Feb 4, 2025 Scritto da 

L’origine del male non è in una causa esteriore

Purezza, impudicizie e santità travisate

(Mc 7,14-23)

 

Il Signore è per una umanizzazione a tutto campo. Ma nelle culture antiche la visione mitica del mondo portava la gente ad apprezzare qualsiasi realtà partendo dalla categoria della ‘santità’ come ‘distacco’.

Le leggi sulla purezza indicavano le condizioni necessarie per mettersi davanti a Dio e sentirsi bene alla sua presenza - ma di fatto sempre sgomenti, perché [ovvio] non totalmente ottemperanti.

All’epoca di Mc alcuni giudei convertiti ritenevano di poter abbandonare gli antichi costumi e avvicinarsi ai pagani; altri erano di opinione opposta: sarebbe stato come rigettare parti consistenti della Torah.

Infatti l’evangelista sottolinea che il problema è «in Casa» (v.17) ossia nella Chiesa. Fraternità dove ancora non si capiva il Maestro, venuto per liberare da ossessioni artificiose.

Cristo deve insistere nel suo insegnamento, ora non rivolto a degli estranei ma proprio ai discepoli [appunto] incapaci di «comprendere» (vv.14.18).

In tal guisa, il Vangelo rigetta la distinzione tra la sfera religiosa della vita e un assetto quotidiano “contaminato”; fonte di corruzione. Ma normale,  spicciolo, sommario - per questo valutato distante dal ‘divino’.

Quintessenza che viceversa non intende soggiogare nessuno.

 

La presenza attiva di un Ordine nuovo abolisce le prescrizioni legali e sposta il centro della moralità dei nostri atti.

Qui si richiama l’insegnamento di Gesù: l’impurità non viene dall’esterno [ossia da fuori a dentro]. Non è quella la minaccia.

Le realtà del mondo non sono mai scellerate e inadatte - neanche al culto.

Diventano obbrobrio solo passando attraverso decisioni queste sì sacrileghe, perché bloccano la vita. E distacchi che imbarbariscono.

Non vi è sacro e profano in sé.

Mistero e Beatitudine vengono al mondo esclusivamente attraverso il canale del dialogo e dell’incontro nel rispetto dell’intelligenza, dell’anima personale, e delle culture difformi. Non percorrendo entità di meriti, né strettoie travisate.

Qui il legalismo formale uccide il dilatarsi della vita e degli ideali: “impuro” è ciò che avvelena l'esistenza e la realizzazione spontanea delle persone, le loro relazioni, e la creazione stessa.

 

Gesù libera la folla dei senza voce e smarriti dall’ossessione di tormenti e timori, dallo stare sempre sulla difensiva.

Siamo chiamati a voler bene ai limiti: sono il terreno di energie preparatorie della reale fioritura -  impulsi e segni del nostro ‘compito nel mondo’ secondo la Novità di Dio.

Ogni Esodo valorizza le alternative.

E troviamo la realizzazione, il senso della vita, nonché via via maggiore completezza, incontrando appunto i nostri lati opposti.

Non siamo chiamati a fissarci in una direzione. Ce ne sono altre.

Chiunque intimorisce il fratello “inadeguato” minaccia la vita del cosmo e rende sfiduciate proprio le persone più sensibili e attente.

Sono le imperfezioni a renderci nuovi, eccezionali, unici!

Impariamo dunque a non provare sgomento per il fatto che ‘non siamo’ religiosamente “riusciti” - bensì Primizia!

 

 

[Mercoledì 5.a sett. T.O.  12 febbraio 2025]

329 Ultima modifica il Mercoledì, 12 Febbraio 2025 12:00
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The works of mercy are “handcrafted”, in the sense that none of them is alike. Our hands can craft them in a thousand different ways, and even though the one God inspires them, and they are all fashioned from the same “material”, mercy itself, each one takes on a different form (Misericordia et misera, n.20)
Le opere di misericordia sono “artigianali”: nessuna di esse è uguale all’altra; le nostre mani possono modellarle in mille modi, e anche se unico è Dio che le ispira e unica la “materia” di cui sono fatte, cioè la misericordia stessa, ciascuna acquista una forma diversa (Misericordia et misera, n.20)
At this moment, the Lord repeats his question to each of us: “who do you say that I am?” (Mt 16:15). A clear and direct question, which one cannot avoid or remain neutral to, nor can one remand it or delegate the response to someone else. In this question there is nothing inquisitional (Pope Francis)
In questo momento, ad ognuno di noi il Signore Gesù ripete la sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Una domanda chiara e diretta, di fronte alla quale non è possibile sfuggire o rimanere neutrali, né rimandare la risposta o delegarla a qualcun altro. Ma in essa non c’è nulla di inquisitorio (Papa Francesco)
Love is indeed “ecstasy”, not in the sense of a moment of intoxication, but rather as a journey, an ongoing exodus out of the closed inward-looking self towards its liberation through self-giving, and thus towards authentic self-discovery and indeed the discovery of God (Deus Caritas est n.6)
Sì, amore è « estasi », ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio (Deus Caritas est n.6)
Before asking them, the Twelve, directly, Jesus wants to hear from them what the people think about him, and he is well aware that the disciples are very sensitive to the Teacher’s renown! Therefore, he asks: “Who do men say that I am?” (v. 27). It comes to light that Jesus is considered by the people as a great prophet. But, in reality, he is not interested in the opinions and gossip of the people (Pope Francis)
Prima di interpellare direttamente loro, i Dodici, Gesù vuole sentire da loro che cosa pensa di Lui la gente – e sa bene che i discepoli sono molto sensibili alla popolarità del Maestro! Perciò domanda: «La gente, chi dice che io sia?» (v. 27). Ne emerge che Gesù è considerato dal popolo un grande profeta. Ma, in realtà, a Lui non interessano i sondaggi e le chiacchiere della gente (Papa Francesco)
In the rite of Baptism, the presentation of the candle lit from the large Paschal candle, a symbol of the Risen Christ, is a sign that helps us to understand what happens in the Sacrament. When our lives are enlightened by the mystery of Christ, we experience the joy of being liberated from all that threatens the full realization (Pope Benedict)
Nel rito del Battesimo, la consegna della candela, accesa al grande cero pasquale simbolo di Cristo Risorto, è un segno che aiuta a cogliere ciò che avviene nel Sacramento. Quando la nostra vita si lascia illuminare dal mistero di Cristo, sperimenta la gioia di essere liberata da tutto ciò che ne minaccia la piena realizzazione (Papa Benedetto)
And he continues: «Think of salvation, of what God has done for us, and choose well!». But the disciples "did not understand why the heart was hardened by this passion, by this wickedness of arguing among themselves and seeing who was guilty of that forgetfulness of the bread" (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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