghe litanie a memoria poteva così ostentare la propria virtù e farsi ammirare.

Ma il Dialogo con Dio non è prestazione, bensì Ascolto essenziale: radice del rinnovamento; distinguo di criteri e azione.

Preghiera è percezione intima e lettura profonda delle cose. Intesa ed empatia che ci recuperano al senso della vita personale - discrimine della nostra crescita e dell’amore per i fratelli.

L’anima sovrastata di fracassi non coglie la guida dell’Amico innato, né la sua stessa qualità essenziale.

L’orazione aperta stabilisce le persone in questa atmosfera intima, segreta, nascosta, che nello Spirito s’intreccia alle fibre più profonde e ancestrali.

Ancora, la preghiera personale è creativa. Non solo cancella l’idea che ci siamo fatti della vita, dei dolori, delle mète, delle relazioni, delle sconfitte, dei giudizi…

[Le amarezze sembra non facciano volare la vita - ma invitano a spostare l’occhio].

E l’Ascolto d’attenzione ci trasmette una nuova Lettura; fa uscire dai confini. Mette in contatto con altre energie e virtù.

 

Un più alto livello di umanità ‘viene’ a noi solo nello stupore di tale consiglio differente, dell’intuizione inattesa; d’una realtà che spiazza.

Principio di Liberazione che lascia incontrare i nostri lati profondi, e li ricorda a noi stessi, facendo percorrere il territorio affine - che ancora non sappiamo.

La donna e l’uomo che si raccolgono in preghiera vengono strappati dall’omologazione dei codici interpretativi, e dalla malattia della società dell’apparire - tutta seduta nei pareri e nel tempo del minimale.

 

Infine l’aria (forzatamente) pensosa e disfatta:

Forse ancora oggi alcuni usano atteggiarsi in modo stravagante, mettendosi in vetrina. Qua e là sembra ci sia qualche rigurgito di ascesi artificiosa.

Ma così i credenti percorrono solo la via delle rinunce di maniera [quelle che Dio non chiede], artefatte. E per l’esatto contrario, rendendo isterica l’onda vitale.

Siamo invece chiamati ad essere in compagnia: di se stessi e dei fratelli. Perfino la rinuncia è per la convivenza armonica, senza forzature che dissocino le linee portanti della personalità.

Anche qui il discernimento degli spiriti diventa occasione propizia per creare spazio alla vocazione umanizzante, e mettere sullo sfondo il tempo del chiasso ambiguo.

 

 

[Mercoledì delle Ceneri, 5 marzo 2025]

274 Ultima modifica il Mercoledì, 05 Marzo 2025 12:02
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

In today’s Gospel passage, Jesus identifies himself not only with the king-shepherd, but also with the lost sheep, we can speak of a “double identity”: the king-shepherd, Jesus identifies also with the sheep: that is, with the least and most needy of his brothers and sisters […] And let us return home only with this phrase: “I was present there. Thank you!”. Or: “You forgot about me” (Pope Francis)
Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute. Potremmo parlare come di una “doppia identità”: il re-pastore, Gesù, si identifica anche con le pecore, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi […] E torniamo a casa soltanto con questa frase: “Io ero presente lì. Grazie!” oppure: “Ti sei scordato di me” (Papa Francesco)
Lent is like a long "retreat" in which to re-enter oneself and listen to God's voice in order to overcome the temptations of the Evil One and to find the truth of our existence. It is a time, we may say, of spiritual "training" in order to live alongside Jesus not with pride and presumption but rather by using the weapons of faith: namely prayer, listening to the Word of God and penance (Pope Benedict)
La Quaresima è come un lungo “ritiro”, durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire, di “agonismo” spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza (Papa Benedetto)
Thus, in the figure of Matthew, the Gospels present to us a true and proper paradox: those who seem to be the farthest from holiness can even become a model of the acceptance of God's mercy and offer a glimpse of its marvellous effects in their own lives (Pope Benedict)
Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza (Papa Benedetto)
Man is involved in penance in his totality of body and spirit: the man who has a body in need of food and rest and the man who thinks, plans and prays; the man who appropriates and feeds on things and the man who makes a gift of them; the man who tends to the possession and enjoyment of goods and the man who feels the need for solidarity that binds him to all other men [CEI pastoral note]
Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini [nota pastorale CEI]
The Cross is the sign of the deepest humiliation of Christ. In the eyes of the people of that time it was the sign of an infamous death. Free men could not be punished with such a death, only slaves, Christ willingly accepts this death, death on the Cross. Yet this death becomes the beginning of the Resurrection. In the Resurrection the crucified Servant of Yahweh is lifted up: he is lifted up before the whole of creation (Pope John Paul II)
La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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