Purezza, impudicizie e santità travisate
(Mc 7,14-23)
Il Signore è per una umanizzazione a tutto campo. Ma nelle culture antiche la visione mitica del mondo portava la gente ad apprezzare qualsiasi realtà partendo dalla categoria della ‘santità’ come ‘distacco’.
Le leggi sulla purezza indicavano le condizioni necessarie per mettersi davanti a Dio e sentirsi bene alla sua presenza - ma di fatto sempre sgomenti, perché [ovvio] non totalmente ottemperanti.
All’epoca di Mc alcuni giudei convertiti ritenevano di poter abbandonare gli antichi costumi e avvicinarsi ai pagani; altri erano di opinione opposta: sarebbe stato come rigettare parti consistenti della Torah.
Infatti l’evangelista sottolinea che il problema è «in Casa» (v.17) ossia nella Chiesa. Fraternità dove ancora non si capiva il Maestro, venuto per liberare da ossessioni artificiose.
Cristo deve insistere nel suo insegnamento, ora non rivolto a degli estranei ma proprio ai discepoli [appunto] incapaci di «comprendere» (vv.14.18).
In tal guisa, il Vangelo rigetta la distinzione tra la sfera religiosa della vita e un assetto quotidiano “contaminato”; fonte di corruzione. Ma normale, spicciolo, sommario - per questo valutato distante dal ‘divino’.
Quintessenza che viceversa non intende soggiogare nessuno.
La presenza attiva di un Ordine nuovo abolisce le prescrizioni legali e sposta il centro della moralità dei nostri atti.
Qui si richiama l’insegnamento di Gesù: l’impurità non viene dall’esterno [ossia da fuori a dentro]. Non è quella la minaccia.
Le realtà del mondo non sono mai scellerate e inadatte - neanche al culto.
Diventano obbrobrio solo passando attraverso decisioni queste sì sacrileghe, perché bloccano la vita. E distacchi che imbarbariscono.
Non vi è sacro e profano in sé.
Mistero e Beatitudine vengono al mondo esclusivamente attraverso il canale del dialogo e dell’incontro nel rispetto dell’intelligenza, dell’anima personale, e delle culture difformi. Non percorrendo entità di meriti, né strettoie travisate.
Qui il legalismo formale uccide il dilatarsi della vita e degli ideali: “impuro” è ciò che avvelena l'esistenza e la realizzazione spontanea delle persone, le loro relazioni, e la creazione stessa.
Gesù libera la folla dei senza voce e smarriti dall’ossessione di tormenti e timori, dallo stare sempre sulla difensiva.
Siamo chiamati a voler bene ai limiti: sono il terreno di energie preparatorie della reale fioritura - impulsi e segni del nostro ‘compito nel mondo’ secondo la Novità di Dio.
Ogni Esodo valorizza le alternative.
E troviamo la realizzazione, il senso della vita, nonché via via maggiore completezza, incontrando appunto i nostri lati opposti.
Non siamo chiamati a fissarci in una direzione. Ce ne sono altre.
Chiunque intimorisce il fratello “inadeguato” minaccia la vita del cosmo e rende sfiduciate proprio le persone più sensibili e attente.
Sono le imperfezioni a renderci nuovi, eccezionali, unici!
Impariamo dunque a non provare sgomento per il fatto che ‘non siamo’ religiosamente “riusciti” - bensì Primizia!
[Mercoledì 5.a sett. T.O. 12 febbraio 2025]